Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
2C_753/2019
Sentenza del 13 febbraio 2020
II Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Seiler, Presidente,
Aubry Girardin, Beusch,
Cancelliere Ermotti.
Partecipanti al procedimento
A.A.________,
patrocinato dall'avv. Pier Carlo Blotti,
ricorrente,
contro
Sezione della popolazione,
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino,
6500 Bellinzona,
Consiglio di Stato della Repubblica e Cantone Ticino,
Residenza governativa,
6500 Bellinzona.
Oggetto
Rifiuto del rinnovo di un permesso di dimora,
ricorso contro la sentenza emanata il 13 agosto 2019
dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2018.212).
Fatti:
A.
A.a. Giunto in Svizzera il 18 gennaio 2013, il cittadino kosovaro A.A.________ (1992) si è sposato il 4 febbraio 2013 con la cittadina elvetica B.________ (1992), motivo per il quale gli è stato rilasciato un permesso di dimora annuale, in seguito regolarmente rinnovato fino al 3 febbraio 2017. La coppia non ha avuto figli.
A.b. Il 21 luglio 2016, B.________ ha presentato un'istanza per l'adozione di misure a tutela dell'unione coniugale. Il 7 settembre 2016 il Pretore di Riviera ha autorizzato (retroattivamente) i coniugi a vivere separati a decorrere dal 9 febbraio 2016.
B.
Preso atto della situazione descritta e constatato che lo scopo per il quale l'autorizzazione di soggiorno era stata conferita a A.A.________ era venuto a cadere, con decisione del 18 luglio 2017, la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino (di seguito: la Sezione della popolazione) ha revocato (recte: non ha rinnovato) il permesso di dimora dell'interessato, assegnandogli un termine per lasciare la Svizzera.
Su ricorso, tale provvedimento è stato confermato sia dal Consiglio di Stato (10 aprile 2018) che dal Tribunale amministrativo (13 agosto 2019) del Cantone Ticino. I Giudici cantonali hanno ritenuto, in sostanza, che l'unione coniugale era durata meno di tre anni e che A.A.________ non poteva prevalersi di nessun grave motivo personale proprio a rendere necessario il prosieguo del suo soggiorno in Svizzera. Il Tribunale amministrativo ha inoltre considerato che la decisione contestata era conforme al principio di proporzionalità.
C.
Il 9 settembre 2019, A.A.________ ha inoltrato dinanzi al Tribunale federale un ricorso in materia di diritto pubblico con cui, protestate tasse, spese e ripetibili, chiede, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo del 13 agosto 2019, l'annullamento della decisione del Consiglio di Stato del 10 aprile 2018 e il rinnovo del proprio permesso di dimora.
La Corte cantonale si è riconfermata nelle motivazioni e nelle conclusioni della propria sentenza. La Sezione della popolazione ha chiesto il rigetto del gravame. Il Governo ticinese si è invece rimesso al giudizio di questa Corte. La Segreteria di Stato della migrazione non si è determinata.
Con decreto presidenziale dell'11 settembre 2019 è stato concesso l'effetto sospensivo al ricorso.
Diritto:
1.
Il Tribunale federale esamina d'ufficio la sua competenza (art. 29 cpv. 1 LTF) e verifica con piena cognizione l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 144 V 280 consid. 1 pag. 282).
1.1. Giusta l'art. 83 lett. c cifra 2 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto.
Nel caso in esame, il ricorrente insorge davanti al Tribunale federale considerando in particolare di avere un diritto al rinnovo del permesso di dimora in base all'art. 50 della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri (LStr; RS 142.20; dal 1
o gennaio 2019: LStrI [RU 2017 6521]), applicabile alla presente fattispecie in virtù dell'art. 126 cpv. 1 LStrI (cfr. sentenze 2C_678/2019 del 21 novembre 2019 consid. 3 e 2C_95/2019 del 13 maggio 2019 consid. 3.4.1). Non risultando questa conclusione d'acchito insostenibile, la causa sfugge all'eccezione citata. Se le condizioni per il rinnovo dell'autorizzazione litigiosa siano davvero date è una questione di merito (sentenze 2C_400/2019 dell'8 agosto 2019 consid. 1.2 e 2C_145/2019 del 24 giugno 2019 consid. 1.1). La via del ricorso in materia di diritto pubblico è dunque aperta.
1.2. Per il resto, diretta contro una decisione finale (art. 90 LTF) di un tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e 2 LTF), e presentata nei termini (art. 100 cpv. 1 LTF) e nelle forme richieste (art. 42 LTF) dal destinatario della pronuncia contestata, con interesse a insorgere (art. 89 cpv. 1 LTF), l'impugnativa è ricevibile.
2.
In una censura di ordine formale, che va esaminata in primo luogo (DTF 141 V 557 consid. 3 pag. 563), il ricorrente invoca una violazione del diritto di essere sentito (ricorso, pag. 7), lamentando in particolare una motivazione carente da parte dell'autorità precedente in merito alla durata della sua unione coniugale (ricorso, pag. 6 seg.). A mente dell'insorgente, tale aspetto, decisivo sotto l'angolo dell'art. 50 LStr, non sarebbe stato adeguatamente esaminato dal Tribunale amministrativo, il quale avrebbe fondato la propria sentenza unicamente sulle dichiarazioni rilasciate da B.________ alla polizia cantonale il 19 maggio 2017, omettendo - senza indicarne il motivo - di prendere in considerazione le altre prove determinanti da lui offerte.
2.1. Il diritto di essere sentito garantito dall'art. 29 cpv. 2 Cost. comprende vari aspetti; tra questi, il diritto a una decisione motivata (DTF 138 I 232 consid. 5.1 pag. 237; 136 I 229 consid. 5.2 pag. 236). Per costante giurisprudenza, la motivazione di una decisione è sufficiente e l'art. 29 cpv. 2 Cost. è rispettato quando la parte interessata è messa in condizione di rendersi conto della portata del provvedimento che la concerne e di poterlo impugnare con cognizione di causa (DTF 143 III 65 consid. 5.2 pag. 70). In quest'ottica basta che l'autorità esponga, almeno brevemente, i motivi che l'hanno indotta a decidere in un senso piuttosto che in un altro. Essa non è quindi tenuta a pronunciarsi in modo esplicito ed esaustivo su tutti gli argomenti sollevati, ma può limitarsi alle sole circostanze che, senza arbitrio, appaiono rilevanti per il giudizio in quanto atte a influire sulla decisione di merito (DTF 142 II 154 consid. 4.2 pag. 157). Inoltre, sempre che ciò non ne ostacoli troppo la comprensione, la motivazione di una decisione può anche essere implicita, risultare dai diversi considerandi della stessa o da rinvii ad altri atti (DTF 141 V 557 consid. 3.2.1 pag. 565; sentenza 2C_583/2017 del 18 dicembre 2017 consid. 5.2.1).
2.2. Giusta l'art. 50 cpv. 1 LStr, dopo lo scioglimento del matrimonio o della comunità familiare, il diritto del coniuge al rilascio e alla proroga del permesso di dimora in virtù dell'art. 42 risulta preservato se: (a) l'unione coniugale è durata almeno tre anni e lo straniero è integrato o (b) gravi motivi personali rendono necessario il prosieguo del soggiorno in Svizzera.
Per la durata dell'unione coniugale, determinante è il periodo tra l'inizio della coabitazione effettiva dei coniugi in Svizzera e lo scioglimento della comunità familiare, che coincide di regola con quello della comunità domestica (DTF 140 II 345 consid. 4.1 pag. 348).
2.3. Nel caso di specie, il ricorrente, nel suo ricorso del 7 maggio 2018 presso il Tribunale amministrativo, aveva esposto chiaramente le ragioni per le quali riteneva che l'unione coniugale era durata più di tre anni, rifacendosi in particolare all'istanza per l'adozione di misure a protezione dell'unione coniugale depositata dalla moglie presso l'autorità competente e acquisita agli atti. Come addotto dall'interessato in sede cantonale, in tale documento, datato 21 luglio 2016, B.________ indicava quanto segue:
"[...]
Nel corso del mese di febbraio di quest'anno tra le parti è insorta una turbativa dell'unione coniugale che ha portato il marito a lasciare l'abitazione coniugale. Da quel momento le parti non si sono più riconciliate. Donde la necessità della presente istanza.
[...]"
2.4. Il Tribunale amministrativo ha tuttavia considerato che l'unione coniugale era durata meno di tre anni riferendosi all'interrogatorio di polizia del 19 maggio 2017, riportando in particolare le seguenti affermazioni di B.________ (sentenza impugnata, pag. 6) :
"[...]
Il matrimonio vero e proprio è durato due anni fino a febbraio 2015, quando A.A.________ ha deciso di lasciare l'abitazione. Si era poi trasferito presso un suo zio a X.________ (C.A.________). Non sapeva cosa fare perché lui non voleva più tornare da me. Così mi sono rivolta al nostro avvocato per iniziare le pratiche del divorzio. L'avvocato ha poi mandato una lettera a A.A.________, spiegando che se non abitava più presso il domicilio di matrimonio, potrebbe perdere il suo permesso di soggiorno. Appena aveva ricevuto la lettera, si è fatto vivo tornando da me. Ma non era più come prima, eravamo due persone separate sotto lo stesso tetto. Lui è rimasto ancora per un anno, fino a gennaio 2016. Durante questo periodo non vi era più un rapporto di amore, ci parlavamo solo per cose organizzative e spesso litigavamo. Il 9 febbraio 2016 abbiamo litigato e durante la lite mi ha preso per il collo sbattendomi contro il muro [...]. Dopo questo fatto, è andato nuovamente da suo zio ad abitare e veniva solo per ritirare gli effetti personali e non.
[...]"
L'autorità precedente ha inoltre rilevato che i coniugi si erano accordati per chiedere la separazione delle partite fiscali a decorrere dal 2015 e che il 16 marzo 2015 il rappresentante di B.________ aveva comunicato al ricorrente che l'abbandono del domicilio coniugale avrebbe potuto avere delle conseguenze sul mantenimento del suo permesso di dimora (sentenza impugnata, pag. 8).
2.5. Come sostenuto a ragion veduta dall'insorgente, questa motivazione è insufficiente. Essa non permette infatti di comprendere per quale motivo il Tribunale amministrativo, confrontato con una situazione poco chiara e in presenza di mezzi di prova contraddittori, abbia dato peso unicamente alle dichiarazioni fatte da B.________ nel corso dell'interrogatorio di polizia del 19 maggio 2017, senza considerare quanto esposto dall'interessata in precedenza, nell'istanza per l'adozione di misure a protezione dell'unione coniugale del 21 luglio 2016. La moglie del ricorrente, a distanza di circa un anno, ha in effetti fornito due versioni discordanti, indicando in un primo tempo che la "turbativa dell'unione coniugale" in seguito alla quale le parti "non si sono più riconciliate" era avvenuta nel mese di febbraio del 2016, per poi tuttavia affermare, in un secondo tempo, che "il matrimonio vero e proprio è durato due anni fino a febbraio 2015, quando A.A.________ ha deciso di lasciare l'abitazione". L'autorità precedente, senza spiegarne il motivo, non ha tenuto minimamente conto di questa contraddizione, propria (già da sola) a mettere quanto meno in dubbio il fatto - determinante ai fini del giudizio - che l'unione coniugale realmente vissuta fosse durata meno di tre anni. A ciò si aggiunge che, contrariamente a quanto sembra lasciare intendere il Tribunale amministrativo (sentenza impugnata, pag. 7), le dichiarazioni rilasciate alla polizia dal ricorrente il 29 maggio 2017 non corroborano affatto l'ipotesi che una parte della convivenza dei coniugi avrebbe avuto "unicamente carattere formale". In sede d'interrogatorio, l'interessato ha invero ammesso il litigio del febbraio 2015 menzionato anche dalla moglie, aggiungendo però di avere fatto ritorno al domicilio coniugale "dopo qualche giorno" e di esserci restato (con qualche ulteriore litigio, "ma niente di grave") fino a "gennaio o febbraio 2016" quando, dopo una discussione seguita dall'intervento della polizia, non è "più tornato da lei" (sentenza impugnata, pag. 7). In tali circostanze, né la separazione delle partite fiscali a decorrere dal 2015 (che poteva essere fondata su motivi di diverso genere), né la lettera inviata all'insorgente dal rappresentante della moglie il 16 marzo 2015 (che non permette, da sola, di ritenere che la seconda parte della convivenza avrebbe avuto un carattere unicamente formale), appaiono determinanti al punto da mettere in ombra le contraddizioni evidenziate poc'anzi tra le versioni dei coniugi e, soprattutto, tra le dichiarazioni fatte dalla stessa B.________ a un anno di distanza. La motivazione della sentenza impugnata in merito alla reale durata dell'unione coniugale, che è fondata quasi esclusivamente sulle dichiarazioni della moglie del ricorrente del 19 maggio 2017 e non tiene conto delle suddette contraddizioni, senza spiegarne le ragioni, è dunque - come detto - insufficiente. Adottando una siffatta motivazione, il Tribunale amministrativo ha quindi violato l'art. 29 cpv. 2 Cost.
Tale violazione, relativa all'apprezzamento delle prove in merito a un elemento determinante per il presente litigio, ovvero la questione della reale durata dell'unione coniugale (cfr. supra consid. 2.2), non può essere sanata in questa sede (sulle condizioni per sanare - a titolo eccezionale - una violazione del diritto di essere sentito, cfr. DTF 142 III 48 consid. 4.3 pag. 55; sentenza 2C_1184/2016 del 7 giugno 2018 consid. 5.1). Ne discende che il ricorso dev'essere accolto, senza che occorra pronunciarsi sulle ulteriori censure sollevate dall'insorgente.
3.
Per quanto precede, il ricorso è accolto. La sentenza impugnata è annullata e l'incarto rinviato al Tribunale amministrativo perché esamini la questione della reale durata dell'unione coniugale, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti, e renda quindi un nuovo giudizio (art. 107 cpv. 2 LTF). Soccombente, lo Stato del Cantone Ticino è dispensato dal pagamento delle spese giudiziarie (art. 66 cpv. 4 LTF). Esso dovrà però corrispondere al ricorrente un'indennità per ripetibili per la sede federale ( art. 68 cpv. 1 e 2 LTF ).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Il ricorso è accolto. La sentenza del 13 agosto 2019 è annullata e la causa rinviata al Tribunale cantonale amministrativo per nuovo giudizio, nel senso dei considerandi.
2.
Non vengono prelevate spese.
3.
Lo Stato del Cantone Ticino verserà al ricorrente un'indennità di fr. 2'500.-- a titolo di ripetibili per la sede federale.
4.
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché alla Segreteria di Stato della migrazione.
Losanna, 13 febbraio 2020
In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: Seiler
Il Cancelliere: Ermotti