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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
2C_23/2021  
 
 
Sentenza del 4 novembre 2021  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Seiler, Presidente, 
Beusch, Hartmann. 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Sezione della popolazione, 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, 6500 Bellinzona, 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, Residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Revoca del permesso di domicilio UE/AELS, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 2 dicembre 2020 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2019.453). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
A.________, cittadino italiano nato nel 1952, si è trasferito nel nostro Paese nel 1987. Dal 1998 dispone di un permesso di domicilio. 
Con sentenza del 1° dicembre 2017, la Corte ticinese delle assise criminali competente lo ha condannato ad una pena detentiva di 30 mesi, di cui 17 sospesi condizionalmente con un periodo di prova di 3 anni, dopo averlo ritenuto colpevole di truffa aggravata (commessa per mestiere), ripetuta falsità in documenti e guida nonostante la revoca della licenza. Gli atti relativi ai primi due capi d'imputazione sono stati compiuti tra il gennaio 2000 e l'agosto 2009, mentre l'infrazione in ambito di circolazione stradale è stata commessa nel marzo 2014. Esaminando i fatti relativi ai reati economici che hanno dato adito alla condanna del 1° dicembre 2017, emerge in particolare come A.________ aveva indotto con l'astuzia 59 vittime a consegnargli valori patrimoniali pari a un importo di fr. 5'319'630.81 e, allestendo numerosi rendiconti falsi, aveva causato un danno pari a un importo di fr. 2'420'985.34. 
 
B.  
Preso atto della sentenza penale citata, con decisione del 30 marzo 2018 la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino ha negato una domanda di modifica del permesso di soggiorno formulata da A.________ (aggiornamento dello stato civile in seguito al divorzio dalla moglie) e revocato il permesso di domicilio di cui egli sin lì disponeva, intimandogli di lasciare la Svizzera. 
La decisione di revoca è stata tutelata sia dal Governo (21 agosto 2019) che dal Tribunale amministrativo ticinese (2 dicembre 2020). 
 
C.  
Con ricorso in materia di diritto pubblico dell'8 gennaio 2021, A.________ si è quindi rivolto al Tribunale federale, chiedendo in sostanza che, in riforma del giudizio impugnato, la revoca venga annullata e il permesso modificato (aggiornamento dello stato civile). 
La Corte cantonale si è riconfermata nelle motivazioni e nelle conclusioni della propria sentenza. Ad essa ha fatto rinvio anche la Sezione della popolazione. Il Consiglio di Stato si è invece rimesso al giudizio del Tribunale federale. Con decreto dell'11 gennaio 2021 è stato concesso l'effetto sospensivo al gravame. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
Presentata nei termini (art. 46 cpv. 1 lett. c in relazione con l'art. 100 cpv. 1 LTF) da persona legittimata in tal senso (art. 89 cpv. 1 LTF), l'impugnativa è ammissibile quale ricorso in materia di diritto pubblico (art. 82 segg. LTF). Concerne infatti la revoca di un'autorizzazione di domicilio che, essendo di durata illimitata, continuerebbe a produrre effetti giuridici (art. 83 lett. c n. 2 LTF; DTF 135 II 1 consid. 1.2.1). 
 
2.  
 
2.1. Di principio, Il Tribunale federale applica il diritto federale d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Esigenze più severe valgono però in relazione alla violazione di diritti fondamentali, che va denunciata con precisione (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 II 283 consid. 1.2.2). Per quanto riguarda i fatti, esso fonda il suo ragionamento sugli accertamenti svolti dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Può scostarsene se sono stati eseguiti violando il diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto (art. 105 cpv. 2 LTF; DTF 140 III 115 consid. 2).  
 
2.2. Il gravame rispetta i requisiti di motivazione menzionati soltanto in parte. Nella misura in cui li disattende, sfugge quindi a un esame di questa Corte. In particolare, siccome non sono validamente messi in discussione, i fatti che risultano dal querelato giudizio vincolano anche il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF; sentenza 2C_256/2018 del 14 settembre 2020 consid. 2.3, in cui si indica che, senza specifiche critiche, pure aggiunte e precisazioni non sono ammesse).  
 
3.  
La procedura ha per oggetto la revoca del permesso di domicilio di un cittadino italiano che risiede in Svizzera dal 1987. 
 
3.1. Il 1° gennaio 2019 è entrata in vigore la revisione della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri (vLStr; RS 142.20), rinominata legge federale sugli stranieri e la loro integrazione (LStrI).  
Giusta l'art. 126 cpv. 1 LStrI, alle domande presentate prima di tale data permane però applicabile il diritto anteriore. In caso di revoca di un permesso di domicilio, è determinante il momento in cui è stata avviata la procedura (sentenza 2C_85/2021 del 7 maggio 2021 consid. 4.1). Dato che la pronuncia della revoca risale al 30 marzo 2018 (precedente consid. B) questa vertenza è quindi retta dal diritto previgente (sentenza 2C_1105/2018 del 21 giugno 2021 consid. 2.1). 
 
3.2. L'art. 63 cpv. 2 vLStr, prevede che il permesso di domicilio di uno straniero che soggiorna regolarmente e ininterrottamente da oltre 15 anni in Svizzera può essere revocato soltanto per i motivi di cui al capoverso 1 lett. b della medesima norma, cioè se ha violato gravemente o espone a pericolo l'ordine e la sicurezza pubblici in Svizzera o all'estero o costituisce una minaccia per la sicurezza interna o esterna della Svizzera, oppure se - in base all'art. 62 cpv. 1 lett. b vLStr - è stato condannato a una pena detentiva di lunga durata.  
Una pena privativa della libertà è considerata di lunga durata se è stata pronunciata per più di un anno, a prescindere dal fatto che sia stata sospesa o che vada o sia stata espiata (DTF 135 II 377 consid. 4.2). 
 
3.3. Dato che l'autorizzazione di domicilio non è regolata nell'accordo del 21 giugno 1999 sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681), i motivi indicati sono validi anche per la revoca di un permesso di domicilio CE/AELS (art. 2 cpv. 2 vLStr; art. 5 e 23 cpv. 2 dell'ordinanza del 22 maggio 2002 sull'introduzione della libera circolazione delle persone [OLCP; RS 142.203]; sentenza 2C_209/2020 del 20 agosto 2020 consid. 3.2). In simile contesto, assume ciò nondimeno rilievo l'art. 5 allegato I ALC, secondo cui i diritti conferiti dall'accordo possono essere limitati solo da misure giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità.  
Per giurisprudenza, le deroghe alla libera circolazione vanno interpretate in modo restrittivo. Giusta l'art. 5 allegato I ALC, una condanna penale va quindi considerata un motivo per limitare i diritti conferiti dall'accordo unicamente se dalle circostanze che l'hanno determinata emerge un comportamento personale che costituisce una minaccia attuale per l'ordine pubblico (DTF 139 II 121 consid. 5.3; sentenza 2C_988/2020 del 29 aprile 2021 consid. 4.1). 
 
3.4. Anche in presenza di motivi di revoca, una tale misura si giustifica infine solo quando è proporzionata. Nell'esercizio del loro potere discrezionale, le autorità competenti tengono conto degli interessi pubblici e della situazione personale dello straniero, considerando la gravità di quanto gli è rimproverato, la durata del suo soggiorno in Svizzera, il suo grado d'integrazione e il pregiudizio che l'interessato e la sua famiglia subirebbero se la misura fosse confermata (art. 96 vLStr). Nel caso il provvedimento abbia ripercussioni sulla vita privata e/o familiare ai sensi dell'art. 8 della Convenzione europea del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU; RS 0.101), un analogo esame della proporzionalità va svolto pure nell'ottica di questa norma (DTF 135 II 377 consid. 4.3; sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in re Trabelsi contro Germania del 13 ottobre 2011, n. 41548/06, § 53 segg.).  
Per contro, siccome le infrazioni per le quali il ricorrente è stato condannato il 1° dicembre 2017 sono state commesse prima del 1° ottobre 2016, l'art. 63 cpv. 3 vLStr - in vigore da quel giorno - non gioca qui nessun ruolo (DTF 146 II 1 consid. 2.1.2). 
 
4.  
 
