Wichtiger Hinweis:
Diese Website wird in älteren Versionen von Netscape ohne graphische Elemente dargestellt. Die Funktionalität der Website ist aber trotzdem gewährleistet. Wenn Sie diese Website regelmässig benutzen, empfehlen wir Ihnen, auf Ihrem Computer einen aktuellen Browser zu installieren.
Zurück zur Einstiegsseite Drucken
Grössere Schrift
 
 
Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
2C_458/2023  
 
 
Sentenza del 7 febbraio 2024  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Aubry Girardin, Presidente, 
Donzallaz, Ryter, 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Giulia Togni, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Sezione della popolazione, 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
Oggetto 
permesso di domicilio UE/AELS e permesso di dimora UE/AELS, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 27 giugno 2023 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2022.159). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
 
A.a. Dopo essere stato frontaliere (1972, 1973, 1985) ed avere dimorato in Svizzera nel 1990-1991, il cittadino italiano A.________ (...) vi è tornato il 22 gennaio 2007. A quel momento, ha ottenuto un permesso di dimora UE/AELS senza attività lucrativa giusta l'art. 6 in relazione con l'art. 24 allegato I dell'accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681), dopo avere dichiarato di lavorare in Italia - dove gestiva..., a X.________ (IT) - e disporre di mezzi sufficienti per il proprio sostentamento (termine di controllo, 21 gennaio 2014).  
Egli ha tre figli adulti di nazionalità svizzera nati dall'unione con una cittadina elvetica, dalla quale ha divorziato nel... Ha inoltre un figlio di secondo letto, cittadino italiano nato nel... e residente in provincia di... insieme alla madre, anch'ella cittadina italiana. 
 
A.b. A.________, che vive a Y.________ (TI), ha interessato le autorità giudiziarie penali in più occasioni: una prima volta nel 1993, con condanna ad una multa di fr. 800.-- per lesioni semplici nei confronti della moglie e disobbedienza a decisioni dell'autorità; una seconda volta nel 2006, con condanna a una multa di fr. 260.-- per infrazione alle norme della circolazione stradale; una terza volta nel 2007, con condanna a una pena detentiva sospesa di sedici mesi, per ripetuta acquisizione illecita di dati, ripetuta truffa, ripetuta falsità in documenti, ripetuta infrazione alla legge federale sugli stupefacenti e le sostanze psicotrope); un'ultima volta nel 2014, con condanna a una pena pecuniaria sospesa di 120 aliquote giornaliere da fr. 100.-- ciascuna e a una multa di fr. 2'200.-- per guida in stato di inattitudine, infrazione alle norme sulla circolazione stradale e inosservanza dei doveri in caso di incidente). Per questo motivo, il 13 maggio 2014 le autorità migratorie ticinesi gli hanno negato il rilascio di un permesso di domicilio e non gli hanno rinnovato nemmeno il permesso di dimora UE/AELS.  
Durante la procedura di ricorso contro la decisione delle autorità migratorie, il Tribunale amministrativo ticinese ha tuttavia constatato che le condizioni necessarie per una limitazione della libera circolazione delle persone non erano date e il rinnovo del permesso di dimora UE/AELS senza attività lucrativa è stato concesso (termine di controllo, 21 gennaio 2019). Nel contempo, A.________ è stato formalmente ammonito a tenere un comportamento corretto. 
 
 
A.c. Il 30 gennaio 2018, l'Ufficio dell'assicurazione invalidità del Cantone Ticino ha riconosciuto ad A.________ un'incapacità lavorativa in qualsiasi attività dal 1° gennaio 2016 e gli ha assegnato una rendita intera a decorrere dal 1° gennaio 2017.  
Egli ha quindi ottenuto una rendita Al mensile di fr. 123.--, un assegno mensile per grandi invalidi di grado lieve di fr. 470.-- e prestazioni complementari mensili che dal gennaio 2019 ammontavano a fr. 2'300.--. 
 
B.  
 
B.a. Il 7 gennaio 2019 A.________ ha chiesto nuovamente alle autorità migratorie ticinesi il rilascio di un permesso di domicilio.  
Durante la procedura, ha dichiarato di essere sostenuto finanziariamente da uno dei suoi figli, di percepire una rendita Al e prestazioni complementari. Nel contempo, ha precisato che nel 2019 avrebbe compiuto il 65° anno di età, ciò che gli avrebbe permesso di beneficiare di una rendita AVS e di una rendita pensionistica italiana. Infine, ha indicato che sino al 2015 aveva lavorato nel Paese di origine - gestendo... a X.________ (IT) - ma che, dopo quella data, egli aveva dovuto interrompere la sua attività lavorativa a causa di una depressione. 
 
B.b. Con decisione del 14 febbraio 2020, le autorità migratorie hanno negato il rilascio di un permesso di domicilio UE/AELS, decidendo in parallelo di non rinnovare ad A.________ nemmeno il permesso di dimora UE/AELS, in assenza delle condizioni per ammettere un diritto a rimanere in Svizzera dopo il pensionamento e di mezzi finanziari sufficienti per riconoscere un diritto di soggiorno senza attività lucrativa, in base all'accordo sulla libera circolazione delle persone.  
Su ricorso, la liceità della decisione delle autorità migratorie è stata confermata sia dal Consiglio di Stato (30 marzo 2022) che dal Tribunale amministrativo ticinese, con sentenza del 27 giugno 2023. 
 
C.  
Con ricorso in materia di diritto pubblico del 30 agosto 2023, A.________ ha chiesto al Tribunale federale l'annullamento della decisione governativa e del giudizio cantonale del 27 giugno 2023. Inoltre, ha domandato: in via principale, il rilascio di un permesso di domicilio in base all'art. 34 della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri e la loro integrazione (LStrI; RS 142.20); in via subordinata, la conferma di un permesso di dimora giusta l'art. 6 in relazione con l'art. 24 allegato I ALC rispettivamente giusta l'art. 8 della Convenzione europea del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU; RS 0.101); sempre in via subordinata, il rilascio di un permesso di dimora per gravi motivi ai sensi dell'art. 30 LStrI in relazione con l'art. 20 dell'ordinanza del 22 maggio 2002 sull'introduzione della libera circolazione delle persone (OLCP; RS 142.203). 
L'istanza inferiore e la Sezione della popolazione hanno proposto il rigetto del ricorso. Il Consiglio di Stato ticinese e la Segreteria di Stato della migrazione hanno rinunciato a pronunciarsi. Con decreto presidenziale del 2 settembre 2023, il Tribunale federale ha concesso l'effetto sospensivo al gravame. In replica, l'insorgente ha confermato la sua posizione e completato la documentazione prodotta con il ricorso. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Giusta l'art. 83 lett. c n. 2 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto. Già perché l'insorgente è di nazionalità italiana e può di principio richiamarsi all'accordo sulla libera circolazione delle persone, la causa sfugge tuttavia alla clausola d'eccezione (sentenza 2C_496/2023 del 5 ottobre 2023 consid. 1.1). Nel contempo, alla luce della sua lunga permanenza in Svizzera, egli può riferirsi all'art. 8 CEDU (DTF 144 I 266 consid. 3.9). La verifica dell'esistenza effettiva di un diritto di soggiorno concerne il merito (DTF 147 I 268 consid. 1.2).  
 
1.2. Per contro, la richiesta di concessione di un permesso di domicilio giusta l'art. 34 LStrI e di un permesso di dimora per gravi motivi giusta l'art. 30 LStrI in relazione con l'art. 20 OLCP (caso di rigore) è inammissibile. Le citate norme hanno infatti solo carattere potestativo e non conferiscono quindi nessun diritto di soggiorno ai sensi dell'art. 83 lett. c n. 2 LTF (sentenze 2C_150/2023 del 4 luglio 2023 [domicilio]; 2C_926/2020 dell'8 dicembre 2020 consid. 1.2 [dimora]). In assenza di critiche formali, di rango costituzionale, riguardo a questi aspetti l'impugnativa non va esaminata nemmeno quale ricorso sussidiario in materia costituzionale (art. 113 segg. in relazione con l'art. 106 cpv. 2 LTF; sentenza 2C_926/2020 dell'8 dicembre 2020 consid. 1.2).  
 
In ragione del carattere devolutivo dei ricorsi interposti, inammissibile è d'altra parte anche la domanda di annullamento della decisione del Consiglio di Stato ticinese, perché questa è stata sostituita dal giudizio della Corte cantonale (DTF 146 II 335 consid. 1.1.2). 
 
1.3. Il gravame è stato presentato nei termini (art. 45 e 46 cpv. 1 lett. b in relazione con l'art. 100 cpv. 1 LTF), contro una decisione finale di un tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2; art. 90 LTF) e da persona legittimata ad insorgere (art. 89 cpv. 1 LTF), di modo che - con le riserve indicate (precedente consid. 1.2) - va esaminato quale ricorso in materia di diritto pubblico giusta l' art. 82 segg. LTF.  
 
2.  
 
2.1. Di principio, il Tribunale federale applica il diritto federale d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione imposto dall'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, considera di regola solo gli argomenti proposti (DTF 142 III 364 consid. 2.4). Esigenze più severe valgono in relazione alla denuncia della violazione di diritti fondamentali, che dev'essere formulata in maniera precisa (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 II 283 consid. 1.2.2).  
Sul piano dei fatti, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sugli accertamenti svolti dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF); può rettificarli o completarli se sono manifestamente inesatti o risultano da una violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF (art. 105 cpv. 2 LTF). In questo ambito, manifestamente inesatto significa arbitrario (DTF 140 III 1.15 consid. 2). Chi critica la fattispecie accertata nella sentenza impugnata non può limitarsi a completarla ma deve sollevare una censura specifica (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 140 III 264 consid. 2.3). A meno che non ne dia motivo la decisione impugnata, il Tribunale federale non tiene neppure conto di fatti o mezzi di prova nuovi, i quali non possono comunque essere posteriori al querelato giudizio (art. 99 cpv. 1 LTF; DTF 139 III 120 consid. 3.1.2). 
 
2.2. Nella fattispecie, siccome l'insorgente non li mette validamente in discussione - con una motivazione che ne dimostri un accertamento arbitrario (art. 106 cpv. 2 LTF) - i fatti che emergono dalla sentenza impugnata vincolano il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF; sentenza 2C_555/2021 del 16 novembre 2021 consid. 2.2).  
D'altra parte, il rispetto delle condizioni previste dall'art. 99 cpv. 1 LTF non è dimostrato, di modo che i documenti allegati al ricorso e relativi al merito che non si trovino già agli atti non possono essere considerati (sentenza 2C_186/2023 del 25 aprile 2023 consid. 2.2). Quelli che portano una data successiva al giudizio impugnato vanno invece esclusi perché costituiscono dei nova in senso proprio (DTF 139 III 120 consid. 3.1.2), mentre quelli presentati in replica sono tardivi (sentenza 2C_666/2019 dell'8 giugno 2020 consid. 2.2). 
 
3.  
 
3.1. In relazione all'oggetto del litigio in sede federale (precedente consid. 1), il Tribunale amministrativo ticinese ha osservato:  
(a) che la percezione di prestazioni complementari escludeva il rinnovo di un permesso in base all'art. 6 ALC in relazione con l'art. 24 allegato I ALC (giudizio impugnato, consid. 4.1 e 5.1); 
(b) che non erano date neppure le condizioni per riconoscere un diritto di rimanere in Svizzera dopo la cessazione dell'attività lavorativa giusta l'art. 7 lett. c ALC in relazione con l'art. 4 allegato I e il regolamento (CEE) n. 1251/70 (lavoratori dipendenti) rispettivamente la direttiva 75/34/CEE (lavoratori indipendenti) perché, dopo essere tornato nel nostro Paese, nel 2007, l'insorgente era attivo professionalmente in Italia - non in Svizzera - ed ha beneficiato solo di un permesso senza attività lucrativa giusta l'art 6 ALC in relazione con l'art. 24 allegato I ALC (giudizio impugnato, consid. 4.2 e 5.2); 
(c) che l'applicazione dell'art. 8 CEDU, a tutela della vita privata e familiare dell'insorgente, non permetteva conclusioni più favorevoli, siccome egli ha interessato più volte le autorità penali, non vi è un rapporto di dipendenza specifico con familiari residenti in Svizzera e il principio di proporzionalità è rispettato (giudizio impugnato consid. 7 e 9). 
 
3.2. Prendendo posizione sul giudizio impugnato, il ricorrente non contesta l'assenza delle condizioni per riconoscere un diritto a rimanere in Svizzera dopo la cessazione dell'attività lavorativa (precedente consid. 3.1 con riferimento all'art. 7 lett. c ALC in relazione con l'art. 4 allegato I ALC). A ragione, perché, dopo il ritorno in Svizzera, nel 2007, egli ha continuato a lavorare in Italia e non ha quindi diritto a rimanere in Svizzera dopo la cessazione di un'attività lavorativa svolta nel nostro Paese (sentenza 2C_450/2022 del 27 ottobre 2022 consid. 6.2 e contrario). Diversamente dalla Corte cantonale, egli considera però che il diritto al rinnovo del permesso di dimora vada riconosciuto sia sulla base dell'art. 6 ALC in relazione con l'art. 24 allegato I ALC, sia sulla base dell'art. 8 CEDU (successivi consid. 4 e 5).  
 
 
4.  
In primo luogo, il ricorrente sostiene che il diritto a un permesso di soggiorno senza attività lucrativa giusta l'art. 6 ALC in relazione con l'art. 24 allegato I ALC sarebbe ancora dato. 
 
4.1. L'art. 6 garantisce alle persone che non svolgono un'attività economica il diritto di soggiorno sul territorio di una parte contraente conformemente alle disposizioni dell'allegato I relative alle persone che non svolgono attività lucrativa. L'art. 24 cpv. 1 allegato I richiede in particolare che l'interessato disponga, per sé e per i membri della propria famiglia: (a) di mezzi finanziari sufficienti per non dover ricorrere all'assistenza sociale durante il soggiorno; (b) di un'assicurazione malattia.  
 
4.2. Ora, in base agli accertamenti svolti dai Giudici ticinesi, che vincolano il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF; precedente consid. 2.3), al momento della pronuncia della sentenza cantonale il ricorrente continuava a percepire prestazioni complementari all'AVS, nonostante le rendite riconosciutegli e l'aiuto finanziario ricevuto da uno dei figli (giudizio impugnato, consid. 5.1).  
Proprio tenuto conto di tali constatazioni, il diniego del diritto al rinnovo del permesso per persone senza autorità lucrativa è di conseguenza corretto. Per la giurisprudenza relativa all'art. 24 allegato I ALC, la percezione di prestazioni complementari attesta infatti che chi ne beneficia non dispone di mezzi finanziari sufficienti al proprio sostentamento e va equiparata all'assistenza sociale (DTF 135 II 265 consid. 3.5; sentenza 2C_850/2022 del 9 novembre 2022 consid. 5.2). 
 
4.3. Ad un'altra conclusione non conduce il richiamo alle sentenze 2C_642/2022 del 7 febbraio 2023 e 2C_60/2022 del 27 dicembre 2022 (parzialmente pubblicata in DTF 149 II 1) dalle quali, secondo l'opinione del ricorrente, risulterebbe: da un lato, che occorre tenere conto dell'evoluzione della situazione, quindi anche di sviluppi futuri, che portano a concludere che l'autonomia economica sarà di nuovo raggiunta; d'altro lato, che le prestazioni complementari non rientrano (più) sotto la nozione di aiuto sociale e che la loro percezione non costituisce quindi motivo di revoca del permesso di soggiorno giusta l'art. 62 LStrI.  
 
4.3.1. Nei casi esaminati nelle due sentenze menzionate, la dipendenza dall'aiuto sociale non era infatti più data già al momento della pronuncia cantonale e il rimprovero che veniva mosso all'istanza precedente era quello di non averne tenuto conto, esaminando solo l'esistenza di un motivo di revoca davanti alle autorità migratorie. Nella fattispecie, la situazione è però diversa perché - al momento della pronuncia cantonale, determinante anche sul piano dei fatti (art. 105 cpv. 1 LTF) - la percezione di prestazioni complementari, iniziata il 1° gennaio 2017, era ancora del tutto attuale e concreta.  
 
4.3.2. D'altra parte, contrariamente a quanto ritiene il ricorrente, va osservato che la sua situazione è diversa anche sul piano giuridico, perché non riguarda la revoca di un'autorizzazione di soggiorno sulla base della LStrI (art. 62 e 63), bensì il diritto o meno ad un permesso di soggiorno senza attività lucrativa sulla base dell'art. 6 ALC in relazione con l'art. 24 allegato I ALC, riconosciuto soltanto in presenza di mezzi finanziari sufficienti al proprio sostentamento. In questo preciso contesto, la percezione delle prestazioni complementari continua a costituire un ostacolo al rilascio del permesso in discussione, perché essa viene equiparata all'assistenza sociale (sull'argomento, cfr. in particolare anche la sentenza 2C_707/2022 del 6 novembre 2023 consid. 5, in cui viene già indicato che, su casi come il nostro, le sentenze menzionate dall'insorgente non hanno nessuna influenza e che ciò non comporta nemmeno una lesione dell'art. 2 cpv. 2 LStrI).  
 
4.4. Di conseguenza, le critiche del ricorrente al mancato rinnovo del permesso di dimora UE/AELS giusta l'art. 6 ALC in relazione con l'art. 24 allegato I ALC sono infondate e vanno respinte.  
 
5.  
In secondo luogo, il ricorrente sostiene di avere un diritto al rinnovo del suo permesso di dimora anche in base all'art. 8 CEDU
 
5.1. Per l'art. 8 par. 1 CEDU, ogni persona ha diritto al rispetto della vita privata e familiare (par. 1). Di per sé, questa norma non conferisce nessun diritto di soggiorno in Svizzera. Secondo le circostanze, una persona straniera può però prevalersene per opporsi a una misura che comporterebbe una limitazione sproporzionata dei diritti in discussione (par. 2). In quest'ottica, l'art. 8 CEDU può quindi comportare anche il riconoscimento di un diritto a rimanere nel nostro Paese.  
 
5.1.1. Il diritto al rispetto della vita familiare mira innanzitutto ai rapporti tra i membri del nucleo familiare, costituito dai coniugi e dai figli non ancora maggiorenni che vivono insieme (DTF 144 II 1 consid. 6.1; 143 I 21 consid. 5.1; sentenza 2C_54/2022 dell'8 novembre 2023 consid. 7.1). Al di fuori di questo contesto, una relazione può rientrare sotto l'art. 8 CEDU dal profilo della vita familiare solo se tra la persona straniera e un familiare con diritto di soggiorno duraturo in Svizzera esiste un rapporto di dipendenza particolare, ad esempio in ragione di un handicap o di una malattia grave (DTF 144 II 1 consid. 6.1; 140 I 77 consid. 5.2; sentenza 2C_54/2022 dell'8 novembre 2023 consid. 7.1).  
 
5.1.2. Nel contempo, un diritto a rimanere in Svizzera può risultare dalla garanzia del diritto alla vita privata, di cui ci si può di regola prevalere dopo un soggiorno legale di circa dieci anni, in considerazione del fatto che, trascorso questo tempo, si può in via di principio considerare che i rapporti sociali intessuti in Svizzera sono diventati stretti a tal punto che per porre fine al soggiorno ci vogliono motivi qualificati (DTF 147 I 268 consid. 1.2.4; 146 I 185 consid. 5.2; 144 I 266 consid. 3.9). Davanti a un'integrazione particolarmente riuscita, la facoltà di prevalersi dell'art. 8 CEDU nell'ottica del diritto alla vita privata si può però ammettere anche prima (DTF 149 I 207 consid. 5.3).  
 
5.1.3. Giusta l'art. 8 par. 2 CEDU, non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio del diritto alla vita privata e familiare se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui. Ammessa la possibilità di un richiamo ai diritti garantiti dall'art. 8 par. 1 CEDU, è quindi necessario che una loro eventuale limitazione sia proporzionata ai sensi dell'art. 8 par. 2 CEDU, ciò che va verificato esaminando le circostanze del caso specifico (DTF 144 I 266 consid. 3.7; 144 I 91 consid. 4.2; sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo in re Hasanbasic contro Svizzera dell'11 giugno 2013, n. 52166/09, § 46 segg. e in re Trabelsi contro Germania del 13 ottobre 2011, n. 41548/06, § 53 segg.).  
 
5.2. Nella fattispecie, con riferimento all'art. 8 CEDU e nell'ottica del diritto alla vita privata la Corte cantonale si è richiamata alla giurisprudenza in materia per poi porre l'accento sulle condanne subite dal ricorrente. Passata all'esame della fattispecie nell'ottica del diritto alla vita familiare, ha invece rilevato come egli avesse sostenuto di vivere con il figlio B.________, il quale si occupava del suo accompagnamento giornaliero nelle attività quotidiane. Dopo di che, in maniera che vincola anche il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF), l'istanza inferiore ha però constatato: (a) che sia il figlio B.________ che la figlia C.________ hanno lasciato il Cantone Ticino trasferendosi altrove in Svizzera mentre il figlio D.________ risiede nel luganese; (b) che, dal giugno 2021, l'insorgente vive nuovamente da solo nel proprio appartamento di Y.________, vicino a Z.________; (c) che, in occasione della revisione delle condizioni per l'attribuzione dell'assegno per grandi invalidi (marzo 2022), egli stesso ha indicato di non dipendere da terzi per compiere gli atti ordinari della vita e di non necessitare di cure infermieristiche o di sorveglianza personale; (d) che il medico di famiglia si è certo espresso indicando che il ricorrente necessita di controlli regolari e della presenza e dell'accudimento da parte dei figli e degli assistenti di cura, ma che è comunque un fatto che egli continua a vivere per proprio conto. Constatato che l'insorgente non si trova in uno stato di dipendenza qualificata dai familiari ai sensi dell'art. 8 CEDU, il Tribunale amministrativo ticinese ha di conseguenza concluso che un trasferimento nella fascia di confine, a pochi chilometri dal domicilio attuale di Y.________, non inciderà né sui rapporti con i familiari, che potranno essere mantenuti nello stato in cui sono attualmente, né sulle cure mediche che gli sono necessarie, perché anche su suolo italiano esistono infrastrutture socio-sanitarie adeguate e di qualità.  
 
5.3. Ora, in base ai fatti che risultano dal giudizio impugnato, che vincolano il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF), la liceità di un richiamo all'art. 8 CEDU nell'ottica della tutela della vita familiare è per lo meno dubbio. Come rammentato, la giurisprudenza richiede infatti un rapporto di dipendenza particolare, ad esempio in ragione di un handicap o di una malattia grave, che in relazione al figlio B.________, il quale ha lasciato il Cantone Ticino per trasferirsi in un altro Cantone, non è dato; d'altra parte, in relazione ai tre figli che vivono in Svizzera (B.________, C.________ e D.________), il ricorso fa valere una dipendenza economica, emotiva e organizzativa solo in maniera generica e altrettanto generiche sono pure le obiezioni sollevate in relazione ad un trasferimento in Italia: perché sono formulate senza confrontarsi con l'ipotesi - prospettata a chiare lettere anche nel giudizio impugnato - di un trasloco nella fascia di confine, a pochi chilometri dall'attuale domicilio svizzero. Sia come sia, ritenuto che l'insorgente vive in Svizzera dal 2007, bisogna considerare che egli può richiamarsi validamente all'art. 8 par. 1 CEDU nell'ottica della tutela alla vita privata, di modo che un esame del rispetto del principio della proporzionalità ai sensi dell'art. 8 par. 2 CEDU è comunque necessario (precedente consid. 5.1.3).  
 
5.4. Contrariamente a quanto ritiene l'insorgente, anche in tale ottica le conclusioni dei Giudici ticinesi devono essere però confermate.  
 
5.4.1. L'insorgente, che è nato nel..., vive stabilmente in Svizzera dalla fine del 2007. Tale aspetto, senza dubbio importante, deve tuttavia essere relativizzato in considerazione del fatto che, fino all'età di 52 anni egli ha vissuto in prevalenza in Italia e anche dopo il suo trasferimento nel Cantone Ticino - nel 2007, dove vive ancora oggi nella zona di frontiera, a ridosso del confine italiano - ha continuato a lavorare nel proprio Paese di origine e, in particolare, a X.________ (IT), città nella quale ha gestito... fino al 2015. Nel contempo, la sua integrazione nel nostro Paese va relativizzata anche alla luce dei reati di cui si è macchiato: che hanno dato luogo a condanne importanti sia nel 2007 che nel 2014 (precedente consid. A.b) e che - pur non essendo alla base del mancato rinnovo del permesso di soggiorno qui in discussione, deciso a causa del venir meno dell'indipendenza economica - non possono essere ignorati, perché il Tribunale federale è chiamato ad apprezzare la situazione nel suo complesso (DTF 139 I 31 consid. 2.3.3; 135 II 377 consid. 4.3; sentenza 2C_860/2022 del 4 maggio 2023 consid. 9.1).  
 
5.4.2. D'altra parte, il ricorrente mette in grande evidenza il fatto che un trasferimento in Italia lo allontanerebbe in modo insostenibile dal proprio nucleo familiare, lasciandolo completamente solo e incapace di gestirsi in maniera autonoma, e creerebbe ostacoli anche a delle visite reciproche: perché egli non sarebbe in grado di recarsi in Svizzera e i familiari "non potrebbero di certo sobbarcarsi un viaggio così lungo per rendere visita al loro padre". Così argomentando, egli non considera tuttavia che attraverso un trasferimento nella fascia di confine - a pochi chilometri da dove vive, in una regione che conosce bene, perché vi ha lavorato gestendo... e dove risiede anche il suo ultimo figlio (precedente consid. A.a.) - i rapporti coi familiari residenti in Svizzera, così come gli aiuti che da essi riceve, in considerazione del suo stato di salute, non subirebbero in realtà nessun cambiamento apprezzabile. Nell'ottica del diritto alla vita privata, garantito dall'art. 8 CEDU, analogo discorso vale inoltre per quanto riguarda i rapporti sociali che dovesse avere intessuto in questi anni nel Cantone Ticino, con delle persone esterne alla cerchia dei familiari.  
 
5.4.3. Tenuto conto dei fatti che risultano dal giudizio impugnato (art. 105 cpv. 1 LTF) - da cui risulta certo uno stato di salute precario, ma nessun ostacolo insormontabile a un trasferimento in Italia, nemmeno dal punto di vista delle cure sin qui ricevute - va infine rilevato che gli inconvenienti dovuti a un trasloco e alla necessità di riorganizzare anche la sua presa a carico dal punto di vista medico potranno anch'essi essere limitati dalla scelta di un alloggio a ridosso del confine svizzero, in una realtà che l'insorgente già conosce e che è assai simile a quella in cui vive attualmente. Inoltre, che a tali aspetti si contrappongono interessi pubblici legittimi, noti anche al ricorrente fin dal 2007.  
Va infatti ribadito che egli si è stabilito nel Cantone Ticino continuando a lavorare in Italia, ha beneficiato di un permesso di dimora che richiede la dimostrazione dell'esistenza di mezzi sufficienti al proprio sostentamento (art. 6 in relazione con l'art. 24 allegato I ALC), e non ne ha ottenuto il rinnovo perché, dal 1° gennaio 2017, ha cominciato a percepire prestazioni complementari, la cui erogazione continua tuttora e in maniera importante. Nel contempo, va osservato che tra i motivi che possono giustificare un'ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio del diritto alla vita privata garantito dall'art. 8 CEDU vi può essere proprio anche il benessere economico del Paese ospitante (precedente consid. 5.1.3), quindi la volontà, da parte di quest'ultimo, di contenere l'aggravio delle finanze pubbliche in casi come quello in esame (sentenze 2C_370/2021 del 28 dicembre 2021 consid. 5.4.2, con molteplici riferimenti alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo; 2C_914/2020 dell'11 marzo 2021 consid. 5.10; 2C_923/2017 del 3 luglio 2018 consid. 5.6). 
 
6.  
Per quanto precede, nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si assegnano ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
 
 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.  
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato, al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino e alla Segreteria di Stato della migrazione. 
 
 
Losanna, 7 febbraio 2024 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: F. Aubry Girardin 
 
Il Cancelliere: Savoldelli