Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
5A_1014/2018
Sentenza del 9 febbraio 2022
II Corte di diritto civile
Composizione
Giudici federali Herrmann, Presidente,
Marazzi, von Werdt, Schöby, Bovey,
Cancelliera Antonini.
Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinata dall'avv. Massimo Nicora,
ricorrente,
contro
1. B.________,
2. C.________,
2. D.________,
3. E.________,
4. F.________,
patrocinati dall'avv. Marzio Gianora,
opponenti,
G.________,
patrocinata dall'avv. Olivier Corda,
H.________,
patrocinato dall'avv. Athos Mecca,
Oggetto
azione confessoria,
ricorso contro la sentenza emanata il 7 novembre 2018 dalla I Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (11.2017.96).
Fatti:
A.
Le particelle n. 2986, 3440, 3441 e 3442 RFD di X.________ sono vicendevolmente gravate da una servitù prediale di limitazione di altezza. Il 17 marzo 2008 A.________ (proprietaria della particella n. 3442) ha ottenuto la licenza edilizia per sostituire il tetto piano della sua abitazione con un tetto a falde e ha poi dato avvio ai lavori.
Il 18 maggio 2009 B.________, C.________, D.________ (allora proprietari della particella n. 3441), E.________ (proprietario della particella n. 2986) e F.________ (allora proprietaria della particella n. 3440) hanno convenuto in giudizio A.________ con un'azione confessoria, affinché le fosse vietata ogni costruzione eccedente l'altezza di 7 metri dal livello naturale del terreno misurabile dal punto più basso dell'opera e ordinato di demolire ogni costruzione sovrastante tale altezza, conformemente alla predetta servitù.
Con azione riconvenzionale A.________ ha chiesto di ottenere il diritto di mantenere il tetto a falde anche nella misura in cui eccedesse l'altezza massima prevista dalla servitù (in subordine dietro versamento di un'indennità) e di ordinare agli attori (a eccezione di F.________) di eliminare ogni costruzione o pianta posta sui loro fondi che violi a sua volta la servitù.
Nel corso del processo B.________ ha donato la sua quota di comproprietà sulla particella n. 3441 ai figli C.________ e D.________, mentre F.________ ha donato la particella n. 3440 ai figli I.________, J.________ e K.________. A.________ ha denunciato la lite agli architetti G.________ (che ha poi dichiarato di intervenire accessoriamente nella lite a suo sostegno) e H.________ e, il 26 aprile 2016, ha donato metà della sua particella n. 3442 al suo convivente L.________. I donatari non sono subentrati in causa ai donanti.
Con decisione 20 settembre 2017, in parziale accoglimento della petizione il Pretore aggiunto della giurisdizione di Locarno Città ha ordinato ad A.________, "come pure ad ogni suo successore in diritto", di demolire ogni manufatto sulla particella n. 3442 che supera l'altezza di 7 metri dal livello naturale del terreno, conformemente alla predetta servitù di limitazione di altezza. Il Giudice di prime cure ha invece respinto le azioni riconvenzionali.
B.
Con appello 24 ottobre 2017 A.________ ha postulato di respingere l'azione principale e di accogliere le sue azioni riconvenzionali. Invitati a esprimersi sulla sua legittimazione ad appellare, B.________, C.________, D.________, E.________ e F.________ hanno proposto di respingere l'appello per difetto di litisconsorzio necessario. A.________ ha replicato spontaneamente, chiedendo di accertare la propria legittimazione ad appellare.
Mediante sentenza 7 novembre 2018 la I Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino ha dichiarato irricevibile l'appello per il motivo che non era stato interposto da tutti i litisconsorti necessari.
C.
Con ricorso in materia civile 10 dicembre 2018 A.________ ha impugnato la sentenza cantonale dinanzi al Tribunale federale, chiedendo in via principale di dichiarare l'appello ricevibile e di rinviare la causa all'autorità inferiore affinché entri nel merito dello stesso, in via subordinata di dichiarare l'appello ricevibile e di ordinare all'autorità inferiore di chiamare in causa L.________, I.________, J.________ e K.________ e di giudicare poi nel merito l'appello, e in via ancor più subordinata di ordinare all'autorità inferiore di assegnare un termine di 30 giorni alla ricorrente per chiamare in causa L.________, I.________, J.________ e K.________ e di dichiarare poi l'appello ricevibile e di giudicarlo nel merito.
Con decreto 29 gennaio 2019 al ricorso è stato conferito il postulato effetto sospensivo, con la precisazione secondo cui rimanevano riservate e ventuali rettifiche concernenti la designazione delle parti.
Non sono state chieste determinazioni nel merito.
Diritto:
1.
1.1. La sentenza impugnata è una decisione finale (art. 90 LTF) che è stata pronunciata su ricorso dall'ultima istanza cantonale ( art. 75 cpv. 1 e 2 LTF ) in una causa civile (art. 72 cpv. 1 LTF) di natura pecuniaria il cui valore litigioso (fr. 200'000.-- secondo la stima del Giudice di prime cure) supera il limite di fr. 30'000.-- posto dall'art. 74 cpv. 1 lett. b LTF. Il ricorso in materia civile, tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF) e inoltrato dalla parte soccombente nella sede cantonale che ha un interesse degno di protezione all'annullamento della decisione impugnata ( art. 76 cpv. 1 lett. a e b LTF ; v. sentenza 5A_702/2012 del 19 novembre 2012 consid. 1, non pubblicato in DTF 138 III 737), risulta pertanto in linea di principio ammissibile.
1.2. Il Tribunale federale applica il diritto d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione posto dall' art. 42 cpv. 1 e 2 LTF , la cui mancata ottemperanza conduce all'inammissibilità del gravame, il Tribunale federale esamina di regola solo le censure sollevate (DTF 142 III 364 consid. 2.4 con rinvii). La parte ricorrente deve pertanto spiegare nei motivi del ricorso, in modo conciso e confrontandosi con i considerandi della sentenza impugnata, perché quest'ultima viola il diritto (DTF 143 II 283 consid. 1.2.2; 142 III 364 consid. 2.4). Per le violazioni di diritti fondamentali e di disposizioni di diritto cantonale e intercantonale le esigenze di motivazione sono più severe; la parte ricorrente deve indicare in modo chiaro e dettagliato i diritti che sono stati violati e spiegare in cosa consista la violazione (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 II 283 consid. 1.2.2; 142 III 364 consid. 2.4).
Il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento dei fatti svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF); può scostarsene o completarlo solo se è stato svolto in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto (art. 105 cpv. 2 LTF). L'accertamento dei fatti contenuto nella sentenza impugnata può essere censurato alle stesse condizioni; occorre inoltre che l'eliminazione dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF). Se rimprovera all'autorità inferiore un accertamento dei fatti manifestamente inesatto - ossia arbitrario (DTF 140 III 115 consid. 2) - la parte ricorrente deve sollevare la censura e motivarla in modo preciso, come esige l'art. 106 cpv. 2 LTF.
1.3. Nel suo gravame la ricorrente riprende in larga misura (addirittura testualmente) la sua replica presentata in sede cantonale. Ora, il fatto che un'argomentazione non sarebbe stata esaminata dall'autorità inferiore (v. anche infra consid. 3) non permette di semplicemente riproporla innanzi al Tribunale federale. Anche nel caso di una siffatta eventualità, la parte ricorrente deve soddisfare le esigenze di motivazione degli art. 42 cpv. 2 e 106 cpv. 2 LTF: deve cioè spiegare perché, alla luce dell'impugnata sentenza, l'asserita omissione dell'autorità inferiore violerebbe il diritto (v. sentenza 4A_383/2018 del 6 giugno 2019 consid. 2.2).
Tale spiegazione è manifestamente assente laddove la ricorrente ripresenta l'argomento di "inapplicabilità dell'art. 70 CPC" per il motivo che regolerebbe soltanto "le situazioni in cui già con l'avvio della causa in prima istanza vi è un litisconsorzio necessario" e l'argomento (peraltro misterioso) di "eventuale applicazione errata dell'art. 110 CPC-TI da parte del Pretore". Tali argomenti non possono pertanto fare l'oggetto di una disamina.
2.
2.1. Con riferimento all'azione principale, la Corte cantonale ha osservato che la legittimazione attiva per promuovere un'azione confessoria a tutela di una servitù prediale in favore di un fondo in comproprietà è conferita a ogni comproprietario di tale fondo, mentre per quanto riguarda la legittimazione passiva, se è il fondo serviente a essere in comproprietà, l'azione confessoria (che è una pretesa indivisibile) va rivolta contro tutti i comproprietari riuniti in litisconsorzio necessario, anche se la turbativa è dovuta a uno soltanto. Per i Giudici cantonali, anche se nel caso concreto con la donazione di metà del fondo serviente è sorto un litisconsorzio necessario tra i comproprietari A.________ e L.________, ciò non ha influito sulla procedura di primo grado, dato che l'art. 110 cpv. 1 dell'ormai abrogato codice di procedura civile ticinese del 17 febbraio 1971 (CPC/TI) prevedeva che, qualora l'oggetto litigioso era alienato e l'acquirente non subentrava in causa all'alienante, il processo continuava tra le parti in causa e la sentenza passava in giudicato anche nei confronti dell'acquirente (riservata la protezione della buona fede), sicché il Pretore aggiunto ha emanato la sua decisione nei confronti della sola A.________. Per quanto riguarda invece la procedura di secondo grado, la Corte cantonale ha osservato che il CPC (RS 272), applicabile all'impugnazione contro la decisione pretorile in virtù dell'art. 405 cpv. 1 CPC, non prevede più l'istituto della
Prozessstandschaft (conformemente alla dottrina dominante relativa all'art. 83 cpv. 1 CPC), per cui A.________ non poteva appellare autonomamente agendo anche come sostituta processuale di L.________: i due comproprietari del fondo serviente avrebbero dovuto appellare personalmente e insieme, nulla impedendo poi che l'uno potesse farsi rappresentare dall'altra.
2.2. Secondo i Giudici cantonali, A.________ non poteva appellare da sola nemmeno per quanto riguarda la sua azione riconvenzionale volta a ottenere, in applicazione analogica dell'art. 674 cpv. 3 CC, il diritto di mantenere il tetto a falde anche nella misura in cui eccedesse l'altezza massima prevista dalla servitù. Essi hanno osservato che il concorso di tutti i comproprietari è infatti necessario non solo per gravare un fondo di diritti reali, ma anche per far beneficiare il fondo di simili diritti, a meno che i comproprietari abbiano fissato all'unanimità altre regole (v. art. 648 cpv. 2 CC; DTF 108 II 35 consid. 2b), ciò che non è il caso in concreto. Dato che, giusta l'art. 674 cpv. 3 CC, l'ottenimento di un diritto di sporgenza presuppone il versamento di un'indennità, A.________ non può nemmeno beneficiare dell'eccezione secondo cui un comproprietario può chiedere da solo la costituzione di un diritto reale a favore del fondo di cui è comproprietario se tale diritto è costituito a titolo gratuito e non comporta obblighi per gli altri comproprietari (v. DTF 108 II 35 consid. 2b). Per la Corte cantonale, quindi, se grazie alla sostituzione processuale prevista dall'art. 110 cpv. 1 CPC/TI A.________ ha potuto continuare ad agire autonomamente dinanzi al Pretore aggiunto come unica attrice riconvenzionale per vedersi riconoscere un diritto di sporgenza in favore del proprio fondo (anche dopo averne donato metà a L.________), tale facoltà è venuta meno sotto l'egida del CPC.
2.3. Ritenendo che un'impugnativa che non sia stata introdotta da tutti i litisconsorti necessari vada dichiarata inammissibile (e non respinta, come nel caso di un'azione che non sia stata promossa da o contro tutti i litisconsorti necessari), i Giudici cantonali non sono quindi entrati nel merito dell'appello di A.________ (e hanno anche scartato le sue censure di formalismo eccessivo, di diniego di giustizia e di arbitrio fatte valere per tale evenienza).
3.
La ricorrente lamenta in primo luogo una violazione del suo diritto di essere sentita. Ella rimprovera ai Giudici cantonali di non essersi pronunciati su numerose sue censure sollevate con la replica, e meglio sulla censura secondo cui in concreto continuerebbe a essere applicabile anche in sede di appello l'art. 110 cpv. 1 CPC/TI, sulla censura secondo cui l'art. 70 cpv. 2 CPC non si applicherebbe alla presente fattispecie e sulla censura secondo cui il Pretore aggiunto avrebbe eventualmente applicato l'art. 110 CPC/TI in modo errato. A dire della ricorrente, inoltre, i Giudici cantonali non si sarebbero confrontati a sufficienza con le censure di formalismo eccessivo (trattata unicamente in relazione all'azione riconvenzionale sul diritto di sporgenza, ma non con riferimento alle azioni confessorie), di diniego di giustizia e di arbitrio.
Per costante giurisprudenza, la motivazione è sufficiente e l'art. 29 cpv. 2 Cost. è rispettato quando la parte interessata è messa in condizione di comprendere il provvedimento che la concerne e di poterlo impugnare con cognizione di causa. In quest'ottica basta che l'autorità esponga, almeno brevemente, i motivi che l'hanno indotta a decidere in un senso piuttosto che in un altro. Essa non è quindi tenuta a esporre e discutere tutti i fatti, mezzi di prova e censure invocate dalle parti, ma può limitarsi a quelli che possono essere ritenuti, senza arbitrio, pertinenti. L'essenziale è che la decisione indichi chiaramente i fatti che sono stati accertati e le deduzioni giuridiche tratte dalla fattispecie determinante (DTF 142 II 154 consid. 4.2 con rinvii).
Nel caso concreto, la Corte cantonale ha motivato la sua decisione esponendo i fatti (in particolare le mutazioni intervenute in corso di procedura nella proprietà dei fondi in discussione) e le ragioni che l'hanno indotta a ritenere l'appello inammissibile. Oltre al fatto che, come appena accennato, l'art. 29 cpv. 2 Cost. non garantisce una risposta esplicita a ogni critica formulata, la sua motivazione risulta ampiamente sufficiente per permettere alla qui ricorrente di comprendere tali ragioni e di prendere posizione con cognizione di causa. Diversa è la questione di sapere se le conclusioni alle quali la Corte cantonale è giunta vadano tutelate, aspetto che sarà esaminato più avanti. La critica di violazione del diritto di essere sentita risulta pertanto infondata.
Sia peraltro precisato che, almeno in parte, essa nemmeno adempie le severe esigenze dell'art. 106 cpv. 2 LTF: la ricorrente non indica dove, nella replica, si sarebbe prevalsa della censura di formalismo eccessivo con riferimento alle azioni confessorie (principale e riconvenzionale), mentre in relazione alle censure di diniego di giustizia e di arbitrio, il suo argomento di carenza di motivazione della sentenza impugnata è del tutto superficiale.
4.
La ricorrente chiede di dichiarare il suo appello ricevibile c on riferimento all'azione principale e di rinviare la causa all'autorità inferiore affinché entri nel merito dello stesso. Ella sostiene che non sarebbe sorto alcun litisconsorzio necessario passivo fra i comproprietari del fondo serviente (v. infra consid. 4.1) e che comunque anche in sede di appello continuerebbero a essere applicabili l'art. 110 cpv. 1 CPC/TI (v. infra consid. 4.2) e l'art. 46 cpv. 2 CPC/TI (v. infra consid. 4.3).
4.1. L'insorgente si duole innanzitutto di un'errata applicazione delle "norme di diritto materiale sul litisconsorzio necessario", sostenendo che in un'azione confessoria i comproprietari del fondo serviente non debbano essere convenuti in litisconsorzio necessario. Con riferimento al caso concreto, ella osserva inoltre di essere l'unica (presunta) perturbatrice dell'esercizio della servitù di limitazione di altezza per aver (asseritamente) edificato in violazione di tale servitù quando era ancora unica proprietaria del fondo serviente e fa valere che la pretesa della controparte, tendente alla parziale demolizione dell'edificio posto sul fondo serviente, non sarebbe indivisibile, dato che essa "non influisce sui rapporti di proprietà" e che "nulla vieta che la demolizione sia chiesta alla sola appellante".
4.1.1. L'avente diritto a una servitù può fare tutto ciò che è necessario per la sua conservazione e il suo esercizio (art. 737 cpv. 1 CC). Se è turbato nell'esercizio del suo diritto, il titolare della servitù può promuovere un'azione confessoria per far cessare la circostanza incompatibile con la servitù, esigendo segnatamente la demolizione di un'opera che sarebbe contraria a tale diritto reale limitato. La sua azione può essere diretta contro ogni persona all'origine dell'ingerenza nell'esercizio del diritto (anche se non è titolare di alcun diritto reale sul fondo serviente né di alcun diritto personale), compreso il proprietario del fondo serviente (v. sentenza 5A_664/2019 del 3 dicembre 2020 consid. 4 con rinvii; PAUL-HENRI STEINAUER, Les droits réels, vol. II, 5a ed. 2020, n. 3481; FRANÇOIS BOHNET, Actions civiles, Volume I: CC et LP, 2a ed. 2019 [in seguito: Actions civiles], n. 15 e 20 ad § 53; MARIA CONSUELO ARGUL, in Commentaire romand, Code civil, vol. II, 2016, n. 7 ad art. 737 CC; PETER LIVER, Zürcher Kommentar, 2a ed. 1980, n. 183 e 193 ad art. 737 CC).
