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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
6B_527/2011 
 
Sentenza del 22 dicembre 2011 
Corte di diritto penale 
 
Composizione 
Giudici federali Mathys, Presidente, 
Wiprächtiger, Eusebio, 
Cancelliera Ortolano Ribordy. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Daniele Timbal, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano, 
opponente. 
 
Oggetto 
Correità in ripetuta truffa aggravata; sospensione condizionale della pena; 
 
ricorso in materia penale contro la sentenza emanata 
il 9 giugno 2011 dalla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
 
A. 
Il 22 dicembre 2010 la Corte delle assise criminali ha riconosciuto A.________ autore colpevole di ripetuta truffa aggravata, ripetuta falsità in documenti, distrazione di valori patrimoniali sottoposti a procedimento giudiziale, sottrazione di cose requisite o sequestrate, infrazione alla LADI (RS 837.0), nonché di importazione, acquisto e deposito di monete false. Lo ha quindi condannato, costatata la violazione del principio di celerità e tenuto conto parzialmente del lungo tempo trascorso dai fatti, alla pena detentiva di trenta mesi, da dedursi il carcere preventivo sofferto, al risarcimento delle parti civili, secondo definite modalità, al pagamento della tassa di giustizia e delle spese processuali in solido con la coimputata. 
 
B. 
Con sentenza del 9 giugno 2011, la Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino (CARP), sedente giusta l'art. 453 CPP quale Corte di cassazione e di revisione penale, ha respinto, in quanto ammissibile, il ricorso presentato dal condannato contro il giudizio di prima istanza. 
 
C. 
Avverso la decisione dell'ultima autorità cantonale, A.________ si aggrava al Tribunale federale con ricorso in materia penale. Postula di essere riconosciuto complice e non correo di ripetuta truffa aggravata e conseguentemente chiede una riduzione della pena, nonché la sospensione condizionale totale, subordinatamente parziale, della stessa. Formula inoltre domanda di assistenza giudiziaria e di gratuito patrocinio. 
 
Non sono state chieste osservazioni sul gravame. 
 
Diritto: 
 
1. 
Il ricorrente lamenta un accertamento manifestamente inesatto dei fatti (sulla cui nozione v. DTF 137 I 58 consid. 4.1.2) nella misura in cui la CARP avrebbe tenuto conto di un suo diverso e più ampio ruolo materiale nella commissione delle truffe. Non vi sarebbe alcun accertamento che permetta di affermare che le manovre truffaldine per indurre i clienti a effettuare i pretesi investimenti possano essere attribuite anche al ricorrente. I clienti infatti sarebbero stati indotti ad accettare le ingannevoli proposte di investimento "prima e comunque indipendentemente dal coinvolgimento del ricorrente nell'attività illecita". 
 
La censura è inconsistente. La CARP infatti non ha minimamente ascritto all'insorgente un contributo maggiore o diverso da quello ritenuto dai giudici di prima istanza, ma si è limitata a descrivere il meccanismo truffaldino posto in essere. È pur vero che non ha proceduto a particolari distinguo tra quanto commesso dal ricorrente e quanto dalla coimputata. La CARP non è però stata chiamata a determinare quale fosse stato l'apporto del ricorrente alla commissione del reato, ma piuttosto a vagliare se i fatti ritenuti potessero essere sussunti sotto la fattispecie di truffa, ciò che egli contestava. In questo contesto, essa poteva, senza incorrere nell'arbitrio, procedere a delle semplificazioni, indicando i tratti caratteristici della truffa a cui il ricorrente non contesta di aver preso parte insieme alla coimputata. 
 
2. 
L'insorgente si duole della violazione dell'art. 25 CP, in quanto sarebbe stato considerato autore principale e non semplice complice delle truffe. Contesta la pertinenza giuridica degli argomenti avanzati dalle Corti ticinesi per ritenerlo correo dei reati ex art. 146 CP
 
