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Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
4C.274/2005 /biz 
 
Sentenza del 10 novembre 2005 
I Corte civile 
 
Composizione 
Giudici federali Corboz, presidente, 
Rottenberg Liatowitsch, Zappelli, giudice supplente, 
cancelliera Gianinazzi. 
 
Parti 
A.________SA, 
convenuta e ricorrente, 
patrocinata dall'avv. Monica Sartori-Lombardi, 
 
contro 
 
B.________, 
attore e opponente, 
patrocinato dall'avv. Federica De Rossa. 
 
Oggetto 
contratto di lavoro, licenziamento immediato, 
 
ricorso per riforma contro la sentenza emanata il 
22 giugno 2005 dalla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
Ritenuto in fatto e considerando in diritto: 
 
1. 
B.________ ha lavorato alle dipendenze della A.________SA tipografia offset di X.________ dal 1° aprile al 4 luglio 2003, quando, in seguito a un acceso scontro verbale con C.A.________, è stato licenziato con effetto immediato. 
 
La rescissione del rapporto di lavoro, notificata telefonicamente la sera stessa del litigio, è stata confermata per iscritto il 10 luglio seguente. 
2. 
Contestando la legittimità di tale provvedimento, il 26 maggio 2004 B.________ ha convenuto in giudizio la A.________SA onde ottenere il pagamento di fr. 11'371.75, a titolo di arretrati salariali e indennità per licenziamento ingiustificato, nonché la consegna di un attestato di buona uscita. 
 
Le sue richieste sono state pressoché interamente accolte il 2 novembre 2004 dal Segretario assessore del Distretto di Leventina, il quale ha condannato la convenuta al versamento di fr. 10'781.40 lordi, oltre interessi del 5% dal 16 luglio 2003, nonché di fr. 500.-- a titolo di indennità ex art. 337c cpv. 3 CO. È stata pure ordinata la consegna di un attestato ai sensi dell'art. 330a CO
 
Adita dalla soccombente, il 22 giugno 2005 la II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino ha confermato il giudizio di primo grado. 
3. 
Postulando la modifica della pronunzia cantonale nel senso di accogliere il suo appello e, di conseguenza, ammettere le pretese dell'attore limitatamente a fr. 1'561.65 più la quota parte di salario dal 1° al 4 luglio 2003, il 29 agosto 2005 la A.________SA è insorta dinanzi al Tribunale federale con un ricorso per riforma fondato sulla violazione degli art. 337 e 330a CO
 
Con risposta del 26 settembre 2005 B.________ ha proposto la reiezione del gravame nella misura in cui ammissibile. 
 
4. 
Giusta l'art. 337 cpv. 1 CO il datore di lavoro e il lavoratore possono in ogni tempo recedere immediatamente dal rapporto di lavoro per cause gravi. 
4.1 È considerata "causa grave", in particolare, ogni circostanza che non permetta per ragioni di buona fede di esigere da chi dà la disdetta la continuazione del contratto (art. 337 cpv. 2 CO). 
 
Secondo la prassi, un atteggiamento che ha compromesso la relazione di fiducia fra le parti - presupposto essenziale di un rapporto di lavoro - o che l'ha pregiudicata al punto che la prosecuzione del contratto sino al termine di disdetta ordinario non è più pensabile, costituisce una "mancanza grave". Mancanze meno gravi possono assurgere a motivo di licenziamento immediato solo se vengono reiterate nonostante un avvertimento circa le conseguenze estreme del ripetersi del medesimo comportamento (DTF 130 III 28 consid. 4.1 pag. 31 con rinvii). 
4.2 Sull'esistenza di una "causa grave" il giudice è tenuto a decidere secondo il suo libero apprezzamento (art. 337 cpv. 3 CO), applicando le regole del diritto e dell'equità (art. 4 CC). 
 
Il Tribunale federale esamina con riserbo l'esercizio del potere d'apprezzamento da parte dell'ultima istanza cantonale. Esso interviene quando la decisione si scosta senza motivo dai principi stabiliti da dottrina e giurisprudenza in materia di libero apprezzamento o si fonda su fatti che nel caso particolare non avevano importanza alcuna oppure, al contrario, quando non si è tenuto conto di elementi che avrebbero dovuto essere presi in considerazione. Non solo. Il Tribunale federale sanziona le decisioni rese in virtù di un tale potere d'apprezzamento unicamente quando esse sfociano in un risultato manifestamente ingiusto o in un'iniquità scioccante (DTF 130 III 213 consid. 3.1 pag. 220 con rinvii). 
4.3 Prima di esaminare i singoli argomenti ricorsuali occorre infine rammentare che, a prescindere da eccezioni che in concreto non sono state allegate, nella giurisdizione di riforma - volta al riesame dell'applicazione del diritto federale - il Tribunale federale fonda il suo giudizio sui fatti così come sono stati accertati dall'ultima autorità cantonale (art. 55 cpv. 1 lett. c e art. 63 cpv. 2 OG). 
 
 
Censure contro l'accertamento dei fatti e l'apprezzamento delle prove eseguiti dall'autorità cantonale sono pertanto improponibili, così come non si può far riferimento a circostanze non accertate nel giudizio impugnato, trattandosi di fatti nuovi (art. 55 cpv. 1 lett. c OG; DTF 130 III 102 consid. 2.2, 136 consid. 1.4 pag. 140; 129 III 618 consid. 3). 
 
La precisazione s'impone poiché nell'allegato sottoposto al Tribunale federale la convenuta disattende a più riprese questo principio, criticando l'apprezzamento delle prove effettuato dai giudici ticinesi e scostandosi dalla fattispecie accertata in sede cantonale. 
5. 
Come già accennato in ingresso al presente giudizio, nel caso in rassegna il licenziamento immediato trae origine dall'acceso diverbio che ha visto protagonisti l'attore e C.A.________, fratello dell'amministratore dell'omonima impresa, in esito al quale l'attore, dopo aver imprecato, bestemmiato, picchiato i pugni sul tavolo, sbattuto una porta e aver detto a C.A.________ "non mi rompere i coglioni", ha lasciato il posto di lavoro prima del termine del normale orario di lavoro, senza esservi autorizzato. 
 
Seppur dell'avviso che l'attore ha travalicato i confini della buona educazione, la Corte ticinese, esaminate le risultanze istruttorie, è giunta alla conclusione che il suo comportamento non raggiunge la gravità richiesta per giustificare un licenziamento immediato. La convenuta è evidentemente di tutt'altra opinione. 
5.1 Un comportamento sprezzante e aggressivo può effettivamente condurre alla risoluzione immediata del contratto di lavoro. È tuttavia necessario ch'esso raggiunga un grado di gravità tale da rendere obiettivamente impensabile la prosecuzione del rapporto di lavoro sino al termine ordinario di disdetta (su questo tema cfr. anche la sentenza non pubblicata del 2 febbraio 2005 nella causa 4C.435/234, consid. 3.3, così come quella del 18 marzo 1998 nella causa 4C.21/1998, consid. 1b, pubblicata in Praxis 1998 n. 138 pag. 755 seg.). 
 
La questione va valutata sulla base delle circostanze del caso concreto (DTF 130 III 28 consid. 4.1 pag. 32), tenendo ben presente che - come già rilevato anche dalla Corte cantonale - il licenziamento immediato non è uno strumento che la legge mette a disposizione del datore di lavoro per sanzionare un determinato comportamento del dipendente (cfr. DTF 129 III 380 consid. 3.1 pag. 383 seg.), bensì rappresenta un provvedimento straordinario ed estremo, l'unico ancora immaginabile (cosiddetta ultima ratio), per mettere fine ad una situazione divenuta oggettivamente intollerabile. Per questo motivo esso va ammesso con riserva (cfr. quanto già esposto al consid. 4.1). 
 
In concreto, la Corte cantonale ha stabilito, e la convenuta non lo nega, che il termine ordinario di preavviso era di un solo mese, sicché l'attore avrebbe potuto venir regolarmente licenziato per la fine d'agosto 2003. Occorre dunque stabilire se, come asserito dalla convenuta, il comportamento assunto dall'attore il 4 luglio 2003 ha reso oggettivamente impensabile la continuazione della collaborazione sino a tale data. 
5.2 La convenuta sostiene che il comportamento "riprorevole e minaccioso" dell'attore avrebbe compromesso in maniera irrevocabile la relazione di fiducia fra le parti, al punto da rendere inevitabile il suo licenziamento in tronco, anche per poter "garantire la sicurezza personale dei titolari e dei dipendenti della società". 
 
Gli argomenti addotti nel gravame a sostegno di questa affermazione risultano tuttavia inammissibili - ciò che impedisce di tenerne conto ai fini del presente giudizio - in quanto volti a rimettere in discussione l'apprezzamento delle prove operato dal tribunale cantonale, rispettivamente privi di risconto nella sentenza impugnata (cfr. quanto esposto al consid. 4.3). 
5.2.1 La convenuta assevera ad esempio che l'attore avrebbe adottato atteggiamenti minacciosi nei confronti di C.A.________ e che questo sarebbe stato confermato dal caporeparto D.________. 
 
Quest'affermazione si scontra però con quanto ritenuto nella pronunzia criticata. Per i giudici cantonali, infatti, il teste - al quale l'attore era sembrato "un po' pericoloso" e "un po' minaccioso" - si è limitato ad esprimere impressioni soggettive, non confortate da altri elementi probatori. Lo stesso D.________ ha d'altro canto dichiarato che le bestemmie e gli improperi formulati dall'attore non erano direttamente indirizzati al suo interlocutore, contrariamente a quanto preteso nel gravame. Infine, nulla muta il fatto che gli abbia ingiunto un "non mi rompere i coglioni". Si tratta di un'espressione volgare e irriverente, certamente del tutto inappropriata in un contesto professionale, nella quale non può tuttavia venir ravvisata una reale e concreta minaccia nei confronti di C.A.________ (sul tema della minaccia cfr. anche DTF 120 II 243 consid. 1). 
 
La tesi secondo cui il licenziamento sarebbe stato necessario per garantire la sicurezza del personale non può dunque trovare alcun seguito. 
5.2.2 Non ha miglior sorte quella per cui il comportamento tenuto il 4 luglio 2003 sarebbe stato preceduto da tutta una serie di episodi nei quali l'attore avrebbe dato prova di totale dispregio dei propri colleghi e superiori nonché delle direttive interne dell'azienda. La sentenza impugnata non contiene infatti il benché minimo accertamento al riguardo. 
 
Sia come sia, giovi precisare che, quand'anche tale asserzione dovesse corrispondere alla realtà, essa non potrebbe, da sola, giustificare il licenziamento immediato. La convenuta dovrebbe provare di aver avvisato l'attore del fatto che il ripetersi di un simile comportamento avrebbe implicato la fine del rapporto di lavoro (cfr. quanto esposto al consid. 4.1). 
5.3 Nel gravame viene inoltre dichiarato che la risoluzione immediata del contratto di lavoro sarebbe in ogni caso giustificata per l'abbandono del posto di lavoro da parte dell'attore. L'istruttoria avrebbe infatti permesso di appurare che, dopo il noto litigio, l'attore ha abbandonato la propria postazione di lavoro provvedendo a liberarla da tutti gli effetti personali e preannunciando ai colleghi la sua partenza. 
 
Ancora una volta la convenuta contrappone - inammissibilmente - la propria versione dei fatti a quella ritenuta dai giudici ticinesi, i quali hanno invece stabilito che la decisione dell'attore di andarsene prima del termine del normale orario lavorativo, perdipiù dopo un litigio, prendendo con sé qualche effetto personale (e non tutti, come preteso dalla convenuta), non dimostra ancora ch'egli abbia avuto l'intenzione di abbandonare definitivamente il lavoro senza preavviso. Licenziandolo il giorno stesso del diverbio, senza aspettare di vedere come si sarebbe comportato il giorno successivo, la convenuta ha pregiudicato la possibilità di verificare i propositi dell'attore. 
5.4 In definitiva, la convenuta non adduce alcun argomento suscettibile di sostanziare l'asserita violazione del diritto federale. 
 
Esaminata sulla base dei fatti così come accertati nella sentenza cantonale, l'applicazione dell'art. 337 CO da parte della Corte ticinese è senz'altro corretta. 
L'atteggiamento assunto dall'attore il 4 luglio 2003 è biasimevole ed eccessivo, ma non tale da non poter ragionevolmente esigere dalla convenuta la prosecuzione del rapporto di lavoro sino alla fine del mese di agosto. 
6. 
In quanto rivolto contro l'applicazione dell'art. 330a CO, il ricorso si avvera non solo manifestamente infondato ma temerario. 
 
Dinanzi al Tribunale federale la convenuta ribadisce ancora una volta il rifiuto di rilasciare un attestato di lavoro all'attore a causa dei noti fatti. Ora, un simile atteggiamento è inammissibile. Come ben spiegato dai giudici cantonali il diritto del lavoratore all'attestato - che gli permette di dimostrare di aver svolto una determinata attività lavorativa durante un certo periodo - è garantito dalla legge e non dipende dalla qualità delle relazioni intercorse fra le parti. Il datore di lavoro non può sottrarsi all'obbligo di procedere al suo rilascio (cfr. DTF 129 III 177 consid. 3). 
7. 
Da tutto quanto sopra esposto discende che, nella ridotta misura in cui è ammissibile il ricorso dev'essere respinto siccome infondato. 
 
Trattandosi di una controversia in materia di contratto di lavoro con un valore litigioso inferiore a fr. 30'000.-- non si preleva tassa di giustizia (art. 343 cpv. 2 e 3 CO; cfr. DTF 115 II 30 consid. 5a a pag. 40). La convenuta dovrà tuttavia versare all'attore un'indennità per spese ripetibili (art. 159 cpv. 1 OG; DTF 115 II 30 consid. 5c a pag. 42). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
2. 
Non si preleva tassa di giustizia. La convenuta rifonderà all'attore fr. 2'000.-- per ripetibili della sede federale. 
3. 
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
Losanna, 10 novembre 2005 
 
In nome della I Corte civile 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: La cancelliera: