Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
2C_533/2024
Sentenza del 13 novembre 2024
II Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Aubry Girardin, Presidente,
Ryter, Kradolfer,
Cancelliere Savoldelli.
Partecipanti al procedimento
A.________,
ricorrente,
contro
Sezione della popolazione,
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino,
Residenza governativa, 6501 Bellinzona,
Consiglio di Stato del Cantone Ticino,
Residenza governativa, 6501 Bellinzona.
Oggetto
permesso di dimora,
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 26 settembre 2024 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2024.220).
Fatti:
A.
A.a. La cittadina brasiliana A.________ e il figlio B.________ sono giunti in Svizzera nel 2013, chiedendo il rilascio di un permesso di dimora temporaneo, in attesa delle nozze della madre. Il permesso è stato negato.
A.b. Il 26 febbraio 2014 A.________ ha sposato il cittadino italiano C.________, titolare di un permesso di domicilio UE/AELS in Svizzera e, a seguito del matrimonio, è stata posta a beneficio di un permesso di dimora UE/AELS, rinnovato un'ultima volta con termine di controllo al 28 gennaio 2023. Il medesimo tipo di permesso è stato rilasciato anche al figlio B.________, avuto da una precedente relazione.
A.c. Alla fine di settembre 2020, i coniugi hanno lasciato il tetto coniugale trasferendosi in due nuovi alloggi a X.________ e, il 1° ottobre successivo, il Giudice civile competente li ha autorizzati a vivere separati. L'8 ottobre 2020 A.________ si è quindi rivolta alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino per chiedere di registrare il suo nuovo indirizzo.
A.d. Il figlio B.________ ha lasciato definitivamente la Svizzera nel mese di febbraio 2023 ed è tornato in Brasile.
B.
B.a. Dopo avere sentito i coniugi, con decisione del 12 maggio 2023 la Sezione della popolazione ha respinto la richiesta di modifica d'indirizzo presentata da A.________ nell'ottobre 2020, le ha revocato il permesso di dimora UE/AELS di cui disponeva e le ha negato il rilascio di un nuovo permesso di dimora in base al diritto interno.
B.b. Su ricorso, tale provvedimento è stato confermato sia dal Consiglio di Stato (24 aprile 2024) che dal Tribunale amministrativo ticinese, espressosi in merito con sentenza del 26 settembre 2024.
C.
C.a. Con ricorso in materia di diritto pubblico del 28 ottobre 2024, A.________ si è rivolta al Tribunale federale, domandando che il giudizio del Tribunale amministrativo ticinese del 26 settembre 2024 sia annullato e che, in riforma dello stesso, il permesso di dimora le sia prorogato. Postula inoltre la concessione dell'effetto sospensivo al gravame e l'esenzione dal versamento di un anticipo a copertura delle spese di procedura davanti al Tribunale federale.
C.b. Preso atto dei contenuti della sentenza impugnata e del gravame, non sono state adottate misure istruttorie.
Diritto:
1.
Giusta l'art. 83 lett. c n. 2 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto.
1.1. Nel caso in esame, la ricorrente insorge davanti al Tribunale federale considerando di avere un diritto al rinnovo del permesso di dimora in base all'art. 50 cpv. 1 lett. a della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri e la loro integrazione (LStrI; RS 142.20) e all'art. 8 della Convenzione europea del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU; RS 0.101). Non risultando queste conclusioni d'acchito insostenibili, la causa sfugge all'eccezione menzionata. In che misura le condizioni per il rinnovo dell'autorizzazione litigiosa siano effettivamente date è una questione di merito (DTF 147 I 89 consid. 1.1.1).
1.2. L'impugnativa è diretta contro una decisione finale di un tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e 2; art. 90 LTF) ed è stata presentata nei termini di legge (art. 45 cpv. 1 in relazione con l'art. 100 cpv. 1 LTF) dalla destinataria della pronuncia contestata, che ha un interesse ad insorgere (art. 89 cpv. 1 LTF). Essa va quindi esaminata quale ricorso in materia di diritto pubblico ex art. 82 segg. LTF.
2.
2.1. Di principio, il Tribunale federale applica il diritto federale d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione imposto dall' art. 42 cpv. 1 e 2 LTF , considera di regola solo gli argomenti proposti (DTF 142 III 364 consid. 2.4). Esigenze più severe valgono in relazione alla denuncia della violazione di diritti fondamentali, che dev'essere formulata in maniera precisa (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 II 283 consid. 1.2.2).
2.2. Sul piano dei fatti, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sugli accertamenti svolti dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF); può rettificarli o completarli se sono manifestamente inesatti o risultano da una violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF (art. 105 cpv. 2 LTF). Manifestamente inesatto significa arbitrario (DTF 140 III 1.15 consid. 2). Chi critica la fattispecie accertata nella sentenza impugnata non può limitarsi a completarla ma deve sollevare una censura specifica (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 140 III 264 consid. 2.3).
2.3. