Tribunale federale
Tribunal federal
{T 0/2}
1P.613/2005 /biz
Sentenza del 3 aprile 2006
I Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Féraud, presidente,
Nay e Eusebio,
cancelliere Bianchi.
Parti
A.________SA,
ricorrente, patrocinata dall'avv. Claudio Cereghetti,
contro
B.________,
Comune di Mezzovico-Vira, 6805 Mezzovico,
rappresentato dal Municipio e patrocinato
dall'avv. Nello Bernasconi,
Dipartimento del territorio del Cantone Ticino, Ufficio delle domande di costruzione e dell'esame di impatto ambientale, viale S. Franscini 17, 6500 Bellinzona,
Consiglio di Stato del Cantone Ticino,
Residenza governativa, 6500 Bellinzona,
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino,
Palazzo di Giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano.
Oggetto
ricorso di diritto pubblico contro la sentenza emanata
il 22 agosto 2005 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.
Fatti:
A.
B.________ è proprietario di un edificio tradizionale di tre piani, disabitato da tempo, ai margini del nucleo di Mezzovico. Ubicato principalmente sulla particella xxx, verso nord-est l'immobile si estende in parte anche sopra il portico che copre il passaggio pubblico esistente sul fondo yyy; oltre detto portico comprende inoltre tre locali, sporgenti sullo stabile appartenente alla A.________SA che sorge, contiguo, sul mappale zzz.
B.
Con domanda di costruzione dell'8 aprile 2002, B.________ ha chiesto al Municipio di poter ristrutturare ed ampliare il suo stabile, troppo esiguo per le moderne esigenze di abitabilità. L'intervento prevede lo spostamento verso sud-ovest, rispettivamente sud-est dei muri perimetrali esistenti su detti lati e l'innalzamento della costruzione di alcuni decimetri al colmo, con un conseguente aumento della volumetria di circa il 60%.
Il progetto ha suscitato l'opposizione della A.________SA, mentre è stato preavvisato favorevolmente dal Dipartimento ticinese del territorio il 24 maggio 2002. Tenuta in sospeso nell'attesa di una modifica delle norme d'attuazione del piano regolatore comunale (NAPR) concernente gli ampliamenti nel nucleo, la domanda di costruzione è infine stata evasa con decisione municipale del 15 luglio 2004, con cui è stata respinta l'opposizione e rilasciata la licenza edilizia.
C.
Adito dalla vicina, il Consiglio di Stato ne ha accolto il ricorso il 31 maggio 2005, in quanto l'intervento non concorrerebbe al ripristino di tipologie originarie del luogo, come richiesto dall'art. 30 lett. b NAPR, e prevederebbe una pendenza del tetto inferiore ai minimi prescritti. Ritenendo di dover annullare la licenza edilizia già per questi motivi, il Governo ha espressamente omesso di esprimersi su ulteriori censure ricorsuali.
B.________ ed il Comune di Mezzovico-Vira si sono allora aggravati dinanzi al Tribunale cantonale amministrativo che, con sentenza del 22 agosto 2005, ha annullato la pronuncia governativa e confermato la licenza edilizia. Da un lato, la Corte cantonale ha considerato che il Municipio non avrebbe travalicato i limiti della propria latitudine di giudizio nell'interpretare l'esigenza di ripristino delle tipologie originarie dei luoghi. D'altro lato, ha rilevato che la pendenza dell'edificio sarebbe stata stabilita in funzione di quella della costruzione contigua, ciò che giustificherebbe la concessione di una deroga ai parametri legali.
D.
Il 21 settembre 2005 la A.________SA ha inoltrato un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale, chiedendo l'annullamento del giudizio emanato dai giudici cantonali. Lamenta la violazione degli art. 9 e 29 Cost. , sulla base di motivi di cui si dirà, per quanto necessario, nei considerandi.
Invitati ad esprimersi, il Tribunale amministrativo si riconferma nella propria sentenza, il Dipartimento cantonale del territorio non formula osservazioni ed il Consiglio di Stato si rimette al giudizio di questo Tribunale. Ad analoga conclusione giunge anche B.________, che ribadisce comunque la liceità del progetto di ristrutturazione presentato. Il Comune di Mezzovico-Vira chiede che il ricorso sia respinto, in ordine e nel merito.
Diritto:
1.
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti, senza essere vincolato dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 131 I 153 consid. 1; 131 II 571 consid. 1, 364 consid. 1).
