Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
8C_421/2020
Sentenza del 7 ottobre 2020
I Corte di diritto sociale
Composizione
Giudici federali Maillard, Presidente,
Wirthlin, Viscione,
Cancelliere Bernasconi.
Partecipanti al procedimento
A.________, patrocinata dall'avv. Francesco Barletta,
ricorrente,
contro
Cassa cantonale di compensazione per gli assegni familiari del Cantone Ticino, via Canonico Ghiringhelli 15a, 6500 Bellinzona,
opponente.
Oggetto
Assegno familiare cantonale (restituzione),
ricorso contro il giudizio del Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino del 25 maggio 2020 (39.2019.6-7).
Fatti:
A.
A.________, nata nel 1975, ha percepito negli anni dal 2006 al 2011 assegni famigliari integrativi (AFI) e, dal 2006 al 2008, degli assegni di prima infanzia (API). Con decisione del 4 aprile 2019 confermata su reclamo il 20 novembre 2019, la Cassa cantonale di compensazione per gli assegni famigliari del Cantone Ticino (di seguito: Cassa) ha ordinato ad A.________ di restituire fr. 12'527.- corrispondenti agli AFI e fr. 5428.- ricevuti a titolo di API. Basandosi su di un'autodenuncia del 18 settembre 2018 presentata da A.________ all'Ufficio del sostegno sociale e dell'inserimento del Cantone Ticino (USSI), la Cassa ha ritenuto che la medesima era proprietaria dal 20 aprile 2005 di un bene immobiliare in Francia non precedentemente dichiarato.
B.
Il Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino con giudizio del 25 maggio 2020 ha respinto il ricorso di A.________ contro la decisione su reclamo.
C.
A.________ presenta un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale, chiedendo, previo conferimento dell'effetto sospensivo, di annullare e riformare il giudizio impugnato nel senso che l'ordine di restituzione sia annullato.
Chiamati a pronunciarsi, la Cassa postula la reiezione del ricorso, mentre la Corte cantonale rinuncia a presentare osservazioni.
Il Tribunale federale ha concesso l'effetto sospensivo al ricorso con decreto del 21 settembre 2020.
Diritto:
1.
1.1. Il Tribunale federale, in qualità di Corte suprema della Confederazione (art. 1 cpv. 1 LTF), verifica la corretta applicazione del diritto federale (art. 95 LTF). Il diritto cantonale (ticinese), salvo eccezioni non realizzate in concreto (art. 95 lett. e e d LTF), non costituisce un motivo di ricorso. Il rinvio a disposizioni o a concetti del diritto federale nella legislazione cantonale, segnatamente nelle leggi ticinesi sull'armonizzazione e il coordinamento delle prestazioni sociali (Laps/TI; RL 870.100) o sugli assegni di famiglia del 18 dicembre 2008 (Laf/TI; RL 856.100) non muta la natura cantonale delle disposizioni in questione (DTF 140 I 320 consid. 3.3 pag. 322; 138 I 232 consid. 2.4 pag. 236 seg.). Tuttavia, è possibile fare valere che l'errata applicazione del diritto cantonale costituisce una violazione del diritto federale, segnatamente dei diritti fondamentali e più in particolare del divieto dell'arbitrio (art. 9 Cost).
1.2. Per quanto attiene invece all'accertamento e all'apprezzamento dei fatti operati dal giudice precedente, esso può essere censurato unicamente se è avvenuto in modo manifestamente inesatto oppure in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF e se l'eliminazione del vizio può essere determinante per l'esito del procedimento (art. 97 cpv. 1 LTF; 142 I 135 consid. 1.6 pag. 144 seg.). Salvo i casi in cui tale inesattezza sia lampante, la parte ricorrente che intende contestare i fatti accertati dall'autorità inferiore deve spiegare, in maniera circostanziata, per quale motivo ritiene che le condizioni di una delle eccezioni previste dall'art. 105 cpv. 2 LTF sarebbero realizzate (cfr. DTF 142 I 135 consid. 1.6 pag. 144 seg.; 141 II 14 consid. 1.6 pag. 24 seg. con riferimenti).
1.3. Secondo giurisprudenza, l'arbitrio non si realizza già qualora la soluzione proposta con il ricorso possa apparire sostenibile o addirittura preferibile a quella contestata; il Tribunale federale annulla la pronuncia criticata solo se il giudice del merito ha emanato un giudizio che appare e ciò non solo nella motivazione bensì anche nell'esito manifestamente insostenibile, in aperto contrasto con la situazione reale, gravemente lesivo di una norma o di un principio giuridico chiaro e indiscusso oppure in contraddizione urtante con il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 142 V 513 consid. 4.2 pag. 516; 138 I 232 consid. 6.2 pag. 239). In particolare, per quanto riguarda l'apprezzamento delle prove e l'accertamento dei fatti, il giudice incorre nell'arbitrio se misconosce manifestamente il senso e la portata di un mezzo di prova, se omette senza valida ragione di tener conto di un elemento di prova importante, suscettibile di modificare l'esito della vertenza, oppure se ammette o nega un fatto ponendosi in aperto contrasto con gli atti di causa o interpretandoli in modo insostenibile (DTF 144 V 50 consid. 4.2 pag. 53 con riferimenti). Inoltre, nella procedura dinnanzi al Tribunale federale, il principio in dubio pro reo non assume una portata che travalica quella del divieto d'arbitrio (DTF 145 IV 154 consid. 1.1).
2.
Oggetto del contendere è sapere se il giudizio cantonale, che ha confermato il provvedimento di restituzione, sia lesivo del diritto federale, in modo particolare del divieto dell'arbitrio.
3.
3.1. Il Tribunale cantonale delle assicurazioni ha illustrato lo svolgimento del processo e le disposizioni legali ritenute applicabili, richiamando la giurisprudenza ad esse relativa. In seguito, la Corte cantonale ha descritto l'esistenza di una procura in lingua francese firmata dalla ricorrente e certificata da un notaio il 18 febbraio 2005 in favore del padre, in virtù della quale quest'ultimo ha acquistato il 20 aprile 2005 per la ricorrente e a suo nome un appartamento in Francia al prezzo di Euro 95'000. I giudici cantonali hanno rilevato che la procura, redatta con termini chiari, fosse comprensibile per la ricorrente dato che, come indicato nel suo curriculum vitae, ella disponesse di conoscenze discrete del francese e che in caso di incomprensioni potesse rivolgersi al notaio che ha autenticato la firma. La Corte cantonale si è poi soffermata sulle prestazioni percepite a titolo di AFI e API dalla ricorrente a partire dal 2006, indicando l'omissione della stessa di informare la Cassa a riguardo del bene immobiliare tanto al momento della domanda iniziale quanto all'occasione delle successive richieste di rinnovo, notificandone l' acquisizione soltanto il 18 settembre 2018. Il Tribunale cantonale delle assicurazioni ha inoltre rilevato che, dopo la morte del padre intervenuta il 10 novembre 2017, la ricorrente ha venduto l'immobile nel mese di agosto 2018, ricavando una somma di Euro 133'000, dedotte le spese di compravendita. Infine, i giudici cantonali hanno evidenziato l'esistenza di un verbale relativo a un incontro avvenuto il 21 novembre 2018 tra la Cassa e la ricorrente, da cui è emerso che quest'ultima era al corrente che il padre avesse acquistato un appartamento a suo nome, riservandosi però l'usufrutto.
3.2. La ricorrente, dopo aver esposto le questioni d'ordine, censura innanzitutto alla Corte cantonale di essersi fondata su un errato accertamento dei fatti. I giudici cantonali avrebbero tralasciato la circostanza che la ricorrente fosse venuta in possesso dei documenti atti a comprovare la proprietà dell'immobile in Francia soltanto dopo la morte del padre. Il semplice conferimento della procura sarebbe insufficiente per dedurre che la compravendita avesse effettivamente avuto luogo, alla quale oltretutto la ricorrente non era presente. Il padre avrebbe architettato il tutto, utilizzando i suoi averi, per evadere il fisco francese.
3.3. Tenuto conto del ristretto margine di intervento del Tribunale federale, il ricorso è destinato all'insuccesso. La ricorrente si limita in maniera appellatoria a rimproverare ai giudici cantonali di aver trascurato un elemento che, in fin dei conti, non è stato determinante per l'esito del procedimento. Invero, i giudici cantonali potevano senza arbitrio concludere che la circostanza secondo la quale la ricorrente fosse venuta in possesso dei documenti attestanti la proprietà dell'appartamento solo dopo la morte del padre non era rilevante, data l'esistenza della procura firmata dalla ricorrente, certificata dal notaio, e l'ammissione delle stessa di essere stata a conoscenza che l'appartamento era di sua proprietà. Anche nel suo ricorso al Tribunale federale la ricorrente stessa non esita ad ammettere che il padre le avesse sempre riferito l'intenzione di lasciarle utilizzare l'appartamento solo dopo la sua morte e che quest'ultimo le avesse sempre negato la consegna dei documenti relativi, il che conforta ulteriormente l'apprezzamento effettuato dai giudici cantonali. Anche seguendo l'argomentazione secondo la quale il padre sarebbe stato l'usufruttuario dell'immobile, non cambierebbe in nulla il fatto per la ricorrente di esserne la proprietaria. Di conseguenza, gli apprezzamenti effettuati dalla Corte cantonale non appaiono manifestamente inesatti e il ricorso è infondato sotto questo profilo.
4.
4.1. La Corte cantonale ha in seguito constatato la prescrizione del provvedimento di restituzione secondo l'art. 26 cpv. 2 Laps/TI, indicando però l'applicabilità per analogia dell'art. 25 cpv. 2 LPGA alla fattispecie, secondo il quale quando il credito deriva da un atto punibile per il quale il diritto penale prevede un termine di prescrizione più lungo, quest'ultimo è determinante. Dopo aver scartato l'art. 148a CP, inapplicabile sulla base del principio di non retroattività (art. 2 cpv. 1 CP), i giudici cantonali hanno analizzato la punibilità del comportamento della ricorrente soltanto per il reato di truffa a norma dell'art. 146 CP. Richiamandone giurisprudenza e dottrina legata all'ambito delle assicurazioni sociali, in particolar modo sull'aspetto attivo o passivo della natura dell'inganno astuto, il Tribunale cantonale delle assicurazioni ha ritenuto che, almeno per dolo eventuale, la ricorrente avesse adottato un comportamento attivo sottoscrivendo, inizialmente e in occasione di ogni richiesta di rinnovo, i formulari relativi alla richiesta di AFI e API senza indicare a titolo di sostanza l'immobile in Francia. Posto che, fino all'autodenuncia, tale immobile non era stato segnalato neppure all'autorità fiscale ticinese, l'amministrazione non sarebbe stata negligente nelle sue verifiche e, quindi, a ragione avrebbe ritenuto un reato per truffa, applicato un termine di prescrizione di 15 anni (art. 97 cpv. 1 let. b CP) e ordinato la restituzione delle prestazioni indebitamente percepite.
4.2. La ricorrente contesta innanzitutto l'arbitrio nell'applicazione per analogia dell'art. 25 cpv. 2 LPGA alla fattispecie. A suo dire l'art. 36 Laps/TI sarebbe una disposizione speciale di esclusiva applicazione, secondo cui il diritto alla restituzione sarebbe già prescritto. In seguito, la ricorrente contesta l'adempimento degli elementi soggettivi ed oggettivi del reato di truffa secondo l'art. 146 CP, nonché la sua inapplicabilità in quanto norma meno favorevole all'autore, riferendosi in particolar modo all'art. 148a CP e all'applicazione dell'art. 2 CP. Non ci sarebbe stato alcun inganno astuto poiché, a suo dire, secondo la giurisprudenza, un formulario d'informazione standardizzato non riveste il carattere di un invito esplicito a chiarire la propria situazione patrimoniale e, nell'ipotesi contraria, la violazione dell'obbligo legale di comunicare ogni modifica risulterebbe punibile soltanto con le disposizioni penali speciali relative alle leggi sulle assicurazioni sociali. La ricorrente non avrebbe inoltre agito intenzionalmente poiché indotta in errore dal padre, ignorando l'esito della compravendita e non avendo a disposizione alcun documento attestante la proprietà. L'autodenuncia, avvenuta non appena in possesso di tali documenti, escluderebbe l'intenzione di truffare la Cassa. Sulla base di queste circostanze, incolpare la ricorrente del reato di truffa sarebbe lesivo delle garanzie di tutela di accertare i fatti in modo completo e oltre ogni ragionevole dubbio, nonché del principio di innocenza.
5.
5.1. A norma dell'art. 46 Laf/TI sono applicabili alle prestazioni familiari cantonali, sempreché la legge non preveda espressamente una deroga, le disposizioni della legislazione sulla Laps/TI, della legislazione federale sulla LPGA, sull'AVS e sulle prestazioni complementari. Secondo l'art. 26 Laps/TI, la prestazione sociale indebitamente percepita deve essere restituita (cpv. 1). Il diritto di esigere la restituzione è perento dopo un anno dal momento in cui l'organo amministrativo competente ha avuto conoscenza dell'indebito ma, in ogni caso, dopo cinque anni dal pagamento della prestazione (cpv. 2). Tale disposizione corrisponde a quanto enunciato dall'art. 25 LPGA, con la differenza che quest'ultimo predispone che se il credito deriva da un atto punibile per il quale il diritto penale prevede un termine di prescrizione più lungo, esso è determinante (cpv. 2 in fine). Per quanto attiene alle disposizioni penali, l'art. 36 cpv. 1 Laps/TI punisce chi con indicazioni incomplete od inveritiere od in qualsiasi altro modo ottiene o tenta di ottenere, per sé o per altri, una prestazione che non gli spetta; chi contravviene all'obbligo di serbare il segreto; è punito con la multa fino a centomila franchi; è riservata l'azione penale. Giusta l'art. 97 cpv. 1 CP, l'azione penale si prescrive in 30 anni, se la pena massima comminata è una pena detentiva a vita (lett. a); in 15 anni, se la pena massima comminata è una pena detentiva superiore a tre anni (lett. b); in 10 anni, se la pena massima comminata è una pena detentiva di tre anni (lett. c) e in 7 anni, se la pena massima comminata è un'altra pena (lett. d).
5.2. L'applicazione effettuata dai giudici cantonali come diritto cantonale suppletivo dell'art. 25 cpv. 2 LPGA in virtù dell'art. 46 Laf/TI alla fattispecie non è manifestamente insostenibile. Dal rapporto della commissione della gestione e delle finanze sul messaggio n. 4773-4773a del 4 aprile 2000 concernente l'introduzione della Laps/TI (pag. 1) emerge che il legislatore cantonale fosse cosciente dei lavori parlamentari in merito alla LPGA, in particolar modo del rapporto finale del 21 aprile 1999 redatto dal relativo gruppo di lavoro federale. Ciononostante, né la Laf/TI, né tantomeno la Laps/TI predispongono espressamente una deroga all'applicazione della disposizione della LPGA in questione. Su questo punto, dunque, il ragionamento della Corte cantonale non è arbitrario e la censura va respinta.
6.
6.1. Secondo l'art. 2 cpv. 1 CP, le disposizioni del codice penale sono applicabili soltanto ai fatti commessi dopo la sua entrata in vigore. La legge riserva tuttavia la possibilità di applicare il nuovo diritto a reati commessi prima di questa data ma giudicati dopo, nel caso in cui risulti più favorevole all'autore (cpv. 2). Per determinare quale diritto sia più favorevole si procede ad un confronto concreto della situazione dell'autore, a seconda che sia giudicato dal vecchio o dal nuovo diritto. In linea di principio, le condizioni legali del reato in questione devono essere esaminate in primo luogo (DTF 142 IV 401 consid. 3.3.5 pag. 403 seg.; 135 IV 113 consid. 2.2 pag. 114; ATF 134 IV 82 consid. 6.2.1 pag. 87; ATF 126 IV 5 consid. 2c pag. 8 e le sentenze citate).
6.2. Anche questa censura è destinata all'insuccesso. L'art. 148a CP, che reprime l'ottenimento illecito di prestazioni di un'assicurazione sociale o dell'aiuto sociale, è entrato in vigore il 1° ottobre 2016, ovvero posteriormente alle richieste per gli aiuti sociali in questione. Tale disposizione non è applicabile alla fattispecie e ancora meno può essere effettuato un confronto tra l'art. 148a CP e l'art. 146 CP sulla base della lex mitior, trattandosi di due reati distinti. Pertanto, l'operato dei giudici ticinesi è esente da arbitrio anche in questo caso.
7.
7.1. Giusta l'art. 146 cpv. 1 CP, si rende colpevole di truffa chiunque, per procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, inganna con astuzia una persona affermando cose false o dissimulando cose vere, oppure ne conferma subdolamente l'errore inducendola in tal modo ad atti pregiudizievoli al patrimonio proprio o altrui. Sotto il profilo oggettivo, il reato presuppone che l'autore abbia usato l'inganno, ovvero abbia adottato un comportamento volto a suscitare in una persona una rappresentazione di fatti oggettivi presenti o passati diversi dalla realtà. Esso può anche risultare da atti concludenti (DTF 140 IV 11 consid. 2.3.2 pag. 14). L'inganno dev'essere astuto. Secondo la giurisprudenza, l'astuzia è data quando l'autore mette in atto un tessuto di menzogne o utilizza particolari macchinazioni. Nel caso di semplici indicazioni false, l'astuzia è ammessa laddove una loro verifica non è ragionevolmente esigibile, oppure non è possibile o può essere eseguita soltanto con difficoltà, oppure ancora quando l'autore trattiene la vittima da una verifica o, date le circostanze, prevede che essa tralascerà di effettuarla in virtù di un particolare rapporto di fiducia. L'elemento non è per contro realizzato quando la vittima dell'inganno avrebbe potuto evitare l'errore con un minimo di attenzione. La fattispecie non esige però che la vittima dia prova della massima diligenza possibile e prenda tutte le misure immaginabili per evitare l'errore. L'astuzia viene meno soltanto nel caso di leggerezza della vittima (DTF 142 IV 153 consid. 2.2.2 pag. 154; 135 IV 76 consid. 5.2 pag. 81 e rinvii; sentenza 6B_725/2017, citata, consid. 2.3.1).
