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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
{T 0/2} 
 
6B_535/2014  
   
   
 
 
 
Sentenza del 5 gennaio 2016  
 
Corte di diritto penale  
 
Composizione 
Giudici federali Denys, Presidente, 
Eusebio, Jametti, 
Cancelliera Ortolano Ribordy. 
 
Partecipanti al procedimento 
Ministero pubblico della Confederazione, via Sorengo 3, 6900 Lugano, 
ricorrente, 
 
contro 
 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Daniele Timbal, 
opponente. 
 
Oggetto 
Corruzione, nozione di funzionario, riciclaggio di denaro aggravato, 
 
ricorso in materia penale contro la sentenza emanata 
il 4 febbraio 2014 dalla Corte penale del Tribunale 
penale federale. 
 
 
Fatti:  
 
A.   
Il 5 settembre 2013 il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha promosso l'accusa dinanzi al Tribunale penale federale nei confronti di A.________ per titolo di truffa, subordinatamente amministrazione infedele aggravata e ancor più subordinatamente amministrazione infedele qualificata, riciclaggio di denaro aggravato, falsità in documenti e corruzione attiva. 
 
B.   
Con sentenza del 4 febbraio 2014 la Corte penale del Tribunale penale federale (TPF) ha riconosciuto A.________ autore colpevole di truffa e di istigazione in falsità in documenti; lo ha prosciolto dall'accusa di corruzione attiva e ha abbandonato il procedimento in relazione all'imputazione di riciclaggio di denaro aggravato. Lo ha quindi condannato a una pena detentiva di 27 mesi, di cui 6 da espiare, nonché a un risarcimento equivalente di 1 milione di franchi in favore della Confederazione, ponendo a suo carico parte delle spese procedurali. Ha infine respinto la pretesa di indennità dell'accusatrice privata banca B.B.________, rinviandola al competente foro civile. 
 
C.   
Contro tale giudizio il MPC si aggrava al Tribunale federale con un ricorso in materia penale, postulando che A.________ sia riconosciuto autore colpevole di corruzione attiva, nonché di riciclaggio di denaro aggravato e condannato alla pena detentiva di 3 anni, eventualmente parzialmente sospesa condizionalmente, cumulata a una pena pecuniaria non sospesa di 250 aliquote giornaliere di fr. 150.-- ciascuna e al pagamento integrale delle spese procedurali di primo grado. 
 
 
Diritto:  
 
1.   
Il ricorso, tempestivo (art. 100 cpv. 1 unitamente all'art. 46 cpv. 1 lett. a LTF) e diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF) resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) dalla Corte penale del TPF (art. 80 cpv. 1 LTF), è di massima ammissibile. La legittimazione del ricorrente è data (art. 81 cpv. 1 lett. b n. 3 LTF). 
 
 
2.   
A fronte dell'accusa di corruzione attiva di un collaboratore della Banca Cantonale Grigione (BCG), il TPF ha esaminato se questi potesse essere considerato un funzionario pubblico ai sensi dell'art. 322 ter CP. Benché la BCG sia un istituto autonomo del diritto pubblico cantonale e il Cantone dei Grigioni risponda di tutti gli obblighi della banca ove non bastino i suoi propri mezzi, l'autorità precedente ha rilevato che il suo scopo principale consiste nell'offrire prestazioni di servizio conformi agli usi bancari, non scostandosi dalle finalità economiche di qualsiasi altra banca. Del resto, nemmeno la Costituzione cantonale menziona tra i compiti pubblici la fornitura di prestazioni bancarie. Per il TPF, la nozione di compito pubblico non può essere estesa al settore bancario e dei servizi finanziari, tanto meno ove si consideri che i comportamenti indotti dall'imputata corruzione si riferiscono ai classici doveri di diligenza bancaria e di comunicazione in materia di riciclaggio, tipici di qualsiasi funzionario (privato) di banca, e non a delle funzioni pubbliche. L'autorità precedente ha poi osservato che l'interesse primario della BCG è quello di produrre utile per sé e solo indirettamente per il Cantone, paragonabile a un normale creditore privato. Infatti, al di là del suo parziale finanziamento con capitali pubblici, le forme di finanziamento della BCG sono quelle classiche del settore privato. Non assolvendo la BCG un compito pubblico, il suo collaboratore non può essere definito funzionario. Il TPF non ha quindi ritenuto realizzata la fattispecie oggettiva di corruzione attiva, prosciogliendo l'opponente dalla relativa accusa.  
 
2.1. Il MPC lamenta la violazione dell'art. 322 ter CP, del diritto di essere sentito e del divieto dell'arbitrio. Ritiene che i quadri direttivi di un istituto autonomo di diritto pubblico, quale appunto sarebbe la BCG, debbano essere qualificati di pubblici ufficiali ai sensi della citata norma e a tale categoria apparterrebbero tutti i collaboratori che influiscono sulle decisioni e sulla loro preparazione. Contrariamente a quanto riportato dal TPF, l'offerta di prestazioni conformi agli usi bancari sarebbe solo un mezzo mediante il quale raggiungere lo scopo della BCG, ovvero contribuire a uno sviluppo equilibrato dell'economia cantonale, tenendo conto di tutte le cerchie della popolazione, dell'economia privata e dell'ente pubblico. Se così non fosse, una banca cantonale non si differenzierebbe dagli altri istituti bancari la cui attività sarebbe disciplinata unicamente dalla legge sulle banche dell'8 novembre 1934 (LBCR; RS 952.0) e dalla relativa normativa di applicazione. Considerata inoltre la sistematica del diritto cantonale, in cui la legge sulla BCG figura nel capitolo dedicato all'economia pubblica e non in quello del diritto civile, la BCG adempirebbe manifestamente una funzione pubblica, sicché l'attività del suo dipendente dovrebbe essere assimilata a quella di un pubblico ufficiale. Per il MPC sarebbe poi irrilevante che i comportamenti illeciti concernano essenzialmente i classici doveri di diligenza bancaria e di comunicazione in materia di riciclaggio, la qualificazione di pubblico ufficiale giusta l'art. 322 ter CP non potendo dipendere dalla natura pubblicistica della controprestazione del corrotto nel sinallagma corruttivo. Anche la natura di diritto privato del rapporto con la clientela sarebbe ininfluente. Il MPC rileva poi che, nell'ambito di una procedura abbreviata, lo stesso TPF avrebbe condannato il collaboratore bancario in questione per titolo di corruzione passiva giusta l'art. 322 quater CP, riconoscendogli quindi la qualità di funzionario. Nella fattispecie, negandola, esso si scosterebbe dalla sua precedente pronuncia senza minimamente motivare la sua nuova e diametralmente opposta posizione.  
 
2.2. Si rende colpevole di corruzione attiva di pubblici funzionari svizzeri ai sensi dell'art. 322 ter CP segnatamente chiunque offre, promette o procura un indebito vantaggio a un funzionario a favore di lui o di terzi, per indurlo a commettere un atto o un'omissione in relazione con la sua attività ufficiale e contrastante coi doveri d'ufficio o sottostante al suo potere d'apprezzamento. Giusta l'art. 110 cpv. 3 CP, per funzionari s'intendono i funzionari e impiegati di un'amministrazione pubblica e della giustizia, nonché le persone che vi occupano provvisoriamente un ufficio o un impiego o esercitano temporaneamente pubbliche funzioni. La nozione penale di funzionari comprende sia i funzionari sotto il profilo istituzionale sia le persone che assumono tale veste sotto il profilo funzionale. I primi sono i funzionari ai sensi del diritto pubblico e gli impiegati nel servizio pubblico. Per i secondi, non è importante sapere in quale forma giuridica essi svolgano la loro attività per l'ente pubblico. Il rapporto può essere di diritto pubblico o di diritto privato. Determinante è piuttosto la natura della funzione esercitata. Se questa consiste nell'adempimento di compiti pubblici, l'attività è ufficiale e le persone che la svolgono sono dei funzionari ai sensi del diritto penale (DTF 135 IV 198 consid. 3.3; sentenza 6B_1110/2014 del 19 agosto 2015 consid. 1.3 destinata alla pubblicazione; v. pure sentenza 6B_885/2014 del 3 agosto 2015 consid. 9).  
 
2.2.1. Secondo l'art. 3a LBCR, è considerata banca cantonale ogni banca costituita in forma di istituto o di società anonima mediante un atto legislativo cantonale. Il Cantone deve detenere una partecipazione superiore a un terzo del capitale e disporre di più di un terzo dei diritti di voto. Può garantire integralmente o in parte gli impegni della banca.  
La BCG è un istituto autonomo del diritto pubblico cantonale (art. 1 cpv. 1 della legge del 29 novembre 1998 sulla Banca cantonale grigione [LBG/GR]; CS 938.200). Offre le prestazioni di servizio conformi agli usi bancari e tiene conto nella sua attività aziendale quale banca generale delle esigenze di tutte le cerchie della popolazione, dell'economia privata e dell'ente pubblico. Essa contribuisce in questo quadro a uno sviluppo equilibrato dell'economia grigione (art. 2 LBG/GR). La sua zona di attività comprende il Cantone dei Grigioni; se l'adempimento del suo scopo in tale zona non ne viene pregiudicato, può svolgere affari anche al di fuori (art. 3 LBG/GR). La BCG deve essere gestita secondo principi commerciali e deve conseguire un adeguato utile (art. 4 cpv. 1 LBG/GR). Il Cantone dei Grigioni risponde di tutti gli obblighi della Banca, ove non bastino i suoi propri mezzi (art. 5 cpv. 1 LBG/GR). Quale compensazione per tale garanzia statale la Banca versa al Cantone un indennizzo (art. 5a cpv. 1 LBG/GR). Il Cantone mette a disposizione il capitale di dotazione (art. 8 cpv. 1 LBG/GR). Il rapporto di lavoro dei collaboratori della BCG è di diritto privato (art. 26a primo periodo LBG/GR; v. pure art. 21 dell'abrogata ordinanza d'esecuzione della legge sulla Banca cantonale grigione del 29 maggio 1998 in vigore nel periodo dei fatti imputati [CS 938.210], consultabile sul sito internet <www.lexfind.ch>). 
 
2.2.2. Un istituto di diritto pubblico, quale appunto è la BCG, costituisce per definizione un'unità amministrativa, distinta dall'amministrazione centrale, a cui incombe l'adempimento di determinati compiti pubblici (v. sentenza 5A_78/2011 del 15 giugno 2011 consid. 2.3.1; v. pure DTF 120 II 321 consid. 2a pag. 322). Ciò tuttavia non basta per riconoscere la qualità di funzionari ai suoi dipendenti, essendo per contro determinante la natura della funzione esercitata. Nella DTF 135 IV 198 consid. 3.4.1, il Tribunale federale ha definito il dipendente dell'INSAI, ovvero un istituto autonomo di diritto pubblico federale (art. 61 cpv. 1 LAINF), un funzionario, ma sotto il profilo funzionale e non istituzionale. Decisivo appare dunque determinare se la funzione esercitata consiste nell'adempimento di compiti pubblici, ovvero di attività volte a soddisfare un bisogno d'interesse generale (sentenza citata 5A_78/2011 consid. 2.3.2).  
 
In sé la gestione di una banca non rappresenta un compito statale. Se ragioni connesse al benessere generale (  wohlfahrtstaatliche Zwecke) possono essere state determinanti nella fondazione delle banche cantonali nel corso del XIX secolo, oggigiorno si sono trasformate in banche universali, in cui predominano interessi finanziari e fiscali (sentenza 2A.254/2000 del 2 aprile 2001 consid. 3a, in ASA 70 pag. 294; DTF 120 II 321 consid. 2d pag. 325 i.f. seg.; 127 II 113 consid. 8b). Benché, secondo il chiaro tenore della legge, nella sua attività aziendale quale banca generale, la BCG debba tener conto delle esigenze di tutte le cerchie della popolazione, dell'economia privata e dell'ente pubblico, essa offre prestazioni che vengono fornite alle medesime condizioni dal settore privato (offerta di prestazioni di servizio conformi agli usi bancari, v. art. 2 LBG/GR). Certo, secondo la legge, in tale quadro la BCG, la cui zona d'attività si limita essenzialmente al Cantone (art. 3 LBG/GR), deve contribuire a uno sviluppo equilibrato dell'economia cantonale. Nondimeno ogni banca attiva a livello regionale favorisce, nell'ambito della sua normale attività commerciale, lo sviluppo economico locale (v. ANDREAS VÖGELI, Staatsgarantie und Leistungsauftrag bei Kantonalbanken: Hindernisse für einen Zusammenschluss?, 2009, pag. 152), senza assolvere per questo un compito pubblico in senso stretto. In simili circostanze, i collaboratori della BCG non possono essere considerati funzionari ai sensi del diritto penale (v. BERNARD CORBOZ, Les infractions en droit suisse, vol. II, 3 aed. 2010, n. 8 ad art. 320 CP). Di massima nulla muta a tal proposito, seppur tipica della funzione pubblica, la circostanza che la BCG soggiace all'alta vigilanza del parlamento cantonale (v. art. 23 LBG/GR) e che per i suoi dipendenti valgono determinati obblighi di astensione (v. art. 26a LBG/GR). Su questo punto il TPF non ha pertanto violato il diritto federale.  
 
2.3. Infondata appare pure la censura di violazione dell'obbligo di motivazione. Dalla sentenza SK.2012.9 del 27 aprile 2012, menzionata nel gravame, risulta che il TPF, nell'ambito di una procedura abbreviata giusta gli art. 358 segg. CPP, ha condannato il collaboratore della BCG per il reato di corruzione passiva, riconoscendogli quindi la veste di funzionario, senza tuttavia illustrarne le ragioni o richiamare una sua consolidata prassi al riguardo. Nel giudizio oggetto del procedimento in esame, chiamato a pronunciarsi sull'accusa speculare di corruzione attiva, il TPF ha negato tale veste al medesimo collaboratore, motivando però compiutamente la sua posizione, pur senza accennare alla sua precedente opposta decisione. In simili circostanze, non è possibile imputare al TPF la violazione di un obbligo di motivazione. Il MPC non adduce del resto l'esistenza di un'invalsa giurisprudenza del TPF, in merito alla qualità di funzionari dei collaboratori della BCG in particolare o di altre banche cantonali in generale, con cui i giudici precedenti avrebbero dovuto confrontarsi, spiegando perché se ne discostavano. Egli fa riferimento a decisioni relative agli art. 322 ter segg. CP, in particolare alla sentenza del TPF SK.2007.6 del 30 gennaio 2008 consid. 1.1.2, che però non gli è di ausilio. Le fattispecie infatti divergono, trattandosi in quest'ultimo caso di dipendenti dell'INSAI, istituto incaricato di compiti pubblici (v. DTF 135 IV 198 consid. 3.4.1). Sicché in concreto non si è in presenza di un cambiamento di giurisprudenza che avrebbe imposto al TPF di avanzare seri e fondati motivi per una diversa decisione (v. al riguardo DTF 140 II 334 consid. 8).  
 
3.   
In relazione all'accusa di riciclaggio di denaro aggravato, il TPF ha concluso per l'assenza degli estremi di un caso grave ai sensi dell'art. 305 bis n. 2 CP sia esso nella variante specifica della banda (lett. b) sia in quella generica. Trovando quindi applicazione il termine di prescrizione di 7 anni di cui all'art. 97 cpv. 1 lett. c CP, l'autorità precedente ha pronunciato l'abbandono del procedimento per tutti i capi d'imputazione relativi al riciclaggio per intervenuta prescrizione dell'azione penale, senza esaminare, per ragioni di economia processuale, se i singoli atti rimproverati realizzassero la fattispecie di cui all'art. 305 bis n. 1 CP.  
 
3.1. Il MPC lamenta innanzi tutto la violazione del diritto di essere sentito e dell'obbligo di motivazione, avendo il TPF considerato e giudicato la sussistenza dell'aggravante generica limitatamente a taluni capi d'imputazione, laddove l'atto d'accusa la ipotizzava per tutti gli atti rimproverati.  
 
La censura è infondata e risulta da una lettura parziale della sentenza impugnata. L'atto d'accusa enumera 23 diverse condotte riciclatrici, commesse tra dicembre 1999 e maggio-giugno 2002. Secondo l'impianto accusatorio l'integralità degli atti descritti adempirebbero la fattispecie di riciclaggio di denaro aggravato nella sua forma generica e una parte di essi anche nella forma specifica della banda giusta l'art. 305 bis n. 2 lett. b CP. Chinandosi dapprima sulla variante generica del caso grave e concludendo per la sua insussistenza, il TPF ha pronunciato l'abbandono del procedimento per 11 capi d'accusa, ossia per quelli per cui l'accusa non ipotizzava anche l'aggravante della banda, esaminata nei considerandi successivi. Sotto il profilo dell'art. 305 bis n. 2 CP, i giudici precedenti hanno quindi vagliato l'attività di riciclaggio rimproverata nella sua globalità e non limitatamente agli 11 capi d'imputazione.  
 
3.2. Prevalendosi della violazione dell'art. 305 bis n. 2 CP, il MPC contesta l'abbandono del procedimento in relazione all'accusa di riciclaggio di denaro aggravato nella sua variante generica, per l'insieme dei capi d'imputazione. Critica il TPF per aver proceduto in pratica a una totale identificazione dell'aggravante generica con quella del mestiere, rendendo di fatto impossibile l'applicazione della prima. Con riferimento alla sentenza 6B_1013/2010 del 17 maggio 2011 di questo Tribunale, in cui è stato ammesso un caso grave nella forma generica, il comportamento rimproverato all'opponente denoterebbe, secondo il MPC, un'intensità delittuosa ben maggiore sotto il profilo sia quantitativo sia qualitativo. Agendo con dolo diretto, l'imputato avrebbe commesso, in un lasso temporale di 2 anni e mezzo, 23 atti di riciclaggio, riuscendo a vanificare la confisca di denaro per un importo superiore a 3.5 milioni di franchi, mai ritrovato. Come nella citata sentenza, anche nella fattispecie i valori patrimoniali riciclati proverrebbero da una truffa milionaria. Sebbene l'opponente non abbia agito nell'esercizio della sua professione, elemento peraltro nemmeno richiesto per l'aggravante del mestiere, avrebbe comunque sfruttato la sua veste di alto dirigente (  managing director) dell'istituto bancario presso cui lavorava. Ricordato che nemmeno l'aggravante del mestiere presupporrebbe che l'autore abbia concretamente conseguito un guadagno, la mancata percezione di un onorario non dovrebbe costituire un criterio di valutazione dell'aggravante generica. Oltre a tutto ciò, l'autorità precedente avrebbe omesso di considerare, violando il diritto di essere sentito e l'obbligo di motivazione, che nella già citata sentenza SK.2012.9 del 27 aprile 2012, concernente la medesima fattispecie, lo stesso TPF avrebbe ammesso la sussistenza dell'aggravante generica.  
 
3.2.1. Giusta l'art. 305bis n. 2 CP, sussiste un caso grave di riciclaggio di denaro segnatamente se l'autore agisce come membro di un'organizzazione criminale (lett. a); agisce come membro di una banda costituitasi per esercitare sistematicamente il riciclaggio (lett. b); realizza una grossa cifra d'affari o un guadagno considerevole facendo mestiere del riciclaggio (lett. c). Come si evince dall'uso dell'avverbio "segnatamente", l'art. 305bis n. 2 CP non enumera in modo esaustivo i casi gravi di riciclaggio di denaro. Sono quindi immaginabili ulteriori costellazioni in cui è possibile ammettere il reato di riciclaggio di denaro aggravato. È tuttavia necessario che il comportamento appaia sia sotto il profilo oggettivo sia sotto quello soggettivo di una gravità analoga a quella degli esempi forniti dalla norma, che fungono da parametro di giudizio (sentenza 6B_1013/2010 del 17 maggio 2011 consid. 6.2 e 6.3).  
 
3.2.2. Il TPF ha giudicato il caso in esame procedendo essenzialmente a un paragone con la fattispecie oggetto dell'unica sentenza del Tribunale federale in cui è stata ammessa l'aggravante generica del riciclaggio di denaro, rilevandone le importanti differenze. La prima consiste nella totale assenza di reddito derivante dall'attività imputata. Se da un lato quest'ultima si è protratta per un periodo più lungo, dall'altro, anche a voler considerare la preparazione delle operazioni vanificatorie, ha impegnato l'opponente in maniera marginale per alcuni giorni all'anno al massimo. Gli atti di riciclaggio non sono peraltro stati commessi nell'ambito della sua attività professionale, ma all'infuori, in ritagli di tempo assai esigui e in sostanza allo scopo di utilizzare e spendere i proventi del crimine a monte. Infine, per l'autorità precedente, nemmeno il concorso con il reato di falsità in documenti rappresenta un elemento che consente di ritenere un caso grave di riciclaggio di denaro, la legge imponendo di tenerne conto in termini di accrescimento della pena giusta l'art. 49 CP e non potendo essere preso doppiamente in considerazione per costruire un'aggravante generica.  
 
3.2.3. Nella sentenza 6B_1013/2010 del 17 maggio 2011 consid. 6.3, il Tribunale federale ha confermato la condanna di un avvocato per riciclaggio di denaro aggravato nella variante generica. Agendo nell'ambito della sua attività professionale, da cui traeva il suo sostentamento economico, e investendo al proposito un tempo considerevole, egli aveva riciclato valori patrimoniali provenienti da una truffa in investimento per un importo totale di circa 3.4 milioni di franchi, commettendo numerosi atti vanificatori della confisca, mediante una vasta serie di transazioni finanziarie nel corso di un lungo periodo (oltre 3 mesi), e percependo un onorario pari a fr. 20'000.--. Tale comportamento era sotto il profilo oggettivo paragonabile alla fattispecie di cui all'art. 305bis n. 2 lett. c CP.  
 
In concreto gli atti di riciclaggio imputati all'opponente consisterebbero nell'apertura di un conto bancario intestato a un prestanome (capo d'imputazione 1.2.1), in dieci prelievi di denaro per importi sempre diversi tramite quest'ultimo e in correità con il collaboratore bancario (capi d'imputazione 1.2.2, 1.2.6, 1.2.7, 1.2.11, 1.2.12, 1.2.14, 1.2.15, 1.2.19, 1.2.20 e 1.2.22), nell'aver fatto trasportare e fattosi consegnare da suddetto collaboratore il denaro così prelevato (capo d'imputazione 1.2.3), nei versamenti su conti intestati presso un altro istituto bancario all'opponente rispettivamente a suo fratello del denaro precedentemente prelevato (capi d'imputazione 1.2.5, 1.2.17, 1.2.18 e 1.2.21), nella consegna del denaro al collaboratore rispettivamente a una terza persona (capi d'imputazione 1.2.4, 1.2.10 e 1.2.16), nel deposito del denaro precedentemente prelevato in una cassetta di sicurezza e successivo prelievo (capi d'accusa 1.2.8, 1.2.9 e 1.2.13) e infine nella chiusura del conto intestato al prestanome (capo d'accusa 1.2.23). Queste operazioni, per un importo globale milionario, sarebbero state commesse tra dicembre 1999 e maggio-giugno 2002. Anche a supporre che tutti gli atti descritti nell'atto d'accusa realizzino gli elementi costitutivi del riciclaggio di denaro, il caso non potrebbe comunque essere considerato grave ai sensi dell'art. 305bis n. 2 CP. Sebbene il numero di operazioni rimproverate sia elevato, esse si concentrano in 9 giorni (1 operazione il 20 dicembre 1999, 4 operazioni il 24 dicembre 1999, 3 operazioni il 14 febbraio 2000, 2 operazioni il 22 marzo 2000, 3 operazioni il 13 giugno 2000, 5 operazioni il 10 ottobre 2000, 3 operazioni il 23 maggio 2001, 1 operazione il 16 maggio 2002 e 1 operazione il 26 giugno 2002), ciò che relativizza l'importanza del lungo lasso temporale di 2 anni e mezzo in cui sono state commesse. Contrariamente al caso di cui alla citata sentenza 6B_1013/2010, l'opponente né ha tratto un guadagno dal riciclaggio di denaro né ha agito nell'ambito della sua attività professionale. L'obiezione ricorsuale secondo cui avrebbe perpetrato il reato di riciclaggio sfruttando la sua professione non trova riscontro nei fatti accertati dal TPF e al riguardo non sono state sollevate censure di sorta, di modo che il MPC non è ammesso a prevalersene in questa sede (art. 105 LTF). Per valutare la sussistenza di un caso grave, non può poi essere considerato elemento discriminante la natura del dolo con cui l'autore ha agito. Se è vero che, come obietta il MPC, l'aggravante generica non può essere completamente identificata con quelle specifiche, segnatamente quella del mestiere giusta l'art. 305bis n. 2 lett. c CP, queste ultime servono comunque da parametro per giudicare se il caso è grave. Benché gli atti di riciclaggio in esame siano numerosi, riguardino importi milionari e si siano protratti per un lungo periodo di tempo, il comportamento rimproverato non palesa una particolare energia criminale da parte dell'opponente o una speciale perniciosità e non raggiunge una soglia di gravità equiparabile ai casi esplicitamente menzionati dalla legge (organizzazione criminale, banda e mestiere). Ne consegue che nel negare l'adempimento del riciclaggio di denaro aggravato nella variante generica il TPF non ha violato l'art. 305bis n. 2 CP
 
3.2.4. Prive di fondamento risultano poi le censure di violazione del diritto di essere sentito e dell'obbligo di motivazione, per il mancato confronto del TPF con la sentenza SK.2012.9 del 27 aprile 2012 che ha condannato il collaboratore bancario per riciclaggio di denaro aggravato nella sua variante generica. L'obbligo di motivazione di cui all'art. 80 cpv. 2 CPP, scaturente dal diritto di essere sentito garantito dall'art. 29 cpv. 2 Cost., impone alle autorità di menzionare almeno brevemente le ragioni che l'hanno indotta a decidere in un senso piuttosto che nell'altro e di porre così l'interessato nelle condizioni di rendersi conto della portata del giudizio e delle eventuali possibilità di impugnazione (DTF 138 I 232 consid. 5.1; 136 I 229 consid. 5.2). In concreto il TPF ha illustrato i motivi che lo hanno spinto a escludere la realizzazione di un caso grave generico di riciclaggio di denaro, permettendo al MPC di impugnare la decisione con cognizione di causa. L'autorità precedente era chiamata a pronunciarsi sulla fattispecie imputata all'opponente, su cui si è debitamente espressa, e non su casi oggetto di altre procedure.  
 
3.3. A mente del MPC, per 12 atti di riciclaggio di denaro oggetto dell'atto d'accusa (capi d'imputazione 1.2.2, 1.2.3, 1.2.4, 1.2.6, 1.2.7, 1.2.11, 1.2.12, 1.2.14, 1.2.15, 1.2.16, 1.2.19 e 1.2.20) sussisterebbe l'aggravante specifica della banda giusta l'art. 305bis n. 2 lett. b CP. Il TPF, che ne avrebbe negato la realizzazione procedendo a un'analisi prospettica e insostenibile dei fatti, avrebbe omesso di valutare le tavole processuali con uno sguardo retrospettivo, inteso a determinare gli intendimenti iniziali dei riciclatori. Nelle loro dichiarazioni dibattimentali, l'opponente e il collaboratore bancario avrebbero confermato l'esistenza di un preciso e concordato piano d'azione pattuito  ab initio. Si tratterebbe del cosiddetto "sistema C.________", che avrebbe la peculiarità, negletta dal TPF, di poter essere utilizzato per un numero indeterminato di atti di riciclaggio. Ideato per rispondere alla necessità dell'opponente di movimentare, a mezzo di operazioni di prelievo in contanti, i fondi depositati sul conto del prestanome, esso gli avrebbe permesso di restare nel più completo anonimato. La collaborazione tra l'opponente e il collaboratore bancario sarebbe durata più anni, con contatti frequenti e una predeterminata e pianificata assegnazione di ruoli operativi distinti. Avrebbero agito con continuità, mediante un  modus operandi consolidato, che avrebbe funzionato senza difficoltà sino alla chiusura del conto bancario intestato al prestanome. Il TPF avrebbe omesso di considerare, senza valida ragione, tutti questi elementi, suffragati dalle dichiarazioni dibattimentali degli interessati, cadendo nell'arbitrio.  
 
3.3.1. Secondo la giurisprudenza, una banda è data quando due o più autori si uniscono con la volontà, espressa in modo esplicito o concludente, di compiere insieme, in futuro, più reati indipendenti anche se non ancora chiaramente determinati. La costituzione di una banda rafforza il singolo autore sotto il profilo fisico e psichico, rendendolo particolarmente pericoloso e facendo prevedere la commissione di ulteriori reati (DTF 135 IV 158 consid. 2). L'appartenenza ad una banda presuppone che sia accertata la volontà dell'autore di compiere congiuntamente una pluralità di infrazioni, in concreto di atti sistematici di riciclaggio (v. DTF 124 IV 86 consid. 2b, 286 consid. 2a).  
 
3.3.2. Il TPF non ha ravvisato la volontà e l'energia criminale tipiche di una banda, né un piano elaborato per compiere un numero indeterminato di atti di riciclaggio. Ha rilevato unicamente la volontà dell'opponente di entrare fisicamente in possesso del denaro provento del crimine a monte. La collaborazione con l'impiegato bancario è durata fino all'esaurimento di tali soldi, collocandosi quindi in un orizzonte temporale e materiale ben circoscritto, ciò che caratterizza una semplice reiterazione di atti in correità. Per l'autorità precedente, nella fattispecie difetta la volontà degli autori di commettere insieme un numero indeterminato di reati, creando a tal fine un sodalizio criminale duraturo. La loro è stata una collaborazione puntuale e temporalmente ben definita, senza la volontà di protrarla anche dopo aver raggiunto l'obiettivo: esauriti i soldi provento dell'antefatto criminale, il conto è stato chiuso e la cooperazione cessata. L'opponente si è unicamente accordato con il collaboratore bancario per una serie limitata di operazioni e non ha mai inteso creare un sodalizio stabile volto alla commissione sistematica e generica del riciclaggio di denaro. Il TPF ha quindi pronunciato l'abbandono del procedimento per intervenuta prescrizione dell'azione penale.  
 
3.3.3. Secondo gli accertamenti della sentenza impugnata, il "sistema C.________" consisteva nell'invio alla banca da parte dell'opponente di ordini di prelevamento precedentemente sottoscritti in bianco dal titolare formale del conto. Gli ordini venivano completati in un secondo momento dallo stesso opponente e trasmessi al collaboratore bancario. Questi si premuniva di eseguirli, falsificando la firma di C.________ sulla ricevuta, che veniva indicata negli ordini come la persona incaricata di ritirare la somma di denaro. Se è vero che il sistema poteva essere utilizzato per un numero indeterminato di volte e poggiava su una divisione di compiti ben definita, il MPC non contesta che sia stato concepito e applicato con l'intento di permettere all'opponente di prendere possesso del denaro provento del reato a monte. Non dimostra quindi arbitrio degli accertamenti relativi allo scopo perseguito dall'opponente. Ciò che l'autore sapeva, voleva o ha preso in considerazione sono questioni di fatto (DTF 130 IV 58 consid. 8.5 e rinvii), che vincolano di principio questa Corte, tranne quando i fatti sono stati accertati in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario (DTF 140 IV 97 consid. 1.4.1; sulla nozione di arbitrio v. DTF 140 I 201 consid. 6.1), o in violazione del diritto (art. 105 LTF). Il MPC si limita segnatamente a rilevare che, se davvero quanto ritenuto dal TPF corrispondesse alla verità materiale, i prelevamenti sarebbero stati concordati sin dall'inizio tanto nell'ammontare quanto nelle date, con la conseguenza che gli ordini di prelievo sarebbero stati compilati per esteso dal titolare formale, il collaboratore bancario non avrebbe dovuto procedere ad alcuna falsificazione della firma di C.________, la sua remunerazione non sarebbe stata corrisposta per ogni operazione bensì pattuita in un unico ammontare, ecc. Trattasi di considerazioni appellatorie: il fatto che i prelievi avrebbero potuto essere stabiliti in anticipo, predeterminando così il numero di atti di riciclaggio, non rende insostenibile la conclusione del TPF, tanto più che il MPC non contesta che la cooperazione è durata fino a quando l'opponente ha potuto entrare fisicamente in possesso del denaro provento del reato. Sicché, non si può ritenere che l'autorità precedente ha negato a torto l'adempimento dell'aggravante della banda costituitasi per esercitare sistematicamente il riciclaggio.  
 
4.   
Secondo il MPC, la violazione degli art. 322ter e 305bis CP si sarebbe riprodotta a cascata nell'applicazione degli art. 47 segg. CP sulla commisurazione della pena, dell'art. 426 CPP sulle spese a carico dell'imputato, nonché degli art. 10 segg. del regolamento del Tribunale penale federale sulle spese, gli emolumenti, le ripetibili e le indennità della procedura penale federale del 31 agosto 2010 (RSPPF; RS 173.713.162) sul calcolo delle ripetibili accordate all'imputato. 
 
Queste censure cadono, in quanto dai considerandi che precedono risulta che il TPF non ha violato l'art. 322ter CP né l'art. 305bis CP
 
5.   
Ne segue che il ricorso deve essere respinto nella misura della sua ammissibilità. 
 
Non si prelevano spese a carico del ricorrente, che si è rivolto al Tribunale federale nell'esercizio delle sue attribuzioni ufficiali (art. 66 cpv. 4 LTF). Non si assegnano ripetibili all'opponente, non invitato a presentare una risposta al gravame (art. 68 LTF). 
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.   
Non si prelevano spese giudiziarie. 
 
3.   
Comunicazione al ricorrente, al patrocinatore dell'opponente, alla Corte penale del Tribunale penale federale, nonché per informazione al patrocinatore dell'accusatrice privata. 
 
 
Losanna, 5 gennaio 2016 
 
In nome della Corte di diritto penale 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Denys 
 
La Cancelliera: Ortolano Ribordy