Wichtiger Hinweis:
Diese Website wird in älteren Versionen von Netscape ohne graphische Elemente dargestellt. Die Funktionalität der Website ist aber trotzdem gewährleistet. Wenn Sie diese Website regelmässig benutzen, empfehlen wir Ihnen, auf Ihrem Computer einen aktuellen Browser zu installieren.
Zurück zur Einstiegsseite Drucken
Grössere Schrift
 
 
Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
                 
 
 
4A_617/2019  
 
 
Sentenza dell'11 maggio 2020  
 
I Corte di diritto civile  
 
Composizione 
Giudici federali Kiss, Presidente, 
May Canellas, Ramelli, Giudice supplente, 
Cancelliere Piatti. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinata dall'avv. Giovanni Poma, 
ricorrente, 
 
contro 
 
B.________, 
patrocinato dall'avv. Olivier Corda, 
opponente. 
 
Oggetto 
mediazione immobiliare, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 12 novembre 2019 dalla II Camera civile del Tribunale d'appello del 
Cantone Ticino (12.2018.82). 
 
 
Fatti:  
 
A.   
Il 4 luglio 2008 A.________ ha incaricato B.________ di vendere la sua proprietà immobiliare denominata X.________, costituita di sette fondi nel Comune di Lugano, promettendogli una provvigione del 3 %. Il 19 settembre 2012 ella ha concesso al mediatore un diritto di compera gratuito su cinque di questi fondi, esercitabile al prezzo di fr. 102'000'000.--. Con contratto del 27 novembre 2014 ha poi venduto l'intera proprietà X.________ alla C.________ SA, di proprietà della famiglia D.________, per il prezzo di fr. 87'500'000.--. 
 
B.   
Il 16 marzo 2015 B.________ ha promosso azione davanti alla Pretura di Lugano chiedendo che A.________ fosse condannata a pagargli la mercede di mediazione di fr. 2'625'000.--, ossia il 3 % del prezzo di vendita. La convenuta si è opposta interamente all'azione. 
Il Pretore ha accolto la petizione con decisione del 26 aprile 2018. Il successivo appello della convenuta è stato respinto, nella misura in cui era ricevibile, il 12 novembre 2019 dalla II Camera civile del Tribunale di appello ticinese. 
 
C.   
A.________ insorge davanti al Tribunale federale con ricorso in materia civile del 16 dicembre 2019; chiede, oltre alla concessione dell'effetto sospensivo, che sia annullata la sentenza cantonale e che sia respinta la petizione di B.________. Questi, con risposta dell'11 febbraio 2020, propone la reiezione della domanda cautelare o, in subordine, di concedere l'effetto sospensivo dietro prestazione di garanzie; nel merito chiede che il ricorso sia respinto nella misura in cui fosse ricevibile. 
La ricorrente ha replicato il 27 febbraio 2020. L'opponente ha preso nuovamente posizione il 13 marzo 2020. L'autorità cantonale non si è pronunciata 
L'effetto sospensivo è stato rifiutato con decreto presidenziale del 4marzo 2020. 
 
 
Diritto:  
 
1.   
Il ricorso in materia civile è ammissibile. È presentato tempestivamente dalla parte soccombente nella procedura cantonale (art. 100 cpv. 1 e 76 cpv. 1 lett. a LTF) ed è volto contro una sentenza finale (art. 90 LTF) emanata su ricorso dall'autorità ticinese di ultima istanza (art. 75 LTF) in una causa civile con valore litigioso superiore a fr. 30'000 (art. 72 cpv. 1 e 74 cpv. 1 lett. b LTF). 
 
