Tribunale federale
Tribunal federal
{T 0/2}
4P.307/2005 /biz
Sentenza del 10 maggio 2006
I Corte civile
Composizione
Giudici federali Corboz, presidente,
Rottenberg Liatowitsch, Kiss,
cancelliera Gianinazzi.
Parti
A.________,
ricorrente,
patrocinato dall'avv. Federica Tamburini,
contro
B.B.________ e C.B.________,
opponenti,
patrocinati dall'avv. Marco Perucchi,
II Camera civile del Tribunale d'appello
del Cantone Ticino, via Pretorio 16, 6901 Lugano.
Oggetto
ricorso di diritto pubblico contro la sentenza emanata
il 4 maggio/13 ottobre 2005 dalla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Fatti:
A.
La controversia trae origine da un accordo stipulato dalle parti il 3 ottobre 2001. In questo documento, intitolato "Anzahlungsvertrag", A.________ prometteva di vendere ad C.B.________ e B.B.________ il fondo xxx, sul quale sorge una casa d'abitazione, al prezzo di fr. 850'000.--. Dal canto loro i coniugi B.________ si impegnavano a versare un acconto di fr. 85'000.--, che sarebbe stato computato sul prezzo di vendita in caso di stipulazione dell'atto notarile. Qualora la compravendita non fosse intervenuta, l'acconto sarebbe invece rimasto a A.________ quale pena di recesso.
Il 7 gennaio 2002, ovvero il giorno prima della sottoscrizione dell'atto di compravendita, C.B.________ e B.B.________ hanno dichiarato di rinunciare all'acquisto dell'immobile, chiedendo nel contempo la restituzione dell'acconto versato.
Non avendo ricevuto quanto richiesto, a garanzia delle loro pretese C.B.________ e B.B.________ hanno ottenuto, il 21 giugno 2002, il sequestro del citato fondo. Dato che A.________ ha fornito una garanzia sostitutiva di fr. 90'000.-- la particella è stata successivamente liberata e, per finire, venduta a terzi nell'agosto 2002.
B.
Invocando la nullità della convenzione 3 ottobre 2001 siccome non stipulata nella forma dell'atto pubblico, il 19 agosto 2002 C.B.________ e B.B.________ hanno convenuto A.________ dinanzi alla Pretura del Distretto di Lugano, Sezione 5, con un'azione volta all'incasso di fr. 85'000.--, oltre interessi al 5% dal 1° gennaio 2002, a titolo di restituzione dell'arricchimento indebito, postulando altresì la convalida del sequestro della garanzia prestata dalla controparte e il rigetto dell'opposizione interposta al precetto esecutivo spiccato per il medesimo importo.
Con sentenza 5 agosto 2004 la segretaria assessora della pretura adita ha respinto la petizione. Pur ammettendo che il vizio di forma comportava effettivamente la nullità del contratto sottoscritto dalle parti, la giudice ha infatti ritenuto che, invocando tale nullità, i coniugi B.________ commettevano un abuso di diritto.
C.
Di diverso avviso la II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, tempestivamente adita dai soccombenti.
Nella sentenza 4 maggio 2005 - intimata il 13 ottobre seguente - la massima istanza ticinese ha infatti negato l'abuso di diritto e riconosciuto ad C.B.________ e B.B.________ il diritto, di principio, alla restituzione dell'importo versato. Considerate le circostanze in cui è avvenuta l'interruzione delle trattative contrattuali, la Corte cantonale ha tuttavia imputato ai coniugi B.________ una responsabilità per culpa in contrahendo tale da giustificare la riduzione della somma a loro dovuta a fr. 73'695.90, oltre interessi al 5% dal 7 gennaio 2002.
D.
Contro questa decisione A.________ è insorto dinanzi al Tribunale federale, il 15 novembre 2005, sia con ricorso di diritto pubblico sia con ricorso per riforma.
Con il ricorso di diritto pubblico - che chiede di esaminare per secondo, in deroga al principio stabilito dall'art. 57 cpv. 5 OG - egli postula, previa concessione dell'effetto sospensivo al gravame, l'annullamento della pronunzia cantonale.
La richiesta tendente al conferimento dell'effetto sospensivo è stata dichiarata priva d'oggetto il 24 novembre 2005, il ricorso per riforma introdotto parallelamente sospendendo per legge l'esecuzione della sentenza impugnata (art. 54 cpv. 2 OG).