2.1 Secondo la giurisprudenza, il correo è colui che collabora, intenzionalmente e in modo determinante, insieme ad altre persone alla decisione di commettere un reato, alla sua organizzazione o alla sua esecuzione, al punto da apparire come uno dei principali partecipanti. Il suo contributo deve risultare, nelle circostanze concrete, essenziale alla commissione dell'infrazione. Sebbene la sola volontà in relazione all'atto non sia sufficiente, non è necessario che il correo abbia effettivamente partecipato all'esecuzione del reato o abbia potuto influenzarlo. La correità presuppone una decisione comune che non deve forzatamente essere espressa, potendo risultare da atti concludenti. Il dolo eventuale quanto al risultato è sufficiente. Non è necessario che il correo partecipi all'ideazione del progetto, potendovi aderire successivamente, né che l'atto sia premeditato, potendo egli associarvisi in corso di esecuzione. Ciò che è determinante è che il correo si sia associato alla decisione da cui trae origine l'infrazione o alla realizzazione di quest'ultima, in condizioni o in misura tale da farlo apparire come un partecipante non secondario, ma principale (DTF 125 IV 134 consid. 3a). 
 
Il complice è invece colui che aiuta intenzionalmente altri a commettere un crimine o un delitto (art. 25 CP). Sotto il profilo oggettivo, il complice deve fornire all'autore principale un contributo causale alla realizzazione dell'infrazione, di modo che senza lo stesso gli eventi non si sarebbero svolti nello stesso modo. Sotto quello soggettivo, è necessario che il complice sappia o si renda conto che concorre alla realizzazione di un atto delittuoso determinato e che lo voglia o quanto meno lo accetti; a questo riguardo, è sufficiente che conosca a grandi linee l'attività delittuosa dell'autore che deve aver preso la decisione dell'atto. Il dolo eventuale è sufficiente (DTF 132 IV 49 consid. 1.1 e rinvii). 
 
2.2 La CARP ha confermato che il ricorrente ha agito in veste di correo nelle truffe compiute attraverso due successive società di investimento. Era infatti lui che nella maggior parte dei casi si occupava di ritirare il denaro versato dai clienti a scopo di investimento e che faceva loro sottoscrivere i mandati di gestione che a sua volta firmava per conto di una delle società. Sapeva, per sua stessa ammissione, sin dall'inizio che i fondi raccolti non venivano investiti, che i contratti non sarebbero mai stati eseguiti e che i clienti in realtà venivano ingannati. Pienamente consapevole dell'attività che si celava dietro le due società, ha condiviso completamente l'intero disegno criminoso, che ha fatto proprio. Ha beneficiato in modo diretto delle malversazioni, che gli hanno permesso di avere un elevato tenore di vita e di appagare la sua passione per le belle auto. L'insorgente costituiva una "pedina fondamentale dello scacchiere dell'organizzazione truffaldina", svolgendo un ruolo chiave nel momento dell'esecuzione della truffa. 
 
2.3 A ragione il ricorrente è stato ritenuto autore a pieno titolo delle truffe e non semplice complice, la sua partecipazione al reato non potendo essere definita secondaria. Sebbene l'ideazione del progetto truffaldino e la sua organizzazione non fossero a lui riconducibili, l'insorgente vi ha pienamente aderito in una seconda fase, accettando di fornire il suo contributo alla concretizzazione del piano criminale e alla sua esecuzione. Poco importa al riguardo la sua accertata posizione di subordinazione rispetto alla coimputata, sua convivente. Il correo non deve necessariamente avere il controllo della situazione di fatto, essendo sufficiente che abbia una certa padronanza delle operazioni, ossia che fornisca un apporto determinante alla realizzazione del risultato (DTF 125 IV 134 consid. 3d). Dopo che altri ingannavano i clienti sulle attività delle società e li convincevano a investire i loro averi, l'insorgente si recava da loro con vetture di grossa cilindrata, faceva sottoscrivere i contratti - che ha firmato anche lui per conto di una delle società - e ritirava gli importi dei prospettati investimenti. Interveniva quindi in un momento cruciale della truffa, vale a dire quando i clienti, consegnandogli il denaro, effettuavano atti pregiudizievoli al proprio patrimonio. Con il suo intervento, protraeva l'inganno già posto in essere mediante i contatti telefonici e l'invio dei prospetti. Era lui, come già rilevato in sede cantonale, ad avere il contatto diretto e personale con le vittime. Non solo. Dagli accertamenti di fatto, non contestati, risulta inoltre che il ricorrente disponeva della procura su tutti i conti della società. Non si tratta manifestamente di mansioni che sono abitualmente attribuite a un dipendente con funzioni accessorie e subordinate, come preteso dall'insorgente. Giustamente pertanto è stato considerato un personaggio chiave nella simulata attività finanziaria. Contrariamente alla tesi ricorsuale, nemmeno l'assenza di un accordo sulla ripartizione degli "utili" costituisce un elemento a favore della complicità (v. sentenza 6P.68/2005 del 6 settembre 2005 consid. 7.2). A questo proposito la CARP ha rilevato che l'insorgente ha goduto senza alcuna limitazione dell'indebito profitto conseguito con la raccolta dei fondi. Invano il ricorrente contesta la pertinenza di quest'elemento, affermando di aver beneficiato degli illeciti vantaggi economici in modo indiretto, in quanto convivente dell'autrice principale. Non si è infatti limitato a usufruire degli illeciti guadagni della sua compagna, ma ha preso parte attivamente alle truffe, aderendo senza riserve al sodalizio criminoso, all'esecuzione del reato e conseguentemente agli indebiti profitti. 
 
In questo ambito risultano infine inconferenti anche le argomentazioni ricorsuali sull'inesistenza di un'organizzazione criminale. Questa espressione, adoperata dai primi giudici insieme a quella di associazione a delinquere, non è stata utilizzata quale elemento per riconoscere l'insorgente autore principale delle truffe, bensì per ammettere la realizzazione dell'aggravante del mestiere. Poiché il ricorrente non lamenta, nemmeno implicitamente, la violazione dell'art. 146 cpv. 2 CP, non v'è ragione di attardarsi oltre su questo punto. 
 
3. 
Pur non contestando la commisurazione della pena nel caso dovesse essere confermato il suo ruolo di correo nelle truffe, l'insorgente si duole della mancata sospensione condizionale della sua esecuzione. 
 
3.1 Atteso che il ricorrente è stato condannato a una pena detentiva di 30 mesi, pena superiore ai limiti posti dall'art. 42 CP per poter concedere l'integrale sospensione condizionale, solo una sospensione condizionale parziale ai sensi dell'art. 43 CP può entrare in considerazione nella fattispecie. 
Giusta l'art. 43 cpv. 1 CP, il giudice può sospendere parzialmente l'esecuzione di una pena pecuniaria, di un lavoro di pubblica utilità o di una pena detentiva di un anno a tre anni se necessario per tenere sufficientemente conto della colpa dell'autore. Anche se la norma non lo prevede esplicitamente, la concessione della sospensione condizionale parziale presuppone, come nell'ambito dell'art. 42 CP per la condizionale totale, una prognosi non sfavorevole (DTF 134 IV 60 consid. 7.4 pag. 77). 
 
Qualora la prognosi sul comportamento futuro dell'autore non sia sfavorevole, la legge impone una sospensione almeno parziale dell'esecuzione della pena. Per contro, una prognosi negativa esclude la sospensione condizionale parziale. Se infatti non sussiste alcuna prospettiva che la sospensione condizionale totale o parziale possa avere una qualche influenza sull'autore, la pena dev'essere eseguita nella sua integralità (DTF 134 IV 1 consid. 5.3.1). 
 
Per formulare una prognosi sul comportamento futuro dell'autore, il giudice deve procedere a una valutazione globale che tenga conto delle circostanze dell'infrazione, della vita anteriore dell'autore, della sua reputazione e della sua situazione personale al momento dell'emanazione della sentenza. Deve prendere in considerazione tutti gli elementi atti a determinare il carattere dell'autore e le sue prospettive di emendamento (DTF 134 IV 1 consid. 4.2.1). 
 
Nella formulazione della prognosi il giudice dispone di un ampio potere d'apprezzamento. Il Tribunale federale interviene pertanto unicamente in caso di abuso o eccesso di tale potere (DTF 133 IV 201 consid. 2.3 pag. 204). 
 
3.2 In sede cantonale, il caso del ricorrente è stato considerato un esempio scolastico di prognosi negativa. Gravato da innumerevoli precedenti penali, non si è mai lasciato impressionare dall'esecuzione delle pene inflittegli, ricominciando a delinquere a intervalli regolari sia durante l'espiazione di una lunga condanna sia nel periodo della libertà condizionata sia poi da uomo libero. Si è poi reso colpevole di reati analoghi a quelli oggetto del presente procedimento. Posto in libertà provvisoria è tornato a delinquere sia prima sia dopo l'emissione dell'atto d'accusa principale, commettendo nuovamente una truffa, distraendo valori patrimoniali sottoposti a procedimento giudiziale e sottraendo cose requisite o sequestrate, nonché, ancora in attesa di giudizio, perpetrando il reato di monete false, per il quale era già stato condannato a una pena da espiare. L'insorgente è stato definito un irriducibile, incapace di attenersi alle regole, che da anni non esercita una attività lavorativa duratura e che non si lascia impressionare dall'esecuzione delle pene. La sua irriducibilità si manifesta anche nel costante atteggiamento teso a sottrarsi alle proprie responsabilità, cercando di intralciare e di influenzare a suo favore, in modo illecito, gli accertamenti degli inquirenti. Comportamento già adottato in passato e reiterato nell'ambito del procedimento in esame, quando ha nascosto i documenti della prima società d'investimento e poi ancora gettato nel water alcune banconote false. Quanto alla situazione attuale del ricorrente, i giudici hanno rilevato che ha raggiunto da poco l'età del pensionamento, circostanza non rassicurante, perché, da un lato, avrà a disposizione tutto il tempo per frequentare ulteriormente compagnie pericolose e, dall'altro, la rendita AVS non gli consentirà di conservare il tenore di vita avuto, cui è abituato. 
 
3.3 L'insorgente contesta di avere avuto delle frequentazioni altamente pericolose e di non essere in grado di adattare il proprio tenore di vita al suo nuovo stato sociale. Questi sono tuttavia accertamenti di fatto che vincolano il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF), tranne quando sono svolti in modo manifestamente inesatto o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF (art. 105 cpv. 2 LTF), ciò che l'insorgente non sostiene né dimostra (art. 97 cpv. 1 unitamente all'art. 42 cpv. 2 LTF), sicché non v'è ragione per scostarsene. 
 
Il ricorrente sostiene che vi sarebbe un evidente squilibrio tra la sua pena e quella, parzialmente sospesa condizionalmente, della coimputata. I reati per cui è stato condannato sarebbero stati commessi in concorso con quest'ultima e in una posizione a lei subordinata. Anche a suo favore dovrebbero pertanto essere riconosciuti gli stessi elementi di prognosi favorevole. 
 
Se le circostanze dell'infrazione sono analoghe per entrambi i correi, divergono per contro gli ulteriori elementi determinanti per la prognosi (v. supra consid. 3.1), segnatamente la loro vita anteriore e la loro situazione personale. La coimputata esercita una regolare attività lavorativa, che le permette di guadagnarsi quanto necessario, e dopo la sua ultima carcerazione nel 2005 non ha più commesso reati. Il ricorrente, oltre a non aver adattato il suo tenore di vita alla sua nuova situazione sociale, ancora nel 2009, in attesa di giudizio, si è reso colpevole di importo, acquisto e deposito di monete false, infrazione per cui aveva già in passato espiato una pena detentiva. Invano l'insorgente adduce il carattere veniale di quest'ultimo reato. Esso è dimostrativo dell'irriducibilità delinquenziale del ricorrente evidenziata dai giudici cantonali e della sua incapacità di trarne le debite conseguenze. 
 
Alla luce di tutti gli elementi elencati, la prognosi negativa formulata dai giudici, e il conseguente rifiuto di concedere al ricorrente il beneficio della sospensione condizionale parziale della pena, non appare contraria al diritto federale. 
 
4. 
Da quanto precede discende che il ricorso dev'essere respinto, in quanto infondato. 
 
La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio non può essere accolta, essendo il gravame fin dall'inizio privo di possibilità di successo (art. 64 cpv. 1 LTF). Le spese giudiziarie sono di conseguenza poste a carico del ricorrente, in considerazione della sua soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Vista la sua situazione finanziaria, si giustifica tuttavia di prelevare una tassa di giustizia ridotta (art. 65 cpv. 2 LTF). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
 
1. 
Il ricorso è respinto. 
 
2. 
La domanda di assistenza giudiziaria è respinta. 
 
3. 
Le spese giudiziarie di fr. 1'600.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
4. 
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Ministero pubblico e alla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino. 
 
Losanna, 22 dicembre 2011 
 
In nome della Corte di diritto penale 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Mathys 
 
La Cancelliera: Ortolano Ribordy