1.1 Presentato tempestivamente contro una decisione finale resa da un'autorità di ultima istanza cantonale, il ricorso di diritto pubblico, con cui viene eccepita la pretesa violazione di diritti costituzionali dei cittadini, è di massima ammissibile giusta gli art. 84 cpv. 1 lett. a, 86 cpv. 1 e 89 OG, come pure in virtù dell'art. 34 cpv. 3 della legge federale sulla pianificazione del territorio, del 22 giugno 1979 [LPT; RS 700]).
1.2 Nella misura in cui sostiene che il progetto litigioso travalica i limiti degli interventi ammissibili nel nucleo di Mezzovico, la ricorrente si richiama ad una norma pianificatoria che disciplina l'ampliamento e la volumetria delle costruzioni. Sotto questo profilo, pur essendo proprietaria di un edificio non situato di fronte, ma contiguo, dev'esserle di principio riconosciuta la legittimazione ricorsuale ai sensi dell'art. 88 OG. Essa censura infatti la violazione di una disposizione destinata a proteggere non soltanto l'interesse pubblico, ma anche quello proprio dei vicini e rientra di massima nell'ambito di protezione di questa norma, essendo toccata dai pretesi effetti illeciti del controverso ampliamento (DTF 127 I 44 consid. 2c-d; 119 Ia 362 consid. 1b; 118 Ia 232 consid. 1a, 112 consid. 1b).
D'altro canto, laddove considera arbitrario il tempo trascorso tra la notifica al Municipio dell'avviso cantonale e il rilascio della licenza edilizia, l'insorgente si appella ad un disposto procedurale la cui disattenzione è suscettibile di nuocere, in primo luogo, all'istante in licenza (Adelio Scolari, Commentario LALPT, LE, LAC, Bellinzona 1996, n. 818). È tuttavia vero che, conseguentemente a tale attesa, ella è stata privata della facoltà di censurare, in sede di opposizione, il prospettato intervento dal profilo della nuova regolamentazione comunale adottata nel frattempo. In quest'ottica, la norma invocata potrebbe perciò apparire funzionale anche ai suoi interessi.
La ricorrente è inoltre legittimata a prevalersi dell'asserita violazione del suo diritto di essere sentita e meglio della carente motivazione del giudizio impugnato, poiché, su questo punto, lamenta in sostanza la violazione dei suoi diritti di parte dinanzi alla precedente istanza (DTF 129 II 297 consid. 2.3; 129 I 337 consid. 1.3).
1.3 Secondo l'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, l'atto di ricorso deve contenere l'esposizione dei fatti essenziali e quella concisa dei diritti costituzionali o delle norme giuridiche che si pretendono violati, specificando in cosa consista la violazione. Nell'ambito di un ricorso di diritto pubblico, il Tribunale federale non applica quindi d'ufficio il diritto, ma statuisce unicamente sulle censure sollevate dall'insorgente e solo se le stesse sono sufficientemente sostanziate (DTF 130 I 26 consid. 2.1; 129 III 626 consid. 4; 129 I 185 consid. 1.6, 113 consid. 2.1). Anche in funzione di questi presupposti dev'essere esaminata l'ammissibilità dell'impugnativa.
1.4 Considerato che gli atti di causa, ed in particolare i piani e le fotografie allegati alla domanda di costruzione, sono sufficienti a chiarire la situazione fattuale da cui trae origine la vertenza, l'esperimento di un sopralluogo, chiesto dalla ricorrente, non appare necessario né si giustifica (art. 95 OG; DTF 123 II 248 consid. 2a; 122 II 274 consid. 1d). Nemmeno l'apprezzamento anticipato operato dalla precedente istanza, che pure ha rinunciato ad assumere tale prova, risulta di conseguenza censurabile (DTF 124 I 208 consid. 4a; 122 II 464 consid. 4a).
2.
2.1 La ricorrente considera il giudizio impugnato insufficientemente motivato e quindi lesivo del suo diritto di essere sentita. Da un lato, rileva come diverse censure da lei sollevate dinanzi al Consiglio di Stato, lasciate esplicitamente inevase da quest'autorità per ragioni di economia di giudizio, non siano poi di fatto più state esaminate. A suo parere, decidendo di annullare la decisione governativa, i giudici cantonali avrebbero dovuto ritornare gli atti al Governo affinché si pronunciasse su questi aspetti, anziché confermare la licenza edilizia senza peraltro esprimersi direttamente al riguardo. D'altro lato, l'insorgente lamenta l'assenza di un qualsivoglia accenno alla critica sul lungo lasso di tempo trascorso tra la formulazione dell'avviso cantonale ed il rilascio della licenza edilizia. Il Tribunale amministrativo non si sarebbe pertanto soffermato sulla rilevata necessità di un nuovo preavviso, prima di rilasciare la licenza, al fine di verificare la conformità del progetto con diverse norme di competenza cantonale entrate nel frattempo in vigore.
