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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
6B_43/2022  
 
 
Sentenza del 13 gennaio 2023  
 
Corte di diritto penale  
 
Composizione 
Giudici federali Denys, Giudice presidente, 
Muschietti, van de Graaf, 
Cancelliere Gadoni. 
 
Partecipanti al procedimento 
E.________, 
patrocinato dall'avv. Gianluca Padlina, 
ricorrente, 
 
contro 
 
1. Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano, 
2. Comune di X.________, 
rappresentato dal Municipio e 
patrocinato dall'avv. Maria Galliani, 
3. Sezione del la protezione dell'aria, dell'acqua e del suolo del C antone Ticino, 
via F. Zorzi 13, 6501 Bellinzona, 
opponenti. 
 
Oggetto 
Addossamento delle spese procedurali, indennizzo e riparazione del torto morale (decreto di abbandono), 
 
ricorso contro la sentenza emanata l'11 novembre 2021 dalla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello 
del Cantone Ticino (incarto n. 60.2021.48). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
 
A.a. La B.________ SA è proprietaria a Y.________ di quattro fondi confinanti su cui sorgono un centro commerciale (C.________) e una stazione di rifornimento. L'impianto è situato nelle vicinanze di un pozzo di captazione dell'acqua potabile distribuita nel territorio del Comune di X.________ (Z.________), attivo dal 1960. La stazione di rifornimento, in funzione dal 1972, è ubicata in una zona di protezione delle acque sotterranee S3. Con contratto di locazione del 21 febbraio 2000, entrato in vigore il 1° gennaio 2001, la B.________ SA ha concesso in locazione alla E.________ la stazione di rifornimento. Membri del consiglio di amministrazione della D.________ erano segnatamente E.________ ed A.________, quest'ultimo fino al 2006. Nell'ambito di accertamenti sullo stato del suolo eseguiti nel gennaio del 2001 a seguito del cambiamento di gestione della stazione di servizio, è stata riscontrata nel terreno la presenza di olio da riscaldamento, riconducibile alla rottura avvenuta tra il 1991 e il 1993 di un tubo che collegava una cisterna esterna all'impianto di riscaldamento del centro commerciale. La Sezione della protezione dell'aria, dell'acqua e del suolo del Dipartimento del territorio del Cantone Ticino ha acconsentito all'elaborazione da parte di un'impresa incaricata da B.________ SA di un piano di risanamento della zona inquinata ed al monitoraggio della falda freatica. Il comparto è quindi stato inserito nei siti inquinati da risanare.  
 
A.b. Tra il gennaio e il febbraio del 2001, senza chiedere il rilascio di un'autorizzazione cantonale, la D.________ ha fatto modificare gli allacciamenti in condotta tra il serbatoio del carburante e le colonne della stazione di servizio, allo scopo di erogare, oltre a benzina senza piombo, anche diesel. Una prova di tenuta della pressione della condotta eseguita nell'aprile del 2001 non ha evidenziato perdite di carburanti o anomalie. In seguito, nel 2004, è stata sostituita una vecchia condotta a parete singola con una nuova a doppio mantello dotata di un sistema di allarme.  
 
B.  
Nel corso del 2008 è stata rilevata dagli apparecchi di monitoraggio la presenza di benzina nel terreno e, nel mese di luglio, il Comune di X.________ ha accertato la presenza di idrocarburi nell'acqua potabile. Il 21 luglio 2008, l'autorità comunale ha quindi emanato un avviso di non potabilità dell'acqua erogata dalla rete idrica comunale. Il giorno successivo, ha sporto una denuncia penale nei confronti di ignoti per i reati di inquinamento di acque potabili e di infrazione alla legge federale sulla protezione delle acque, del 24 gennaio 1991 (LPAc; RS 814.20). Nell'ambito del procedimento penale, in cui il Comune di X.________ si è costituito accusatore privato, il Procuratore pubblico (PP) ha aperto nel marzo del 2012 l'istruzione nei confronti di A.________ e di E.________. 
 
C.  
Dopo una serie di atti che non occorre qui evocare, con decisione dell'11 gennaio 2017 il PP ha decretato l'abbandono del procedimento penale aperto nei confronti di entrambi gli imputati per intervenuta prescrizione dell'azione penale con riferimento sia all'ipotesi di inquinamento di acque potabili commesso con negligenza sia a quella di infrazione alla LPAc. Il magistrato inquirente ha posto le spese procedurali a carico degli imputati in ragione di ½ ciascuno ed ha negato loro un indennizzo ai sensi dell'art. 429 CPP
 
D.  
Adita su reclamo da E.________ e da A.________, con due distinte sentenze del 22 dicembre 2017 la Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello (CRP) ha accolto i gravami e annullato i punti del dispositivo del decreto di abbandono concernenti l'accollamento delle spese procedurali e il diniego dell'indennizzo. Ha rinviato gli atti al PP per una nuova decisione. La Corte cantonale ha ravvisato una violazione del diritto di essere sentito sia in relazione alla decisione di addossare le spese procedurali agli imputati, sia per quanto concerne la motivazione della stessa e del diniego dell'indennità. 
 
E.  
Dopo avere sentito le parti, con decisione del 27 gennaio 2021 il PP ha nuovamente decretato l'abbandono del procedimento penale nei confronti di entrambi gli imputati, ponendo le spese procedurali, di complessivi fr. 142'018.45, a loro carico in ragione di ½ ciascuno. Il magistrato inquirente ha contestualmente negato loro un indennizzo giusta l'art. 429 CPP e li ha condannati a versare al Comune di X.________ un importo di fr. 51'319.65 ciascuno a titolo di indennizzo ai sensi dell'art. 433 CPP. Il PP non ha per contro riconosciuto un'indennità allo Stato del Cantone Ticino. 
 
F.  
Con due separate sentenze dell'11 novembre 2021, la CRP ha respinto due nuovi reclami presentati da E.________ e da A.________ contro i dispositivi del decreto di abbandono relativi alla messa a loro carico delle spese procedurali e dell'indennizzo all'accusatore privato, nonché al mancato riconoscimento di un'indennità ai sensi dell'art. 429 CPP
 
G.  
E.________ impugna questa sentenza con un ricorso in materia penale e un ricorso sussidiario in materia costituzionale del 10 gennaio 2022 al Tribunale federale, chiedendo in via principale di annullarla, di accertare la nullità del decreto di abbandono del 27 gennaio 2021, di accertare che la motivazione di tale decreto viola il principio della presunzione d'innocenza e di rinviare gli atti al PP, affinché emani una nuova decisione sulle spese procedurali e sull'indennità a favore degli imputati. In via subordinata, il ricorrente chiede di annullare la sentenza impugnata, di accertare che il decreto di abbandono viola il principio della presunzione d'innocenza e di riformarlo in diversi punti. In via ulteriormente subordinata, postula, previo annullamento del giudizio impugnato e del decreto di abbandono, il rinvio degli atti al PP per l'emanazione di una nuova decisione ai sensi dei considerandi riguardo alle spese procedurali e all'indennizzo agli imputati. 
 
H.  
Invitati ad esprimersi sul ricorso, la Corte cantonale si rimette al giudizio del Tribunale federale, mentre il PP chiede di respingere il ricorso. La Sezione della protezione dell'aria, dell'acqua e del suolo comunica che il Dipartimento del territorio sta conducendo la procedura amministrativa volta al risanamento del sito inquinato: non formula tuttavia osservazioni sul gravame, rimettendosi al giudizio del Tribunale federale. Il Comune di X.________ chiede di respingere il ricorso nella misura della sua ammissibilità. Con osservazioni del 16 dicembre 2022, il ricorrente si è confermato nelle sue conclusioni. Il Comune di X.________ ha duplicato il 30 dicembre 2022. 
 
I.  
Con decreto del 17 gennaio 2022 del Giudice presidente è stata respinta la domanda di effetto sospensivo contenuta nel ricorso. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. L'accollamento delle spese procedurali (art. 426 cpv. 2 CPP) e le pretese d'indennità previste dall'art. 429 segg. CPP fanno parte del giudizio penale e rientrano quindi nelle decisioni pronunciate in materia penale giusta l'art. 78 cpv. 1 LTF (cfr. DTF 139 IV 206 consid. 1). Rivolto contro una sentenza finale (art. 90 LTF), emanata da un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 80 cpv. 1 LTF), il ricorso in materia penale è tempestivo (art. 100 cpv. 1 in relazione con l'art. 46 cpv. 1 lett. c LTF) e di principio ammissibile. La legittimazione a ricorrere giusta l'art. 81 cpv. 1 lett. a e b n. 1 LTF è data.  
 
1.2. Poiché è aperta la via ordinaria del ricorso in materia penale, il ricorso sussidiario in materia costituzionale (art. 113 segg. LTF) non entra in considerazione ed è pertanto inammissibile.  
 
2.  
 
2.1. Conformemente a quanto stabilito dagli art. 95 e 96 LTF, il ricorso in materia penale al Tribunale federale può essere presentato per violazione del diritto. Secondo l'art. 42 cpv. 2 LTF, nel ricorso occorre spiegare per quali ragioni l'atto impugnato viola il diritto. Il ricorrente deve quindi confrontarsi con le considerazioni esposte nella sentenza impugnata, spiegando per quali motivi tale giudizio viola il diritto (DTF 142 I 99 consid. 1.7.1). Il Tribunale federale esamina in linea di principio solo le censure sollevate; esso non è tenuto a vagliare, come lo farebbe un'autorità di prima istanza, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se quest'ultime non sono presentate nella sede federale (DTF 134 II 244 consid. 2.1). Le esigenze di motivazione sono inoltre accresciute laddove il ricorrente lamenta l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove, dato che ciò equivale a sostenere che i fatti sono stati accertati in violazione dell'art. 9 Cost. Trattandosi di garanzie di rango costituzionale, il Tribunale federale esamina le relative censure soltanto se sono motivate in modo chiaro e preciso (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 146 IV 114 consid. 2.1; 143 IV 500 consid. 1.1; 142 III 364 consid. 2.4). In quest'ottica, argomentazioni vaghe o meramente appellatorie e semplici rinvii agli atti cantonali non sono ammissibili (DTF 143 IV 122 consid. 3.3; 142 III 364 consid. 2.4). Per motivare l'arbitrio, non basta criticare semplicemente la decisione impugnata contrapponendole una versione propria, ma occorre dimostrare per quale motivo l'accertamento dei fatti o la valutazione delle prove sono manifestamente insostenibili, si trovano in chiaro contrasto con la fattispecie, si fondano su una svista manifesta o contraddicono in modo urtante il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 145 IV 154 consid. 1.1; 143 IV 241 consid. 2.3.1; 129 I 173 consid. 3.1, 8 consid. 2.1).  
 
2.2. Nella misura in cui il ricorrente critica in modo generale la decisione impugnata, senza confrontarsi specificatamente con i considerandi della stessa, spiegando con una motivazione puntuale per quali ragioni violerebbero il divieto dell'arbitrio o determinate disposizioni legali, il gravame non adempie gli esposti requisiti di motivazione e non può quindi essere vagliato nel merito. In particolare, l'esposto dell'iter del procedimento penale nella parte "in fatto" (ricorso da pag. 17 a pag. 54) non è per sua natura idoneo a correggere o a precisare gli accertamenti contenuti nella sentenza impugnata, dei quali non è sostanziata l'arbitrarietà (cfr. sentenze 1C_534/2021 del 24 agosto 2022 consid. 2.2; 1C_118/2021 dell'11 marzo 2022 consid. 2.2 e rinvio). Il ricorrente espone le sue considerazioni sulle possibili cause dell'inquinamento, concludendo che la perdita di carburante proverrebbe da una colonna di distribuzione dismessa prima della gestione della stazione di servizio da parte di D.________ e sarebbe perciò antecedente il 2001. Egli fornisce una sua versione ed interpretazione dei rapporti specialistici, ma non si fonda su specifici accertamenti di fatto contenuti nella sentenza impugnata e non li sostanzia quindi d'arbitrio con una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 106 cpv. 2 LTF. Disattende che le autorità penali non hanno per finire determinato la causa specifica dell'inquinamento, giacché il procedimento penale è terminato con un decreto di abbandono a seguito dell'intervenuta prescrizione dell'azione penale. Né il PP né la CRP hanno ritenuto il ricorrente penalmente colpevole dell'inquinamento. L'oggetto del litigio in questa sede è circoscritto alla questione dell'accollamento delle spese procedurali e del rifiuto di un indennizzo, in particolare al quesito di sapere se la CRP ha ritenuto a ragione o meno che il ricorrente avesse provocato in modo illecito e colpevole l'apertura del procedimento penale (cfr. art. 426 cpv. 2 e 430 cpv. 1 lett. a CPP). Nella misura in cui esulano dall'oggetto del litigio, le censure ricorsuali sono inammissibili.  
 
3.  
 
3.1. Il ricorrente fa valere la violazione dell'art. 56 lett. b e f CPP e degli art. 29 e 30 Cost. nonché dell'art. 6 n. 1 e 3 CEDU. Lamenta la mancata ricusa del Giudice Nicola Respini, attuale Presidente della CRP. Sostiene che la Corte cantonale avrebbe dovuto informarlo della nuova composizione della Corte giudicante dopo che il precedente Presidente della CRP (Giudice Mauro Mini), che aveva diretto lo scambio degli scritti, aveva lasciato la magistratura alla fine del mese di agosto del 2021. Il ricorrente rileva come, in precedenza, il Giudice Respini rivestisse la carica di Procuratore generale sostituto e, prima ancora, fino al 2018, quella di Procuratore capo. Sostiene che, in tali funzioni dirigenziali in seno al Ministero pubblico, il magistrato è stato certamente coinvolto nel procedimento penale in esame, trattandosi di un caso che ha avuto un forte eco mediatico e conseguenze finanziarie importanti. Secondo il ricorrente, in simili circostanze, potevano sorgere dubbi sull'imparzialità e l'indipendenza del nuovo Presidente della CRP, confermati dal fatto che i considerandi della sentenza impugnata si scosterebbero da quelli del precedente giudizio del 22 dicembre 2017.  
 
3.2. L'art. 56 CPP enumera, alle lettere a-e, specifici motivi di ricusazione per chi opera in seno a un'autorità penale, in particolare se ha partecipato alla medesima causa in altra veste, segnatamente come membro di un'autorità, patrocinatore di una parte, perito o testimone (cfr. lett. b). La nozione di "medesima causa" deve essere intesa in modo formale e presuppone un'identità delle parti, della procedura e delle questioni litigiose (DTF 143 IV 69 consid. 3.1).  
L'art. 56 lett. f CPP impone per contro la ricusazione a chi per altri motivi, segnatamente a causa di rapporti di amicizia o di inimicizia con una parte o con il suo patrocinatore, potrebbe avere una prevenzione nella causa. Si tratta di una clausola generale, nella quale rientrano tutti i motivi di ricusazione non espressamente previsti nelle lettere precedenti (DTF 141 IV 178 consid. 3.2.1). Essa corrisponde alla garanzia di un tribunale indipendente e imparziale sancita dagli art. 30 cpv. 1 Cost. e 6 n. 1 CEDU (DTF 143 IV 69 consid. 3.2). Vieta l'influsso sulla decisione di circostanze estranee al processo, che potrebbero privarlo della necessaria oggettività a favore o a pregiudizio di una parte. La semplice affermazione di parzialità basata su sentimenti soggettivi non è sufficiente per fondare un dubbio legittimo di parzialità, il quale deve apparire oggettivamente giustificato (DTF 147 III 379 consid. 2.3.1 e rinvii; 133 II 384 consid. 4.1). La parte che intende chiedere la ricusazione di una persona che opera in seno a un'autorità penale deve presentare senza indugio la relativa domanda (cfr. art. 58 cpv. 1 CPP). Ciò non implica tuttavia che la composizione dell'autorità giudicante deve essere previamente comunicata in modo espresso alle parti, essendo sufficiente che i membri della stessa siano indicati in una fonte pubblicamente accessibile, come per esempio l'annuario ufficiale cantonale o la pagina internet dell'autorità adita. In tal caso, si presume che l'interessato, a maggior ragione se assistito da un avvocato, conosca per lo meno la composizione ordinaria della Corte (DTF 140 I 271 consid. 8.4.3; 139 III 120 consid. 3.2.1). 
 
3.3. Il ricorrente, patrocinato da un avvocato, non sostiene ch'egli non potesse conoscere, segnatamente consultando la pagina internet delle autorità giudiziarie del Cantone Ticino, la composizione ordinaria della CRP, nel frattempo regolarmente presieduta dal Giudice Respini. Quanto al prospettato motivo di ricusa, non risulta che l'attuale Presidente della CRP abbia partecipato allo stesso procedimento penale in veste di Procuratore pubblico. Il fatto ch'egli svolgesse pure la funzione di Procuratore generale sostituto, e in precedenza quella di Procuratore pubblico capo, non è sotto questo profilo determinante e non fonda di per sé un motivo di ricusazione. Ciò in particolare ove si consideri che ogni Procuratore pubblico agisce autonomamente nell'ambito dei procedimenti di sua competenza (cfr. art. 67 cpv. 6 della legge ticinese sull'organizzazione giudiziaria, del 10 maggio 2006 [LOG; RL 177.100]). I compiti del Procuratore generale sostituto e del Procuratore pubblico capo concernono essenzialmente la direzione e l'organizzazione delle sezioni, rispettivamente delle sottosezioni, specializzate per materia (cfr. art. 65 cpv. 2 e 67 cpv. 5 LOG). Non implicano un intervento nell'inchiesta svolta effettivamente da un altro PP. Per il resto, il ricorrente non sostanzia circostanze concrete idonee a suscitare un'apparenza di prevenzione e a far sorgere un rischio di parzialità, tale da poter giustificare la ricusazione del Presidente della Corte cantonale. Egli si limita essenzialmente ad addurre che la sentenza impugnata si scosterebbe da quella precedente, del 22 dicembre 2017. Premesso che, nel suo primo giudizio, la CRP aveva essenzialmente ravvisato una violazione del diritto di essere sentito e aveva quindi formalmente rinviato gli atti al PP per una nuova decisione sulle spese procedurali e sulle pretese d'indennità degli imputati, eventuali considerazioni erronee nel nuovo giudizio sono censurabili mediante il rimedio di diritto esperito. Non costituiscono di principio un motivo di ricusazione, né fondano un sospetto di parzialità dell'attuale Presidente della CRP. Soltanto errori particolarmente gravi o ripetuti, che costituiscono violazioni gravi dei doveri del giudice, potrebbero eventualmente giustificare una ricusazione del magistrato (cfr. DTF 143 IV 69 consid. 3.2; 141 IV 178 consid. 3.2.3). Simili estremi non sono tuttavia ravvisabili nella fattispecie, né seriamente addotti dal ricorrente. Nella misura in cui è ammissibile, la censura è quindi infondata.  
 
4.  
 
4.1. Invocando gli art. 9 e 29 cpv. 2 Cost. il ricorrente lamenta una motivazione insufficiente della sentenza impugnata. Rimprovera alla Corte cantonale di non essersi pronunciata né sulle censure sollevate, benché chiaramente individuate e riassunte nella sentenza impugnata, né sui documenti prodotti con il reclamo. Sostiene in particolare che i referti peritali relativi alla procedura del risanamento del sito inquinato smentirebbero quelli dei periti giudiziari nel procedimento penale.  
 
4.2. Il diritto di essere sentito (art. 107 CPP, art. 29 cpv. 2 Cost.) comprende l'obbligo per il giudice di motivare le sue decisioni (DTF 139 IV 179 consid. 2.2; sentenza 6B_62/2021 del 3 maggio 2022 consid. 2.2). Questa garanzia esige che l'autorità si confronti con le censure sollevate e le esamini seriamente, dando atto di questo esame nella motivazione della sua decisione (DTF 144 IV 386 consid. 2.2.3; 142 IV 245 consid. 4.3). La motivazione è sufficiente quando gli interessati possono cogliere la portata della decisione e, se del caso, impugnarla con cognizione di causa, permettendo altresì all'istanza di ricorso di esaminarne la fondatezza. L'autorità deve quindi almeno succintamente esporre le argomentazioni su cui si è fondata; non occorre che esamini espressamente ogni allegazione in fatto e in diritto sollevata, potendosi limitare ai punti rilevanti per il giudizio (DTF 146 IV 297 consid. 2.2.7; 144 IV 386 consid. 2.2.3; 142 IV 245 consid. 4.3; 141 IV 249 consid. 1.3.1 e rinvii). Dal profilo formale, la garanzia del diritto di essere sentito è rispettata anche se la motivazione risulta da rinvii (cfr. sentenza 1C_416/2021 del 30 giugno 2022 consid. 4.2).  
 
4.3. Come visto, le precedenti istanze hanno riconosciuto che le cause dell'inquinamento non sono state chiaramente determinate. L'abbandono del procedimento penale è fondato sull'intervenuta prescrizione dell'azione penale e l'oggetto del litigio concerne esclusivamente le questioni delle spese procedurali e degli indennizzi. Sotto questi aspetti, la decisione della Corte cantonale è sufficientemente motivata, siccome si esprime sui punti rilevanti per il giudizio, esponendo le ragioni per cui si giustificava di porre le spese procedurali parzialmente a carico del ricorrente e di negargli un'indennità. La CRP non era tenuta ad esprimersi su ogni censura sollevata, né sulle singole prove addotte, che ha implicitamente respinto ritenendole irrilevanti per il giudizio. Il ricorrente adduce che i rapporti specialistici prodotti dinanzi alla Corte cantonale smentirebbero il contenuto di quelli dei periti giudiziari. Tuttavia, come già detto, la decisione impugnata, relativa alle spese procedurali e alle indennità, non stabilisce le cause dell'inquinamento e non si fonda quindi su specifiche risultanze peritali. La CRP poteva perciò rinunciare ad approfondire i referti prodotti dal ricorrente sulla base di un apprezzamento anticipato della loro irrilevanza. La portata della sentenza impugnata è in ogni caso stata compresa dal ricorrente, che l'ha contestata in questa sede con cognizione di causa. La censura deve pertanto essere respinta nella misura della sua ammissibilità.  
 
5.  
 
5.1. Il ricorrente lamenta un'ulteriore violazione del diritto di essere sentito per il fatto che le accuse nei suoi confronti non sarebbero state formulate in modo sufficientemente chiaro e preciso, non essendo stato informato tempestivamente delle disposizioni della LPAc e non essendogli stata offerta la possibilità di esprimersi sulle stesse nell'ambito di un interrogatorio finale ai sensi dell'art. 317 CPP. Adduce in particolare che non gli sarebbero state contestate tempestivamente le pertinenti disposizioni della LPAc, dell'Ordinanza del 1° luglio 1998 contro l'inquinamento delle acque con liquidi nocivi (Oliq; RU 1998 2019) e dell'Ordinanza del 26 agosto 1998 sul risanamento dei siti inquinati (OSiti; RS 814.680). Sostiene inoltre che non gli sarebbe stata concessa la facoltà di pronunciarsi, prima dell'emanazione del decreto di abbandono, sul prospettato accollamento delle spese procedurali e sul diniego dell'indennizzo.  
 
5.2. Dopo l'emanazione della sentenza del 22 dicembre 2017 della CRP, il 5 novembre 2018 il PP ha nuovamente comunicato al ricorrente la chiusura dell'istruzione penale, preannunciandogli di nuovo l'abbandono del procedimento penale e prospettandogli l'addossamento delle spese procedurali per avere provocato in modo illecito e colpevole l'apertura del procedimento. Richiamando gli art. 426 e 429 segg. CPP, gli ha assegnato un termine per pronunciarsi al riguardo e per presentare eventuali pretese d'indennità. Risulta quindi che il ricorrente ha avuto la possibilità di esprimersi sulla questione di un suo eventuale agire illecito con riferimento all'avvio del procedimento, il quale non poteva che essere riconducibile ad un'eventuale violazione delle prescrizioni del diritto amministrativo in materia di protezione delle acque. L'interrogatorio del ricorrente del 30 marzo 2012 verteva infatti sull'inquinamento da carburante riscontrato presso la stazione di servizio e, contrariamente alla sua asserzione, in tale contesto gli sono state prospettate determinate prescrizioni della Oliq applicabili all'impianto. Premesso che dal diritto di essere sentito non deriva di massima la facoltà per le parti di esprimersi preventivamente sull'argomentazione giuridica prospettata dall'autorità (DTF 145 I 167 consid. 4.1; 132 II 485 consid. 3.2 e 3.4), questa garanzia non è stata in concreto disattesa dalle autorità penali cantonali. Il ricorrente ha infatti potuto esprimersi prima dell'emanazione del decreto di abbandono del 27 gennaio 2021 sulle questioni dell'accollamento delle spese procedurali (art. 426 cpv. 2 CPP) e conseguentemente sul possibile diniego di un indennizzo (art. 430 cpv. 1 lett. a CPP). Nella misura in cui non gli è stato addebitato di essere colpevole di un'infrazione penale, i diritti di difesa del ricorrente dall'accusa penale non sono qui in discussione. Peraltro, l'art. 317 CPP, secondo cui prima della chiusura dell'istruzione il PP sottopone l'imputato a un interrogatorio finale, non costituisce una disposizione imperativa, bensì una prescrizione d'ordine (sentenza 6B_98/2016 del 9 settembre 2016 consid. 3.4.2). In considerazione dell'abbandono del procedimento penale, il mancato svolgimento di un interrogatorio finale non gli ha comunque causato alcun pregiudizio processuale.  
 
6.  
 
6.1. Invocando un accertamento arbitrario dei fatti, il ricorrente sostiene di essere stato estraneo ai lavori eseguiti nel 2001, giacché, come risulterebbe dal verbale di interrogatorio del 30 marzo 2012, il PP gli avrebbe mosso degli addebiti solo per le sue azioni od omissioni a partire dal 2003. Adduce inoltre che le altre parti nel procedimento penale non avrebbero menzionato un suo coinvolgimento in relazione con tali lavori. Secondo il ricorrente, gli interventi effettuati nel 2001 presso la stazione di rifornimento non avrebbero riguardato delle installazioni interrate. Richiamando uno stralcio del verbale di interrogatorio del responsabile dell'impresa che ha svolto le operazioni, adduce che sarebbero stati modificati unicamente gli attacchi alle colonne, senza eseguire scavi. Ritiene quindi che la natura dei lavori sarebbe stata accertata in modo manifestamente inesatto dai giudici cantonali. Il ricorrente rileva inoltre che gli interventi eseguiti nel periodo dal febbraio all'aprile del 2001 sono stati notificati all'autorità cantonale (Sezione della protezione dell'aria, dell'acqua e del suolo) dall'impresa che li ha eseguiti. Sostiene che l'autorità cantonale era informata dell'introduzione del carburante diesel, essendo stato effettuato un controllo della tenuta delle corrispondenti condotte, che erano risultate stagne. Secondo il ricorrente, se tali lavori avessero necessitato il rilascio di un'autorizzazione, l'autorità cantonale avrebbe dovuto richiedere l'inoltro di una domanda di costruzione in sanatoria.  
 
6.2. La Corte cantonale ha accertato che, nel periodo tra il febbraio e l'aprile del 2001, la D.________ ha fatto modificare gli allacciamenti in condotta tra il serbatoio di carburante e le colonne di distribuzione della stazione di rifornimento senza chiedere il rilascio di un'autorizzazione cantonale. Nell'ambito di questa modifica, volta a permettere anche l'erogazione di carburante diesel, è stata in particolare allacciata una condotta preesistente per la benzina, già presente nel terreno, costituita da un tubo a fodera Kalidur senza sistema di allarme.  
 
6.3. Con le esposte argomentazioni, di natura appellatoria, il ricorrente si limita ad esporre una sua versione dei fatti, ma non sostanzia d'arbitrio gli esposti accertamenti con una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 106 cpv. 2 LTF. La tesi secondo cui il perseguimento penale nei suoi confronti sarebbe stato limitato agli atti commessi dopo il 2003 non trova riscontro nel verbale d'interrogatorio da lui citato. Nello stesso, il PP ha in effetti fatto esplicito riferimento anche alla circostanza secondo cui i lavori eseguiti nel 2001 non sono stati oggetto di una domanda di autorizzazione. La data del 2003, evidenziata dal ricorrente, è essenzialmente stata indicata nel citato verbale in relazione con il momento in cui ha assunto l'intero pacchetto azionario di D.________ ed è stato nominato alla carica di Presidente del consiglio di amministrazione della società. Anche negli anni precedenti, segnatamente nel 2001, il ricorrente era però membro del consiglio di amministrazione. Più oltre nel ricorso (a pag. 98), il ricorrente sostiene che, secondo il responsabile dell'impresa intervenuta (G.________), i lavori di sostituzione delle condotte sarebbero stati commissionati dalla B.________ SA, proprietaria dell'impianto. Nuovamente egli non sostanzia tuttavia l'arbitrio con una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 106 cpv. 2 LTF. In base al contenuto del verbale d'interrogatorio del 28 marzo 2012 di G.________, richiamato dalla CRP, risulta che le modifiche eseguite nel 2001 sono state effettuate dall'impresa in questione per conto di D.________, già sua cliente, alla quale le prestazioni sono poi state fatturate.  
Laddove sostiene che i lavori effettuati nel 2001 non avrebbero comportato opere di scavo, il ricorrente disattende che le modifiche degli allacciamenti hanno interessato delle condotte interrate preesistenti ed hanno altresì implicato un cambiamento del tipo di carburante distribuito. L'argomentazione ricorsuale non inficia d'arbitrio l'accertamento della CRP, vincolante per il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF), secondo cui con la modifica era in particolare stata allacciata "una vecchia condotta in disuso, già presente nel terreno, dotata di tubo a fodera Kalidur senza sistema di allarme". Quanto al fatto che l'autorità cantonale fosse a conoscenza dei lavori e non abbia preteso la presentazione di una domanda di costruzione in sanatoria, ciò non inficia d'arbitrio l'accertamento secondo cui le modifiche degli allacciamenti sono state eseguite senza chiedere il rilascio di un'autorizzazione cantonale. Le censure ricorsuali non sostanziano arbitrio alcuno e non devono quindi essere vagliate oltre.  
 
7.  
 
7.1. Sempre in tema di accertamento arbitrario dei fatti, il ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto prospettato dalla Corte cantonale, la modifica dell'impianto non avrebbe contemporaneamente imposto il risanamento del sito inquinato. Adduce inoltre considerazioni riguardanti l'indagine dettagliata eseguita nell'ambito della procedura di risanamento per valutarne gli obiettivi e l'urgenza.  
 
7.2. Con tali argomentazioni, il ricorrente non fa tuttavia valere l'accertamento arbitrario di determinati fatti, ma lamenta in sostanza la violazione dell'art. 3 lett. b OSiti. La procedura di risanamento del sito inquinato esula tuttavia dall'oggetto del presente litigio, sicché gli argomenti addotti dal ricorrente in tale contesto non devono essere esaminati in questa sede. Ai fini del presente giudizio, è sufficiente rilevare che l'impianto di rifornimento in questione sorge su un sito inquinato soggetto a risanamento. Questo accertamento, confermato dall'autorità cantonale nella risposta al ricorso, non è censurato d'arbitrio ed è vincolante per il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF).  
 
7.3. Il gravame è parimenti inammissibile laddove il ricorrente sostiene che la Corte cantonale non avrebbe considerato il fatto che le condotte sono state controllate diverse volte e sono sempre risultate stagne. Con questa argomentazione egli non censura arbitrio alcuno. La CRP non ha negato ch'erano stati effettuati dei controlli da cui non sono emerse perdite di carburante. Alla luce del mancato rilascio di un'autorizzazione che approvasse le modifiche eseguite presso l'impianto di rifornimento, non ha tuttavia considerato la circostanza decisiva per il giudizio.  
 
8.  
 
8.1. A titolo abbondanziale, la CRP ha rilevato che l'11 agosto 2008 era stato riscontrato un posizionamento non corretto di una sonda di controllo della stazione di rifornimento. Ha ritenuto che i risultati dei controlli eseguiti da D.________ potessero essere inaffidabili, siccome basati su dati errati.  
 
8.2. Il ricorrente critica l'accertamento relativo alla posizione della sonda, adducendo ch'esso sarebbe stato dedotto da una fotografia in cui in realtà la sonda non sarebbe raffigurata, trovandosi fuori dall'inquadratura. La questione non deve essere approfondita in questa sede poiché l'argomentazione è stata addotta dalla CRP soltanto sommariamente e a titolo abbondanziale. Il comportamento rimproverato al ricorrente riguarda essenzialmente l'omessa richiesta del rilascio dell'autorizzazione per modificare l'impianto. La Corte cantonale non gli ha per contro chiaramente addebitato una specifica violazione di determinati obblighi di controllo.  
 
9.  
 
9.1. Nella parte relativa alla violazione del diritto federale, il ricorrente sostiene che tra i lavori eseguiti nel 2001 e l'inquinamento rilevato nel 2008 non esisterebbe un nesso di causalità naturale, siccome i lavori hanno riguardato la condotta del diesel, mentre l'inquinamento concerne la benzina.  
 
9.2. La censura concerne in realtà nuovamente l'accertamento dei fatti e, come tale, può essere esaminata dal Tribunale federale solo sotto il profilo ristretto dell'arbitrio (cfr. sentenza 6B_776/2009 del 31 maggio 2010 consid. 4.2). Il ricorrente non sostanzia tuttavia d'arbitrio specifici accertamenti contenuti nella sentenza impugnata. Disattende che la causa dell'inquinamento e la sua datazione non sono per finire state accertate dalle precedenti istanze, il procedimento penale essendo stato abbandonato essenzialmente per l'intervenuta prescrizione dell'azione penale. La Corte cantonale ha riconosciuto che l'inquinamento rilevato nel 2008 concerneva essenzialmente benzina e non diesel. Ciò non esclude però ch'esso abbia avuto origine dalle condotte della stazione di rifornimento che erogava appunto anche benzina e non soltanto diesel. Il ricorrente omette altresì di considerare che prima della modifica dell'allacciamento era erogata esclusivamente benzina.  
 
10.  
 
10.1. Il ricorrente lamenta la violazione degli art. 423 e 426 CPP nonché del principio della presunzione di innocenza. Sostiene che non sarebbero date le condizioni per accollargli le spese procedurali, le quali andrebbero invece assunte dallo Stato. Ritiene inoltre che la Corte cantonale avrebbe lasciato chiaramente intendere ch'egli e il coimputato sarebbero colpevoli dell'inquinamento riscontrato presso il Z.________ nel 2008.  
 
10.2. L'art. 423 cpv. 1 CPP prevede che, fatte salve le disposizioni derogatorie del CPP, le spese procedurali sono sostenute dalla Confederazione o dal Cantone che ha condotto il procedimento. Giusta l'art. 426 cpv. 2 CPP, in caso di abbandono del procedimento o di assoluzione, le spese procedurali possono essere addossate in tutto o in parte all'imputato se, in modo illecito e colpevole, ha provocato l'apertura del procedimento o ne ha ostacolato lo svolgimento. Si tratta della disposizione corrispondente, in materia di spese procedurali, all'art. 430 cpv. 1 lett. a CPP, che consente di rifiutare o di ridurre l'indennità all'imputato. Tra la regolamentazione degli oneri processuali e quella dell'indennizzo esiste quindi una certa corrispondenza. Se i primi sono posti a carico dell'imputato, di regola non si assegnano indennizzi. Un'indennità entra per contro in considerazione, di massima in una proporzione analoga, nella misura in cui le spese procedurali sono assunte interamente o in parte dallo Stato (DTF 147 IV 47 consid. 4.1; 145 IV 268 consid. 1.2 pag. 272; 144 IV 207 consid. 1.8.2; 137 IV 352 consid. 2.4.2).  
L'art. 430 cpv. 1 lett. a CPP prevede che l'autorità penale può ridurre o non accordare l'indennizzo o la riparazione del torto morale se l'imputato ha provocato in modo illecito e colpevole l'apertura del procedimento penale o ne ha ostacolato lo svolgimento. Secondo la giurisprudenza relativa agli art. 32 cpv. 1 Cost. e 6 n. 2 CEDU in materia di accollamento delle spese procedurali a carico dell'imputato prosciolto, il principio della presunzione di innocenza, sancito anche dall'art. 10 cpv. 1 CPP, è considerato violato quando, nell'ambito del giudizio sull'indennità, gli venga direttamente o indirettamente rimproverato di essere colpevole di un'infrazione penale (DTF 144 IV 202 consid. 2.2; 116 Ia 162 consid. 2e). Il rifiuto o la riduzione dell'indennità sono per contro compatibili con la Costituzione e la Convenzione quando l'interessato dal punto di vista giuridico abbia provocato l'apertura del procedimento penale o ne abbia complicato lo svolgimento con un comportamento riprovevole e colpevole sotto il profilo del diritto civile, chiaramente lesivo di una regola giuridica. Tale comportamento deve inoltre essere in relazione di causalità con le spese procedurali provocate (DTF 147 IV 47 consid. 4.1; 144 IV 202 consid. 2.2; 119 Ia 332 consid. 1b; 116 Ia 162 consid. 2). Il giudice deve riferirsi ai principi generali della responsabilità per atti illeciti (DTF 116 Ia 162 consid. 2c) e fondare il suo giudizio su fatti incontestati o chiaramente stabiliti (DTF 112 Ia 371 consid. 2a in fine). Per determinare se il comportamento in questione giustifichi la riduzione dell'indennità, deve prendere in considerazione ogni norma giuridica appartenente al diritto federale o cantonale, pubblico, privato o penale, scritto o non scritto (DTF 144 IV 202 consid. 2.2; 116 Ia 162 consid. 2c). 
 
10.3. Il Tribunale federale esamina liberamente se la decisione sulle spese procedurali contiene un rimprovero diretto o indiretto di una colpevolezza penale nei confronti dell'imputato, rispettivamente se questi, violando una norma di comportamento, ha provocato in modo illecito e colpevole l'apertura del procedimento penale. I relativi accertamenti di fatto sono vagliati dal Tribunale federale sotto il profilo ristretto dell'arbitrio (sentenze 6B_1119/2021 del 6 ottobre 2022 consid. 2.3.3; 6B_3/2021 del 24 giugno 2022 consid. 4.3.2).  
 
10.4. La Corte cantonale ha rilevato che secondo l'art. 22 cpv. 2 LPAc nella versione in vigore fino al 31 dicembre 2006 (vLPAc), per la costruzione, la modificazione o l'ampliamento di impianti contenenti liquidi inquinanti, era necessaria un'autorizzazione dell'autorità cantonale. Ha altresì osservato che la stazione di rifornimento in questione soggiaceva alla Oliq, in vigore dal 1° gennaio 1999 (art. 29 Oliq) al 31 dicembre 2006 (RU 2006 4291), costituendo un impianto che conteneva liquidi nocivi, segnatamente in quanto piazzola di travaso ai sensi dell'art. 1 cpv. 1 lett. b e 2 cpv. 6 lett. b Oliq. L'art. 10 cpv. 1 Oliq esplicitava l'obbligo di autorizzazione previsto dall'art. 22 cpv. 2 vLPAc. La CRP ha inoltre richiamato in particolare l'art. 4 cpv. 1 Oliq, secondo cui chi costruisce, modifica, riempie o mette fuori servizio un impianto, chi rimuove difetti agli impianti o controlla il funzionamento delle apparecchiature e chi fabbrica elementi di impianto deve attenersi allo stato della tecnica. Ha poi fatto riferimento agli obblighi per il detentore dell'impianto di adottare misure intese ad evitare fughe di liquidi (art. 5 Oliq), segnatamente all'esigenza di adottare misure di protezione che offrano garanzia per la facile scoperta delle fughe di liquidi e la loro ritenuta da condotte interrate (art. 7 cpv. 1 lett. d Oliq). Ha al riguardo richiamato pure l'art. 7 cpv. 2 lett. d Oliq, secondo cui le lunghe condotte interrate, dalle quali il liquido può fuoriuscire in caso di perdite, devono disporre di pareti doppie nel quale lo spazio intermedio sia sorvegliato mediante un sistema indicatore di perdite.  
La Corte cantonale ha stabilito che la modifica delle condotte della stazione di rifornimento fatta eseguire da D.________ nel periodo tra il gennaio e l'aprile del 2001 necessitava l'autorizzazione dell'autorità cantonale ai sensi degli art. 22 cpv. 2 vLPAc e 10 cpv. 1 Oliq. Ha precisato che l'intervento doveva attenersi allo stato della tecnica (art. 4 cpv. 1 Oliq), in particolare, trattandosi di condotte interrate dalle quali il carburante poteva fuoriuscire in caso di perdite, le stesse dovevano disporre di pareti doppie nel quale lo spazio intermedio fosse sorvegliato mediante un sistema indicatore di perdite (art. 7 cpv. 2 lett. d Oliq). La precedente istanza ha inoltre accertato che, dopo l'inquinamento da olio di riscaldamento scoperto nel 2001, l'autorità cantonale aveva iscritto il comparto nei siti inquinati da risanare giusta l'art. 2 cpv. 3 OSiti. Ha quindi rilevato che, in virtù dell'art. 3 lett. b OSiti, il sito inquinato poteva essere modificato mediante il cambiamento degli allacciamenti in condotta soltanto se il suo futuro risanamento non diventava sostanzialmente più difficile in seguito al progetto o, nella misura in cui fosse modificato dal progetto, veniva contemporaneamente risanato. 
La CRP ha ritenuto che, omettendo di chiedere il rilascio di un'autorizzazione per la modifica dell'impianto, il ricorrente aveva violato gli art. 22 cpv. 2 vLPAc e 10 cpv. 1 Oliq. Gli ha altresì rimproverato di avere violato gli art. 4 cpv. 1 e 7 cpv. 2 lett. d Oliq, siccome nel modificare gli allacciamenti un tratto di condotta non era stato adeguato allo stato della tecnica: era infatti stata allacciata una vecchia condotta in disuso, già presente nel terreno, costituita da un tubo a fodera Kalidur senza sistema di allarme, invece di sostituirla con una condotta a doppia parete dotata di un sistema indicatore di perdite per sorvegliare lo spazio intermedio. La Corte cantonale ha altresì ravvisato una violazione dell'art. 3 lett. b OSiti nella misura in cui, con la modifica dell'impianto, non è stato contestualmente risanato il sito inquinato. Secondo la CRP, dette violazioni, di cui il ricorrente era consapevole, hanno comportato un rischio di perdita di carburante e conseguentemente un pericolo di inquinamento del terreno, tali da giustificare l'apertura del procedimento penale e dell'istruzione nei suoi confronti. I giudici cantonali hanno quindi confermato l'accollamento delle spese procedurali al ricorrente (art. 426 cpv. 2 CPP) e, di riflesso, il diniego di un indennizzo a suo favore (art. 430 cpv. 1 lett. a CPP). 
 
10.5. Il ricorrente non si confronta puntualmente con le esposte argomentazioni della CRP e non fa valere, con una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 42 cpv. 2 LTF, una violazione delle citate disposizioni del diritto federale in materia di protezione delle acque. Egli sostiene essenzialmente che la Corte cantonale avrebbe violato il principio della presunzione di innocenza, siccome avrebbe lasciato intendere ch'egli sarebbe colpevole dell'inquinamento. Tuttavia, la precedente istanza non gli ha rimproverato di essere colpevole di un'infrazione penale per avere causato l'inquinamento, bensì di avere disatteso le norme di natura amministrativa in materia di impianti contenenti liquidi inquinanti, in particolare di non avere chiesto l'autorizzazione cantonale prevista dall'art. 22 cpv. 2 vLPAc e dall'art. 10 cpv. 1 Oliq. Queste disposizioni imponevano di ottenere previamente il rilascio di un permesso al fine di evitare possibili danni alle acque a seguito di interventi non approvati eseguiti su impianti contenenti liquidi inquinanti.  
In concreto è accertato che gli allacciamenti in condotta sono stati modificati senza chiedere il rilascio dell'autorizzazione cantonale. È inoltre stata collegata, per l'erogazione del carburante diesel, una condotta preesistente utilizzata per la distribuzione di benzina che non era più conforme allo stato della tecnica. La mancata presentazione della domanda ha comportato che l'autorità amministrativa non ha potuto compiutamente esaminare se il progetto, riguardante una modifica rilevante dell'impianto di distribuzione, rispettava le esigenze in materia di protezione delle acque e verificare se del caso la conformità dell'intervento allo stato della tecnica. Ciò a maggior ragione ove si consideri che, secondo gli accertamenti vincolanti della Corte cantonale (art. 105 cpv. 1 LTF), l'impianto sorgeva in un sito inquinato soggetto a risanamento, ove una trasformazione è ammessa a condizioni restrittive (cfr. art. 3 OSiti). In tali circostanze, omettendo di chiedere il rilascio dell'autorizzazione prevista dall'art. 22 cpv. 2 vLPAc, il ricorrente ha agito in modo illecito e colpevole. Quale organo di una società attiva nel commercio e nella distribuzione di carburanti, il ricorrente doveva avvedersi dell'esigenza del suddetto permesso, segnatamente ove si consideri che non si trattava di una modifica d'importanza minima, ma di un cambiamento rilevante degli allacciamenti esistenti, che ha interessato anche il tipo di carburante erogato. La situazione di incertezza creata attuando un intervento non autorizzato su un impianto contenente liquidi potenzialmente inquinanti, suscettibili di essere all'origine dell'inquinamento concretamente rilevato, costituiva una causa adeguata per l'apertura del procedimento penale e per le conseguenti spese procedurali. Ne segue che la decisione di accollare al ricorrente le spese procedurali in applicazione dell'art. 426 cpv. 2 CPP non viola il diritto. 
 
11.  
 
11.1. Il ricorrente sostiene che la procedura per il rilascio dell'autorizzazione sarebbe disciplinata dal diritto cantonale, segnatamente dagli art. 80 e 81 della legge d'applicazione della legge federale contro l'inquinamento delle acque, del 2 aprile 1975 (LALCIA; RL 833.100). Adduce che l'autorità cantonale avrebbe dovuto applicare le prescrizioni edilizie, ordinando la sospensione dei lavori e la presentazione di una domanda di costruzione in sanatoria.  
 
11.2. L'art. 80 cpv. 1 LALCIA prevede che per la costruzione, la ricostruzione, il riattamento e l'ampliamento di edifici e impianti di ogni genere e per ogni intervento che possa avere effetto sulle acque deve essere chiesto preventivamente il permesso. Secondo l'art. 81 cpv. 1 LALCIA, se il progetto è sottoposto all'obbligo di ottenere l'autorizzazione cantonale di costruzione, il permesso è concesso dal Dipartimento competente giusta la legge edilizia, con l'approvazione del Servizio tecnico.  
L'eventuale violazione del diritto cantonale non costituisce un motivo di ricorso in quanto tale ed è esaminata dal Tribunale federale sotto il profilo ristretto dell'arbitrio (DTF 145 I 108 consid. 4.4.1 e rinvii). Limitandosi a richiamare la possibilità di presentare una domanda di costruzione in sanatoria sulla base del diritto edilizio cantonale, il ricorrente non sostanzia un'applicazione manifestamente insostenibile di specifiche disposizioni in tal senso con una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 106 cpv. 2 LTF. Sta di fatto che, come visto, gli art. 22 cpv. 2 vLPAc e 10 cpv. 1 Oliq imponevano l'ottenimento di un'autorizzazione cantonale, che in concreto il ricorrente non ha chiesto, violando quindi le prescrizioni del preminente diritto federale. La circostanza secondo cui l'autorità cantonale competente non gli abbia successivamente chiesto di presentare una domanda in sanatoria non rende lecito il suo agire. Né egli sostiene che tale autorità gli avrebbe assicurato, conformemente alle condizioni poste dalla giurisprudenza, che un'autorizzazione non sarebbe stata necessaria nella fattispecie (cfr. DTF 146 I 105 consid. 5.1.1 e rinvii). 
 
12.  
 
12.1. Il ricorrente fa valere la violazione dell'art. 5 cpv. 1 Cost. lamentando l'assenza di una base legale cantonale sufficiente per accollargli le spese procedurali. Adduce che nessuna disposizione del diritto cantonale contemplerebbe la possibilità di addossare gli oneri processuali all'imputato in caso di abbandono del procedimento penale. Richiama al riguardo l'art. 31 cpv. 1 della legge ticinese sulla tariffa giudiziaria, del 30 novembre 2010 (LTG; RL 178.200), secondo cui l'autorità che pronuncia sulla colpevolezza dell'imputato include nella sentenza la decisione sulle spese di intervento e di inchiesta della polizia. Ritiene che questa norma consentirebbe di porre le spese procedurali a carico dell'imputato soltanto in caso di condanna, nell'ambito di un procedimento penale che si conclude con una decisione di merito. Ciò sarebbe a suo dire compatibile con l'art. 424 CPP.  
 
12.2. È invero dubbio che il tenore dell'art. 31 cpv. 1 LTG permetta l'interpretazione prospettata dal ricorrente. Premesso che in tema di applicazione del diritto cantonale il potere cognitivo del Tribunale federale è limitato all'arbitrio, la questione non deve essere esaminata oltre in questa sede. L'art. 424 cpv. 1 CPP prevede infatti che i Cantoni disciplinano il calcolo delle spese procedurali e fissano gli emolumenti. La norma obbliga i Cantoni ad emanare le necessarie disposizioni in quest'ambito, il CPP non contenendo prescrizioni sull'ammontare e sul calcolo di tali spese (DTF 141 IV 465 consid. 9.5.1 pag. 471). La questione dell'accollamento delle spese procedurali all'imputato non concerne il calcolo delle stesse ed è disciplinata dal preminente art. 426 cpv. 2 CPP, norma del diritto federale rettamente applicata in concreto dalla Corte cantonale. La censura deve pertanto essere respinta nella misura della sua ammissibilità.  
 
13.  
 
13.1. Il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 426 cpv. 3 lett. a CPP. Sostiene che le spese occasionate dall'intervento del perito giudiziario ing. F.________ non potrebbero essere poste a suo carico, siccome i referti peritali sarebbero stati inutilizzabili a causa dei contatti avuti dal perito con i funzionari della Sezione della protezione dell'aria, dell'acqua e del suolo. Richiama al riguardo le sentenze 1B_188/2013 del 4 giugno 2013 e 1B_218/2014 del 7 luglio 2014, emanate su suoi ricorsi, rilevando che il Tribunale federale aveva già avuto modo di precisare che la questione dell'utilizzabilità dei referti peritali avrebbe dovuto essere esaminata dal giudice di merito.  
 
13.2. Secondo l'art. 426 cpv. 3 lett. a CPP, l'imputato non sostiene le spese procedurali causate dalla Confederazione o dal Cantone con atti procedurali inutili o viziati. Tali atti devono oggettivamente risultare inutili o viziati già in anticipo, di modo che i relativi costi non sono più in un rapporto di causalità adeguata con il reato. Ciò si realizza per esempio quando un'autorità ha commesso errori materiali o procedurali, che hanno dovuto essere corretti nella procedura di ricorso o quando degli atti procedurali hanno dovuto essere ripetuti a causa di violazioni formali (cfr. sentenza 6B_1255/2016 del 24 maggio 2017 consid. 1.3 e riferimenti).  
 
13.3. Non risulta in concreto che il perito giudiziario sia stato ricusato e che determinati suoi atti siano stati annullati ed abbiano dovuto essere ripetuti. Nelle sentenze citate, il Tribunale federale ha respinto in quanto ammissibili i gravami del ricorrente e si è limitato a ricordare che sarebbe spettato al giudice di merito pronunciarsi sulla questione dell'utilizzabilità o meno della perizia (sentenze 1B_188/2013, citata, consid. 2.3; 1B_218/2014, citata, consid. 2.4). Il Tribunale federale non ha ravvisato violazioni materiali o formali e non ha disposto la correzione o la ripetizione di determinati atti procedurali. In tali circostanze, la decisione della Corte cantonale di porre le spese della perizia giudiziaria a carico del ricorrente non viola l'art. 426 cpv. 3 lett. a CPP. Esse rientrano infatti nelle spese procedurali giusta l'art. 422 cpv. 2 lett. c CPP.  
 
14.  
 
14.1. Il ricorrente sostiene che le spese per la perizia giudiziaria non sarebbero documentate e non potrebbero quindi essere riconosciute, segnatamente ove si consideri che l'istruzione penale nei confronti degli imputati è stata aperta soltanto nel marzo del 2012. Contesta inoltre l'accollamento dei costi di traduzione, dovuti al fatto che il perito ing. F.________ non conosceva l'italiano, lingua del procedimento penale. Lamenta altresì un esercizio errato del potere di apprezzamento con riferimento all'entità delle spese procedurali accollate e alla loro ripartizione tra gli imputati.  
 
14.2. L'art. 426 cpv. 2 CPP costituisce una norma di natura potestativa. Essa lascia all'autorità cantonale un margine di apprezzamento riguardo alla decisione di sapere se e in che misura le spese procedurali causate in modo illecito e colpevole debbano essere addossate all'imputato. Il Tribunale federale esamina con riserbo la decisione della Corte cantonale su questo aspetto (sentenze 6B_1119/2021, citata, consid. 2.3.3; 6B_3/2021, citata, consid. 4.3.2).  
 
14.3. Limitandosi ad addurre che le spese peritali e quelle di traduzione non sarebbero documentate, il ricorrente non si confronta con la distinta delle fatture allegata alla comunicazione di chiusura dell'istruzione penale. Non spiega specificatamente per quali motivi determinate spese sarebbero ingiustificate. Da tale distinta risulta che le spese procedurali si riferiscono al periodo dal 19 settembre 2008 al 27 gennaio 2015 e stanno quindi in un rapporto di causalità con gli atti d'inchiesta provocati dall'apertura del procedimento penale, avviato inizialmente contro ignoti e condotto in seguito parallelamente nei confronti di entrambi gli imputati. Premesso che il ricorrente non sostanzia al riguardo un eccesso o un abuso del potere di apprezzamento della Corte cantonale, risulta che la quota parte addebitatagli equivale a quella addossata al coimputato e corrisponde ad ½ dell'importo complessivo. In tali circostanze, non è seriamente ravvisabile un eccesso o un abuso del potere di apprezzamento nella ripartizione litigiosa. Quanto ai costi di traduzione, il ricorrente disattende che l'ing. F.________, di lingua madre francese, è stato nominato per le sue competenze specialistiche. Le sue conoscenze linguistiche risultavano dal curriculum vitae agli atti ed erano quindi note alle parti (cfr. decreto di nomina del perito, del 29 agosto 2008). Poiché la lingua del procedimento penale dinanzi alle autorità penali cantonali era l'italiano (art. 67 CPP; art. 8 LOG), il fatto che il perito non la comprendesse ha comportato la necessità di tradurre i relativi atti procedurali. I corrispondenti costi di traduzione rientrano parimenti nelle spese giudiziarie (cfr. sentenza 8C_1/2020 del 15 ottobre 2020 consid. 5.2). Nella misura in cui è ammissibile, la censura è pertanto infondata.  
 
15.  
Il ricorrente chiede che gli sia riconosciuta un'indennità secondo l'art. 429 cpv. 1 lett. a CPP per le spese legali e peritali sostenute, di complessivi fr. 375'700.34 oltre interessi, di cui postula l'integrale rimborso. Poiché, per le ragioni esposte, le spese procedurali sono state rettamente poste a suo carico, non si giustifica di riconoscergli un indennizzo (art. 430 cpv. 1 lett. a CPP; cfr. consid. 10.2). 
 
16.  
 
16.1. Il ricorrente contesta l'obbligo di rifondere al Comune di X.________, costituitosi accusatore privato, un'indennità ai sensi dell'art. 433 cpv. 1 CPP. Rileva che il Comune non aveva impugnato il decreto di abbandono dell'11 gennaio 2017, il quale non gli assegnava alcun indennizzo e lo rinviava al foro civile per fare valere eventuali azioni civili. Sostiene che, in seguito al rinvio disposto dalla CRP con la sentenza del 22 dicembre 2017, il procedimento penale rimaneva aperto solo sulle questioni delle spese procedurali (art. 426 CPP) e dell'indennizzo agli imputati (art. 429 CPP). Secondo il ricorrente, le pretese d'indennità del Comune avrebbero dovuto essere dichiarate irricevibili.  
Contrariamente all'opinione del Comune opponente, la censura, concernente la violazione del diritto federale, adempie le esigenze di motivazione dell'art. 42 cpv. 2 LTF. Dalla sua lettura, si comprende infatti che il ricorrente fa valere la violazione dell'art. 433 CPP (cfr. DTF 140 III 86 consid. 2 pag. 89). 
 
16.2. Secondo l'art. 433 cpv. 1 lett. b CPP, l'imputato deve indennizzare adeguatamente l'accusatore privato delle spese necessarie da lui sostenute nel procedimento se è tenuto a rifondere le spese secondo l'articolo 426 cpv. 2 CPP. L'art. 433 cpv. 2 CPP prevede che l'accusatore privato inoltra l'istanza d'indennizzo all'autorità penale, quantificando e comprovando le proprie pretese. Se non ottempera a tale obbligo, l'autorità penale non entra nel merito dell'istanza. Questa disposizione si spiega con il fatto che il principio istruttorio non si applica all'accusatore privato, che deve rimanere attivo e domandare lui stesso un indennizzo, pena la perenzione della pretesa. Nonostante l'inapplicabilità del principio istruttorio, l'autorità penale deve rendere attento l'accusatore privato sul suo diritto di ottenere, dandosene il caso, un indennizzo ai sensi dell'art. 433 CPP, nonché sul suo obbligo di quantificarlo e di documentarlo (sentenze 6B_249/2021 del 13 settembre 2021 consid. 6.2 e rinvii; 6B_549/2015 del 16 marzo 2016 consid. 2.3 e 3.2). Conformemente all'art. 81 cpv. 4 lett. b CPP, il giudice deve statuire sull'indennità prevista dall'art. 433 CPP nella sentenza medesima. Secondo la giurisprudenza, il procedimento penale costituisce l'unica via aperta per l'accusatore privato per fare valere il suo diritto ad ottenere dall'imputato il versamento di un'indennità per le spese necessarie causate dal procedimento penale. L'indennizzo non può essere oggetto di una procedura separata, né può essere chiesto in ogni momento nell'ambito di una procedura indipendente secondo l'art. 363 segg. CPP, ma deve essere deciso con il giudizio (sentenze 6B_249/2021, citata, consid. 6.2; 6B_818/2018 del del 4 ottobre 2018 consid. 4.1; 6B_233/2016 del 30 dicembre 2016 consid. 2.1; 6B_965/2013 del 3 dicembre 2013 consid. 3.1.2 e 3.3.2).  
La forma e il contenuto generale del decreto di abbandono sono retti dagli art. 80 e 81 CPP (art. 320 cpv. 1 CPP). Spetta al pubblico ministero che intende abbandonare il procedimento interpellare previamente l'accusatore privato riguardo alle sue eventuali pretese fondate sull'art. 433 CPP (sentenza 6B_233/2016, citata, consid. 2.1). 
 
16.3. La Corte cantonale ha rilevato che il ricorrente aveva impugnato con successo il primo decreto di abbandono, dell'11 gennaio 2017, siccome l'accollamento delle spese procedurali non gli era stato prospettato dal PP con la comunicazione della chiusura dell'istruzione penale. Ha ritenuto che questa omissione da parte del magistrato inquirente aveva anche precluso all'accusatore privato di inoltrare un'istanza di indennizzo secondo l'art. 433 cpv. 1 lett. b CPP. La CRP ha considerato che l'accoglimento del primo reclamo del ricorrente con la sentenza del 22 dicembre 2017 comportava che la decisione sull'accollamento delle spese procedurali non era passata in giudicato e che la successiva prospettazione proceduralmente corretta dell'applicazione dell'art. 426 cpv. 2 CPP costituiva per l'accusatore privato il requisito formale per potere avanzare una pretesa d'indennizzo ai sensi dell'art. 433 cpv. 1 lett. b CPP nel seguito della procedura.  
 
16.4. Nell'ambito della chiusura dell'istruzione penale, prima di emanare il decreto di abbandono dell'11 gennaio 2017 il pubblico ministero non ha interpellato l'accusatore privato riguardo alle sue eventuali pretese d'indennizzo giusta l'art. 433 cpv. 1 CPP. Il Comune non ha tuttavia impugnato il decreto di abbandono dinanzi alla Corte cantonale e non ha quindi contestato il mancato riconoscimento di un'indennità. Il decreto di abbandono dell'11 gennaio 2017 addossava già le spese procedurali agli imputati, e ciò poteva essere suscettibile di imporre loro anche la rifusione all'accusatore privato delle spese necessarie da lui sostenute (art. 433 cpv. 1 lett. b CPP). Sarebbe quindi spettato al Comune contestare la mancata pronuncia di un indennizzo presentando un reclamo contro il decreto di abbandono dell'11 gennaio 2017 (cfr. sentenza 6B_233/2016, citata, consid. 2.4).  
Tale decreto è stato impugnato unicamente dagli imputati, limitatamente ai dispositivi relativi all'accollamento delle spese procedurali e al diniego delle indennità da loro richieste. In accoglimento dei rispettivi reclami, con sentenze del 22 dicembre 2017 la Corte cantonale ha annullato i citati dispositivi, rinviando gli atti al PP per una nuova decisione su detti aspetti. Secondo l'art. 397 cpv. 2 CPP, se accoglie il reclamo, la giurisdizione di reclamo emana una nuova decisione o annulla la decisione impugnata, rinviandola alla giurisdizione inferiore perché statuisca nuovamente. L'autorità inferiore è vincolata alla decisione di rinvio e, in caso di nuovo reclamo, anche l'istanza di ricorso è vincolata alla sua precedente decisione (sentenza 6B_694/2016 del 22 maggio 2017 consid. 8, in: SJ 2018 I pag. 94). In concreto, il rinvio disposto dalla CRP era limitato a una nuova decisione sulle spese procedurali a carico degli imputati (art. 426 cpv. 2 CPP) e sulle loro richieste d'indennizzo (art. 429 segg. CPP). Il giudizio di rinvio vincolava sia il PP sia la stessa Corte cantonale e non comprendeva il tema dell'indennizzo a favore dell'accusatore privato giusta l'art. 433 CPP, che non era oggetto della procedura. Statuendo nuovamente sulla causa il 27 gennaio 2021, il magistrato inquirente non era pertanto abilitato a pronunciarsi su questo ulteriore aspetto. Come visto, sarebbe spettato all'accusatore privato aggravarsi contro l'omesso riconoscimento dell'indennizzo impugnando il decreto di abbandono dell'11 gennaio 2017. Omettendo di farlo, la sua pretesa era perenta. La censura è quindi fondata e l'indennità riconosciuta al Comune di X.________ deve essere annullata. Alla luce di questa conclusione, la qualità di accusatore privato del Comune non deve essere esaminata. 
 
17.  
 
17.1. Ne segue che il ricorso sussidiario in materia costituzionale deve essere dichiarato inammissibile, mentre il ricorso in materia penale, nella misura in cui è ammissibile, deve essere parzialmente accolto. La sentenza impugnata è annullata e la causa è rinviata alla CRP, affinché annulli il dispositivo del decreto di abbandono del 27 gennaio 2021 relativo all'obbligo del ricorrente di versare un'indennità al Comune di X.________ (dispositivo n. 7) e statuisca nuovamente sulle spese procedurali e sulle ripetibili della procedura di reclamo.  
 
17.2. Le spese giudiziarie della sede federale sono poste a carico delle parti tenendo conto del rispettivo grado di soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Il Comune di X.________ ha infatti un interesse pecuniario nella causa (art. 66 cpv. 4 LTF). Soccombente per quanto concerne le sua pretesa d'indennizzo, esso dovrà versare al ricorrente un'indennità ridotta a titolo di ripetibili di questa sede (art. 68 cpv. 1 LTF).  
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso sussidiario in materia costituzionale è inammissibile. 
 
2.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso in materia penale è parzialmente accolto. La sentenza emanata l'11 novembre 2021 dalla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino è annullata. La causa le è rinviata per una nuova decisione nel senso dei considerandi. 
 
3.  
Le spese giudiziarie di fr. 4'000.-- sono poste a carico del ricorrente nella misura di fr. 3'000.-- e del Comune di X.________ nella misura di fr. 1'000.--. 
 
4.  
Il Comune di X.________ rifonderà al ricorrente un'indennità di fr. 1'000.-- a titolo di ripetibili della sede federale. 
 
5.  
Comunicazione alle parti, rispettivamente ai loro patrocinatori, e alla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 13 gennaio 2023 
 
In nome della Corte di diritto penale 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Giudice presidente: Denys 
 
Il Cancelliere: Gadoni