2.   
Il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF). Tuttavia, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione imposto dall'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, di regola considera solo gli argomenti proposti nell'atto di ricorso (DTF 140 III 86 consid. 2). Esso fonda invece il suo ragionamento giuridico sugli accertamenti di fatto svolti dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF), che sono vincolanti. Può scostarsene o completarli solo se sono stati effettuati in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto (art. 105 cpv. 2 LTF). Il ricorrente può censurare l'accertamento dei fatti alle stesse condizioni; occorre inoltre che l'eliminazione dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF). 
Se rimprovera all'autorità cantonale un accertamento dei fatti manifestamente inesatto - arbitrario (art. 9 Cost.) - il ricorrente deve motivare la censura conformemente alle esigenze rigorose poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF. Deve indicare chiaramente i diritti costituzionali che si pretendono violati e precisare in cosa consiste la violazione. Non basta opporre il proprio punto di vista alle conclusioni del giudizio impugnato; il Tribunale federale non esamina le critiche di carattere appellatorio. Siccome il giudice cantonale fruisce di un grande potere discrezionale nel campo dell'apprezzamento delle prove (e dell'accertamento dei fat ti in genere), chi invoca l'arbitrio deve dimostrare che la sentenza impugnata ignora il senso e la portata di un mezzo di prova preciso, omette senza ragioni valide di tenere conto di una prova importante suscettibile di modificare l'esito della lite, oppure ammette o nega un fatto ponendosi in aperto contrasto con gli atti di causa o interpretandoli in modo insostenibile (DTF 140 III 264 consid. 2.3; 140 III 16 consid. 1.3.1). 
 
 
3.   
La ricorrente annuncia che la sentenza cantonale è viziata da "erronea o omessa applicazione del diritto, nonché da accertamento di fatti inesatto". Nella motivazione che segue i due ordini di censure si sovrappongono senza particolari distinzioni. Per quanto riguarda i fatti, nessuna delle critiche adempie però i requisiti di motivazione suesposti. La ricorrente li discute liberamente, in modo appellatorio, con ampi riferimenti a prove raccolte durante l'istruttoria che non risultano dalla sentenza impugnata. Come si dirà, tutte le critiche volte contro gli accertamenti di fatto sono pertanto inammissibili. Potranno perciò essere esaminate nel merito soltanto le censure di diritto. 
 
4.   
La prima è di natura formale. La ricorrente ricorda che in sede di appello ha lamentato una motivazione carente della sentenza del Pretore, la quale, a suo giudizio, non aveva affrontato due temi importanti: il non rispetto da parte del mediatore delle condizioni contrattuali, in particolare l'obbligo di comunicare alla mandante l'identità degli interessati all'acquisto, e la violazione dell'obbligo di fedeltà per avere il mediatore agito anche nell'interesse della parte acquirente, sottacendone appunto l'identità e negoziando un prezzo a lei favorevole. La Corte cantonale ha rimproverato a sua volta all'appellante di non avere motivato correttamente la censura ma, come la ricorrente stessa riconosce, l'ha comunque esaminata nel merito, giudicando le motivazioni della sentenza di primo grado sufficienti alla luce della giurisprudenza concernente gli art. 29 cpv. 2 Cost. e 238 lett. g CPC; tant'è, ha precisato, che la convenuta "è stata in grado di censurarle con cognizione di causa nell'appello". 
La ricorrente riproduce lunghi passaggi delle conclusioni di prima istanza e dell'atto di appello, con l'intento di dimostrare di avere rispettato l'obbligo di motivare, e ne deduce un "diritto" all'annullamento della sentenza del Pretore e al rinvio per riesame in applicazione dell'art. 318 cpv. 1 lett. c n. 1 CPC. A parer suo la Corte d'appello si è sostituita indebitamente al Pretore nell'esame dei due temi importanti per l'esito della causa, facendole "perdere un grado di giudizio". 
Non occorre esaminare quali siano le facoltà decisionali che la norma procedurale citata attribuisce al giudice d'appello, perché il ragionamento della ricorrente è viziato alla base. Contrariamente a quanto ella sembra credere, il Pretore aveva affrontato i due temi in discussio ne, anche se in modo assai succinto. D'un canto aveva osservato che il fatto che la convenuta non sapesse con chi l'attore stesse trattando e a chi stesse vendendo le sue proprietà andava "sussunto in una concorde deroga al regime contrattuale inizialmente stabilito". D'altro canto aveva giudicato "tesi rimaste incomprovate" le obiezioni della convenuta secondo le quali l'attore aveva agito in rappresentanza e nell'interesse della parte acquirente. La ricorrente non mette in dubbio di avere capito queste considerazioni della sentenza del Pretore, né di essere stata in grado d'impugnarle con l'appello. 
La censura formale è pertanto infondata. 
 
5.   
Per la ricorrente l'opponente non ha diritto alla provvigione di mediazione, perché aveva contravvenuto all'obbligo contrattuale d'informarla sull'identità del potenziale acquirente; obbligo che deduce dalla sua lettera del 4 luglio 2008, che le due istanze cantonali hanno ritenuto essere la base contrattuale del rapporto di mediazione. A tale riguardo la sentenza cantonale riporta che la convenuta aveva scritto all'attore che "nel caso di seri interessati occorrerà richiedere, di volta in volta, alla sottoscritta una conferma scritta con il nome dell'interessato"; e anche che "il suo cliente dovrà essere approvato dalla sottoscritta e Lei beneficerà per tale cliente di una priorità di 4 mesi ". 
 
5.1. Il Pretore, s'è visto, aveva reputato che le parti avessero concordato di derogare a quell'obbligo. Anche la Corte d'appello ha respinto la tesi della convenuta, ma con una motivazione diversa; ha ritenuto che le predette clausole "non costituivano delle condizioni o degli obblighi contrattuali per l'attribuzione della mercede di mediazione".  
I giudici cantonali hanno spiegato che nella lettera del 4 luglio 2008 la convenuta aveva assicurato all'attore che avrebbe avuto diritto alla mercede del 3 % quando un acquirente da lui presentato avrebbe firmato l'atto notarile e pagato interamente il prezzo. A loro giudizio la comunicazione dell'identità del potenziale acquirente e l'approvazione scritta della mandante "non costituivano delle condizioni o degli obblighi contrattuali per l'attribuzione della mercede di mediazione"; formulata in un capoverso successivo della lettera, "graficamente separato da quello precedente, con un salto di riga", tale richiesta predisponeva piuttosto i requisiti per fare beneficiare l'attore di una "protezione cliente", di un "diritto prioritario" nei confronti di altri mediatori. 
Il Tribunale di appello ha concluso osservando che, si volesse per ipotesi considerare che la comunicazione dell'identità dell'interessato all'acquisto costituisse un obbligo contrattuale,lo stesso sarebbe comunque adempiuto. Nella risposta di prima istanza la convenuta aveva infatti riconosciuto che l'attore l'aveva informata, prima della firma dell'atto notarile, che l'acquirente sarebbe stata la C.________ SA. La Corte d'appello ha aggiunto che a quel momento la convenuta non aveva obiettato alcunché né chiesto chiarimenti sulle persone fisiche che stavano dietro la società. 
 
5.2. La ricorrente ritiene "non condivisibile" quest'ultima motivazione della sentenza. Spiega che la C.________ SA era solo un "veicolo finanziario" costituito all'uopo, mentre i veri interessati all'affare, azionisti e aventi diritto economico della società, erano i membri della famiglia D.________. Afferma inoltre che l'autorità cantonale "ha apprezzato i fatti in maniera totalmente contraria alle risultanze probatorie" e leso l'art. 415 CO. A suo parere l'informazione sull'identità del potenziale acquirente aveva lo scopo di permettere alla mandante di sapere se le fosse già noto o se fosse invece stato portato dal mediatore, di decidere se vendere o no e di orientare anche le discussioni sul prezzo. L'opponente avrebbe contravvenuto all'obbligo di fedeltà verso la mandante, sottacendole di proposito l'identità dei veri interessati.  
 
5.3. Il Tribunale cantonale ha negato che la comunicazione dell'identità dell'interessato all'acquisto costituisse obbligo contrattuale del mediatore e condizione per il pagamento della mercede, basandosi sul testo e sulla struttura dellalettera del 4 luglio 2008 e sullo scopo perseguito dalla clausola in discussione. Esso ha pertanto effettuato un'interpretazione soggettiva del contratto, determinando la volontà vera e concorde dei contraenti (art. 18 cpv. 1 CO). Il procedimento attiene al fatto e il risultato è di principio vincolante per il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF). Come qualsiasi accertamento di fatto può essere contestato soltanto se è stato svolto in modo manifestamente inesatto, arbitrario nel senso dell'art. 9 Cost. (art. 97 cpv. 1 LTF; DTF 144 III 93 consid. 5.2.2); rispettando quindi le esigenze di motivazione accresciute poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF delle quali s'è detto (cfr. consid. 2).  
La ricorrente non propone tali censure. A ben vedere si confronta a malapena con le considerazioni della sentenza riguardanti il senso da attribuire alla clausola litigiosa; vi contrappone semplicemente la propria interpretazione, asserendo che gli scopi perseguiti dai contraenti erano diversi da quelli individuati dall'autorità cantonale. Le sue censure, volte contro la motivazione principale della sentenza, sono perciò inammissibili. Ciò vale anche per l'obiezione di replica, secondo la quale l'informazione sull'identità degli interessati all'acquisto condizionava il pagamento della mercede anche qualora fosse stata un a disposizione di "protezione clientela"; come detto, la sentenza accerta il fatto contrario, ovvero che quell'informazione non era presupposto contrattuale del diritto alla retribuzione del mandante. 
È superfluo esaminare le critiche contro l'argomentazione subordinata della sentenza, riguardante l'effettiva comunicazione del nome della società acquirente. 
 
6.   
Davanti alle istanze cantonali la ricorrente si è prevalsa dell'art. 415 CO per opporsi al pagamento della provvigione. Sosteneva che l'attoresi era venuto a trovare in una situazione di evidente conflitto d'interessi, per avere agito come mediatore di entrambe le parti e per avere eseguito, contrariamente ai patti, anche istruzioni dategli dall'acquirente. 
 
6.1. La Corte cantonale ha osservato che l'art. 415 CO "mira in realtà a sanzionare una situazione eccezionale, ovvero una grave violazione dell'obbligo di fedeltà sancito dall'art. 412 cpv. 2 CO". Essa ha stabilito che la convenuta, che ne aveva l'onere, non ha fornito la prova dell'esistenza di un doppio mandato (la circostanza non è più litigiosa davanti al Tribunale federale).  
Quanto al fatto che l'attore avesse "assecondato la richiesta rivoltagli dall'acquirente di negoziare un prezzo minore di quanto previsto nel diritto di compera di cui al doc. 3", l'autorità cantonale ha costatato che la convenuta non aveva stabilito "un prezzo minimo da spuntare"e che non è stato preteso né provato che l'attore fosse stato a conoscenza che la famiglia D.________ sarebbe probabilmente stata disposta a pagare un prezzo maggiore. La Corte ticinese ha concluso dicendo che l'istruttoria ha confermato che l'attore "si è adoperato, nel limite del possibile, per aumentare il prezzo di fr. 70'000'000.- (...) e poi di fr. 80'000'000.- (...) inizialmente offerto dal cliente (...), il tutto nell'ambito di una trattativa assai complessa e delicata, nella quale ha dovuto dar prova di notevoli doti di equilibrismo, per fare sì che il cliente allora reperito, uno dei pochissimi interessati e soprattutto in grado di sborsare somme del genere, non avesse nel frattempo a rinunciare all'acquisto". 
 
6.2. Per la ricorrente la sentenza cantonale lede l'art. 415 CO, che sanziona la violazione degli obblighi di fedeltà del mediatore a prescindere sia da un particolare grado di gravità sia da un eventuale danno.  
La ricorrente afferma che l'opponente aveva agito in malafede. Ribadisce che la famiglia D.________ gli aveva chiesto, oltre che di tenere se greta la trattativa, di mantenere basso il prezzo di vendita, e alla fine era rimasta soddisfatta del suo "lavoro". Prezzo basso che, precisa la ricorrente, non era stato negoziato rispetto al diritto di compera, come stabilisce la sentenza, ma era "rivolto allo specifico interesse degli D.________ ad acquistare in maniera slegata dal diritto di compera". Per la ricorrente ciò che conta è che l'attore si era trovato in una situazione di evidente conflitto d'interessi nel senso dell'art. 415 CO. In tali circostanze poco importa che non fosse stato stabilito un prezzo di base; che il mediatore non sapesse che l'acquirente avrebbe pagato anche un prezzo superiore; ch'egli fosse riuscito a portarlo da 70 a 80 milioni, comunque un "prezzo minore"; e che la trattativa era stata difficile e delicata. 
 
6.3. A norma dell'art. 415 CO, perde il diritto alla mercede e al rimborso delle spese il mediatore che, contrariamente ai patti, agisce anche nell'interesse dell'altra parte o, contrariamente alle norme della buona fede, si fa promettere una ricompensa anche da quella. La prima ipotesi, che interessa qui, è quella del mediatore che viola i propri obblighi di fedeltà agendo nell'interesse del cliente potenziale in dispregio degli obblighi assunti verso il mandante (DTF 141 III 64 consid. 4.1). Come rilevato dalla Corte ticinese, l'art. 415 CO va interpretato in modo restrittivo: sanziona la situazione eccezionale nella quale il mediatore agisce contemporaneamente per il mandante e per il suo futuro contraente, senza richiedere la prova di un danno (sentenza 4A_529/2015 del 4 marzo 2016 consid. 4.1).  
Gli obblighi del mediatore sono analoghi a quelli del mandatario (art. 412 cpv. 2 e 398 cpv. 2 CO). Egli deve curare gli interessi del mandante e astenersi da qualsiasi atto che possa danneggiarlo. La misura di questi obblighi varia a seconda delle circostanze e della natura dell'incarico ricevuto. Il mediatore per interposizione ha generalmente do veri più estesi del mediatore per indicazione (sentenze 4A_329/2019/ 331/2019 del 25 novembre 2019 consid. 7.1; 4A_529/2015 del 4 marzo 2016 consid. 4.1). 
 
6.4. I fatti accertati nella sentenza impugnata rimangono vincolanti. Contro di essi la ricorrente non propone infatti censure d'arbitrio. Espone soltanto la propria versione, basandosi per lo più su atti d'istruttoria che la sentenza non menziona e limitandosi in sostanza a definire irrilevanti i fatti sui quali la Corte d'appello ha fondato il giudizio, senza nemmeno contestarli.  
Ebbene, secondo gli accertamenti della sentenza l'opponente, pur aven do negoziato, su richiesta della famiglia D.________, un prezzo inferiore rispetto a quello che prevedeva il diritto di compera del quale beneficiava, si era poi prodigato per aumentare le offerte iniziali del cliente di fr. 70 e 80 milioni, nel corso di una trattativa delicata tesa a non lasciarsi sfuggire uno dei pochissimi clienti interessati in grado di pagare somme del genere. La mandante non aveva stabilito un prezzo di base. Al momento della trattativa il mediatore non era a conoscenza che la famiglia D.________ sarebbe stata disposta a pagare anche più del prezzo effettivamente pattuito. 
Queste circostanze di fatto non permettono di concludere che il mediatore avesse agito nell'interesse dell'acquirente in violazione degli obblighi assunti verso la mandante, ovvero contemporaneamente per entrambi. S'è detto che secondo la giurisprudenza l'art. 415 CO va inter pretato in modo restrittivo. È in questo senso che va intesa la sentenza impugnata, laddove osserva che l'art. 415 CO si applica in caso di violazione grave dell'obbligo di fedeltà. 
La conclusione della Corte cantonale, secondo cui l'attore non aveva contravvenuto al proprio dovere di fedeltà, rispetta pertanto il diritto federale. 
 
7.   
Ne viene che il ricorso, nella limitata misura in cui è ammissibile, è infondato. Le spese seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 e 68 cpv. 1 LTF). 
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.   
Le spese giudiziarie di fr. 19'000.-- sono poste a carico della ricorrente, che rifonderà all'opponente fr. 21'000.-- a titolo di ripetibili per la procedura innanzi al Tribunale federale. 
 
3.   
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
Losanna, 11maggio 2020 
 
In nome della I Corte di diritto civile 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: Kiss 
 
Il Cancelliere: Piatti