2.2 Natura e limiti del diritto di essere sentito sono determinati in primo luogo dalle norme cantonali di procedura e, a titolo sussidiario, dalla garanzia minima offerta dall'art. 29 cpv. 2 Cost., il cui rispetto è verificato dal Tribunale federale con pieno potere d'esame (DTF 127 III 193 consid. 3; 126 I 15 consid. 2a). Pur appellandosi anche all'art. 26 cpv. 1 della legge ticinese di procedura per le cause amministrative, del 19 aprile 1966 (LPAmm), l'insorgente non pretende che tale norma abbia una portata più estesa dei diritti conferitile dall'art. 29 cpv. 2 Cost.: le censure vanno perciò esaminate, liberamente, in funzione dei principi derivanti da quest'ultima disposizione.
Per costante giurisprudenza, sotto il profilo delle esigenze poste dall'art. 29 cpv. 2 Cost., la motivazione è sufficiente se la parte interessata è messa nelle condizioni di rendersi conto della portata del provvedimento e di poterlo se del caso impugnare con cognizione di causa. In quest'ottica è sufficiente che l'autorità esponga, almeno brevemente, i motivi che l'hanno indotta a decidere in un senso piuttosto che in un altro. Essa non è quindi tenuta a pronunciarsi in modo esplicito ed esaustivo su tutti gli argomenti sollevati, ma può occuparsi delle sole circostanze che, senza arbitrio, appaiono rilevanti per il giudizio in quanto atte ad influire sulla decisione di merito (DTF 130 II 530 consid. 4.3; 129 I 232 consid. 3.2; 126 I 97 consid. 2b; 121 I 54 consid. 2c).
2.3
2.3.1 Nella sentenza impugnata, i giudici cantonali hanno illustrato in maniera chiara, precisa ed articolata l'interpretazione dell'art. 30 NAPR a cui sono pervenuti e le conclusioni che ne hanno tratto. A non averne dubbio, la questione della conformità del progetto litigioso al regime previsto da questa norma pianificatoria, disciplinante gli interventi ammissibili nel nucleo, costituiva del resto l'aspetto essenziale della controversia. La ricorrente ha dunque potuto aggravarsi dinanzi al Tribunale federale con perfetta conoscenza dei motivi che hanno indotto l'istanza inferiore a sovvertire la pronuncia del Consiglio di Stato. Già per questa ragione, la motivazione del giudizio impugnato appare di per sé conforme alle esigenze poste dalla Costituzione.
2.3.2 È tuttavia vero che dinanzi al Consiglio di Stato la ricorrente aveva rilevato - per usare i suoi termini - alcune "violazioni puntuali" delle prescrizioni applicabili e sollevato "altri aspetti di dettaglio". In maniera generica e marginale, aveva in effetti criticato il mancato rispetto delle distanze e dell'altezza prescritte e si era lamentata per l'insufficienza dei posteggi, l'assenza di piani di dettaglio e la mancanza del suo accordo per interventi su parti comuni e su un fondo in proprietà coattiva. Seppure potessero apparire infondate, sia il Governo, per comprensibili ragioni, sia il Tribunale amministrativo hanno effettivamente rinunciato ad esaminare dette censure.
In questa sede la ricorrente si limita a menzionare, sempre in maniera del tutto sommaria, gli aspetti rimasti inevasi. In particolare, essa non indica in alcun modo quali norme edilizie o pianificatorie sarebbero concretamente violate e in cosa consisterebbe la violazione, né tanto meno accenna agli eventuali effetti sull'esito del procedimento. Anche laddove il Tribunale federale fruisce di pieno potere d'esame (DTF 129 III 626 consid. 4) e pur tenendo conto della natura formale del diritto di essere sentito (DTF 127 I 128 consid. 4d; 127 V 431 consid. 3d/aa), è necessario sostanziare minimamente la relativa censura, onde soddisfare le condizioni dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG. In caso contrario, il richiamo a detta garanzia costituzionale arrischierebbe di risultare puramente fine a sé stesso e atto solo a ritardare in maniera del tutto inutile l'esito finale della vertenza (sentenza 4P.189/2002 del 9 dicembre 2002, in: Pra 2003 n. 130, consid. 3.2.3). Su questo punto, il gravame disattende pertanto le esigenze di motivazione basilari che s'impongono anche quando viene invocata una pretesa violazione dell'art. 29 cpv. 2 Cost. Immotivata risulta parimenti l'asserita disattenzione di non meglio precisati ulteriori diritti processuali della ricorrente.