4.1. Il Tribunale amministrativo ha rilevato che l'applicabilità dell'accordo sulla libera circolazione delle persone è nella fattispecie dubbia ma che, se fosse da ammettere, esso non osterebbe a una revoca del permesso di domicilio, perché le condizioni per una limitazione della libera circolazione sono comunque adempiute (art. 5 allegato I ALC). Detto ciò, ha osservato che dati sono anche un motivo di revoca (art. 62 cpv. 1 lett. b in relazione con l'art. 63 cpv. 2 vLStr) e il rispetto del principio della proporzionalità.  
 
4.2. Tenuto conto della pena privativa della libertà pronunciata nei suoi confronti il 1° dicembre 2017 (precedente consid. A; 30 mesi di detenzione di cui 17 sospesi con un periodo di prova di 3 anni), il ricorrente a ragione non mette in discussione l'esistenza di un motivo di revoca del permesso di domicilio (art. 62 cpv. 1 lett. b in relazione con l'art. 63 cpv. 2 vLStr; DTF 135 II 377 consid. 4.2). Ritiene però che il provvedimento querelato non sia compatibile né con l'art. 5 allegato I ALC né con il principio della proporzionalità.  
 
5.  
Come indicato, in merito all'applicabilità dell'accordo sulla libera circolazione delle persone al caso in esame, che si riferisce a una persona che ha raggiunto l'età del pensionamento il 9 settembre 2017, il giudizio impugnato non fornisce risposte definitive, poiché indica che le condizioni per un'eventuale limitazione della libera circolazione delle persone sarebbero comunque date (art. 5 allegato I ALC). 
 
5.1. L'art. 4 allegato I ALC in relazione con il regolamento 1251/70 (GU L 142 del 1970, pag. 24, concernente i lavoratori dipendenti) e con la direttiva 75/34/CEE (GU L 14 del 1975, pag. 10, concernente i lavoratori indipendenti), riconosce ai cittadini di una parte contraente e ai loro familiari il diritto di rimanere sul territorio di un'altra parte contraente anche dopo aver cessato la propria attività economica.  
In particolare, con rifermento alle persone in età pensionabile: il regolamento 1251/70 prevede che ha diritto di rimanere sul territorio di uno Stato membro "il lavoratore che, al momento in cui cessa la propria attività, ha raggiunto l'età riconosciuta valida dalla legislazione di questo Stato agli effetti dei diritti alla pensione di vecchiaia ed ha ivi occupato un impiego almeno durante gli ultimi dodici mesi e risieduto ininterrottamente da più di tre anni" (art. 2 cpv. 1 lett. a). La direttiva 75/34/CEE indica in maniera analoga che ha diritto di rimanere sul territorio di uno Stato membro "colui che, al momento in cui cessa la propria attività, ha raggiunto l'età prevista dalla legislazione di questo Stato agli effetti del diritto alla pensione di vecchiaia, ed ha ivi svolto un'attività almeno durante gli ultimi dodici mesi e risieduto ininterrottamente da più di tre anni" (art. 2 cpv. 1 lett. a). 
 
5.2. Tuttavia, in base agli accertamenti di fatto che emergono dalla sentenza cantonale rispettivamente dagli atti cui rinvia, che vincolano il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF; precedente consid. 2.2), le condizioni per un richiamo alle norme citate non sono date.  
Se infatti è vero che il ricorrente vive in Svizzera da ben oltre tre anni (1987), va anche preso atto di quanto emerge dal considerando 4.2 del giudizio impugnato, e cioè che, una volta rimesso in libertà (il 28 ottobre 2010, dopo essere stato arrestato ed essere stato posto in carcerazione preventiva, quindi in regime di espiazione anticipata della pena), egli non è stato più attivo professionalmente, né come lavoratore dipendente né come lavoratore indipendente, ma ha svolto solo del volontariato, non remunerato, e che il suo sostentamento è stato garantito: in un primo momento, dalle indennità di disoccupazione; nel seguito, da prestazioni assistenziali. Non avendo egli svolto nessuna attività lucrativa ( dipendenteo indipendente che sia) durante gli ultimi dodici mesi prima del raggiungimento dell'età pensionabile (9 settembre 2017), poiché oramai da parecchi anni non era più attivo professionalmente, un diritto di soggiorno in base all'art. 4 allegato I in relazione con l'art. 2 cpv.1 lett. a del regolamento 1251/70 o con l'art. 2 cpv. 1 lett. a della direttiva 75/34/CEE non è di conseguenza dato.  
 
6.  
 
6.1. D'altra parte, sempre con riferimento agli accertamenti di fatto eseguiti dai Giudici ticinesi, un diritto di soggiorno in base agli accordi bilaterali non gli può essere riconosciuto nemmeno alla luce dell'attività intrapresa nell'estate 2017, della quale attesta il "contratto di gestione" di una capanna alpina prodotto in sede cantonale.  
Questa attività, che in base al documento citato potrebbe essere considerata solo come indipendente - dato che non risulta essere svolta sotto la direzione e a favore di un'altra persona, che se ne assume i rischi, come richiesto per un'attività dipendente (sentenze 2C_988/2020 del 29 aprile 2021 consid. 3.2 e 2C_243/2015 del 2 novembre 2015 consid. 3.2.1-3.2.3) - frutta infatti un reddito annuo troppo esiguo anche per ammetterne un diritto di soggiorno quale lavoratore autonomo ai sensi dell'art. 4 ALC in relazione con l'art. 12 allegato I ALC.  
 
6.2. In effetti, un'attività economica quale lavoratore autonomo deve di principio permettere a chi la svolge di conseguire un reddito sufficiente al mantenimento suo e dei suoi familiari, così da non dipendere - in modo esteso e durevole - dall'aiuto sociale (sentenze 2C_905/2020 del 14 gennaio 2021 consid. 4.1; 2C_871/2020 del 2 dicembre 2020 consid. 5.2; 2C_430/2020 del 13 luglio 2020 consid. 4.1 e 4.2; 2C_243/2015 del 2 novembre 2015 consid. 3.3.1).  
Dal giudizio impugnato rispettivamente dagli atti cui rinvia emerge tuttavia che così non è nella fattispecie, siccome: i redditi annui conseguiti con l'attività svolta - che per altro non risultano tra quelli accertati nelle decisioni di tassazione, dove non figurano affatto - si attestano solo a fr. 5'593.-- nel 2017 (media mensile di fr. 466.--), a fr. 5'832.-- nel 2018 (media mensile di fr. 486.--), e a fr. 6'152.-- nel 2019 (media mensile di fr. 513.--), ciò che non basta, come del resto dimostrato dalla percezione di prestazioni complementari, in aggiunta alla rendita AVS cui ha diritto in base all'età (giudizio impugnato, consid. 4.2; nel medesimo senso, cfr. anche la sentenza 2C_243/2015 del 2 novembre 2015 consid. 3.3.2, che si riferisce a un reddito netto di fr. 13'333.-- percepito tra gennaio 2011 e aprile 2012). 
 
6.3. Così stando le cose, l'accordo sulla libera circolazione delle persone non risulta in concreto applicabile e la questione a sapere se la revoca del permesso di domicilio pronunciata dalle autorità migratorie ticinesi sia conforme all'art. 5 allegato I ALC - ciò che a prima vista appare per altro dubbio, perché il compimento degli ultimi reati più gravi risale al 2009 e il ricorrente si è nel frattempo allontanato anche dal mondo in cui li aveva compiuti - non va approfondita oltre.  
Elementi che impongano di esaminare anche altre fattispecie di libera circolazione non ne sono infatti dati; in particolare, in considerazione della percezione di prestazioni complementari da parte dell'insorgente, di cui dà conto il giudizio impugnato, a priori esclusa è pure la possibilità di un richiamo all'art. 6 ALC in relazione con l'art. 24 allegato I ALC, che non viene del resto pretesa (DTF 135 II 265 consid. 3.5 segg.; sentenza 2C_926/2020 dell'8 dicembre 2020 consid. 7.1 e 7.2). 
 
7.  
Scartata l'applicabilità dell'accordo sulla libera circolazione delle persone, resta da esaminare la proporzionalità della revoca, come richiesto sia dall'art. 96 vLStr che all'art. 8 CEDU, norma convenzionale alla quale è possibile in casu riferirsi in considerazione della durata del soggiorno in Svizzera del ricorrente (DTF 144 I 266). 
Pure in questo contesto, la conclusione della Corte cantonale - secondo cui l'interesse alla revoca è preponderante rispetto a quello fatto valere a favore del mantenimento del permesso e che un ritorno in Italia è nella fattispecie esigibile - va tuttavia condivisa. 
 
7.1. L'insorgente, nato nel 1952, vive stabilmente in Svizzera dal novembre del 1987. A tale aspetto, senza dubbio importante, vanno però contrapposti i molteplici reati economici da lui perpetrati, per i quali è stato condannato il 1° dicembre 2017: che non erano i primi (giudizio impugnato, consid. 3.3), che sono stati commessi durante un lasso di tempo lungo (gennaio 2000-agosto 2009) e che hanno arrecato danni ingenti a molte persone (precedente consid. A; nel medesimo senso, cfr. anche la sentenza 2C_986/2014 del 25 febbraio 2015 consid. 7).  
Oltre che alla luce dei reati per i quali è stato condannato il 1° dicembre 2017 - con una pena di rilievo, nonostante il tempo trascorso dai fatti - l'integrazione del ricorrente va poi ulteriormente relativizzata in considerazione: (a) della percezione dell'aiuto sociale (tra l'ottobre 2009 e il settembre 2016: per fr. 132'570.90, rimborsati solo in ragione di fr. 14'798.85), cui si aggiungono le prestazioni complementari elencate nel considerando 4.2 del giudizio impugnato (fr. 13'104.-- nel 2018 e (almeno) fr. 11'572.-- nel 2019); (b) delle procedure esecutive ancora aperte a suo carico poco prima della pronuncia della querelata sentenza, per fr. 274'639.05; (c) infine, dei nove attestati di carenza beni accumulati e non ancora estinti, pari a fr. 314'498.80 (sentenze 2C_986/2014 del 25 febbraio 2015 consid. 7.1 e 2C_323/2012 del 6 settembre 2012 consid. 6.1.2). 
 
7.2. Benché l'insorgente rilevi di non avere più legami con il proprio Paese di origine, dove per altro vivono i suoi figli, va nel contempo constatato che un trasferimento in Italia non è per nulla improponibile.  
Come rilevato dai Giudici ticinesi, la cultura e lo stile di vita della vicina Penisola gli sono infatti noti, perché vi ha vissuto fino all'età di 35 anni, e non si discostano in maniera sostanziale da quelli cui è abituato. Un trasloco nella fascia di confine, a una manciata di chilometri dal suo attuale Comune di domicilio, il cui territorio confina in parte con l'Italia, permetterebbe inoltre anche il mantenimento delle relazioni sociali instaurate durante il soggiorno nel Cantone Ticino, che il ricorrente teme di perdere (sentenze 2C_336/2020 del 22 febbraio 2021 consid. 6.3.2; 2C_986/2014 del 25 febbraio 2015 consid. 7.2; 2C_887/2016 del 16 gennaio 2017 consid. 6.2.1; 2C_468/2016 dell'11 agosto 2016 consid. 7.2 e 2C_694/2015 del 15 febbraio 2016 consid. 8.2). 
 
7.3. Ad altra conclusione non portano infine gli aspetti in favore dell'insorgente che emergono dal giudizio impugnato rispettivamente che egli mette in risalto nell'impugnativa.  
Se infatti è vero che - fatta eccezione per l'episodio avvenuto nel 2014 (precedente consid. A) - dal 2009 non risulta più avere delinquito, anche vero è che una condotta corretta è attesa da ogni cittadino e che: (a) fino al dicembre 2017, egli era ancora in attesa di processo; (b) fino al dicembre 2020 sottostava al periodo di prova relativo alla pena inflittagli; (c) dal 30 marzo 2018 era pure oggetto della procedura che ci occupa, relativa alla revoca del permesso di domicilio a causa della condotta da lui tenuta. D'altra parte, all'attività di volontariato alla quale si è già accennato - per altro non ulteriormente sostanziata - e ai (limitati) rimborsi per l'assistenza sociale sin qui ricevuta, si contrappongono una dipendenza da aiuti dell'Ente pubblico che perdura (nella forma della percezione di prestazioni complementari) e una situazione debitoria che, nel suo complesso, è ben lungi dall'essere sanata (precedente consid. 7.1). 
 
8.  
Per quanto precede, il ricorso è respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF); non vengono assegnate ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.  
C omunicazione al ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché alla Segreteria di Stato della migrazione. 
 
 
Losanna, 4 novembre 2021 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Seiler 
 
Il Cancelliere: Savoldelli