Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
6B_1450/2020
Sentenza del 5 settembre 2022
Corte di diritto penale
Composizione
Giudici federali Jacquemoud-Rossari, Presidente,
Denys, Muschietti, van de Graaf, Koch,
Cancelliera Ortolano Ribordy.
Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinato dall'avv. Fulvio Pezzati,
ricorrente,
contro
1. Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano,
2. B.________ Sagl,
patrocinata dall'avv. Fabio Nicoli,
opponenti.
Oggetto
Istigazione al furto; ricettazione, concorso di reati; commisurazione della pena,
ricorso contro la sentenza emanata il 2 novembre 2020 dalla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino (incarto 17.2020.4+24+47 17.2020.210).
Fatti:
A.
Il 7 settembre 2018 il Ministero pubblico del Cantone Ticino ha rinviato a giudizio A.________ con le accuse di istigazione, in parte tentata, al furto aggravato, siccome commesso in banda e per mestiere, e di ricettazione aggravata, siccome commessa per mestiere.
Con sentenza dell'11 ottobre 2019, la Corte delle assise criminali ha riconosciuto A.________ autore colpevole di istigazione, in parte tentata, al furto aggravato, considerando il reato di ricettazione assorbito dall'istigazione. Lo ha quindi condannato alla pena detentiva di 18 mesi, dedotto il carcere preventivo sofferto, sospesa condizionalmente per un periodo di prova di 2 anni.
B.
Adita con appello di A.________ e appelli incidentali del pubblico ministero e dell'accusatrice privata, con sentenza del 2 novembre 2020, la Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino (CARP) ha respinto il primo e accolto i secondi. Ha riconosciuto A.________ autore colpevole di istigazione al furto aggravato, in parte tentata, nonché di ricettazione aggravata, e gli ha inflitto la medesima pena già pronunciata in prima istanza.
In breve, la sentenza si fonda sui seguenti fatti:
B.a. Nel periodo compreso tra gennaio 2014 e il 3 agosto 2015, C.________ e D.________, rispettivamente sostituta gerente e commessa presso una stazione di servizio, hanno sottratto al loro datore di lavoro 6'478 stecche di sigarette per un valore complessivo di fr. 421'070.--.
B.b. Fra dicembre 2013 e gennaio 2014, A.________ è stato informato da D.________ della possibilità di comprare stecche di sigarette a un prezzo inferiore a quello di mercato e ha compiuto i primi acquisti di quanto già in possesso delle due donne. A partire da marzo 2014 ha iniziato autonomamente a trasmettere loro costanti, regolari e puntuali richieste, scritte o orali, di stecche di sigarette, ben sapendo che, per soddisfare quelle che lui stesso ha definito "comande", le due donne avrebbero dovuto compiere dei furti ad hoc presso la stazione di servizio. Le sue richieste non erano generiche: C.________ e D.________, al momento di effettuare le ordinazioni delle sigarette per la stazione di servizio per cui lavoravano, tenevano già conto anche di quanto da lui chiesto. A.________ ha acquistato dalle due donne 3'475 stecche di sigarette, pagando euro 35.-- la stecca. La maggior parte le ha poi rivendute a euro 40.-- in Italia e a fr. 50.-- in Svizzera, impiegando il ricavato per finanziare il tenore di vita suo e della sua famiglia.
C.
Avverso questo giudizio A.________ insorge al Tribunale federale con un ricorso in materia penale. Postula in sostanza il suo proscioglimento dall'imputazione di istigazione al furto aggravato, in parte tentata, e la riduzione della pena detentiva irrogatagli a un massimo di 12 mesi.
Invitati a esprimersi sul gravame, la CARP rinvia alle motivazioni del suo giudizio senza formulare osservazioni, il Ministero pubblico e l'accusatrice privata postulano la reiezione del ricorso. L'insorgente non ha replicato.
Diritto:
1.
Presentato dall'imputato (art. 81 cpv. 1 LTF) e diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF), resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 80 LTF), il ricorso in materia penale è proponibile e di massima ammissibile, anche perché inoltrato nelle forme richieste (art. 42 cpv. 1 LTF) e nei termini legali (art. 100 cpv. 1 unitamente all'art. 45 cpv. 1 LTF).
2.
Il ricorrente contesta la sua condanna per istigazione al furto.
2.1. Accertato che il ricorrente pagava alle impiegate della stazione di servizio euro 35.-- per ogni stecca di sigarette a lui fornita, la CARP ha ritenuto che i ripetuti comportamenti dell'insorgente hanno travalicato le semplici richieste, visto che le due donne avevano la garanzia di una ricompensa e sono state spinte a delinquere molto più di quanto avevano autonomamente deciso di fare senza il suo intervento: hanno sottratto 3'003 stecche di sigarette in maniera indipendente e ne hanno rubate 3'475 per l'insorgente, ovvero il 115 % in più. Il ricorrente è stato l'acquirente principale delle due donne e anche il primo e unico "cliente" di D.________. Egli chiedeva a quest'ultima considerevoli e specifiche forniture di stecche di sigarette. Per disporre della merce da consegnargli, le due donne arrivavano a modificare le ordinazioni in partenza dalla stazione di servizio. L'insorgente quindi, continua la CARP, richiedeva la (ripetuta) commissione di furti di merce definita nel genere e nella quantità, determinando le impiegate a passare all'atto di volta in volta. I giudici precedenti hanno poi stabilito che il ricorrente era riuscito a organizzare un notevole sistema di smercio, composto da 40/45 suoi acquirenti abituali, al punto che al mese si procurava mediamente 200 stecche di sigarette. Aveva dunque tutto l'interesse a chiedere alle due donne di procacciargli ingenti quantitativi di sigarette, rivolgendo loro vere e proprie "ordinazioni di sigarette a pagamento", la cui soddisfazione implicava di volta in volta, nella piena consapevolezza dell'insorgente, la commissione di appositi e specifici furti presso la stazione di servizio. Sicché, conclude la CARP, egli si è senz'altro reso colpevole di istigazione, in parte tentata, al furto aggravato.
2.2. Il ricorrente evidenzia come i furti delle impiegate della stazione di servizio siano iniziati ben prima del suo personale coinvolgimento nel caso, le donne rivendendo da subito le stecche di sigarette a terzi, tra cui appunto lo stesso insorgente, a un prezzo rispettivamente di euro 35.-- e di fr. 45.--, corrispondente al loro guadagno netto. L'insorgente, a sua volta, le avrebbe rivendute a un prezzo rispettivamente di euro 40.--/45.-- e di fr. 50.--/55.--, con un guadagno netto di euro 10.-- a stecca. Per ognuna delle stecche sottratte quindi il guadagno delle prime sarebbe stato il triplo del suo. Secondo il ricorrente, le autorità di prima e di seconda istanza sarebbero partite da un dogma, ritenendo che, senza di lui, le impiegate della stazione di servizio non avrebbero commesso i furti, o quanto meno in misura minore. Egli tuttavia sarebbe rimasto un semplice cliente, benché importante, e non un membro del gruppo. Nel marzo 2014, quando sarebbe subentrato l'insorgente, il sistema messo a punto dalle due donne sarebbe stato in essere da almeno due mesi senza alcun incitamento esterno. Nulla potrebbe essere dedotto dal fatto che egli indicasse loro quali marche volesse. Infatti non sarebbe a causa del ricorrente, né su sua richiesta, che C.________ e D.________ avrebbero adattato le ordinazioni della stazione di servizio, optando esse per le marche che meglio avrebbero potuto "piazzare" e con cui conseguire un maggiore guadagno, anche sulle spalle dell'insorgente. Il fatto che egli fosse il loro miglior cliente non significherebbe che vi sia stato un incitamento da parte sua che possa costituire giuridicamente un'istigazione. Poiché le donne erano già decise ad agire e già agivano da due mesi, l'insorgente non avrebbe potuto determinarle a commettere qualcosa che già compivano. Al contrario, sarebbero semmai state le donne a incitare il ricorrente ad acquistare le stecche di sigarette da loro sottratte.
2.3. Secondo l'accusatrice privata, l'insorgente intenderebbe sottrarsi alla condanna di istigazione al furto per evitare di essere ritenuto responsabile del danno da lei patito che l'ha posta sull'orlo del fallimento, malgrado egli abbia tratto un beneficio considerevole dai reati commessi. Il suo comportamento realizzerebbe chiaramente gli estremi dell'istigazione al furto. I piccoli furtarelli inizialmente perpetrati dalle due impiegate sarebbero diventati, con l'avvento del ricorrente e delle sue pressanti richieste, una vera catena di montaggio del furto con un aumento esponenziale dell'attività delinquenziale. L'accusatrice privata evidenzia come le sue impiegate avrebbero stilato le ordinazioni per la stazione di servizio tenendo conto di quanto richiesto loro dall'insorgente: a ogni sua richiesta sarebbe seguito un furto. Che poi il guadagno delle donne fosse superiore a quello del ricorrente non giova alla sua tesi difensiva, perché altro non dimostrerebbe se non la pressione e l'influenza psichica e intellettuale diretta esercitate sulle due dipendenti, potendo queste ultime ambire a lauti guadagni. La pressione psicologica sarebbe stata tale da creare litigi tra loro, non essendo regolarmente in grado di soddisfare le richieste dell'insorgente. Egli le avrebbe pertanto determinate non solo a rubare, ma anche a farlo "sino al massimo grado per loro psicologicamente e materialmente possibile". Consapevole dell'illecita provenienza delle stecche di sigarette, l'insorgente avrebbe saputo perfettamente che il suo comportamento sarebbe stato determinante per convincere le impiegate a rubare le sigarette di proprietà dell'accusatrice privata.
2.4.
2.4.1. L'istigazione consiste nel determinare altri a commettere un crimine o un delitto (art. 24 cpv. 1 CP). Essa presuppone un rapporto di causalità tra l'atto d'incitamento dell'istigatore e la decisione dell'istigato di commettere il reato. L'istigatore deve esercitare un'influenza psichica diretta sulla formazione dell'altrui volontà. Non occorre che egli abbia dovuto vincere la resistenza dell'istigato, la volontà di commettere un reato potendo essere indotta anche nella persona disposta ad agire o che si offre di compiere l'atto punito penalmente e ciò fintantoché l'autore non si sia ancora risolto a passare concretamente all'azione. L'istigazione non è invece più possibile se l'autore del reato era già determinato a perpetrarlo (DTF 144 IV 265 consid. 2.3.2). Il tal caso, quest'ultimo è un
omnimodo facturus. In questa costellazione, secondo la dottrina, l'istigatore può rendersi punibile di una tentata istigazione (art. 24 cpv. 2 CP) se ignora che l'istigato era già deciso a commettere un reato, oppure di complicità intellettuale (art. 25 CP) se gli è nota la determinazione dell'interessato ad agire e, con il suo intervento, contribuisce effettivamente a rafforzarne l'intenzione criminosa o delittuosa (BERNHARD STRÄULI, in Commentaire romand, Code pénal, vol. I, 2a ed. 2021, n. 13 ad art. 24 CP; MARC FORSTER, in Basler Kommentar, Strafrecht, vol. I, 4a ed. 2019, n. 39 art. 24 CP; TRECHSEL/GETH, Schweizerisches Strafgesetzbuch, Praxiskommentar, 4a ed. 2021, n. 5 ad art. 24 CP; GÜNTER STRATENWERTH, Schweizerisches Strafrecht, Allgemeiner Teil I, 4a ed. 2011, § 13 n. 103; JOSÉ HURTADO POZO, Droit pénal, partie générale, 2008, n. 1148; MICHA NYDEGGER, in StGB Annotierter Kommentar, 2020, n. 1 ad art. 24 CP; ANDREAS DONATSCH, in StGB/JStG Kommentar, 21a ed. 2022, n. 19 ad art. 24 CP; sulla complicità intellettuale v. sentenza 6B_894/2009 del 19 gennaio 2010 consid. 1.5.3). Chi si limita a creare una situazione in cui un'altra persona potrebbe eventualmente decidersi a commettere un'infrazione non è istigatore. L'istigazione esige infatti un influsso psichico o intellettuale diretto sulla formazione dell'altrui volontà. Essa può essere commessa mediante ogni comportamento idoneo a suscitare in una persona la decisione di agire, anche con una semplice domanda, una suggestione o un invito concludente. L'istigazione non costituisce un reato indipendente, bensì una forma di partecipazione all'infrazione commessa da altri. Gli elementi costitutivi oggettivi corrispondono a quelli del reato commesso dall'istigato. Sotto il profilo soggettivo, l'istigazione richiede l'intenzionalità che deve riferirsi, da un lato, alla provocazione della decisione di passare all'atto e, dall'altro, all'esecuzione dell'atto da parte dell'istigato. Il dolo eventuale è sufficiente. Occorre dunque che l'istigatore abbia saputo e voluto o, quantomeno, preso in considerazione e accettato che il suo intervento era idoneo a persuadere l'istigato a commettere il reato (DTF 144 IV 265 consid. 2.3.2; sentenza 6B_920/2013 del 18 maggio 2015 consid. 8.1 non pubblicato in DTF 141 IV 201).
2.4.2. Perché l'istigazione possa ritenersi realizzata, l'istigato dev'essere passato all'atto, ovvero deve aver commesso o almeno tentato di commettere l'infrazione. Sussiste invece solo un tentativo di istigazione nel caso in cui, per un motivo o per un altro, l'istigato non ha agito. Benché di regola la partecipazione a un'infrazione sia punibile solo ove questa sia stata commessa o almeno tentata, l'art. 24 cpv. 2 CP erige ad atto penalmente punibile l'istigazione a un crimine, quand'anche non sia stato perpetrato né tentato (sentenza 6B_920/2013 del 18 maggio 2015 consid. 8.1 non pubblicato in DTF 141 IV 201; per quanto attiene alle condizioni di luogo v. sentenza 6B_1029/2021 del 24 agosto 2022 consid. 1.2.3.6, destinata alla pubblicazione).
2.5. Motivando la sua censura, il ricorrente si scosta in parte dai fatti stabiliti dalla CARP, senza pretendere che il loro accertamento sia stato svolto in violazione del diritto (art. 97 cpv. 1 LTF). Così, ad esempio, quando afferma che sarebbero state le impiegate della stazione di servizio a incitarlo a rivendere le stecche di sigarette sottratte, oppure che gli adattamenti delle ordinazioni della merce della stazione sarebbero da ricondurre a una loro autonoma iniziativa, oppure ancora che egli avrebbe rivolto loro unicamente un "suggerimento delle marche preferite". Secondo la sentenza impugnata, infatti, è l'insorgente ad aver chiesto alle donne considerevoli e specifiche forniture di stecche di sigarette, che lo stesso ha del resto definito "comande", determinate nel genere e nella quantità, tanto che, per disporne, esse modificavano gli ordinativi della stazione di servizio. Nella stessa non vi è poi traccia di un loro incitamento alla ricettazione. In assenza di specifiche censure al riguardo, il Tribunale federale resta vincolato a quanto accertato dalla CARP (art. 105 cpv. 1 LTF).
Ciò posto, la tesi difensiva volta in sostanza ad attribuire il ruolo di
omnimodo facturus alle impiegate della stazione di servizio non ha pregio. Esse effettivamente commettevano già dei furti ai danni del loro datore di lavoro prima dell'intervento dell'insorgente. A questi, perpetrati in base a una propria autonoma decisione, si sono però aggiunti quelli destinati a procurare la merce espressamente richiesta dal ricorrente. Dalla sentenza impugnata risulta infatti che, per soddisfare quelle che egli stesso ha definito "comande", le due donne compivano dei furti ad hoc. Vi è dunque un nesso causale tra taluni dei reati da loro commessi e le richieste formulate loro dall'insorgente. Egli pertanto le ha determinate a perpetrare dei furti supplementari. Come visto (v.
supra consid. 2.4.1), la volontà di commettere un (ulteriore) reato può essere indotta anche nella persona già disposta ad agire o addirittura che si offre di farlo. Invano il ricorrente si prevale dell'aggravante del mestiere ritenuta a carico delle donne per contestare la realizzazione dell'istigazione. È vero che, nel contesto della commisurazione della pena, l'aggravante del mestiere impone in linea di principio di considerare la pluralità di atti come un solo reato ("reato collettivo",
Kollektivdelikt), ossia un'unità giuridica, le regole del concorso di reati giusta l'art. 49 CP non essendo applicabili, atteso che l'inasprimento della pena è già previsto nelle disposizioni speciali del CP (v. ad esempio art. 139 n. 2 CP) e insito in detta aggravante (v. DTF 116 IV 121 consid. 2b/aa). Questa unità giuridica sotto il profilo della commisurazione della pena non comporta però, contrariamente a quanto suggerito nel gravame, l'impossibilità di considerare che la commissione di solo taluni dei furti sia stata oggetto di istigazione. Nulla muta il fatto che il ricorrente non fosse coinvolto nell'organizzazione pratica dei furti, già funzionante prima della sua implicazione, o che non fosse un membro del gruppo autore dei reati. Se così fosse stato, infatti, il suo intervento sarebbe stato da valutare quale correità o complicità nel furto aggravato.
Ritenendo dunque che, con le sue "ordinazioni di sigarette a pagamento", determinate nel genere e nella quantità, il ricorrente si sia reso colpevole di istigazione al furto, la CARP non ha violato il diritto.
3.
L'insorgente contesta in seguito il ritenuto concorso tra l'istigazione al furto e la ricettazione, reato quest'ultimo di cui non nega la realizzazione. Sostiene che, in assenza di un comportamento attivo, la ricettazione ingloberebbe già in sé "lo stimolo che il ricettatore per il solo fatto di esistere rappresenta per il ladro".
L'accusatrice privata contesta che il reato di ricettazione sia assorbito dall'istigazione al furto. La CARP avrebbe giustamente ritenuto sussistere un concorso, riportando in modo corretto e compiuto la giurisprudenza del Tribunale federale.
3.1. Si rende colpevole di ricettazione chiunque acquista, riceve in dono, o in pegno, occulta o aiuta ad alienare una cosa che sa o deve presumere ottenuta da un terzo mediante un reato contro il patrimonio (art. 160 n. 1 CP).
Come risulta chiaramente dal testo legale che menziona "una cosa [...] ottenuta da un terzo mediante un reato contro il patrimonio", l'autore o il correo di detto reato non può essere anche il ricettatore del maltolto (v. DTF 124 IV 274 consid. 3a; 70 IV 63 consid. 4).
La ricettazione è punibile perché consente di far perdurare e di consolidare uno stato illecito creato dal reato a monte contro il patrimonio e ostacola pertanto il ripristino dello stato conforme al diritto turbato dall'antefatto penale (DTF 117 IV 445 consid. 1b). Essa si caratterizza dunque come una lesione del diritto del danneggiato di recuperare la cosa di cui è stato privato in seguito a un primo reato (DTF 127 IV 79 consid. 2b).
3.2. La CARP ha ritenuto sussistere un concorso tra l'istigazione al furto e la successiva ricettazione ad opera del ricorrente sulla scorta della DTF 70 IV 63. In questa sentenza, il Tribunale federale ha effettivamente ammesso il concorso tra l'istigazione al reato patrimoniale e la ricettazione. L'istigatore che determina altri a commettere un reato contro il patrimonio con l'intento di acquisire, rispettivamente ricevere in dono, l'oggetto del reato e riesce poi a realizzare questo intento è punibile sia per istigazione al reato patrimoniale in questione sia per ricettazione. In questa costellazione, infatti, egli commette più di quanto previsto dalla disposizione sull'istigazione. Se l'autore del reato contro il patrimonio non può rendersi colpevole di ricettazione, perché è insito nella sostanza del reato che voglia trarre vantaggio dalla cosa, per l'istigatore invece il discorso è diverso. Egli è punito perché ha determinato l'autore a commettere un reato. Alla base dell'art. 24 cpv. 1 CP, che sanziona l'istigazione con la pena comminata per il reato, non vi è la finzione per cui l'istigatore ha commesso egli stesso l'infrazione, bensì l'idea che egli meriti, in linea di principio, la stessa pena dell'autore. Rifiutando di seguire una corrente dottrinale che considerava inconcepibile sanzionare l'istigazione al reato patrimoniale e la ricettazione, il Tribunale federale ha osservato che la divergenza tra tale opinione e la posizione contraria adottata dalla giurisprudenza è minima sotto il profilo degli effetti pratici. Infatti, anche senza applicare la regola sul concorso di reati (art. 49 CP, rispettivamente previgente art. 68 CP), nell'ambito della commisurazione della pena (art. 47 CP, rispettivamente previgente art. 63 CP) si dovrebbe comunque tener conto del fatto che il ricettatore non si è limitato a ricettare, ma ha pure istigato l'autore del reato contro il patrimonio (DTF 70 IV 63 consid. 4). La sussistenza di un concorso tra l'istigazione a un reato contro il patrimonio e la ricettazione è poi stata ribadita nella DTF 98 IV 147 consid. 2.
3.3. Una parte della dottrina condivide questa soluzione (PETER NOLL, Schweizerisches Strafrecht, Besonderer Teil I, 1993, pag. 236; PAUL LOGOZ, Commentaire du code pénal suisse, partie spéciale, 1955, n. 4 ad art. 144 CP; MAX WAIBLINGER, Zum Begriff der Hehlerei im schweizerischen Strafgesetzbuch, in Festgabe zum 70. Geburtstag von Ernst Hafter, RPS 61/1946 pag. 261; RAYMOND LECROQ, Die Abhängigkeit einer strafbaren Handlung von einer anderen strafbaren Handlung im speziellen Teil des schweizerischen Strafgesetzbuches, 1959, pag. 138). Un'altra parte della dottrina, più consistente, invece la critica e nega qualsiasi concorso tra l'istigazione al reato contro il patrimonio e la ricettazione, considerando quest'ultima un atto posteriore già compreso nell'istigazione (GEORG J. NAEGELI, Hehlerei, 1984, pag. 87; JEAN ARNAUD DE MESTRAL, Le recel de choses et le recel de valeurs en droit pénal suisse, 1988, pag. 185; STRATENWERTH/JENNY/BOMMER, Schweizerisches Strafrecht, Besonderer Teil I, § 20 n. 28; ANDREAS DONATSCH, Delikte gegen den Einzelnen, 11a ed. 2018, pag. 348; PHILIPPE WEISSENBERGER, in Basler Kommentar, Strafrecht, vol. II, 4a ed. 2019, n. 97 ad art. 160 CP; HENZELIN/MASSROURI, in Commentaire romand, Code pénal, vol. II, 2017, n. 100 ad art. 160 CP; MICHEL DUPUIS ET AL., Code pénal, Petit commentaire, 2a ed. 2017, n. 33 ad art. 160 CP; STEFAN TRECHSEL, Zum Tatbestand der Hehlerei, RPS 91/1975 pag. 404 seg.; KONOPATSCH/EHMANN, in StGB Annotierter Kommentar, 2020, n. 31 ad art. 160 CP; ACKERMANN/VOGLER/BAUMANN/EGLI, Strafrecht, Individualinteressen, 2019, pag. 217), rispettivamente ritenendo che la ricettazione assorba la partecipazione al reato patrimoniale (TRECHSEL/CRAMERI, in Schweizerisches Strafgesetzbuch, Praxiskommentar, 4a ed. 2021, n. 21 ad art. 160 CP).
3.4. Alcuni autori hanno rilevato come la giurisprudenza sul concorso tra l'istigazione al reato contro il patrimonio e la ricettazione sia anteriore all'abbandono da parte del Tribunale federale della teoria della corruzione (
Korruptionstheorieo
Schuldteilnahmetheorie; rispettivamente
théorie de la corruption) sancito con la DTF 100 IV 1 consid. 5c-d. Hanno quindi ipotizzato un possibile cambiamento di giurisprudenza relativamente al citato concorso in seguito all'adozione della teoria della partecipazione al fatto illecito (
Unrechtsteilnahmetheorie, rispettivamente
théorie de la participation au fait illicite; HANS WALDER, Die Hehlerei gemäss StrGB Art. 144 - Kasuistik und Lehren, RPS 103/1986 pag. 269; DE MESTRAL, op. cit., pag. 185; NAEGELI, op. cit., pag. 87; TRECHSEL, op. cit., pag. 405).
Nella DTF 100 IV 1, il Tribunale federale ha ricordato che, conformemente all'art. 24 cpv. 1 CP, l'istigatore è punito con la pena applicabile all'autore. La pena prevista per l'istigatore sanziona il reato commesso dall'autore. In definitiva, l'intenzione dell'istigatore, come quella dell'autore, è volta al conseguimento del risultato del reato. L'istigatore vi contribuisce, acquisendo ulteriori rinforzi per l'impresa criminale. In tal modo, egli partecipa in modo sostanziale alla decisione, alla pianificazione e alla preparazione del reato e si pone quindi sullo stesso piano del correo in termini di colpevolezza. Dal momento che l'art. 24 cpv. 1 CP sanziona l'istigatore con la stessa pena applicabile all'autore, è da escludere un'applicazione della teoria della corruzione, nella misura in cui questa implica una particolare condanna dell'istigatore a causa del rischio di disintegrazione sociale dell'istigato. Oggetto di una simile condanna sarebbe la messa in pericolo dell'integrità morale dell'istigato e quindi un bene giuridico diverso da quello tutelato dalla pena comminata per il reato principale (DTF 100 IV 1 consid. 5c-d; v. pure DTF 115 IV 230 consid. 2b).
L'istigazione (consumata) è una forma di partecipazione accessoria al reato, la cui punibilità non si fonda su un atto commesso dall'istigatore, bensì sul comportamento dell'autore del reato. Essa, come già evocato (v.
supra consid. 2.4.1), non costituisce un reato indipendente e può essere concepita unicamente in relazione a un'infrazione prevista dal codice penale o da un'altra legge federale (DTF 144 IV 265 consid. 2.3.2).
3.5. Un'applicazione coerente della teoria della partecipazione all'atto illecito impone a questo Tribunale di modificare la giurisprudenza in materia di concorso tra istigazione al reato patrimoniale e ricettazione, considerando quest'ultima come un fatto posteriore non punibile (
mitbestrafte, rispettivamente
straflose Nachtat;
acte subséquent co-réprimé, rispettivamente
impuni) anche per l'istigatore, analogamente a quanto vale per l'autore del reato patrimoniale. Poiché l'intenzione dell'istigatore, come quella dell'autore, è volta al conseguimento del risultato del reato patrimoniale (v.
supra consid. 3.4), ovvero trarre vantaggio dalla cosa, e poiché l'istigatore già risponde a pieno titolo dell'antefatto penale (NAEGELI, op. cit., pag. 87; DE MESTRAL, op. cit., pag. 285; STRATENWERTH/JENNY/BOMMER, op. cit., § 20 n. 28; DONATSCH, op. cit., pag. 348; WEISSENBERGER, op. cit., n. 97 ad art. 160 CP; HENZELIN/MASSROURI, op. cit., n. 100 ad art. 160 CP; DUPUIS ET AL., op. cit., n. 33 ad art. 160 CP), si deve ritenere che la successiva ricettazione sia già assorbita dal reato patrimoniale a monte.
Il ritenuto concorso tra l'istigazione al furto e la ricettazione da parte della CARP si rivela pertanto contrario al diritto federale. Il ricorrente va dunque condannato unicamente per titolo di istigazione al furto aggravato, siccome commesso per mestiere, e non per titolo di ricettazione aggravata, contrariamente a quant o preteso nel gravame, visto che sono dati
in casu gli estremi dell'istigazione (v.
supra consid. 2.5).
4.
Il ricorrente censura infine anche la pena inflittagli, rimproverando alla CARP di non aver considerato, quale fattore attenuante, la violazione del principio di celerità come pure la sua detenzione presso il carcere della Farera, dove sarebbe stato sottoposto a condizioni di carcerazione molto dure, paragonabili "al famigerato 41bis in Italia". Chiede che la sua pena sia contenuta in 12 mesi.
4.1. L'accertata violazione del diritto relativa al concorso di reati comporta l'annullamento della pronuncia di condanna del ricorrente e, conseguentemente, anche della pena irrogatagli, in quanto strettamente connessa con la prima. Pur tuttavia, ciò non rende priva di oggetto la censura sollevata con riferimento alla pena e agli elementi di una sua attenuazione. Si giustifica quindi di vagliare anche questa censura.
4.2. Non risulta che l'insorgente si sia lamentato nella sede cantonale delle sue condizioni di detenzione, né egli pretende il contrario. Solo dinanzi a questo Tribunale si prevale di "condizioni di carcerazione molto dure", senza illustrare oltre il suo asserto e senza minimamente sostenere, neppure implicitamente, che tali condizioni fossero contrarie alla dignità umana tutelata dall'art. 7 Cost. o violassero l'art. 10 cpv. 3 Cost., rispettivamente l'art. 3 CEDU. Si rammenta al riguardo che, per assurgere a pena o trattamento inumano o degradante, le condizioni materiali della detenzione devono raggiungere un livello di umiliazione o di avvilimento superiore a quello che normalmente comporta la privazione della libertà. Non è sufficiente un semplice disagio (DTF 142 I 246 consid. 2.4.1). La gravità di tale lesione è valutata alla luce di tutte le circostanze del caso, considerate globalmente, segnatamente della natura e del contesto del trattamento come pure della sua durata (DTF 139 I 272 consid. 4). Fra l'altro, si tratta in particolare di valutare se il luogo di detenzione soddisfa le esigenze minime di igiene (pulizia; accesso agli impianti sanitari e alle docce; tutela dell'intimità), quelle relative al posto letto, al cibo (dieta; igiene nella preparazione e nella distribuzione dei pasti; accesso all'acqua potabile), alla superficie, al volume d'aria, all'illuminazione e alla ventilazione, tenendo conto delle condizioni climatiche locali e della possibilità di fare esercizio all'aria aperta (sentenza 6B_1189/2021 del 16 febbraio 2022 consid. 5.1 con rinvii). Una detenzione inumana o degradante può comportare una riduzione della pena (DTF 142 IV 245 consid. 4.1).
Il ricorrente ha trascorso 63 giorni di carcere preventivo. Non adduce alcun elemento che possa far apparire la sua detenzione inumana o degradante, o comunque fonte di sofferenze superiori a quelle inevitabilmente inerenti alla privazione della libertà. Non si scorge quindi alcun motivo di attenuazione della pena connesso alle condizioni di detenzione.
4.3.
4.3.1. Quanto al principio di celerità, la CARP non lo ha considerato in concreto violato. Se vi è stato un rallentamento dell'attività delle autorità di perseguimento penale fra inizio giugno 2016 e inizio novembre 2017, lo stesso è stato compensato dal fatto che, dopo questo periodo, il pubblico ministero ha proceduto speditamente agli interrogatori di confronto, chiudendo l'istruttoria nel giugno del 2018. Periodi di intensa attività possono infatti compensare eventuali periodi morti. Nemmeno il periodo di 13 mesi intercorso tra la promozione dell'accusa e l'apertura del dibattimento di primo grado costituisce un ritardo inaccettabile. E ancor meno la durata complessiva del procedimento.
4.3.2. L'art. 5 CPP e l'art. 29 cpv. 1 Cost. garantiscono a ognuno il diritto di essere giudicato entro un termine ragionevole. Queste disposizioni consacrano il principio di celerità e proscrivono qualsiasi ritardo ingiustificato nel rendere delle decisioni. L'autorità viola questa garanzia ove non renda una decisione che le spetta entro il termine prescritto dalla legge o entro il termine che la natura e le circostanze del caso rendono ragionevole. La valutazione della durata ragionevole del procedimento sfugge a regole rigide (DTF 143 IV 373 consid. 1.3.1). Nel procedimento, tempi morti sono inevitabili, l'autorità penale non potendo occuparsi costantemente di un solo e unico caso. Se nessuno dei singoli periodi di inattività appare in sé insostenibile, occorre valutare il procedimento nel suo complesso: periodi di intensa attività possono dunque controbilanciare un accantonamento temporaneo del caso nell'ottica di trattarne altri. Il principio di celerità può essere disatteso anche in assenza di colpa delle autorità (DTF 130 IV 54 consid. 3.3.3). La giurisprudenza ha già avuto modo di definire anormalmente lunga un'attesa di 8 mesi tra la promozione dell'accusa e il dibattimento di primo grado (sentenza 1B_188/2012 del 19 aprile 2012 consid. 4.2), rispettivamente insostenibile un'inattività di 13 o 14 mesi nella fase dell'istruzione o un periodo di 10 o 11 mesi per trasmettere l'incartamento all'autorità di ricorso (DTF 130 IV 54 consid. 3.3.3).
La violazione del principio di celerità comporta di regola una riduzione della pena, talvolta l'esenzione dalla pena oppure, quale ultima ratio in casi estremi, l'abbandono del procedimento (DTF 143 IV 373 consid. 1.4.1).
4.3.3. I fatti qui in giudizio risalgono a marzo 2014-agosto 2015. Il procedimento cantonale si è concluso il 2 novembre 2020 con l'emanazione della sentenza di appello. Se nel suo complesso il procedimento non può dirsi particolarmente lungo, la CARP non può essere seguita laddove afferma che i periodi di inattività constatati sarebbero nella fattispecie controbilanciati da fasi di intensa attività. Come visto (v.
supra consid. 4.3.2), tale criterio entra infatti in considerazione ove un singolo periodo di inattività non appaia di per sé insostenibile. Periodi di inattività di 13-14 mesi sono però già stati considerati di per sé insostenibili. Del resto, come rettamente osservato nel gravame, l'art. 330 CPP esige l'adozione
senza indugio delle misure necessarie per il dibattimento. A ragione quindi il ricorrente chiede che sia tenuto conto della violazione del principio di celerità quale fattore attenuante della pena che dovrà essere nuovamente commisurata.
5.
Per quanto ammissibile, il ricorso si rivela in parte fondato e merita pertanto un accoglimento parziale. La sentenza impugnata dev'essere annullata e la causa rinviata alla CARP per nuovo giudizio ai sensi dei considerandi.
Le spese e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 nonché art. 68 cpv. 1 LTF). Il grado di soccombenza dell'insorgente può essere valutato al 50 %, come pure quello degli opponenti. Le spese giudiziarie vanno quindi poste per metà a carico del ricorrente e per metà degli opponenti. Avendo agito nell'esercizio delle sue attribuzioni ufficiali, al pubblico ministero non possono essere addossate spese (art. 66 cpv. 4 LTF). Per la parte in cui risulta vincente l'insorgente ha diritto a un'indennità a titolo di ripetibili a carico dello Stato del Cantone Ticino e dell'accusatrice privata, in parti uguali. Per quella in cui risulta soccombente, è invece tenuto a pagare a sua volta un'indennità a titolo di ripetibili all'accusatrice privata. Le ripetibili del ricorrente e dell'accusatrice privata sono compensate. Non si accordano ripetibili al pubblico ministero (art. 68 cpv. 3 LTF).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è parzialmente accolto. La sentenza impugnata è annullata e la causa è rinviata alla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino per nuovo giudizio.
2.
Le spese giudiziarie di complessivi fr. 3'000.-- sono poste in ragione di fr. 1'500.-- a carico del ricorrente e in ragione di fr. 750.-- a carico dell'accusatrice privata opponente.
3.
Lo Stato del Cantone Ticino verserà al ricorrente fr. 750.-- a titolo di ripetibili per la procedura innanzi al Tribunale federale.
4.
Il ricorrente verserà all'accusatrice privata fr. 750.-- a titolo di ripetibili per la procedura innanzi al Tribunale federale.
5.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Ministero pubblico e alla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino.
Losanna, 5 settembre 2022
In nome della Corte di diritto penale
del Tribunale federale svizzero
La Presidente: Jacquemoud-Rossari
La Cancelliera: Ortolano Ribordy