2.3.3 L'istanza inferiore non si è invero espressa in maniera esplicita nemmeno in relazione alla critica sulla necessità di un nuovo avviso da parte dell'autorità cantonale prima di rilasciare la licenza edilizia. Il Tribunale amministrativo, al pari del Consiglio di Stato in precedenza, ha tuttavia formalmente richiesto alla stessa autorità cantonale, ossia al Dipartimento del territorio, di prendere posizione sul gravame. Il Dipartimento, di fronte alle allegazioni sulle pretese novelle legislative a livello cantonale, non ha formulato particolari osservazioni, confermando in sede governativa di aver comunque già rilasciato il necessario preavviso favorevole e rilevando per il resto che l'oggetto del gravame non riguardava aspetti di diritto cantonale o federale delegato. In queste circostanze, ritenuto che in effetti il litigio verteva per l'essenziale sull'applicazione del diritto comunale (cfr. consid. 2.3.1), la semplice menzione nel giudizio impugnato della risposta dipartimentale può essere ritenuta sufficiente per confutare indirettamente la critica ricorsuale (cfr. Michele Albertini, Der verfassungsmässige Anspruch auf rechtliches Gehör im Verwaltungsverfahren des modernen Staates, tesi Berna 2000, pag. 404). Neppure sotto questo profilo è pertanto ravvisabile una violazione dell'art. 29 cpv. 2 Cost.
3.
3.1 Nel merito, la ricorrente sostiene in primo luogo che l'istanza inferiore avrebbe interpretato in maniera arbitraria l'art. 10 della legge edilizia cantonale, del 13 marzo 1991 (LE), secondo cui il Municipio decide sulla domanda di costruzione e sulle relative opposizioni entro 15 giorni dalla scadenza del termine d'opposizione del Dipartimento (art. 10 cpv. 1 LE). L'insorgente riconosce che detto termine non ha carattere perentorio, ma considera che lo stesso non possa essere protratto di oltre due anni, come nel caso concreto, nel quale l'avviso del Dipartimento è del 24 maggio 2002 e la licenza edilizia del 15 luglio 2004.
3.2 Secondo costante giurisprudenza, per risultare arbitraria ai sensi dell'art. 9 Cost., una decisione deve rivelarsi manifestamente insostenibile, in contraddizione palese con la situazione effettiva, gravemente lesiva di una norma o di un chiaro principio giuridico, o in contrasto intollerabile con il sentimento di giustizia e di equità. Tali presupposti devono inoltre riguardare non solo la motivazione, ma anche il risultato della decisione (DTF 131 I 217 consid. 2.1; 129 I 173 consid. 3.1, 49 consid. 4, 8 consid. 2.1).
3.3
3.3.1 In concreto, la lunga sospensione intervenuta prima del rilascio della licenza edilizia non permette ancora di ritenere manifestamente insostenibile il giudizio impugnato per quanto concerne l'avviso cantonale. In effetti, considerato che il Dipartimento del territorio è stato invitato ad esprimersi davanti alle istanze cantonali di ricorso ed in quelle sedi non ha rettificato o completato in alcun modo il proprio preavviso del maggio 2002, lo stesso ha mantenuto la sua attualità. La pronuncia dell'ultima istanza cantonale non avrebbe quindi avuto un esito differente, sotto questo profilo, anche se emanata prima.
3.3.2 Tra il preavviso cantonale ed il rilascio della licenza edilizia è però stata adottata una modifica dell'art. 30 NAPR, in senso più favorevole all'istante in licenza. Di per sé, l'attesa di questa revisione, seppur per certi versi discutibile, poco conta, ritenuto che il Municipio, quand'anche avesse negato in un primo tempo l'autorizzazione richiesta, avrebbe poi accolto una nuova domanda, presentata dopo la modifica della norma pianificatoria. Alla ricorrente non è però stata concessa la facoltà di completare l'opposizione inoltrata al Municipio in funzione del nuovo diritto. Essa non se ne duole tuttavia nel contesto, formale, del diritto di essere sentito (cfr. consid. 2.3.2), la cui violazione a determinate condizioni può certo venir sanata (DTF 129 I 129 consid. 2.2.3; 126 I 68 consid. 2), ma che di massima impone comunque ad un'istanza giudicante intenzionata a fondare il proprio giudizio su disposizioni sfavorevoli ad una parte, entrate in vigore dopo la presentazione del rimedio giuridico, di invitarla ad esprimersi al riguardo (DTF 128 V 272 consid. 5b/bb; 124 I 49 consid. 3c; sentenza 1P.644/2003 del 14 gennaio 2004, consid. 3.3). L'insorgente critica invece quest'aspetto sotto il profilo dell'arbitrio. Sennonché, non è dato di vedere come la mancanza di una sua presa di posizione supplementare in sede comunale avrebbe potuto influire sul risultato della sentenza dell'ultima istanza cantonale. In effetti, la ricorrente ha in ogni modo preservato la possibilità di far valere le sue ragioni e critiche davanti alle istanze di ricorso - tra cui il Consiglio di Stato, dotato di pieno potere di cognizione (cfr. art. 56 LPAmm) - senza che le stesse abbiano indotto il Municipio a cambiare giudizio circa il rilascio della licenza. Su questo punto non sono pertanto ravvisabili gli estremi dell'arbitrio né una violazione del diritto di essere sentito.
4.
La ricorrente considera poi arbitrarie anche l'interpretazione operata dalla Corte cantonale dell'art. 30 NAPR e quindi l'ammissibilità, in virtù di detta norma, dell'intervento previsto.
4.1 La lett. a dell'art. 30 NAPR disciplina gli interventi di riattamento degli edifici con elementi di valore storico o ambientale, ponendo quale condizione generale il rispetto del carattere architettonico, della volumetria e delle altezze dei singoli corpi di fabbrica. L'art. 30 lett. b NAPR regolamenta invece la trasformazione, la demolizione e la ricostruzione degli edifici funzionalmente non abitabili e completamente sprovvisti di elementi di valore storico-artistico o ambientale. La norma prevede, tra l'altro, che questi stabili possano venir ampliati in via eccezionale se l'intervento concorre al ripristino di tipologie originarie del luogo. Precisa inoltre che le nuove volumetrie devono rispettare, di regola, gli allineamenti originari e le contiguità esistenti lungo le contrade e devono inserirsi convenientemente nel tessuto urbano.
4.2 I giudici cantonali hanno innanzitutto escluso che l'immobile del resistente presenti elementi di valore storico o ambientale. Si tratterebbe infatti di uno stabile eretto probabilmente verso la fine dell'ottocento, in cattivo stato di conservazione, privo di pregi architettonici o di connotazioni particolari tali da renderne necessaria la sua inalterata conservazione. Sulla base delle fotografie agli atti, queste considerazioni, riferite peraltro a circostanze locali meglio conosciute e valutabili dalle autorità inferiori, non appaiono destituite d'ogni fondamento. Non è infatti errato ritenere che, assieme alla contigua proprietà della ricorrente, l'edificio costituisca una costruzione del tutto comune, simile a molte altre riscontrabili nei nuclei dei villaggi ticinesi. Gli elementi invocati dalla ricorrente, segnatamente la posizione paesaggisticamente esposta dello stabile e la sua ubicazione all'entrata del nucleo, non bastano senza dubbio ad inficiare d'arbitrio la deduzione dell'autorità inferiore. In maniera perlomeno sostenibile quest'ultima ha pertanto ammesso che la ristrutturazione progettata soggiaccia alle condizioni non dell'art. 30 lett. a, ma dell'art. 30 lett. b NAPR, e che adempia la prima delle condizioni poste da questa normativa, ossia la completa assenza di valore storico-artistico o ambientale.
4.3 L'insorgente contesta in secondo luogo che l'edificio attuale non sia funzionalmente abitabile. Il volume sarebbe in effetti già sufficiente per una casa d'abitazione, mentre il previsto ampliamento permetterebbe la realizzazione di numerosi locali. Al riguardo, il Tribunale amministrativo ha rilevato che l'inabitabilità è palese. Anche questa deduzione regge alle critiche. La costruzione si sviluppa in effetti su tre livelli, ma, nello stato attuale, senza contare i locali che beneficiano del diritto di sporgenza, presenta una superficie utile per piano alquanto ridotta, di poco superiore ai 10 mq. La presenza dei menzionati locali all'ultimo piano, vista la loro collocazione, non permette ancora di ritenere inconferente la conclusione secondo cui, nelle forme attuali, l'immobile non può soddisfare le moderne esigenze abitative. Quanto alla controversa entità dell'ampliamento, è sufficiente osservare che la ricorrente non critica l'argomentazione della Corte cantonale, laddove quest'ultima afferma che le disposizioni applicabili non prevedono limitazioni nel rapporto tra l'aggiunta e le preesistenze. L'ingrandimento previsto non appare in ogni caso manifestamente eccessivo.
4.4 Litigiosa è altresì l'interpretazione del requisito secondo cui l'intervento può essere autorizzato, a titolo eccezionale, soltanto se concorre al ripristino di tipologie originarie del luogo. Non senza ragioni, la Corte cantonale ha osservato che tale concetto indeterminato risulta poco chiaro e di difficile interpretazione. Considerata questa incertezza ed osservato come la stessa sia connessa ad una nozione di diritto comunale autonomo, l'istanza inferiore ha in definitiva ritenuto che il Municipio non abbia travalicato i limiti della propria latitudine di giudizio, ammettendo l'adempimento del presupposto in esame. Secondo i giudici cantonali, l'ampliamento previsto permette infatti di valorizzare l'aspetto del nucleo e le caratteristiche delle costruzioni già esistenti. La ricorrente critica questo assunto, asserendo che un aumento della volumetria potrebbe venir autorizzato soltanto se si trattasse di ricostruire una parte originaria di un manufatto, completando in tal modo il disegno del nucleo.
Foss'anche preferibile, questa interpretazione non potrebbe tuttavia imporsi come univoca, visto l'oscuro tenore della norma. In particolare, essa non permette di ritenere arbitrario il senso che ne ha dedotto il Tribunale amministrativo. Non è infatti fuori luogo associare la nozione litigiosa all'esigenza di autorizzare interventi di riqualifica qualitativa del nucleo tenendo conto delle peculiarità degli edifici che lo compongono. Non è poi infondato assumere che i lavori previsti siano conformi a queste finalità, dal momento che permettono di recuperare alla funzione abitativa uno stabile in disuso, mediante una ristrutturazione rispettosa delle caratteristiche architettoniche delle costruzioni circostanti. In effetti, l'ampliamento consiste essenzialmente nell'allineamento dell'edificio in contestazione con quello contiguo della ricorrente, sul lato a sudest, ai margini del nucleo. Inoltre l'unitarietà sostanziale delle due proprietà rimane pressoché inalterata, viste le caratteristiche architettoniche del corpo aggiuntivo. Di conseguenza, anche su questo punto il giudizio impugnato regge alle critiche ricorsuali.
4.5 Per queste ragioni, già sotto il profilo dell'art. 30 lett. b NAPR, la decisione impugnata non integra gli estremi dell'arbitrio. Il Tribunale amministrativo ha in effetti interpretato in maniera quantomeno sostenibile i requisiti posti da questa norma, rispettando l'autonomia comunale e non travalicando i limiti del proprio potere d'apprezzamento. Non occorre quindi verificare se l'intervento adempia se del caso anche i presupposti dell'art. 30 lett. c NAPR.
5.
Ne discende che, in quanto ammissibile, il ricorso deve essere respinto. Le spese vanno poste a carico della ricorrente, secondo soccombenza ( art. 156 cpv. 1, 153 e 153a OG ). Al Comune di Mezzovico-Vira, che si è fatto assistere da un avvocato siccome privo di un servizio giuridico proprio, va inoltre riconosciuta un'indennità per ripetibili ( art. 159 cpv. 1 e 2 OG ; DTF 125 I 182 consid. 7).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
La tassa di giustizia di fr. 3'000.-- è posta a carico della ricorrente, che rifonderà al Comune di Mezzovico-Vira un'indennità di fr. 2'000.-- per ripetibili della sede federale.
3.
Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, a quello del Comune di Mezzovico-Vira ed al resistente, nonché al Dipartimento del territorio, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.
Losanna, 3 aprile 2006
In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: Il cancelliere: