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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
2C_366/2023  
 
 
Sentenza del 16 gennaio 2024  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Aubry Girardin, Presidente, 
Hänni, Ryter. 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Fulvio Faraci, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Sezione della popolazione, 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
Oggetto 
permesso per frontalieri UE/AELS, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 30 maggio 2023 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2019.579). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
A.________ è un cittadino italiano nato nel 1991 e residente in una località della provincia di Como. 
Il 15 giugno 2015 la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino gli ha rilasciato un'autorizzazione per frontalieri UE/AELS, con termine di controllo il 14 giugno 2020, per svolgere un'attività presso una ditta di X.________. 
 
B.  
Con decisione dell'8 febbraio 2019, l'autorità menzionata ha revocato il permesso per frontalieri UE/AELS a suo tempo concesso a A.________ per motivi di ordine pubblico, dopo essere venuta a conoscenza del fatto che, tra il 2012 e il 2014, egli era stato condannato a due riprese in Italia, nei seguenti termini: 
 
28.06.2012: sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Como, che prevede una pena di dieci mesi di reclusione e una multa di 2'000 euro per il reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti continuato (commesso il 5 maggio 2012); pena posta a beneficio della sospensione condizionale e della non menzione; 
16.05.2014: sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Como, che prevede una pena di tre anni e otto mesi di reclusione, una multa di 7'000 euro e l'interdizione dai pubblici uffici per un periodo di cinque anni per i reati di acquisto e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti in concorso (commessi dal 6 febbraio al 6 marzo 2013) e per il reato di cessione illecita di sostanze stupefacenti continuato (commesso in epoca anteriore e prossima al 15 febbraio 2013). Con decreto del 2 luglio 2015, il procuratore della Repubblica presso il medesimo Tribunale ha disposto la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva in ragione di due anni, due mesi e venti giorni. Con provvedimento del 1° ottobre 2015 ha determinato la pena da scontare, in ragione delle condanne del 28 giugno 2012 e del 16 maggio 2014, in due anni, undici mesi e diciotto giorni, in una multa di 9'000 euro e nella pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per un periodo di cinque anni. 
Su ricorso, la liceità della decisione della Sezione della popolazione è stata confermata sia dal Consiglio di Stato (9 ottobre 2019) che dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, espressosi in merito con sentenza del 30 maggio 2023. 
 
C.  
Con ricorso del 30 giugno 2023, A.________ ha impugnato questo giudizio davanti al Tribunale federale chiedendone l'annullamento, con contestuale rinvio dell'incarto all'istanza precedente "per il completamento degli atti", oppure la riforma, con contestuale conferma della validità del permesso per frontalieri UE/AELS. 
L'istanza inferiore e la Sezione della popolazione hanno proposto il rigetto del ricorso. Il Consiglio di Stato ticinese si è invece rimesso al giudizio di questa Corte federale. Con decreto del 4 luglio 2023 il Tribunale federale ha concesso l'effetto sospensivo al gravame. In replica, l'insorgente ha confermato la propria posizione. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Giusta l'art. 83 lett. c n. 2 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto. Siccome l'insorgente è di nazionalità italiana e può di principio richiamarsi all'accordo del 21 giugno 1999 sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681), la causa sfugge però alla citata clausola d'eccezione (sentenza 2C_363/2023 del 3 agosto 2023 consid. 1.1).  
 
1.2. Il gravame è stato presentato nei termini (art. 100 cpv. 1 LTF), contro una decisione finale di un tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2; art. 90 LTF) e da una persona che ha legittimazione ad insorgere (art. 89 cpv. 1 LTF), di modo che esso va esaminato quale ricorso in materia di diritto pubblico (art. 82 segg. LTF).  
 
2.  
 
2.1. Di principio, in presenza di un confronto con i contenuti del giudizio impugnato (art. 42 cpv. 2 LTF), Il Tribunale federale applica il diritto federale d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Esigenze più severe valgono però in relazione alla lesione di diritti fondamentali, che va denunciata con precisione (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 II 283 consid. 1.2.2).  
 
2.2. Per quanto riguarda i fatti, esso fonda il suo ragionamento sull'accertamento svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF), scostandosene solo se è stato eseguito ledendo il diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, cioè arbitrario (art. 105 cpv. 2 LTF; DTF 140 III 115 consid. 2), ciò che dev'essere dimostrato con una critica precisa e circostanziata (art. 106 cpv. 2 LTF). A meno che non ne dia motivo la decisione impugnata (art. 99 cpv. 1 LTF), il Tribunale federale non tiene neppure conto di fatti o mezzi di prova nuovi, i quali non possono comunque essere posteriori al querelato giudizio (nova in senso proprio; DTF 139 III 120 consid. 3.1.2).  
 
3.  
Al pari del Consiglio di Stato, il Tribunale amministrativo ticinese ha confermato la correttezza della decisione della Sezione della popolazione. Anch'esso ha infatti constatato che la revoca - rispettivamente il diniego del diritto ad un nuovo permesso, dopo il raggiungimento del termine di controllo del permesso (15 giugno 2020) - rispettava: (a) l'accordo sulla libera circolazione delle persone, che ammette una limitazione dei diritti da esso riconosciuti, tra i quali quello ad un permesso per frontalieri UE/AELS (art. 3 in relazione con l'art. 7 allegato I ALC), in presenza di una minaccia effettiva e sufficientemente grave dell'ordine pubblico (art. 5 allegato I ALC); (b) il diritto interno, che permette di non rinnovare un permesso per frontalieri ai sensi dell'art. 35 della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri e la loro integrazione (LStrI; RS 142.20) se è dato un motivo di revoca previsto dalla legge (art. 35 cpv. 4 in relazione con l'art. 62 cpv. 1 LStrI); (c) il principio di proporzionalità (giudizio impugnato, consid. 2-5). 
 
4.  
 
4.1. Con una censura di natura formale, che va esamina in via prioritaria (DTF 141 V 557 consid. 3), il ricorrente lamenta una lesione del proprio diritto di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost. e art. 6 CEDU).  
Osserva infatti che la replica da lui trasmessa alla Corte cantonale il 30 maggio 2023 non è stata presa in considerazione ai fini del giudizio, perché i Giudici hanno preso la loro decisione quello stesso giorno. 
 
4.2. Giusta l'art. 29 cpv. 2 Cost. e l'art. 6 CEDU le parti hanno il diritto di prendere conoscenza di tutte le argomentazioni sottoposte al tribunale e di determinarsi su di esse, a prescindere dal fatto che contengano o no elementi di fatto o diritto nuovi e siano atte a influenzare il giudizio. Ogni allegazione o prova prodotta va portata a conoscenza delle parti, affinché esse possano decidere se usufruire o no della possibilità di prendere posizione; questa decisione non spetta al giudice (DTF 139 I 189 consid. 3.2; 135 V 465 consid. 4.3.2; 133 I 98 consid. 2.1). Per giurisprudenza, questo diritto è dato anche quando un atto è notificato per conoscenza, senza assegnazione di un termine per replicare o prendere posizione. Ci si deve tuttavia aspettare che la parte che intende esprimersi lo faccia, o chieda senza esitare che le sia assegnato un termine per farlo, altrimenti si ritiene che vi abbia rinunciato.  
A questo proposito, la prassi del Tribunale federale considera che la rinuncia a replicare ad un atto non può di regola essere presunta prima che siano trascorsi dieci giorni dalla sua notificazione; in tale termine è però già incluso anche il tempo necessario per la trasmissione dell'atto al tribunale, di modo che spetta alla parte che ritiene necessario replicare ad un determinato atto fare in modo che la replica sia recapitata tempestivamente o chiedere senza indugio al tribunale l'assegnazione di un termine per provvedervi (sentenze 1C_191/2022 del 16 maggio 2023 consid. 2.4; 2C_441/2019 del 27 settembre 2019 consid. 2.1; 8C_229/2017 del 25 gennaio 2018 consid. 4.1; 5A_1022/2015 del 29 aprile 2016 consid. 3.2.2; 5D_81/2015 del 4 aprile 2016 consid. 2.4). 
 
4.3. Contrariamente a quanto sostenuto nell'impugnativa, il diritto di replica è stato nella fattispecie rispettato.  
In base a quanto indicato nella replica del 30 maggio 2023 contenuta nell'incarto cantonale e giunta all'istanza inferiore quel medesimo giorno, il ricorrente ha infatti ricevuto la risposta della Sezione della popolazione il 19 maggio 2023 e, in assenza di motivi particolari per derogare alla giurisprudenza in materia, sarebbe quindi spettato a quest'ultimo fare arrivare al Tribunale amministrativo ticinese la sua replica entro il 29 maggio successivo (sentenze 1C_191/2022 del 16 maggio 2023 consid. 2.4; 2C_441/2019 del 27 settembre 2019 consid. 2.1; 5A_1022/2016 del 29 aprile 2016 consid. 3.1; 5D_81/2015 del 4 aprile 2016 consid. 2.4.1). A partire dal giorno seguente (30 maggio 2023), la Corte cantonale poteva emettere il proprio giudizio, come del resto ha anche fatto. 
 
5.  
Nel merito, la sentenza impugnata verte sul diniego del diritto a un permesso per frontalieri UE/AELS da parte della Corte cantonale. 
 
5.1. Sul piano del diritto interno, l'art. 35 LStrI indica che il permesso per frontalieri è rilasciato per un'attività lucrativa entro la zona di frontiera, che è di durata limitata, può essere prorogato e vincolato ad altre condizioni (cpv. 1-3). Dall'art. 35 LStrI risulta nel contempo che la proroga del permesso è subordinata all'assenza di motivi di revoca giusta l'art. 62 cpv. 1 LStrI (cpv. 4; sentenze 2C_164/2021 del 29 luglio 2021 consid. 3.1; 2C_481/2020 del 7 luglio 2020 consid. 3.1).  
Ai cittadini dell'Unione europea, l'ordinamento interno si applica però unicamente se l'accordo sulla libera circolazione delle persone non contiene disposizioni derogatorie o se la legge federale sugli stranieri e la loro integrazione prevede disposizioni più favorevoli (art. 2 cpv. 2 LStrI; sentenza 2C_613/2023 del 16 novembre 2023 consid. 4.1). 
 
5.2. Come tutti i diritti conferiti dalle disposizioni dell'accordo citato, anche il diritto per i lavoratori frontalieri dipendenti, cittadini di una parte contraente, di esercitare un'attività economica nel territorio dell'altra parte contraente (art. 4 ALC; art. 2 cpv. 1 e art. 7 allegato I ALC), può essere limitato solo da misure giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o pubblica sanità conformemente all'art. 5 cpv. 1 allegato I ALC (DTF 139 II 121 consid. 5.3; sentenze 2C_164/2021 del 29 luglio 2021 consid. 3.2; 2C_481/2020 del 7 luglio 2020 consid. 3.2).  
Secondo la giurisprudenza, che si orienta alla direttiva CEE 64/221 del 25 febbraio 1964 ed alla prassi della Corte di giustizia dell'Unione europea ad essa relativa (art. 5 cpv. 2 allegato I ALC), l'adozione di misure di allontanamento presuppone la sussistenza di una minaccia effettiva e sufficientemente grave dell'ordine pubblico da parte della persona che ne è toccata. Una condanna può venir presa in considerazione a giustificazione di un simile provvedimento se dalle circostanze che l'hanno determinata emerga un comportamento personale che implica una minaccia attuale per l'ordine pubblico; escluso è quindi che lo stesso possa essere preso a titolo preventivo o dissuasivo. A dipendenza delle circostanze, già la sola condotta tenuta in passato può comunque adempiere i requisiti di una simile messa in pericolo dell'ordine pubblico. Per valutare l'attualità della minaccia, non occorre prevedere quasi con certezza che lo straniero commetterà altre infrazioni; d'altro lato, per rinunciare a misure di ordine pubblico, non si deve esigere che il rischio di recidiva sia nullo. La misura dell'apprezzamento dipende dalla gravità della potenziale infrazione. Tanto più questa appare importante - come è il caso in presenza di reati contro l'integrità fisica, psichica o sessuale di terzi, di criminalità organizzata, terrorismo e tratta di esseri umani, nonché del commercio qualificato di stupefacenti a scopo di lucro - quanto minori sono le esigenze in merito al rischio di recidiva (DTF 139 II 121 consid. 5.3 e 6.3; 136 II 5 consid. 4.2 seg., entrambe con riferimento alla prassi della Corte di giustizia UE e, in particolare, alla sentenza C-145/09 del 23 novembre 2010 in re Tsakouridis; sentenze 2C_836/2021 del 20 settembre 2023 consid.5.3 seg.; 2C_4/2022 dell'11 agosto 2022 consid. 4.2; 2C_988/2020 del 29 aprile 2021 consid. 4.1; ANDREAS ZÜND/ARTHUR BRUNNER, Beendigung der Anwesenheit, Entfernung und Fernhaltung, in: Uebersax/Rudin/ Hugi Yar/Geiser [curatori], Ausländerrecht, 3a ed. 2022, n. 10.80, sempre con riferimento alla prassi della Corte di giustizia UE e, in particolare, alla sentenza C-145/09 del 23 novembre 2010). Esaminato il caso nell'ottica dell'art. 5 allegato I ALC, va infine verificato il rispetto del principio della proporzionalità (sentenze 2C_164/2021 del 29 luglio 2021 consid. 3.2; 2C_617/2020 del 3 marzo 2021 consid. 2.3).  
 
6.  
 
6.1. Contrariamente a quanto pare sostenere il ricorrente, l'esistenza di un motivo di revoca in base al diritto interno e, più in particolare, all'art. 62 cpv. 1 lett. b LStrI, non è contestabile. In base alla giurisprudenza relativa a questa norma, una pena privativa della libertà è infatti di lunga durata se è stata pronunciata per più di un anno, a prescindere dal fatto che sia stata sospesa o che vada o sia stata espiata (DTF 135 II 377 consid. 4.2; sentenza 2C_23/2021 del 4 novembre 2021 consid. 3.2), ciò che è il caso anche nella fattispecie (precedente consid. B, con riferimento alla condanna a tre anni e otto mesi di reclusione inflitta al ricorrente il 16 maggio 2014 e alla successiva ricommisurazione, in una pena di due anni, undici mesi e diciotto giorni di reclusione).  
Diversamente da quanto sostenuto nell'impugnativa, il Tribunale amministrativo ticinese ha però a ragione ammesso anche le condizioni per una limitazione dei diritti garantiti dall'accordo sulla libera circolazione delle persone secondo l'art. 5 allegato I ALC e il rispetto del principio della proporzionalità (successivi consid. 6.2 segg. e 7). 
 
6.2. Come detto, in base a tale norma una condanna può essere motivo per limitare i diritti conferiti dall'ALC se dalle circostanze che l'hanno determinata emerge un comportamento che costituisce una minaccia reale e attuale per l'ordine pubblico (DTF 139 II 121 consid. 5.3, con specifico riferimento all'art. 5 allegato I ALC e al rigore applicato in materia di commercio qualificato di stupefacenti anche dalla Corte di giustizia UE; sentenza 2C_613/2023 del 16 novembre 2023 consid. 6.1).  
La misura dell'apprezzamento dipende dalla gravità della potenziale infrazione: tanto più questa è importante, quanto minori sono le esigenze per ammettere un rischio di recidiva (DTF 145 IV 364 consid. 3.5.2). 
 
6.3. Ora, il Tribunale amministrativo ticinese ha messo correttamente in evidenza come gli atti commessi dal ricorrente in relazione alla seconda condanna da lui subita, che gli è stata comminata il 16 maggio 2014 e che ha per oggetto un traffico di stupefacenti organizzato in banda, devono essere qualificati come molto gravi.  
Dai riferimenti contenuti nel giudizio impugnato - qui determinanti, perché di essi non è stato dimostrato nessun accertamento arbitrario (art. 105 cpv. 1 LTF; precedente consid. 2) - emerge in effetti che questa condanna riguarda: (a) la detenzione di 50 kg di marijuana destinata alla rivendita che il ricorrente si era procurato tramite diversi acquisti (10 kg il 6 febbraio 2013; 10 kg il 4 marzo 2013; 30 kg il 6 marzo 2013); (b) la cessione a terze persone, in date antecedenti al 15 febbraio 2013, di "quantitativi non modici" della medesima sostanza, destinati a loro volta a essere veduti. 
 
6.4. D'altra parte, proprio il genere dei reati e la quantità di sostanza stupefacente in discussione, unitamente al fatto che essi sono stati commessi dopo la pronuncia di una prima condanna più lieve ma già importante (sentenza del 28 giugno 2012, pena di dieci mesi di reclusione e multa di euro 2000 per detenzione illecita di 61 g di marijuana e 2 g di hashish), che non ha avuto nessun effetto dissuasivo - perché il ricorrente ha in seguito compiuto reati ancora più gravi, che riguardavano un quantitativo di stupefacenti di molto superiore (nel primo caso: 61 g di marijuana e 2 g di hashish; nel secondo caso: 50 kg di marijuana) - conduce anche a condividere un esame rigoroso della questione del pericolo di recidiva ai sensi dell'art. 5 allegato I ALC (precedente consid. 5.2 e la giurisprudenza menzionata).  
Nonostante, al momento della pronuncia del giudizio impugnato, l'ultima condanna subita dal ricorrente risalisse a circa 9 anni prima, non si può infatti non ribadire che essa concerne un traffico organizzato in banda che ha portato all'acquisto e alla detenzione di ben 50 kg di marijuana, destinata evidentemente allo spaccio, e alla vendita di "quantitativi non modici" della medesima sostanza. Nel contempo, che questa condanna fa seguito a una condanna più lieve nello stesso ambito, risalente a nemmeno due anni prima, ciò che mostra non solo la persistente volontà di delinquere in relazione al commercio di stupefacenti, ma anche la disponibilità a compiere reati su una scala decisamente più estesa, sia dal punto di vista degli stupefacenti in discussione che delle persone coinvolte. Di conseguenza, se si può concordare con il ricorrente sul fatto che non è lecito chiedere sempre un "rischio nullo", va detto che nel suo caso si giustifica comunque un grande rigore (in senso conforme, cfr. le sentenze 2C_613/2023 del 16 novembre 2023 consid. 6.2 segg., in relazione a una condanna e a fatti un po' più recenti [2017], ma anche a una quantità di sostanza stupefacente che, benché già di assoluto rilievo [quasi 7 kg di marijuana e 900 g di principio attivo], era molto più piccola di quella ora in discussione; 2C_113/2020 del 21 aprile 2020 consid. 5.3, in relazione a un commercio di canapa di quantità imprecisata; 2C_624/2019 del 28 ottobre 2019 consid. 5.3 segg., in cui il Tribunale federale - pur sottolineando di trovarsi di fronte a un caso limite - non ha escluso la presa in considerazione di "infrazioni alla legge sulle droghe" risalenti al 2005 e al 2007, disponendo ulteriori accertamenti in merito; 2C_122/2017 del 20 gigno 2017 consid. 4.2-4.4, in relazione [tra l'altro] al trasporto di 1 kg di marijuana; 2C_127/2016 del 13 settembre 2016 consid. 4.2.3, in relazione a una produzione di canapa di quantità imprecisata). 
 
6.5. Sempre con riferimento al pericolo di recidiva, non si può del resto neppure trascurare il fatto che l'insorgente abbia sottaciuto le condanne subite in Italia benché, in base ai fatti accertati nel giudizio impugnato (art. 105 cpv. 1 LTF), le autorità migratorie ticinesi gli avessero domandato se fosse già stato oggetto di condanne penali in Svizzera e/o all'estero, senza fare distinzione in merito al fatto che esse fossero o meno iscritte nel casellario giudiziale.  
Questo perché se è vero che - da sole - simili omissioni non comprovano l'esistenza di un rischio concreto di recidiva dell'entità che viene qui richiesta (sentenze 2C_192/2020 del 22 febbraio 2021 consid. 5.2.3; 2C_624/2019 del 28 ottobre 2019 consid. 5.5), altrettanto vero è che esse possono costituire un indizio in tale direzione, di modo che è corretto tenerne conto (sentenze 2C_613/2023 del 16 novembre 2023 consid. 6.4; 2C_164/2021 del 29 luglio 2021 consid. 5.5.1). Nel contempo, ritenuto che il rilascio del permesso UE/AELS risale al 15 giugno 2015 (precedente consid. A), a circa un anno dalla pronuncia nei suoi confronti di una pena di tre anni e otto mesi di reclusione, accompagnata da una multa di euro 7'000 e dall'interdizione dai pubblici uffici per un periodo di 5 anni - quindi da misure pesanti ed incisive, su vari piani - non appare nemmeno credibile pensare che il ricorrente potesse "in buona fede" considerare la condanna da lui subita il 16 maggio 2014 come senza rilievo alcuno. 
 
6.6. Pure le ulteriori indicazioni dell'insorgente in relazione all'applicazione dell'art. 5 allegato I ALC non portano infine a un diverso risultato.  
 
6.6.1. Una condotta corretta, sottolineata dall'indicazione che "da allora egli non ha più ricevuto condanne penali definitive", è infatti attesa da ogni cittadino. Il rigore richiesto a causa della gravità di quanto gli è stato rimproverato - in relazione a una quantità di stupefacenti molto grande destinata a terzi (50 kg di marijuana), che trova riscontro nella pronuncia di una pena altrettanto importante, anche dopo la sua rideterminazione in due anni, undici mesi e diciotto giorni - giustifica inoltre di relativizzare e di giudicare con molta cautela anche l'assenza della prova del compimento di altri reati, riservandosi un giudizio diverso e più favorevole all'insorgente solo se la via intrapresa sarà in futuro mantenuta, senza l'ulteriore pronuncia di condanne penali a suo carico (sentenza 2C_613/2023 del 16 novembre 2023 consid. 6.5).  
 
6.6.2. Nella valutazione della prognosi in merito al possibile svolgimenti di nuovi reati, anche la menzione di ulteriori procedimenti a suo carico, accompagnata dalla premessa che vale comunque la presunzione di innocenza (giudizio impugnato, consid. 3.5), non è inoltre criticabile. Al contrario. Nel contesto dell'esame del rispetto dell'art. 5 allegato I ALC e, più in particolare, del pericolo di un comportamento recidivo, la presa in considerazione, benché con ritegno, di rimproveri che non sono stati ancora oggetto di condanna, ma che attestano comunque che le autorità inquirenti hanno dovuto occuparsi di nuovo dell'insorgente, non può in effetti essere considerata lesiva di tale principio (sentenze 2C_242/2011 del 23 settembre 2011 consid. 2.3; 2C_795/2010 del 1° marzo 2011 consid. 4.3; 2C_845/2009 del 17 agosto 2010 consid. 5; 2C_561/2008 del 5 novembre 2008 consid. 5.3).  
Di conseguenza, pur con tutte le riserve del caso, il rinvio a giudizio del ricorrente per il reato di maltrattamento contro familiari o conviventi (che sarebbe stato compiuto tra il 2017 e il giugno 2019) e per il reato di lesione personale (che sarebbe stato compiuto il 23 giugno 2019) è un ulteriore argomento in favore della conferma del giudizio cantonale, in attesa di un nuovo esame della situazione, come già necessario in base alle condanne subite sin qui (precedente consid. 6.6.1). 
 
7.  
Confermato il sussistere di una minaccia reale, attuale e di una certa gravità per l'ordine pubblico, va poi rilevato che la sentenza impugnata non lede neppure il principio della proporzionalità, come viene sostenuto - ma sempre a torto - nell'impugnativa, chiedendo al massimo la pronuncia di un ammonimento (art. 96 cpv. 2 LStrI). 
 
 
7.1. In effetti, il rifiuto del diritto al rinnovo del permesso per frontalieri UE/AELS, a seguito delle condanne subite in Italia - che hanno portato il 1° ottobre 2015 alla determinazione di una pena reclusiva unica da scontare di due anni, undici mesi e diciotto giorni, alla pronuncia di una multa di euro 9'000 e all'interdizione dai pubblici uffici per un periodo di cinque anni - non obbliga l'insorgente a spostare il centro dei suoi interessi personali e non pone pertanto particolari problemi di adattamento, poiché lo stesso già vive nella regione italiana di confine.  
 
7.2. Sul piano professionale il pregiudizio è invece più marcato, dato che - pur non comportando il divieto d'entrata nel nostro Paese, che non era tema della procedura - il provvedimento in discussione gli impedisce di continuare a lavorarvi. In questo contesto, non si può però non rilevare che il ricorrente - che ha beneficiato di un permesso per frontalieri fin dal 2015 solo grazie al fatto che aveva sottaciuto di avere subito condanne pesanti, che a quel tempo erano recentissime (2012 e 2014) - è ancora giovane (1991). D'altra parte, dal giudizio impugnato, che anche su questo aspetto non è messo in discussione (art. 105 cpv. 1 LTF), non emergono nemmeno ostacoli particolari ad un suo reinserimento nel mercato del lavoro lombardo o di un'altra regione italiana (in senso conforme, cfr. le sentenze 2C_613/2023 del 16 novembre 2023 consid. 7.2; 2C_481/2020 del 7 luglio 2020 consid. 5.3.1; 2C_847/2019 del 18 dicembre 2019 consid. 5.3.2).  
 
8.  
Per quanto precede, il ricorso dev'essere respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si assegnano ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.  
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato, al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino e alla Segreteria di Stato della migrazione. 
 
 
Losanna, 16 gennaio 2024 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: F. Aubry Girardin 
 
Il Cancelliere: Savoldelli