Nelle osservazioni del 26 gennaio 2006 C.B.________ e B.B.________ hanno proposto l'integrale reiezione del gravame, mentre l'autorità cantonale ha rinunciato a esprimersi.
Diritto:
1.
In accoglimento della richiesta del ricorrente, il ricorso per riforma è stato esaminato per primo, in deroga al principio posto dall'art. 57 cpv. 5 OG.
Con decisione odierna tale rimedio è stato respinto nella misura in cui ammissibile, non essendo ravvisabile nella pronunzia impugnata nessuna violazione del diritto federale, in particolare dell'art. 2 cpv. 2 CC né dei principi che reggono la responsabilità per culpa in contrahendo e la determinazione del danno risarcibile in tale ambito. Nulla osta pertanto all'esame del ricorso di diritto pubblico.
2.
Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sull'ammissibilità del rimedio esperito (DTF 131 I 57 consid. 1).
3.
Visto il tenore dell'allegato ricorsuale, in larga misura identico al parallelo ricorso per riforma, appare innanzitutto indispensabile rammentare il principio della sussidiarietà assoluta del ricorso di diritto pubblico, sancito dall'art. 84 cpv. 2 OG, in virtù del quale il ricorso di diritto pubblico è ammissibile solamente se la pretesa violazione di diritto non può essere sottoposta al tribunale o a un'altra autorità federale mediante azione o altro rimedio.
Ciò comporta l'irricevibilità dei numerosi argomenti concernenti l'applicazione del diritto federale, compreso l'apprezzamento giuridico dei fatti (ovvero la cosiddetta sussunzione), che il ricorrente (ri)propone nel ricorso di diritto pubblico e che il Tribunale federale ha già esaminato nella procedura di ricorso per riforma. Il ricorso di diritto pubblico va pertanto dichiarato inammissibile nella misura in cui verte sulla qualificazione giuridica dell'accordo sottoscritto dalle parti il 3 ottobre 2001, sulla possibilità di ravvedere nel comportamento degli opponenti un abuso di diritto ai sensi dell'art. 2 cpv. 2 CC, sull'applicazione delle norme relative all'indebito arricchimento (e in particolar modo dell'art. 63 CO) nonché, infine, sulla nozione di danno risarcibile nell'ambito della responsabilità per culpa in contrahendo.
4.
Stando a quanto indicato nella pronunzia impugnata, dinanzi alle autorità cantonali il ricorrente ha postulato il risarcimento dei seguenti danni, per un importo complessivo di fr. 82'835.45: fr. 21'000.-- per mancata locazione; fr. 18'179.64 quali oneri ipotecari e spese bancarie fr. 6'572.90 per spese di mutuo; fr. 15'525.10 per spese legali; fr. 4'262.50 per inserzioni; fr. 8'600.-- per spese di trasferta.
Nell'allegato sottoposto all'esame del Tribunale federale egli rimprovera alla Corte cantonale di aver commesso un diniego di giustizia formale omettendo di pronunciarsi su di un'ulteriore pretesa, quella di rimborso di spese varie, per complessivi fr. 8'695.30.
4.1 Ora, secondo la giurisprudenza, l'autorità che non esamina delle conclusioni regolarmente sottoposte al suo giudizio commette un diniego di giustizia formale, violando l'art. 29 cpv. 1 Cost. - e non dall'art. 8 Cost. - come erroneamente asseverato dal ricorrente (cfr. DTF 125 III 440 consid. 2a; 117 Ia 116 consid. 3a).
4.2 In concreto, effettivamente il giudizio impugnato non menziona l'importo citato dal ricorrente. Dal canto suo, però, questi - oltre a prevalersi della norma costituzionale sbagliata - nemmeno indica quando e dove avrebbe fatto valere tali pretese, ciò che rende il ricorso inammissibile anche su questo punto, siccome non motivato conformemente alle esigenze poste dall'art. 90 cpv. 1 lett. b OG.
Sia come sia, qualora l'affermazione del ricorrente fosse pertinente, il ricorso di diritto pubblico dovrebbe venire dichiarato interamente inammissibile per mancato esaurimento delle istanze cantonali (art. 86 cpv. 1 OG). Il ricorso di diritto pubblico contro una decisione che abbia omesso di pronunciarsi su domande formulate è infatti inammissibile qualora, come è il caso nel Cantone Ticino (art. 340a lett. a CPC/TI), contro tale decisione sarebbe stata proponibile la revisione (cfr. Bruno Cocchi e Francesco Trezzini, Codice di procedura civile ticinese massimato e commentato, Lugano 2000, n. 3 ad art. 340 CPC/TI; cfr. anche DTF 126 III 485 consid. 1a).
5.
Sempre richiamandosi all'art. 8 Cost., il ricorrente si prevale a più riprese della violazione del diritto di essere sentito nella forma del diritto ad ottenere una decisione motivata.
5.1 Il diritto di ottenere una decisione motivata, che deriva dal diritto di essere sentito - garantito dall'art. 29 cpv. 2 Cost. e non dall'art. 8 Cost., erroneamente richiamato dal ricorrente - impone all'autorità di pronunciarsi nei considerandi sulle allegazioni delle parti, riferendosi agli argomenti addotti. L'autorità non deve tuttavia determinarsi su tutti gli argomenti sottopostile; essa può occuparsi delle sole circostanze rilevanti per il giudizio (DTF 130 II 530 consid. 4.3 pag. 540 con rinvii). Una motivazione può essere ritenuta sufficiente quando l'autorità menziona, almeno brevemente, i motivi che l'hanno indotta a decidere in un senso piuttosto che nell'altro e pone quindi l'interessato nella condizione di rendersi conto della portata del giudizio e delle eventuali possibilità di impugnazione (DTF 129 I 232 consid. 3.2 con rinvii).
5.2 In concreto, il ricorrente rimprovera alla Corte cantonale di non essersi confrontata con gli argomenti da lui sollevati in relazione alle norme giuridiche sull'indebito arricchimento e si duole in particolar modo della mancata applicazione dell'art. 63 CO.
La sua critica è manifestamente infondata. A prescindere dal fatto che ancora una volta egli nemmeno indica dove, come e quando avrebbe formulato simili argomenti - in contrasto con il suo obbligo di motivazione (art. 90 cpv. 2 lett. b OG) - la Corte cantonale si è confrontata con il tema dell'arricchimento indebito laddove, al consid. 7 pag. 8 ha stabilito che "la nullità del contratto facendo venir meno il motivo del pagamento dell'acconto/pena di recesso, a ragione gli appellanti ne chiedono la restituzione invocando l'indebito arricchimento." Tale motivazione soddisfa i requisiti sopra citati, prova ne sia il fatto che il ricorrente la contesta diffusamente, anche se nel rimedio giuridico sbagliato (cfr. quanto già esposto al consid. 3).
5.3 Per il resto, nella misura in cui si duole della mancata considerazione di vari accertamenti espletati in sede d'istruttoria, essenziali per il corretto apprezzamento giuridico dei fatti, il ricorrente - pur richiamandosi ancora una volta all'art. 8 Cost. - fa valere la violazione del divieto dell'arbitrio nell'apprezzamento delle prove e nell'accertamento dei fatti, sancito dall'art. 9 Cost. ed esaminato qui di seguito.
6.
L'arbitrio non si realizza già qualora la soluzione proposta con il ricorso possa apparire sostenibile o addirittura migliore rispetto a quella contestata. Il Tribunale federale annulla una sentenza cantonale per violazione dell'art. 9 Cost. solo se il giudice cantonale abusa dell'ampio margine di apprezzamento di cui beneficia in materia di valutazione delle prove ed emana un giudizio che appare - e ciò non solo nella sua motivazione ma bensì anche nell'esito - manifestamente insostenibile, in aperto contrasto con la situazione reale, gravemente lesiva di una norma o di un principio giuridico chiaro e indiscusso oppure in contraddizione urtante con il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 131 I 57 consid. 2 pag. 61 con rinvii).
