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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
2C_74/2024  
 
 
Sentenza del 23 febbraio 2024  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Aubry Girardin, Presidente, 
Ryter, Kradolfer, 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Lorenzo Fornara, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Sezione della popolazione, 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
Oggetto 
permesso di dimora UE/AELS, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico e ricorso sussidiario in materia costituzionale contro la sentenza emanata il 18 dicembre 2023 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2023.123). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
 
A.a. Il 31 ottobre 2012 il cittadino italiano A.________ (...) ha ottenuto un permesso di dimora UE/AELS per l'esercizio di un'attività lucrativa a titolo dipendente nel Cantone Ticino. Egli ha una figlia, nata nel... da una relazione con una cittadina polacca, che dal 2016 vive in Polonia con la madre. Gli altri parenti risiedono in Italia.  
 
A.b. Preso tra l'altro atto del fatto che contro A.________ era pendente un procedimento penale davanti al Ministero pubblico, con decisione del 29 maggio 2018 la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino ha respinto la richiesta di rilascio di un permesso di domicilio formulata il 4 ottobre 2017, accogliendo però la richiesta di rinnovo del permesso di dimora UE/AELS.  
 
A.c. Dopo essere rimasto senza lavoro ed avere esaurito il diritto alle indennità di disoccupazione, il 7 maggio 2019 A.________ si è rivolto all'Ufficio del sostegno sociale e dell'inserimento del Dipartimento della sanità e della socialità del Cantone Ticino, domandando l'aiuto sociale. L'istanza è stata accolta e il versamento delle prestazioni assistenziali è iniziato nel giugno 2019, con diritto dall'aprile precedente.  
 
B.  
Successivamente alla constatazione che l'interessato non svolgeva più nessuna attività lucrativa ma dipendeva dall'aiuto sociale, e giunta alla conclusione che le condizioni per la conferma dell'autorizzazione di soggiorno non erano realizzate, con decisione del 16 dicembre 2020 la Sezione della popolazione ha revocato a A.________ il permesso di dimora di cui disponeva, fissandogli un termine per lasciare la Svizzera. La liceità della revoca rispettivamente del diniego del diritto al rinnovo del permesso di soggiorno è stata confermata sia dal Consiglio di Stato (8 marzo 2023) che dal Tribunale amministrativo ticinese, che si è espresso in merito con sentenza del 18 dicembre 2023. 
A seguito di un evento occorsogli l'11 febbraio 2021, quando già pendeva il ricorso davanti al Governo cantonale contro la revoca del permesso, A.________ è stato colpito da un'incapacità lavorativa totale che ha portato a riconoscergli, dal 1° febbraio 2022, una rendita AI mensile di fr. 924.- (fr. 660.- di rendita personale e fr. 264.- di rendita per figli), nonché prestazioni complementari mensili di fr. 2'449.--. 
 
 
C.  
Con ricorso in materia di diritto pubblico e ricorso sussidiario in materia costituzionale del 31 gennaio 2024, A.________ si è rivolto al Tribunale federale, domandando che il giudizio emesso dalla Corte cantonale il 18 dicembre 2023 sia annullato e che il permesso di dimora UE/AELS gli sia rinnovato fino al 14 ottobre 2027. 
Il Tribunale federale ha chiesto alle autorità cantonali di trasmettergli l'incarto completo. Non ha ordinato ulteriori atti istruttori. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Giusta l'art. 83 lett. c n. 2 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto. Già perché l'insorgente è di nazionalità italiana e può di principio richiamarsi all'accordo del 21 giugno 1999 sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681), la causa sfugge però alla clausola d'eccezione (sentenza 2C_570/2022 del 20 febbraio 2023 consid. 1.1).  
 
1.2. Il gravame è stato presentato nei termini (art. 46 cpv. 1 lett. c in relazione con l'art. 100 cpv. 1 LTF), contro una decisione finale di un tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e 2; art. 90 LTF) e da una persona che ha la necessaria legittimazione ad insorgere (art. 89 cpv 1 LTF). Di conseguenza, esso va esaminato quale ricorso ordinario in materia di diritto pubblico ai sensi dell'art. 82 segg. LTF. Data la proponibilità del rimedio ordinario, il ricorso sussidiario in materia costituzionale è inammissibile (art. 113 LTF e contrario) e tutte le critiche dell'insorgente verranno trattate nell'ambito del ricorso in materia di diritto pubblico, con cui si può lamentare la lesione del diritto federale nel suo complesso (art. 95 lett. a LTF; successivo consid. 2).  
 
2.  
 
2.1. Di principio, il Tribunale federale applica il diritto federale d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, considera di regola solo gli argomenti proposti (art. 42 cpv. 2 LTF; DTF 142 III 364 consid. 2.4). Esigenze più severe valgono in relazione alla denuncia della violazione di diritti fondamentali, che va formulata con precisione (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 II 283 consid. 1.2.2).  
 
2.2. Per quanto concerne i fatti, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sugli accertamenti svolti dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Può scostarsene se sono stati eseguiti violando il diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, cioè arbitrario (art. 105 cpv. 2 LTF; DTF 140 III 264 consid. 2.3, 140 III 115 consid. 2). L'eliminazione del vizio deve inoltre poter influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF).  
 
3.  
 
3.1. Nel suo giudizio, la Corte cantonale ha esposto le possibilità di soggiorno previste dall'accordo sulla libera circolazione delle persone e rammentato le varie attività svolte dal ricorrente per poi rilevare:  
(a) che almeno a partire dall'aprile 2019 lo stesso ha perso lo statuto di lavoratore dipendente e non lo ha più riacquistato (art. 4 ALC in relazione con l'art. 6 allegato I ALC; giudizio impugnato, consid. 3.1); 
(b) che l'insorgente non può soggiornare in Svizzera quale persona che non esercita un'attività economica, siccome il riconoscimento di un permesso in questo senso è - tra l'altro - subordinato al fatto che chi lo richiede disponga di mezzi finanziari sufficienti per non dovere ricorrere all'assistenza sociale (art. 6 ALC in relazione con l'art. 24 allegato I ALC), ciò che non è qui il caso perché è attestata la percezione di aiuti pubblici (giudizio impugnato, consid. 3.2 e 3.3); 
(c) che non sono riunite le condizioni per riconoscere un diritto di rimanere in Svizzera giusta l'art. 7 lett. c in relazione con l'art. 4 allegato I ALC e il regolamento 1251/70 (GU L 142 del 1970, pag. 24), dopo la cessazione dell'attività lavorativa, perché l'incapacità lavorativa è intervenuta nel febbraio 2021, successivamente alla perdita, da parte dell'insorgente, dello statuto di lavoratore dipendente (aprile 2019; giudizio impugnato, consid. 3.2 e 3.4). 
Nel contempo, dopo essersi pronunciato in relazione ai permessi di soggiorno in base all'accordo sulla libera circolazione delle persone, il Tribunale amministrativo ticinese ha osservato che il ricorrente non poteva dedurre un diritto di soggiorno neanche dall'art. 33 cpv. 3 della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri e la loro integrazione (LStrI; RS 142.20), che regola il rinnovo del permesso di dimora in base al diritto interno, o dall'art. 8 della Convenzione europea del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU; RS 0.101). Infine, ha rilevato che il diniego del diritto a proseguire il soggiorno in Svizzera rispettava il principio della proporzionalità (art. 96 LStrI; giudizio impugnato, consid. 4). 
 
3.2. Davanti al Tribunale federale, l'insorgente non sostiene l'esistenza delle condizioni per un richiamo all'art. 6 ALC in relazione con l'art. 24 allegato I ALC, di modo che su tale aspetto non occorrerebbe tornare (art. 42 cpv. 2 LTF; precedente consid. 2.1). In ogni caso, quanto concluso dalla Corte cantonale è corretto, perché la percezione di prestazioni complementari costituisce in tale ambito un aiuto sociale non permesso dall'art. 24 allegato I, che richiede l'esistenza di mezzi finanziari sufficienti (sentenza 2C_458/2023 del 7 febbraio 2024 consid. 4).  
A differenza di quanto indicato dal Tribunale amministrativo ticinese, l'insorgente è però dell'avviso che quando è subentrata l'incapacità professionale (11 febbraio 2021) egli fosse ancora da considerare un lavoratore in base all'ALC, di modo che un diritto di rimanere in Svizzera giusta l'art. 7 lett. c in relazione con l'art. 4 allegato I ALC e il regolamento 1251/70 andrebbe riconosciuto (ricorso, p.to B 3-4). Inoltre, sostiene che il diniego di un permesso di dimora leda l'art. 8 CEDU, che garantisce il diritto alla vita privata, richiedendo il rispetto del principio della proporzionalità (ricorso, p.to B 6), e che il giudizio impugnato violi la "normativa federale interna in materia di revoca" (ricorso, p.to B 5). 
 
4.  
In merito alla denuncia della lesione della "normativa federale interna in materia di revoca", il ricorrente non può essere seguito. 
 
4.1. Il suo caso non riguarda infatti la revoca di un permesso di dimora rilasciato in base alla legge federale sugli stranieri e la loro integrazione (art. 62 e 63 LstrI) - che non gli riconosce nemmeno un diritto al rinnovo del permesso, in quanto l'art. 33 cpv. 3 LStrI ha carattere potestativo (sentenza 2C_217/2023 del 17 maggio 2023 consid. 3.2) - bensì il diritto ad un permesso di dimora giusta l'art. 8 CEDU rispettivamente giusta l'art. 7 lett. c in relazione con l'art. 4 allegato I ALC e il regolamento 1251/70, che è riconosciuto alle condizioni previste da queste norme e dalla giurisprudenza in materia (art. 2 ALC; sentenza 2C_707/2022 del 6 novembre 2023 consid. 5).  
 
4.2. Non potendosi prospettare nessun diritto di soggiorno in Svizzera in base alla legge federale sugli stranieri e la loro integrazione, l'insorgente non può d'altra parte riferirsi all'art. 2 cpv. 2 LStrI, in base al quale le persone che sottostanno all'accordo sulla libera circolazione delle persone hanno diritto a richiamarsi alla legge federale sugli stranieri e la loro integrazione, quando essa contiene delle disposizioni più favorevoli (sentenze 2C_458/2023 del 7 febbraio 2024 consid. 4.3.2; 2C_707/2022 del 6 novembre 2023 consid. 5). Resta quindi da esaminare il caso nell'ottica dell'art. 7 lett. c in relazione con l'art. 4 allegato I ALC e il regolamento 1251/70 rispettivamente dell'art. 8 CEDU.  
 
5.  
 
5.1. Giusta l'art. 6 cpv. 1 allegato I ALC, il lavoratore dipendente, cittadino di una parte contraente, che occupa un impiego di durata uguale o superiore a un anno al servizio di un datore di lavoro dello Stato ospitante riceve una carta di soggiorno della durata di almeno 5 anni a decorrere dalla data del rilascio, automaticamente rinnovabile per almeno 5 anni. In occasione del primo rinnovo, la validità della carta di soggiorno può essere limitata, per un periodo non inferiore ad un anno, qualora il possessore si trovi in una situazione di disoccupazione involontaria da oltre 12 mesi. Le ulteriori proroghe sono sottoposte alla condizione che l'interessato conservi lo statuto di lavoratore (sentenza 2C_217/2023 del 17 maggio 2023 consid. 4.1).  
Il capoverso 6 dell'art. 6 allegato I ALC precisa al riguardo che la carta di soggiorno in corso di validità non può essere ritirata per il solo fatto che il lavoratore non è più occupato, quando lo stato di disoccupazione dipende da un'incapacità temporanea di lavoro dovuta a malattia o a infortunio, oppure quando si tratti di disoccupazione involontaria debitamente constatata dall'ufficio del lavoro competente. 
 
5.2. Quello di lavoratore è un concetto autonomo di diritto europeo, che non dipende da considerazioni sul piano nazionale (DTF 131 II 339 consid. 3.1; sentenze 2C_217/2023 del 17 maggio 2023 consid. 4.2; 2C_988/2020 del 29 aprile 2021 consid. 3.2).  
La nozione di lavoratore, che delimita il campo di applicazione del principio della libera circolazione, dev'essere interpretata in modo estensivo, mentre le eccezioni e le deroghe a questa libertà fondamentale vanno sottoposte ad un'interpretazione restrittiva. È quindi considerato lavoratore colui che svolge, per una certa durata, a favore di un'altra persona e sotto la sua direzione, delle prestazioni per le quali percepisce una controprestazione. Ciò presuppone che l'attività lavorativa sia reale ed effettiva, da un punto di vista quantitativo e qualitativo. Delle attività così ridotte da apparire meramente marginali e accessorie non vanno considerate (DTF 141 II 1 consid. 2.2.4 e 3.3.2; sentenza 2C_217/2023 del 17 maggio 2023 consid. 4.2). 
 
5.3. Con riferimento all'art. 6 cpv. 6 allegato I ALC va invece precisato che il cittadino di una parte contraente al quale è stato riconosciuto lo statuto di lavoratore può perderlo e vedersi negare la proroga, rispettivamente revocare l'autorizzazione di soggiorno UE/AELS di cui è titolare (art. 23 cpv. 1 dell'ordinanza del 22 maggio 2002 sull'introduzione della libera circolazione delle persone [OLCP; RS 142.203]), nei seguenti casi: a) quando si trova in una situazione di disoccupazione volontaria b) quando dal comportamento dello stesso occorre dedurre che non esiste (più) nessuna prospettiva reale che egli venga di nuovo impiegato in un lasso di tempo ragionevole; c) quando ha adottato un comportamento abusivo, spostandosi ad esempio in un altro Stato contraente per esercitarvi un lavoro fittizio oppure di una durata estremamente limitata, con l'unico scopo di beneficiare di prestazioni sociali migliori di quelle che percepirebbe nel proprio Paese o in un terzo Stato contraente (DTF 141 II 1 consid. 2.2.1; 139 II 339 consid. 3.4; sentenza 2C_114/2022 del 2 agosto 2022 consid. 4.4).  
Se il cittadino di una parte contraente si trova in uno stato di disoccupazione involontaria da 18 mesi ed ha esaurito il diritto alle prestazioni dell'assicurazione disoccupazione va per prassi considerato che una prospettiva reale che egli venga di nuovo impiegato non sia più data e che, perso lo statuto di lavoratore, il permesso di soggiorno può essere revocato (DTF 147 II 1 consid. 2.1.3; sentenza 2C_217/2023 del 17 maggio 2023 consid. 4.5.1; al riguardo, cfr. anche l'art. 61a cpv. 4 LStrI, in vigore dal 1° luglio 2018 e che codifica la giurisprudenza). 
 
5.4. L'art. 4 allegato I ALC in relazione con il regolamento 1251/70, riconosce infine il diritto di rimanere sul territorio di un'altra parte contraente anche dopo avere cessato un'attività economica dipendente.  
Più precisamente, il regolamento 1251/70 prevede infatti che ha diritto di rimanere sul territorio di uno Stato membro il lavoratore che, essendo residente senza interruzione sul territorio di tale Stato da più di due anni, cessa di esercitarvi un'attività subordinata a seguito di inabilità permanente al lavoro (art. 2 par. 1 lett. b prima frase), mentre se l'inabilità è dovuta ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale che diano diritto ad una pensione interamente o parzialmente a carico di un'istituzione di tale Stato, non è prescritta durata minima di residenza (art. 2 par. 1 lett. b seconda frase; DTF 141 II 1 consid. 4.1; sentenza 2C_469/2022 del 25 luglio 2022 consid. 4.3). In questo contesto, i periodi di disoccupazione involontaria debitamente accertati dal competente ufficio del lavoro e le assenze per malattia o infortunio sono considerati periodo di occupazione (art. 4 par. 2). 
 
6.  
In primo luogo, l'insorgente è dell'avviso che un diritto di soggiorno in base all'art. 7 lett. c ALC in relazione con l'art. 4 allegato I ALC e l'art. 2 par. 1 lett. b del regolamento 1251/70 sarebbe dato perché, fino all'intervento dell'incapacità al lavoro al 100 %, l'11 febbraio 2021, la sua qualità di lavoratore non sarebbe mai venuta a mancare. 
 
6.1. In questo contesto, nel gravame viene innanzitutto sostenuto che l'istanza inferiore avrebbe accertato i fatti in modo manifestamente inesatto e contrario all'art. 110 LTF, siccome "fino al febbraio 2021 il ricorrente era certificatamente abile e incline al lavoro". Da una lettura dell'impugnativa, che non denuncia la mancata presa in considerazione di nessuna prova specifica, risulta però che l'insorgente non mira a dimostrare la lesione dell'art. 110 LTF (sull'argomento, cfr. la sentenza 2C_570/2022 del 20 febbraio 2023 consid. 4), ma solo a lamentarsi dell'apprezzamento dei fatti e delle prove su cui si basa la conclusione che, per lo meno dall'aprile 2019, lo statuto di lavoratore non era più dato (precedente consid. 3.1). Così facendo, egli solleva quindi una questione che il Tribunale federale rivede solo nell'ottica del divieto d'arbitrio (sentenza 2C_897/2022 del 6 settembre 2023 consid. 6.1).  
Una lesione dell'art. 9 Cost. nell'apprezzamento di fatti e prove non è però dimostrata perché l'insorgente si limita a fornire una propria lettura della situazione, ciò che non basta (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 IV 500 consid. 1.1; 141 III 564 consid. 4.1; sentenza 2C_897/2022 del 6 settembre 2023 consid. 6.2). Di conseguenza, anche nella fattispecie sono determinanti solo i fatti che risultano dal giudizio impugnato (art. 105 cpv. 1 LTF). 
 
6.2. Con specifico riferimento all'art. 7 lett. c ALC in relazione con l'art. 4 allegato I ALC e l'art. 2 par. 1 lett. b del regolamento 1251/70, viene invece sostenuto che al momento in cui è stata pronunciata la revoca (16 dicembre 2020) l'insorgente fosse in disoccupazione involontaria, in quanto la perdita del posto di lavoro (1° gennaio 2018) non gli era imputabile. Per questa ragione - in assenza di abusi ed essendovi una prospettiva reale di trovare un nuovo impiego in un lasso di tempo ragionevole - la carta di soggiorno non avrebbe potuto essergli ritirata e lo statuto di lavoratore gli andava riconosciuto anche l'11 febbraio 2021, quando si è verificato l'evento che ha portato alla sua invalidità.  
 
6.3. Alla luce del quadro legale descritto nel precedente considerando 5, anche tale argomentazione non può però essere condivisa.  
 
6.3.1. Come rilevato in quella sede, se il cittadino di una parte contraente si trova in uno stato di disoccupazione involontaria da 18 mesi ed ha esaurito il diritto alle prestazioni dell'assicurazione disoccupazione bisogna infatti considerare che una prospettiva reale che egli venga di nuovo impiegato non ci sia più e che, perso lo statuto di lavoratore, l'autorizzazione di soggiorno di cui dispone può essere revocata (DTF 147 II 1 consid. 2.1.3; sentenze 2C_471/2022 del 20 dicembre 2023 consid. 3.4; 2C_217/2023 del 17 maggio 2023 consid. 4.5.1; 2C_114/2022 del 2 agosto 2022 consid. 4.4; 2C_168/2021 del 23 novembre 2021 consid. 4.5.1; al riguardo, cfr. anche l'art. 61a cpv. 4 LStrI, che codifica la giurisprudenza in materia).  
 
6.3.2. In base agli accertamenti che risultano dal giudizio impugnato, che vincolano il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF; precedente consid. 6.1 e 6.2), proprio una simile fattispecie è però data anche qui. Come indicato dai Giudici ticinesi, dal 1° gennaio 2018 l'insorgente non ha infatti più esercitato nessuna attività lucrativa e dal 6 febbraio 2018 ha beneficiato di 260 indennità giornaliere di disoccupazione per poi passare a beneficio dell'aiuto sociale, chiesto il 7 maggio 2019 e ottenuto a partire dal mese successivo (giudizio impugnato, consid. 3.1). Di conseguenza, a partire dalla fine di giugno 2019, trascorsi 18 mesi dall'inizio della disoccupazione ed esaurite le indennità di disoccupazione, il suo permesso poteva essere revocato.  
 
6.3.3. In parallelo, siccome quando si è verificato l'evento che ha condotto alla sua invalidità (11 febbraio 2021) egli non era da tempo più un lavoratore ai sensi dell'ALC (precedente consid. 6.3.2), corretto è anche il mancato riconoscimento di un diritto a restare in Svizzera in base all'art. 7 lett. c ALC in relazione con l'art. 4 allegato I ALC e l'art. 2 par. 1 lett. b del regolamento 1251/70. Entrambe le fattispecie previste dall'art. 2 par. 1 lett. b del regolamento 1251/70 richiedono infatti che quando subentra l'incapacità lavorativa la persona abbia ancora lo statuto di lavoratore, ciò che non è qui il caso (in senso conforme, cfr. la sentenza 2C_469/2022 del 25 luglio 2022 consid. 5.1 segg.).  
 
6.4. Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, anche un diritto al soggiorno giusta l'art. 7 lett. c ALC in relazione con l'art. 4 allegato I ALC e l'art. 2 par. 1 lett. b del regolamento 1251/70 non è quindi dato.  
 
7.  
In secondo luogo, l'insorgente si riferisce all'art. 8 CEDU, "dal profilo della vita privata sgorgante dal n. 1 del citato disposto", di cui denuncia il mancato rispetto da parte della Corte cantonale, che avrebbe reso un giudizio lesivo del principio della proporzionalità. 
 
7.1. Per l'art. 8 par. 1 CEDU, ogni persona ha diritto al rispetto della vita privata e familiare (par. 1). Di per sé, questa norma non conferisce nessun diritto di soggiorno in Svizzera. Secondo le circostanze, una persona straniera può però prevalersene per opporsi a una misura che comporterebbe una limitazione sproporzionata dei diritti in discussione (par. 2). In quest'ottica, l'art. 8 CEDU può quindi comportare anche il riconoscimento di un diritto a rimanere nel nostro Paese (sentenza 2C_458/2023 del 7 febbraio 2024 consid. 5.1).  
Del diritto alla garanzia della vita privata, al quale si richiama anche il ricorrente, ci si può di regola prevalere dopo un soggiorno legale in Svizzera di circa dieci anni, in considerazione del fatto che, trascorso questo tempo, si può in via di principio considerare che i rapporti sociali intessuti in Svizzera sono diventati stretti a tal punto che per porre fine al soggiorno ci vogliono motivi qualificati (DTF 147 I 268 consid. 1.2.4). Davanti a un'integrazione particolarmente riuscita, la facoltà di prevalersi dell'art. 8 CEDU nell'ottica del diritto alla vita privata si può però ammettere anche prima (DTF 149 I 207 consid. 5.3). 
 
7.2. Giusta l'art. 8 par. 2 CEDU, non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio del diritto alla vita privata e familiare se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui.  
Ammessa la possibilità di un richiamo ai diritti garantiti dall'art. 8 par. 1 CEDU, è quindi necessario che una loro eventuale limitazione sia proporzionata ai sensi dell'art. 8 par. 2 CEDU, ciò che dev'essere verificato esaminando tutte le circostanze del caso (DTF 144 I 266 consid. 3.7; sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in re Hasanbasic contro Svizzera dell'11 giugno 2013, n. 52166/09, § 46 segg.).  
 
7.3. Ora, la Corte cantonale ha negato che il ricorrente potesse richiamarsi all'art. 8 CEDU nell'ottica della garanzia del diritto alla vita privata, perché i 10 anni di soggiorno legale non erano dati e dati non erano nemmeno gli elementi per ammettere un'integrazione particolarmente riuscita, che permettesse un richiamo a tale diritto prima della scadenza dei dieci anni richiesti (giudizio impugnato, consid. 4.4).  
Contrariamente a quanto sostenuto nell'impugnativa, anche questa conclusione è corretta. In effetti, il ricorrente è giunto in Svizzera il 15 ottobre 2012 e la decisione di revoca del permesso di dimora è del 16 dicembre 2020, di modo che i dieci anni richiesti non sono dati (DTF 149 I 207 consid. 5.3.3; 2C_769/2022 del 19 ottobre 2023 consid. 6.5, da cui risulta che il periodo ricorsuale successivo a una revoca o al diniego del rinnovo di un permesso non può essere considerato). D'altra parte, in base ai fatti che risultano dal giudizio impugnato, che vincolano il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF), nemmeno si può ammettere l'esistenza di un'integrazione particolarmente riuscita, sul piano sociale, lavorativo ed economico, che permetterebbe di derogare ai dieci anni richiesti, siccome: (a) l'insorgente ha lavorato solo in modo discontinuo; (b) già prima che subentrasse l'invalidità, a seguito di un evento occorso l'11 febbraio 2021, ha dipeso dall'aiuto sociale; (c) altri accertamenti di fatto che parlino a favore di una simile conclusione non ve ne sono (precedenti consid. Ac e B; DTF 144 I 266 consid. 3.9, sentenza 2C_217/2023 del 17 maggio 2023 consid. 5.2.2). 
 
7.4. Sia come sia va rilevato che, quand'anche il ricorrente si potesse richiamare all'art. 8 par. 1 CEDU nell'ottica del diritto alla vita privata, una limitazione di tale diritto sarebbe comunque da considerare come proporzionata (art. 8 par. 2 CEDU).  
 
7.4.1. L'insorgente, che è nato nel..., vive stabilmente in Svizzera dalla fine del 2012. Tale aspetto deve tuttavia essere relativizzato: da un lato, dalla sua mancata integrazione sul piano lavorativo e dalla percezione - già prima che subentrasse l'invalidità - dell'aiuto sociale (precedenti consid. AC e B); d'altro lato, dal fatto che fino a 36 anni ha vissuto in Italia, dove ancora risiedono tutti i suoi parenti tranne la figlia, che vive con la madre in Polonia (precedente consid. A), nonché dal fatto che quando è giunto in Svizzera ha sottaciuto l'esistenza di un decreto penale pronunciato nei suoi confronti il 19 maggio 2010 dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Napoli, che prevedeva una multa sospesa di euro 13'680.-- per il reato di omesso versamento dell'iva (giudizio impugnato, consid. 4.4).  
 
7.4.2. Nel contempo, occorre osservare che, con un trasferimento nella fascia di confine, a qualche decina di chilometri dall'attuale domicilio, il ricorrente potrà mantenere intatti tutti i rapporti sociali che intrattiene in Svizzera e che altri ostacoli specifici a un trasferimento in Italia non ne sono stati sollevati rispettivamente non risultano (art. 105 cpv. 1 LTF; sentenza 2C_458/2023 del 7 febbraio 2024 consid. 5.4.2 seg.).  
 
7.4.3. Infine, va considerato che tra i motivi che possono giustificare un'ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio del diritto alla vita privata garantito dall'art. 8 CEDU vi può essere anche il benessere economico del Paese ospitante, quindi la volontà, da parte di quest'ultimo, di contenere l'aggravio delle finanze pubbliche in casi come questo, in cui le condizioni per ammettere un diritto di soggiorno in base ad altre norme non sono date (sentenza 2C_458/2023 del 7 febbraio 2024 consid. 5.4.3, con riferimento a un caso di percezione di prestazioni complementari AVS; sentenza 2C_370/2021 del 28 dicembre 2021 consid. 5.2.4, con riferimento a un caso di percezione dell'assistenza sociale e alla giurisprudenza della Corte EDU in materia).  
 
8.  
Per quanto precede, il ricorso sussidiario in materia costituzionale è inammissibile, mentre il ricorso in materia di diritto pubblico va respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si assegnano ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso sussidiario in materia costituzionale è inammissibile. 
 
2.  
Il ricorso in materia di diritto pubblico è respinto. 
 
3.  
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
4.  
C omunicazione al patrocinatore del ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato, al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino e alla Segreteria di Stato della migrazione. 
 
 
Losanna, 23 febbraio 2024 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: F. Aubry Girardin 
 
Il Cancelliere: Savoldelli