L'azione confessoria va quindi diretta contro il perturbatore. A tal proposito occorre distinguere il perturbatore per comportamento - ossia colui che, attraverso il proprio comportamento o quello di un terzo per il quale è tenuto a rispondere, turba o mette in pericolo direttamente la proprietà altrui - dal perturbatore per situazione - ossia colui che ha il potere di fatto o di diritto su cose che turbano o mettono in pericolo direttamente il possesso o la proprietà altrui; si tratta in primo luogo del proprietario del fondo all'origine della turbativa (v. sentenza 5A_664/2019 del 3 dicembre 2020 consid. 4, che rinvia alla DTF 145 III 121 consid. 4.1 [giurisprudenza resa nel quadro di un'azione negatoria, la quale viene esercitata in condizioni analoghe all'azione confessoria; v. STEINAUER, op. cit., n. 3479; v. anche DTF 142 III 551 consid. 2.4]).
4.1.2. Vi è litisconsorzio necessario passivo, segnatamente, quando più persone sono insieme il soggetto passivo di un solo diritto, di modo che non possono essere convenute in giudizio da sole (DTF 136 III 123 consid. 4.4.1). L'art. 70 cpv. 1 CPC prevede che più persone devono essere convenute congiuntamente se sono parte di un rapporto giuridico sul quale può essere deciso solo con un unico effetto per tutte.
È il diritto materiale a stabilire in quali casi è necessaria una conduzione congiunta della causa in qualità di convenuti (DTF 140 III 598 consid. 3.2 con rinvio). In regime di comproprietà, la dottrina dominante considera che i comproprietari formino un litisconsorzio necessario passivo in caso di pretese di terzi
concernenti l'intera cosa (e non soltanto una sua quota; v. BRUNNER/WICHTERMANN, in Basler Kommentar, Zivilgesetzbuch, vol. II, 6a ed. 2019, n. 8 ad art. 648 CC; EDMOND PERRUCHOUD, in Commentaire romand, Code civil, vol. II, 2016, n. 8 ad art. 648 CC; ROBERT HAAB, Zürcher Kommentar, 1977, n. 2 ad art. 648 CC) e
indivisibili (v. ARTHUR MEIER-HAYOZ, Berner Kommentar, 5a ed. 1981, n. 93-99 ad art. 646 CC).
L'azione confessoria, come già detto analoga all'azione negatoria (v. supra consid. 4.1.1 in fine), rientra proprio fra le pretese indivisibili (v., per l'azione negatoria, MEIER-HAYOZ, op. cit., n. 7 ad art. 648 CC). Occorre quindi concludere che, se riguarda l'intera cosa in comproprietà, una tale azione comporta un litisconsorzio necessario passivo dei comproprietari (v. BOHNET, Actions civiles, op. cit., n. 21 ad § 53, con rinvio alla DTF 138 III 512 consid. 2.2 che ha lasciato la questione indecisa; LIVER, op. cit., n. 162 [su rinvio del n. 192] ad art. 737 CC).
4.1.3. Nel caso in rassegna, anche ammettendo, come fatto valere nel rimedio, che la ricorrente possa essere la sola (presunta) perturbatrice per comportamento, resta comunque il fatto che ella è pure una (presunta) perturbatrice per situazione in qualità di (com) proprietaria del fondo all'origine della turbativa (v. supra consid. 4.1.1; v. anche sentenza 5A_664/2019 del 3 dicembre 2020 consid. 4.1.2 in materia di proprietà per piani). La ricorrente pare sostenere che la pretesa della controparte di parzialmente demolire la costruzione sul fondo serviente sarebbe eseguibile senza il coinvolgimento di tutti i comproprietari di tale fondo: ella però nemmeno pretende che la qui discussa azione confessoria non riguarderebbe l'intera cosa in comproprietà e inoltre non tiene conto della natura indivisibile di una tale azione (v. supra consid. 4.1.2). In tali condizioni, la Corte cantonale non ha pertanto violato il diritto federale ravvisando l'esistenza di un litisconsorzio necessario passivo tra i comproprietari del fondo serviente. La censura risulta infondata.
4.2. La ricorrente ricorda che, nella presente fattispecie, la comproprietà - e con essa il litisconsorzio necessario - è però nata successivamente alla promozione dell'azione. Ella osserva che le parti in causa, in linea di principio immutabili a partire dalla litispendenza, possono essere modificate unicamente alle condizioni previste dal diritto processuale civile e ritiene che in concreto le conseguenze dell'alienazione parziale durante la litispendenza dell'oggetto litigioso non sarebbero rette dal CPC ("poiché la relativa norma (art. 83) non è evidentemente una specifica norma ricorsuale" ai sensi dell'art. 405 cpv. 1 CPC), bensì, anche in sede di appello, dall'art. 110 cpv. 1 CPC/TI, il quale permetteva all'alienante di continuare la causa quale sostituto processuale dell'acquirente.
4.2.1. Nei vecchi codici di procedura civile cantonale, le conseguenze processuali dell'alienazione dell'oggetto litigioso durante la litispendenza erano regolamentate in modi differenti. Tali regole miravano da un lato a garantire che - per ragioni di economia di procedura e di divieto dell'abuso di diritto - la finalità perseguita con il processo non andasse persa per il solo fatto che l'oggetto del litigio era stato alienato e dall'altro a garantire che il giudizio corrispondesse alla situazione di diritto materiale, ossia che esplicasse i suoi effetti nei confronti del titolare dell'oggetto litigioso (cioè l'acquirente). A prescindere dalle loro varianti e particolarità, esistevano essenzialmente tre soluzioni: (1) l'alienante rimaneva parte al processo e continuava a condurre la causa in suo nome, ma con effetti - talvolta espressamente previsti - per l'acquirente (cosiddetta sostituzione processuale [
Prozessstandschaft]), (2) l'acquirente poteva subentrare nel processo al posto dell'alienante a condizione che la controparte vi acconsentisse, oppure (3) l'acquirente era autorizzato a subentrare nel processo mediante una dichiarazione esplicita e senza il consenso delle parti originarie (v. sentenze 4A_635/2017 dell'8 agosto 2018 consid. 4.1.1; 5A_91/2009 del 5 maggio 2009 consid. 2.2).
Il codice di procedura civile ticinese aveva adottato la prima (e la seconda) soluzione. L'art. 110 cpv. 1 CPC/TI prevedeva infatti che, se l'oggetto litigioso era alienato, il processo continuava fra le parti in causa e la sentenza cresceva in giudicato anche nei confronti dell'acquirente, riservate le disposizioni del diritto civile circa l'acquisto del terzo di buona fede. Secondo l'art. 110 cpv. 2 CPC/TI, con il consenso delle parti, l'acquirente poteva però subentrare in causa all'alienante.
La disposizione transitoria di cui all'art. 404 cpv. 1 CPC prevede che, fino alla loro conclusione davanti alla giurisdizione adita, ai procedimenti già pendenti al momento dell'entrata in vigore del CPC si applica il diritto procedurale previgente. Nel caso in rassegna, quindi, dinanzi al Pretore aggiunto era ancora applicabile l'art. 110 CPC/TI. Questa norma ha permesso che, in prima istanza, la ricorrente originariamente convenuta potesse continuare a condurre la causa da sola dopo la donazione parziale del suo fondo in pendenza di lite, agendo anche come sostituta processuale dell'altro comproprietario, che non le è subentrato (parzialmente) in causa (cfr., con riferimento alla previgente procedura civile del Cantone Ginevra, sentenza 5A_413/2009 del 2 febbraio 2010 consid. 3.1.1 e 3.1.2, non pubblicati in DTF 136 III 269). Se il diritto di procedura ticinese non avesse previsto la sostituzione processuale (
Prozessstandschaft), il mancato subentro in lite dell'altro comproprietario avrebbe invece verosimilmente causato la reiezione dell'azione confessoria per intervenuta carenza di legittimazione passiva, atteso che la qui ricorrente, a seguito della donazione parziale del suo fondo, non era più il solo soggetto passivo della servitù (v. supra consid. 4.1.2 e 4.1.3 sul litisconsorzio necessario passivo).
4.2.2. Il CPC (entrato in vigore il 1° gennaio 2011) ha invece adottato la suddetta terza soluzione, permettendo all'acquirente di subentrare nel processo al posto dell'alienante senza la necessità del consenso della controparte (art. 83 cpv. 1 CPC; v. sentenza 5A_353/2019 del 13 dicembre 2019 consid. 3.2), ma riservata la possibilità per quest'ultima di esigere dalla parte subentrante la prestazione di una garanzia per l'esecuzione della decisione (art. 83 cpv. 3 CPC; v. sentenze 4A_635/2017 dell'8 agosto 2018 consid. 4.1.1; 5A_717/2020 del 2 giugno 2021 consid. 4.1.1.2.2).
Secondo la disposizione transitoria di cui all'art. 405 cpv. 1 CPC, alle impugnazioni si applica il diritto in vigore al momento della comunicazione della decisione. Il diritto procedurale vigente al momento della comunicazione della decisione impugnata risponde a tutti i quesiti in relazione all'impugnazione cantonale (v. DANIEL WILLISEGGER, in Basler Kommentar, Schweizerische Zivilprozessordnung, 3a ed. 2017, n. 11 ad art. 405 CPC). Pertanto, la questione a sapere se la ricorrente potesse appellare la decisione pretorile, comunicata dopo il 1° gennaio 2011, agendo anche come sostituta processuale di L.________ andava risolta secondo il CPC. La tesi proposta dall'insorgente, secondo la quale l'art. 110 CPC/TI continuava ad applicarsi anche in sede di appello retto dal nuovo diritto procedurale, risulta invece contraria all'art. 405 cpv. 1 CPC. La giurisprudenza da lei citata a sostegno della sua tesi non le è di soccorso: nella DTF 138 III 512 (consid. 2.1 e 4.3) il Tribunale federale si è infatti limitato a stabilire che, nella fattispecie giudicata in quell'evenienza, dinanzi al giudice di primo grado si applicavano ancora, conformemente all'art. 404 cpv. 1 CPC, le regole del diritto procedurale cantonale.
La sostituzione di parte giusta l'art. 83 cpv. 1 CPC non è obbligatoria (v. sentenze 4A_635/2017 dell'8 agosto 2018 consid. 4.1.1; 5A_717/2020 del 2 giugno 2021 consid. 4.1.1.2.2; v. anche Messaggio del 28 giugno 2006 concernente il Codice di diritto processuale civile svizzero [CPC], FF 2006 6657 ad art. 81 D-CPC). Le conseguenze del mancato subentro dell'acquirente nel processo al posto dell'alienante non sono però regolate nel CPC e risultano controverse in dottrina. Secondo la dottrina dominante, in tal caso l'alienante non può condurre la causa in sostituzione processuale (
Prozessstandschaft) dell'acquirente (v. FRANÇOIS BOHNET, Procédure civile, 3a ed. 2021, pag. 142 n. 498; NICOLAS JEANDIN, in Commentaire romand, Code de procédure civile, 2019, n. 2 ad art. 83 CPC; CORDULA LÖTSCHER, Die Veräusserung des Streitobjekts während der Rechtshängigkeit, RSPC 2019 pag. 89 segg.; STAEHELIN/STAEHELIN/GROLIMUND, Zivilprozessrecht, 3a ed. 2019, § 13 n. 79; BAUMGARTNER/DOLGE/MARKUS/SPÜHLER, Schweizerisches Zivilprozessrecht, 10a ed. 2018, § 22 n. 101 seg.; MICHAEL GRABER, in Basler Kommentar, Schweizerische Zivilprozessordnung, 3a ed. 2017, n. 11 ad art. 83 CPC; FRANCESCO TREZZINI, in Commentario pratico al Codice di diritto processuale civile svizzero, 2a ed. 2017, n. 18 ad art. 83 CPC; DANIEL SCHWANDER, in Kommentar zur schweizerischen Zivilprozessordnung, 3a ed. 2016, n. 23 segg. ad art. 83 CPC; TARKAN GÖKSU, in ZPO Schweizerische Zivilprozessordnung, Kommentar, 2a ed. 2016, n. 16 ad art. 83 CPC; BENEDIKT SEILER, Die Berufung nach ZPO, 2013, pag. 67 seg. n. 133; GROSS/ZUBER, in Berner Kommentar, 2012, n. 16 ad art. 83 CPC; ANGELO OLGIATI, Il Codice di diritto processuale civile svizzero, 2010, pag. 90 seg. e nota a piè di pagina n. 25; ISAAK MEIER, Schweizerisches Zivilprozessrecht, 2010, pag. 193 seg.). Secondo la corrente minoritaria, invece, l'alienante continua a condurre il processo a suo nome, ma con effetti per l'acquirente (v. TANJA DOMEJ, in Schweizerische Zivilprozessordnung, Kurzkommentar, 2a ed. 2014, n. 10 seg. ad art. 83 CPC; BERGER/GÜNGERICH, Zivilprozessrecht, 2008, pag. 120 segg. n. 374-376; GASSER/RICKLI, Schweizerische Zivilprozessordnung, Kurzkommentar, 2a ed. 2014, n. 3 ad art. 83 CPC; MARK LIVSCHITZ, in Schweizerische Zivilprozessordnung [ZPO], 2010, n. 9 ad art. 83 CPC; v. anche FF 2006 6657 ad art. 81 D-CPC).
Nella presente fattispecie, la questione a sapere se il CPC permetteva o meno alla ricorrente di appellare autonomamente agendo anche come sostituta processuale di L.________, che non le è subentrato (parzialmente) in lite, può tuttavia rimanere indecisa. Nel ricorso all'esame, infatti, ella insiste sul fatto che in sede di appello continuasse a valere l'art. 110 CPC/TI, ma per l'ipotesi, qui appunto realizzata, in cui si debba applicare il CPC ella non si oppone alla conclusione della Corte cantonale secondo cui tale codice non prevede la sostituzione processuale (
Prozessstandschaft) in caso di mancato subentro in causa dell'acquirente dell'oggetto litigioso. La ricorrente si limita infatti a genericamente affermare che "non può [...] assolutamente essere dato per scontato che in applicazione dell'art. 83 CPC non si applichi più la sostituzione processuale prevista dall'art. 110 CPC-TI" e a esporre, ricopiando una sentenza del 21 ottobre 2014 della I Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, le due predette opinioni dottrinali.
Nella misura in cui sia sufficientemente motivata (v. supra consid. 1.2), la censura risulta quindi infondata.
4.3. L'insorgente ritiene poi che l'art. 70 cpv. 2 in fine CPC, giusta il quale l'impugnazione di un litisconsorte necessario non giova agli altri litisconsorti rimasti silenti, non sarebbe in concreto applicabile, poiché "non è una specifica normativa ricorsuale" ai sensi dell'art. 405 cpv. 1 CPC. A dire della ricorrente, continuerebbe invece a essere applicabile anche in sede di appello l'art. 46 cpv. 2 CPC/TI, che faceva profittare i litisconsorti necessari rimasti passivi dell'appello introdotto dal litisconsorte diligente.
La ricorrente ripropone in larga misura, parola per parola, la motivazione già presentata con il suo reclamo (v. supra consid. 1.3). A suo dire, "si tratta di una questione (...) risolta la quale viene a cadere la base legale per dichiarare irricevibile l'appello". Ella, tuttavia, non tiene conto del fatto che i Giudici cantonali hanno dichiarato inammissibile il suo appello non tanto per il fatto che, in applicazione dell'art. 70 cpv. 2 in fine CPC, l'impugnazione di un litisconsorte necessario non giova agli altri litisconsorti rimasti silenti, ma per il motivo che, secondo loro, il CPC non permette all'alienante parziale dell'oggetto litigioso di continuare il processo anche come sostituto processuale dell'acquirente che non gli è subentrato in causa (contrariamente a quanto valeva in prima istanza sotto il regime del CPC/TI).
In ogni modo, a nche ammett endo che la censura possa essere ritenuta rilevante, essa è infondata. L 'art. 46 cpv. 2 CPC/TI non poteva essere applicato all'appello: la soluzione secondo cui, per determinare se un litisconsorte necessario "rappresenti" gli altri in un'impugnazione retta dal nuovo diritto procedurale, ci si dovrebbe basare su una disposizione del vecchio codice di procedura cantonale è infatti contraria all'art. 405 cpv. 1 CPC (v. anche supra consid. 4.2.2).
4.4. Salvo eccezioni che qui non entrano in considerazione (come in determinate cause di stato [v. per esempio DTF 138 III 737 consid. 4]), sotto l'egida del CPC le impugnazioni devono essere promosse da tutti i litisconsorti necessari (v. FF 2006 6652 ad art. 68 D-CPC; DTF 142 III 782 consid. 3.1.2; 138 III 737 consid. 2).
Nel caso concreto, come visto, la ricorrente non ha saputo invalidare la conclusione dell'autorità precedente secondo cui in appello ella non poteva più agire anche come sostituta processuale di L.________ (v. supra consid. 4.2), con il quale formava però ormai un litisconsorzio necessario (v. supra consid. 4.1). In tali condizioni non risulta quindi che i Giudici cantonali abbiano violato il diritto nel ritenere che il rimedio cantonale contro la decisione pretorile di reiezione dell'azione confessoria (principale) doveva essere introdotto anche dall'altro litisconsorte necessario (la questione a sapere se i Giudici cantonali dovevano perciò dichiarare irricevibile l'appello della qui ricorrente [cfr. sentenza 4A_361/2010 del 2 dicembre 2010; PETER RUGGLE, in Basler Kommentar, Schweizerische Zivilprozessordnung, 3a ed. 2017, n. 44 ad art. 70 CPC) oppure respingerlo [cfr. DTF 130 III 550 consid. 1.2; SEILER, op. cit., pag. 57 segg. n. 107-108] può in concreto essere lasciata aperta).
Sia peraltro precisato che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, L.________ non difettava della legittimazione a impugnare la decisione pretorile per non aver partecipato al procedimento di prima istanza : considerato che la sostituzione di parte ai sensi dell'art. 83 cpv. 1 CPC è permessa anche in procedura di appello (in ogni caso nei limiti temporali dell'art. 317 CPC; v. sentenza 5A_717/2020 del 2 giugno 2021 consid. 4.1.1.2.1 con rinvii) e che non necessita del consenso della controparte (v. supra consid. 4.2.2), egli avrebbe potuto appellare la decisione pretorile congiuntamente alla qui ricorrente subentrandole (parzialmente) nel processo (v. FRANCESCA VERDA CHIOCCHETTI, in Commentario pratico al Codice di diritto processuale civile svizzero, 2a ed. 2017, n. 36 ad osservazioni preliminari agli art. 308-334 CPC ; BOHNET, Actions civiles, op. cit., n. 21 ad § 53, con rinvio alla sentenza del Tribunale cantonale vodese del 18 giugno 2013 consid. 2e, in JdT 2014 III pag. 13).
5.
La ricorrente chiede di dichiarare l'appello ricevibile anche c on riferimento alle sue azioni riconvenzionali e di rinviare la causa all'autorità inferiore affinché entri nel merito dello stesso.
5.1. Con riferimento all'azione riconvenzionale volta a ottenere, in applicazione analogica dell'art. 674 cpv. 3 CC, il diritto di mantenere il tetto a falde pure nella misura in cui eccedesse l'altezza massima prevista dalla servitù, la ricorrente rimprovera alla Corte cantonale di avere applicato " le norme di diritto materiale sul litisconsorzio necessario " in modo errato. Afferma di aver chiesto l'applicazione dell'art. 674 cpv. 3 CC soltanto per analogia e di non aver infatti voluto iscrivere a registro fondiario un diritto reale limitato, " bensì [...] imporre alla parte attrice di tollerare la violazione della servitù ", per cui non occorrerebbe il concorso di tutti i comproprietari in virtù dell'art. 648 cpv. 2 CC. A suo dire, l'obbligo di litisconsorzio necessario sarebbe in ogni modo " insostenibile ", " ritenuto come l'appello è manifestamente in favore dell'insieme dei comproprietari, anche in caso di indennità in favore della controparte ", dato che " crea [...] l'opportunità di evitare l'ordine di demolizione".
La censura è al limite della temerarietà. È infatti la ricorrente stessa ad aver chiesto un'applicazione analogica al caso concreto dell'art. 674 cpv. 3 CC, relativo alla costituzione di un diritto reale di sporgenza: ella non può pertanto rimproverare alla Corte cantonale di avere trattato la sua azione riconvenzionale come volta all'ottenimento di un diritto reale limitato e, con ciò, applicato l'art. 648 cpv. 2 CC e la prassi contenuta in DTF 108 II 35.
5.2. La ricorrente censura poi il fatto che i Giudici cantonali abbiano dichiarato il suo appello irricevibile anche in relazione all'azione riconvenzionale volta a ordinare alla controparte di eliminare ogni costruzione o pianta posta sui loro fondi che violi la servitù, pur avendo ammesso che ogni comproprietario possieda la legittimazione attiva a promuovere una tale azione confessoria.
Alla ricorrente sfugge tuttavia che, da quanto emerge dal giudizio cantonale, ella ha contestato la sua carenza di legittimazione ad appellare autonomamente soltanto con riferimento al " dispositivo con cui il Pretore aggiunto ha respinto la riconvenzione da lei introdotta per ottenere il diritto di mantenere il tetto a falde ", e non con riferimento all'azione riconvenzionale confessoria. Si tratta dell'accertamento del contenuto degli allegati di causa e quindi di un fatto procedurale (DTF 140 III 16 consid. 1.3.1; 125 III 305 consid. 2e), che può essere messo in discussione soltanto con una censura di arbitrio che soggiace alle severe esigenze di motivazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, manifestamente non soddisfatte dall'apodittica argomentazione dell'insorgente, che si limita a sostenere di aver "appell ato anche contro tali dispositivi della sentenza pretorile ". La censura, fondata su una fattispecie in contrasto con quella accertata nel giudizio qui impugnato, si rivela così inammissibile.
6.
Per il caso in cui le si negasse la legittimazione ad appellare in modo autonomo la decisione pretorile, la ricorrente chiede in via subordinata di ordinare all'autorità inferiore di chiamare in causa L.________, I.________, J.________ e K.________ e di giudicare poi nel merito l'appello. In via ancor più subordinata, ella postula di ordinare all'autorità inferiore di assegnarle un termine di 30 giorni per chiamare in causa L.________, I.________, J.________ e K.________ e di giudicare poi nel merito l'appello.
Il Tribunale federale ha già avuto modo di osservare che il CPC non contiene una disposizione equivalente all'art. 24 cpv. 2 lett. a seconda e terza frase PC (RS 273) che permette al giudice di chiamare in causa un terzo facente parte di una comunione giuridica per farlo diventare parte in lite e non contiene nemmeno, contrariamente a quanto proposto da una parte della dottrina, una norma che consenta al tribunale di impartire un termine per attirare in causa il litisconsorte necessario mancante (DTF 142 III 782 consid. 3.1.2). A tale giurisprudenza non può sfuggire il caso concreto, poco importando - come obiettato nel gravame - che la procedura di prima istanza era retta dal codice di procedura cantonale, che il litisconsorzio necessario si è formato soltanto in corso di procedura o che il Tribunale cantonale avrebbe deciso diversamente in un altro caso. Anche le richieste ricorsuali subordinate vanno pertanto respinte. Non occorre così determinare se esse potevano o meno essere presentate per la prima volta in questa sede (v. art. 99 cpv. 2 LTF).
7.
Quali ulteriori motivi per "rinviare la causa al Tribunale d'appello affinché giudichi nel merito l'appello [...] o almeno permetta la chiamata in causa dei terzi fino ad ora mai coinvolti nella vertenza", la ricorrente lamenta una violazione del divieto del formalismo eccessivo, un diniego di giustizia e una violazione del divieto dell'arbitrio.
7.1. Per la ricorrente, la sanzione di irricevibilità dell'appello "interposto dall'unica parte convenuta al procedimento di prima istanza contro una sentenza che le causa un enorme pregiudizio" e "giunta al termine di un procedimento di cui [L.________] non ha avuto notizia alcuna" costituirebbe un formalismo eccessivo. A suo dire, l'argomento dei Giudici cantonali, secondo cui "non si può seriamente affermare che indicare un litisconsorzio necessario con il nome di tutti i partecipanti complichi in maniera insostenibile la possibilità di chiedere un diritto di sporgenza in forza dell'art. 674 cpv. 3 CC", non sarebbe decisivo.
Commette un eccesso di formalismo, costitutivo di un diniego formale di giustizia proibito dall'art. 29 cpv. 1 Cost., l'autorità che applica una regola di procedura con rigidità esagerata, ponendo esigenze eccessive, non giustificate da alcun interesse degno di protezione, così da diventare fine a sé stessa, complicando in maniera inammissibile la realizzazione del diritto materiale o ostacolando in modo inammissibile l'accesso ai tribunali (DTF 145 I 201 consid. 4.2.1 con rinvii).
Giova ricordare che, in relazione alle azioni confessorie (principale e riconvenzionale), non risulta che la ricorrente abbia già proposto la censura di formalismo eccessivo in sede cantonale (v. supra consid. 3.2 in fine), per cui, nella misura in cui l'insorgente tenta di presentarla per la prima volta in questa sede, essa è inammissibile (v. DTF 143 III 290 consid. 1.1). Con riferimento invece all'azione riconvenzionale volta a ottenere il diritto di mantenere la costruzione, la suesposta critica, generica e in parte anche fondata su un elemento non accertato nel giudizio impugnato (ossia che L.________ sarebbe stato all'oscuro della presente lite), non soddisfa le esigenze di motivazione accresciute dell'art. 106 cpv. 2 LTF e non può quindi essere esaminata nel merito.
7.2. La ricorrente ritiene che, a seguire la tesi sviluppata dai Giudici cantonali, ella non avrebbe potuto appellare da sola in ragione del litisconsorzio necessario formatosi dopo l'avvio del procedimento, ma nemmeno congiuntamente a L.________, il quale difetterebbe della legittimazione ad appellare per non aver partecipato alla procedura di prima istanza. Ciò costituirebbe un diniego formale di giustizia e una violazione della garanzia della via giudiziaria.
Un'autorità commette un diniego formale di giustizia proibito dall'art. 29 cpv. 1 Cost. se, contrariamente a quanto avrebbe dovuto fare, non entra nel merito di una vertenza che le è stata sottoposta nei termini e nelle forme previsti dalle legge (DTF 142 II 154 consid. 4.2; 135 I 6 consid. 2.1; 134 I 229 consid. 2.3). Conformemente all'art. 29a Cost., ognuno ha diritto, nelle controversie giuridiche, al giudizio da parte di un'autorità giudiziaria, la quale deve potere vagliare la causa con pieno potere cognitivo (DTF 144 I 181 consid. 5.3.2.1); la garanzia dell'art. 29a Cost. non si oppone però alle esigenze di ammissibilità abituali dell'azione o del ricorso (DTF 143 I 227 consid. 5.1; 143 I 344 consid. 8.2).
Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, e come già spiegato in precedenza (v. supra consid. 4.4), L.________ avrebbe potuto appellare congiuntamente alla ricorrente subentrandole (parzialmente) nel processo. Introdotto da tutti i litisconsorti necessari, un tale appello avrebbe rispettato le forme prescritte dalla legge e avrebbe potuto essere esaminato nel merito. La censura di diniego di giustizia e di violazione della garanzia della via giudiziaria risulta pertanto infondata.
7.3. Secondo la ricorrente, "dichiarare irricevibile l'appello in applicazione dell'art. 70 cpv. 2 CPC poiché il signor L.________, che nulla ha mai avuto a che fare con la vertenza, non ha appellato la sentenza di prima istanza a lui mai notificata, conduce ad un risultato inaccettabile ed arbitrario, poiché contrasta in modo intollerabile con il sentimento di giustizia e di equità", "tanto più che vige in procedura civile il principio dell'immutabilità delle parti".
A parte il fatto che l'insorgente si riferisce ad argomenti per i quali la violazione del diritto federale, esaminata con cognizione libera, è già stata esclusa, la sua critica risulta inammissibile per carente motivazione: ella si limita a dichiarare l'arbitrio, senza premurarsi di sostanziare in modo specifico la lesione dell'art. 9 Cost.
8.
Da quanto precede discende che il ricorso va respinto nella misura in cui è ammissibile.
Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e sono pertanto poste a carico della ricorrente (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si giustifica assegnare spese ripetibili né agli opponenti nel quadro dell'istanza di conferimento dell'effetto sospensivo al ricorso (risultati soccombenti; v. art. 68 cpv. 1 e 2 LTF ) né ai denunciati in lite e intervenienti adesivi (v. sentenza 4A_480/2014 del 5 novembre 2015 consid. 4.3).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
Le spese giudiziarie di fr. 6'000.-- sono poste a carico della ricorrente. Non si assegnano ripetibili.
3.
Comunicazione ai partecipanti al procedimento e alla I Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Losanna, 9 febbraio 2022
In nome della II Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: Herrmann
La Cancelliera: Antonini