Incombe alla parte che ricorre, l'onere di dimostrare - con un'argomentazione dettagliata e precisa (art. 90 cpv. 1 lett. b OG) - che l'autorità cantonale ha emanato una decisione arbitraria nel senso appena descritto, tenendo ben presente che un gravame fondato sull'art. 9 Cost., com'è quello in esame, non può essere sorretto da argomentazioni con cui il ricorrente si limita a contrapporre il suo parere a quello dell'autorità cantonale (DTF 128 I 295 consid. 7a). Quando, come nel caso in rassegna, viene censurata la valutazione del materiale probatorio, è in particolare necessario dimostrare che il giudice ha manifestamente misconosciuto il senso e la portata di un mezzo di prova, che ha omesso senza valida ragione di tener conto un elemento di prova importante, suscettibile di modificare l'esito della vertenza, oppure che ha ammesso o negato un fatto ponendosi in aperto contrasto con gli atti di causa o interpretandoli in modo insostenibile (DTF 129 I 8 consid. 2.1).
6.1 Il ricorrente ravvede una prima violazione del divieto dell'arbitrio nell'accertamento secondo cui al momento della notifica della disdetta, intervenuta il 28 settembre 2001, gli opponenti, pur avendo manifestato interesse all'acquisto, a condizione che la casa fosse libera da inquilini, non avevano preso alcun impegno in merito. È sulla base di questo accertamento arbitrario che la Corte è giunta alla conclusione - anch'essa arbitraria - ch'egli era tenuto ad assumersi le conseguenze della disdetta. La verità è invece che "la locazione era stata disdetta su espressa richiesta degli attori".
La sua censura è destinata all'insuccesso visto che, nonostante la sua prolissa contestazione, non è in grado di fornire la prova di tale asserzione e di dimostrare che il 28 settembre 2001 gli opponenti avevano già formalizzato un accordo vincolante, suscettibile di ingenerare una loro responsabilità per l'avvenuta disdetta.
Si può comunque - abbondanzialmente - rammentare che la Corte ticinese ha in ogni caso tenuto conto dell'atteggiamento assunto dagli opponenti nella misura in cui ha posto a loro carico la metà dei canoni di locazione andati persi fino alla vendita effettiva dell'immobile, vale a dire fr. 10'500.--.
6.2 Un'ulteriore violazione del divieto dell'arbitrio sarebbe ravvisabile, a mente del ricorrente, nel giudizio di rifiutare la sua pretesa di rimborso degli oneri ipotecari e spese bancarie, di fr. 18'179.64.
Nonostante il richiamo alla norma costituzionale questa censura dev'essere dichiarata inammissibile, dato che la decisione su questo punto non poggia sull'apprezzamento delle prove bensì sulla considerazione che tali importi esulano dal concetto di interesse negativo e riguardano pertanto l'applicazione del diritto federale (cfr. quanto esposto al consid. 3).
6.3 Infine, il ricorrente non ha miglior fortuna laddove si aggrava contro il giudizio di respingere la domanda tendente alla rifusione delle spese legali, di quelle relative alle inserzioni nonché di quelle concernenti le trasferte dal suo domicilio in Svizzera.
Invece di confrontarsi con l'assenza di sufficienti prove rimproveratagli dalla Corte cantonale e di dimostrare il carattere manifestamente insostenibile di tale affermazione, egli ribadisce infatti la tesi già asseverata nel quadro del parallelo ricorso per riforma - e già disattesa - secondo cui, in sostanza, i giudici cantonali avrebbero dovuto, d'un canto, ammettere la risarcibilità delle pretese connesse alle inserzioni in quanto rientranti nel concetto di interesse negativo e dall'altro, per quanto concerne le rimanenti spese, prescindere da una perizia e riconoscerle in base al loro prudente criterio di apprezzamento, se del caso applicando per analogia l'art. 42 cpv. 2 CO.
Come i precedenti, anche questi argomenti si rivelano inammissibili siccome concernenti l'applicazione del diritto federale (cfr. quanto esposto al consid. 3).
7.
In conclusione, nella ridottissima misura in cui è ammissibile, il ricorso di diritto pubblico è privo di ogni fondamento e deve pertanto essere respinto.
Gli oneri processuali e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 e 159 cpv. 1 e 2 OG).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso di diritto pubblico è respinto.
2.
La tassa di giustizia di fr. 4'500.-- è posta a carico del ricorrente, il quale rifonderà agli opponenti fr. 5'500.-- per ripetibili della sede federale.
3.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Losanna, 10 maggio 2006
In nome della I Corte civile
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: La cancelliera: