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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
{T 0/2} 
 
6B_948/2015  
   
   
 
 
 
Sentenza dell'11 dicembre 2015  
 
Corte di diritto penale  
 
Composizione 
Giudici federali Denys, Presidente, 
Eusebio, Rüedi, 
Cancelliera Ortolano Ribordy. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Stefano Manetti, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano, 
opponente. 
 
Oggetto 
Decreto di non luogo a procedere (diffamazione, calunnia, sottrazione di dati personali, violazione del segreto d'ufficio), 
 
ricorso in materia penale contro la sentenza emanata 
il 7 agosto 2015 dalla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
 
Fatti:  
 
A.   
Sino al 2000 A.________ ha lavorato in seno a B.________. Nel 2001 un ignoto dipendente di questo sindacato ha redatto un testo, asseritamente a uso interno, intitolato "verifica Bellinzona - aprile 2001", in cui al primo venivano addebitate pretese lacune nello svolgimento delle proprie funzioni e presunte malversazioni. A inizio 2015, circa un mese prima dell'elezione al posto sindaco di X.________, per cui A.________ era candidato, suddetto documento è stato recapitato da un anonimo a un numero imprecisato di destinatari, tra cui i consiglieri comunali e i municipali di X.________, compreso egli stesso. In reazione al testo e alla sua diffusione, il 14 aprile 2015 questi ha presentato un esposto penale contro ignoti, per i titoli di diffamazione, calunnia, sottrazione di dati personali e violazione del segreto d'ufficio. 
 
B.   
Il 18 maggio 2015 il Procuratore pubblico ha decretato il non luogo a procedere per i reati ipotizzati, considerando tardiva la querela in relazione alla diffamazione, alla calunnia, nonché alla sottrazione di dati personali e prescritti i fatti concernenti la violazione del segreto d'ufficio. 
 
C.   
Con sentenza del 7 agosto 2015, la Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (CRP) ha respinto, per quanto ricevibile, il reclamo interposto da A.________ contro il decreto di non luogo a procedere, ponendo a suo carico la tassa e le spese di giustizia. In breve, pur considerando tempestiva la querela e non prescritti i fatti denunciati, essa ha concluso per l'assenza di sufficienti indizi di reato in relazione alle ipotesi di diffamazione, calunnia e sottrazione di dati personali, mentre per quanto concerne la violazione del segreto d'ufficio ha negato la posizione di danneggiato del reclamante, i rimproveri contenuti nel testo incriminato non rientrando nella sua sfera privata, perché riferiti alla sua conduzione lavorativa. 
 
D.   
A.________ impugna questo giudizio con un ricorso in materia penale al Tribunale federale, postulandone l'annullamento e, in via principale, la riforma nel senso che sia fatto ordine al Ministero pubblico del Cantone Ticino di proseguire l'azione penale per i reati ipotizzati nella sua querela/denuncia; subordinatamente, il rinvio della causa alla CRP per nuova decisione. 
La CRP si rimette al giudizio del Tribunale federale, mentre il Procuratore pubblico chiede la conferma della decisione cantonale. 
 
 
Diritto:  
 
1.   
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione la sua competenza e l'ammissibilità del rimedio esperito (DTF 141 II 113 consid. 1). 
 
1.1. La sentenza impugnata è una decisione finale (art. 90 LTF), resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità di ultima istanza che ha giudicato su ricorso (art. 80 LTF). Il ricorso in materia penale, tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF), è dunque proponibile.  
 
1.2. Secondo l'art. 81 cpv. 1 lett. a e lett. b n. 5 LTF, l'accusatore privato, che ha partecipato al procedimento dinanzi all'autorità di ultima istanza cantonale, ha diritto di interporre ricorso in materia penale se la decisione impugnata può influire sul giudizio delle sue pretese civili. Spetta di principio alla parte ricorrente dimostrare, conformemente alle esigenze dell'art. 42 LTF, l'adempimento delle condizioni poste alla legittimazione ricorsuale, spiegando in particolare quali pretese, desumibili direttamente dal reato, intende far valere (DTF 141 IV 1 consid. 1.1). Rilevasi che, qualora siano invocati più reati distinti, l'accusatore privato è tenuto a indicare per ognuno di essi in cosa consista il suo preteso danno (sentenza 6B_472/2015 del 1° ottobre 2015 consid. 1.1). Nell'ambito dei delitti contro l'onore, non basta invocare una lesione alla personalità per dedurne automaticamente l'esistenza di una pretesa di riparazione del torto morale. Il riconoscimento di un'indennità a questo titolo presuppone infatti un'offesa di una certa gravità oggettiva, che sia inoltre stata percepita soggettivamente dalla vittima come una sofferenza morale sufficientemente forte da giustificare che una persona, posta nelle medesime circostanze, si rivolga al giudice per ottenere una riparazione. Un leggero pregiudizio alla reputazione familiare, professionale o sociale non è sufficiente (sentenza 6B_185/2013 del 22 gennaio 2014 consid. 2.2).  
Atteso che non compete all'accusatore privato sostituirsi al Ministero pubblico o appagare un suo desiderio di rivalsa, la giurisprudenza è restrittiva al riguardo, di modo che il Tribunale federale entra nel merito di un ricorso solo se dalla motivazione risulta in maniera sufficientemente precisa che le citate condizioni sono realizzate, riservati i casi in cui, tenuto conto della natura del reato perseguito, ciò non sia deducibile direttamente e senza ambiguità dagli atti (DTF 141 I 1 consid. 1.1). 
 
Indipendentemente dalla legittimazione dell'accusatore privato a contestare il merito della vertenza, la giurisprudenza gli riconosce la possibilità di censurare la violazione di garanzie procedurali che il diritto gli conferisce quale parte, nella misura in cui tale inosservanza equivalga a un diniego di giustizia formale. In tal caso, l'interesse giuridicamente protetto all'annullamento della decisione impugnata, richiesto dall'art. 81 cpv. 1 lett. b LTF, non si fonda su aspetti di merito, bensì sul diritto di partecipare alla procedura (DTF 138 IV 78 consid. 1.3). Il diritto di invocare le garanzie procedurali non permette tuttavia di rimettere in discussione, nemmeno indirettamente, il giudizio di merito (DTF 141 IV 1 consid. 1.1). 
 
1.3. A sostegno della sua legittimazione ricorsuale, l'insorgente adduce che il reato ipotizzato di diffamazione, unitamente alla violazione del segreto d'ufficio e alla sottrazione di dati personali che l'hanno propiziato, costituirebbero una grave lesione alla sua personalità, tale da giustificare la riparazione morale, la gravità dell'offesa essendo "palese". A ciò si aggiungerebbe il risarcimento del danno, in cui andrebbero computate le spese di patrocinio.  
 
Simile scarna argomentazione non adempie le esigenze di motivazione testé esposte. In primo luogo, il ricorrente non differenzia le sue pretese civili deducibili da ogni singolo reato. Secondariamente, non si pronuncia sulla gravità oggettiva e soggettiva della lesione alla personalità risultante dai querelati delitti contro l'onore, l'affermazione secondo cui tale gravità sarebbe palese non essendo al riguardo sufficiente. Infine, egli disattende che le spese di patrocinio nell'ambito del procedimento penale non costituiscono delle pretese civili ai sensi dell'art. 81 cpv. 1 lett. b n. 5 LTF, essendo il loro indennizzo disciplinato dal diritto di procedura (segnatamente dall'art. 433 CPP concernente l'accusatore privato). Riconoscere il diritto di ricorrere sulla base di tali spese permetterebbe di eludere sistematicamente l'esigenza posta da suddetta norma, a prescindere dalle pretese di merito che l'accusatore privato intende formulare (sentenza 6B_768/2013 del 12 novembre 2013 consid. 1.3). In simili circostanze, non è possibile riconoscere al ricorrente la legittimazione a contestare il merito della sentenza della CRP: le censure di violazione degli art. 173, 177 e 179 novies CP, come pure del divieto dell'arbitrio, critica strettamente connessa con il merito della causa, si rivelano d'acchito inammissibili.  
 
2.   
Invocando gli art. 29 e 30 Cost., nonché l'art. 6 CEDU, l'insorgente rimprovera alla CRP di aver trasceso la propria competenza. Confermando il non luogo a procedere e pronunciandosi su questioni di merito relative alla sussistenza dei presupposti dei reati denunciati/querelati, oltre a violare l'art. 310 CPP, i principi della legalità e in dubio pro duriore, la CRP lo avrebbe privato delle garanzie del giudice naturale e dei "vari gradi giurisdizionali [del giudizio di merito], nell'ipotesi che sia aperta l'istruzione e promosso l'atto o il decreto d'accusa". 
 
La censura non ha pregio. Nel Cantone Ticino la CRP è l'autorità competente per statuire sui reclami giusta gli art. 393 segg. CPP (art. 62 cpv. 2 della legge ticinese del 10 maggio 2006 sull'organizzazione giudiziaria; RL/TI 3.1.1.1). In quanto giurisdizione di reclamo, dispone di un pieno potere d'esame in fatto e in diritto (art. 393 cpv. 2 CPP; v. pure sentenza 6B_93/2014 del 21 agosto 2014 consid. 3.5) e non è vincolata dalle motivazioni e conclusioni delle parti (art. 391 cpv. 1 CPP). In concreto, la CRP si è limitata a esaminare se le condizioni poste dal CPP per emanare un decreto di non luogo a procedere fossero riunite. Tra queste figura il mancato adempimento degli elementi costitutivi di reato (art. 310 cpv. 1 lett. a CPP), di modo che non può essere rimproverato alla CRP di aver trasceso le proprie competenze per essersi pronunciata sulla sussistenza delle infrazioni oggetto del contestato decreto. Quanto alla pretesa violazione dell'art. 310 CPP e dei principi invocati, le relative censure si rivelano inammissibili, perché strettamente connesse con il giudizio di merito che il ricorrente non è legittimato a contestare (v. consid. 1.3). 
 
3.  
 
3.1. La CRP ha pure negato la legittimazione del ricorrente a impugnare il decreto di non luogo a procedere in relazione al reato di violazione del segreto d'ufficio. Poiché i rimproveri contenuti nello scritto incriminato parrebbero concernere le modalità della sua conduzione lavorativa, non rientrerebbero nella sua sfera privata. Sicché, egli non può essere considerato danneggiato ai sensi dell'art. 115 cpv. 1 CPP.  
 
3.2. A mente dell'insorgente, tale conclusione sarebbe perlomeno dubbia, considerato in particolare che la stessa CRP la formulerebbe al condizionale. Ritiene che l'incolpazione di aver commesso delle malversazioni coinvolgerebbe l'intera sfera tutelabile della personalità, a prescindere dall'ambito in cui le stesse avrebbero asseritamente avuto luogo.  
 
3.3. Giusta l'art. 115 cpv. 1 CPP, il danneggiato è la persona i cui diritti sono stati direttamente lesi dal reato. Di regola, solo il titolare del bene giuridico tutelato dalla norma penale violata può prevalersi di una lesione diretta ai suoi diritti (DTF 141 IV 1 consid. 3.1; 140 IV 155 consid. 3.2; 138 IV 258 consid. 2.2-2.4). La violazione del segreto d'ufficio, punita dall'art. 320 CP, protegge l'interesse collettivo alla discrezione dei membri di un'autorità e dei funzionari, aspetto indispensabile per lo svolgimento senza ostacoli dei compiti pubblici. La giurisprudenza ha ammesso che, nella misura in cui il segreto d'ufficio concerne fatti relativi alla sfera privata di un individuo, l'art. 320 CP tutela anche l'interesse di quest'ultimo al mantenimento del segreto e deve pertanto essere considerato danneggiato dalla sua violazione (sentenza 6B_28/2012 dell'11 dicembre 2012 consid. 1.4.3).  
 
Contrariamente a quanto ritenuto dalla CRP, la conduzione lavorativa di un individuo appartiene alla sua sfera privata (v. DTF 118 IV 41 consid. 4 pag. 45; NICOLAS JEANDIN, in Commentaire romand, Code civil, vol. I, 2010, n. 41 ad art. 28 CC pag. 255), di modo che non poteva a priori negare al ricorrente la veste di danneggiato e conseguentemente rifiutare di entrare nel merito del suo reclamo. Su questo punto il gravame si rivela fondato. La causa dev'essere rinviata alla CRP perché esamini il reclamo per quanto attiene alla violazione del segreto d'ufficio giusta l'art. 320 CP. Posto come abbia negato l'intervenuta prescrizione dell'azione penale per tale titolo di reato, essa dovrà stabilire se il decreto di non luogo a procedere sia comunque stato emanato nel rispetto dell'art. 310 CPP, segnatamente riguardo all'eventuale inadempimento degli elementi costitutivi della violazione del segreto d'ufficio (art. 310 cpv. 1 lett. a CPP). In particolare, le spetterà vagliare se i fatti asseritamente rivelati costituissero un segreto come definito dalla giurisprudenza (v. DTF 127 IV 122 consid. 1) e se i dipendenti di B.________ possano essere qualificati di membri di un'autorità rispettivamente di funzionari ai sensi dell'art. 320 CP
 
4.   
Ne segue che, in quanto ammissibile, il ricorso merita parziale accoglimento. 
Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e sono pertanto poste parzialmente a carico dell'insorgente (art. 66 cpv. 1 LTF). Risultando in parte vincente, al ricorrente, assistito da un legale, può essere accordato un importo ridotto a titolo di ripetibili per la sede federale a carico del Cantone Ticino (art. 68 cpv. 1 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è parzialmente accolto e la sentenza impugnata è annullata. La causa è rinviata alla Corte dei reclami penali perché statuisca di nuovo sul reclamo in relazione al reato di violazione del segreto d'ufficio. Per il resto, il ricorso è respinto. 
 
2.   
Le spese giudiziarie di fr. 1'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.   
Lo Stato della Repubblica e Cantone del Ticino rifonderà al ricorrente un'indennità di fr. 1'000.-- a titolo di ripetibili per la sede federale. 
 
4.   
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Ministero pubblico e alla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 11 dicembre 2015 
 
In nome della Corte di diritto penale 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Denys 
 
La Cancelliera: Ortolano Ribordy