7.2. La giurisprudenza nell'ambito delle assicurazioni sociali ha già escluso che la semplice violazione dell'obbligo di informare sia costitutiva del reato di truffa (DTF 140 IV 11 consid. 2.4.1 pag. 15). Il fatto di continuare a percepire delle prestazioni non può essere interpretato come la manifestazione positiva - per atti concludenti - del carattere immutato della situazione. Detto ciò, la situazione deve essere analizzata in modo diverso quando la riscossione delle prestazioni è accompagnata da altre azioni che consentono di interpretare oggettivamente il comportamento della persona assicurata come l'espressione dell'immutata natura della situazione. Ciò si verifica se l'assicurato non risponde o non risponde in modo veritiero alle domande esplicite dell'assicuratore volte a stabilire l'esistenza di un cambiamento delle circostanze personali, mediche o economiche; in tali casi non si tratta più di un caso di frode per omissione, ma di inganno attivo (DTF 140 IV 206 consid. 6.3.1.3 pag. 210; DTF 140 IV 11 consid. 2.4.6 pag. 18 e le sentenze citate; sentenze 6B_99/2015 del 27 novembre 2015 consid. 3.2 e 6B_1255/2018 del 22 gennaio 2018 consid. 1.1).
7.3. Il Tribunale cantonale delle assicurazioni ha accertato, in maniera non arbitraria (consid. 3.3), che la ricorrente fosse cosciente di essere proprietaria dell'appartamento in Francia sin dalla prima richiesta per assegni famigliari. Questi accertamenti, vincolanti per il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF), sono determinanti sotto il profilo dell'esame dell'inganno astuto. Omettendo di informare la Cassa della sostanza immobiliare, la ricorrente ha a più riprese fornito indicazioni false non solo all'occasione della richiesta delle prestazioni sociali, ma anche al loro rinnovo per gli anni seguenti. Nulla cambiano le DTF 140 IV 11 e DTF 140 IV 206 invocate dalla ricorrente, secondo le quali non costituisce un inganno per commissione il fatto di non dare seguito a una lettera di informazioni, in modo passivo, che ricorda l'obbligo di comunicare ogni cambiamento di circostanze. Infatti, la ricorrente non si è limitata passivamente e a un caso isolato a non informare la Cassa del suo appartamento, bensì ha sottaciuto sistematicamente l'esistenza dello stesso ad ogni richiesta annuale di rinnovo delle prestazioni sociali, nonostante queste ultime indicassero esplicitamente l'obbligo di informare ogni cambiamento rilevante nel reddito e nella sostanza (sentenza 6B_741/2017 del 14 dicembre 2017 consid. 6.3.3). Inconsistente è anche l'argomentazione secondo la quale la ricorrente non ha agito intenzionalmente poiché ignorato l'esito della compravendita fino all'ottenimento dei documenti alla morte del padre. Come già rilevato in precedenza, i giudici cantonali non hanno accertato arbitrariamente i fatti. Non è nemmeno insostenibile la loro interpretazione secondo cui la ricorrente sapesse di essere proprietaria e che la compravendita fosse andata a buon fine. La ricorrente ha pertanto ingannato astutamente la Cassa, alla quale non può essere rimproverata una leggerezza nelle sue verifiche dal momento che non c'erano ragioni di nutrire dubbi in merito all'eventuale esistenza di un appartamento all'estero, oltretutto neanche segnalato all'autorità fiscale ticinese (sentenza citata 6B_741/2017 consid. 6.2.3). Tanto più che la Cassa non aveva i mezzi per sincerarsi di eventuali averi all'estero. Senza arbitrio, dunque, il Tribunale cantonale delle assicurazioni ha ritenuto adempiuti gli elementi costitutivi del reato di truffa secondo l'art. 146 CP e applicato il termine di prescrizione di 15 anni.
8.
Ne discende che il ricorso deve essere respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Il ricorso è respinto.
2.
Le spese giudiziarie di fr. 500.- sono poste a carico della ricorrente.
3.
Comunicazione alle parti, al Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino e all'Ufficio federale delle assicurazioni sociali.
Lucerna, 7 ottobre 2020
In nome della I Corte di diritto sociale
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: Maillard
Il Cancelliere: Bernasconi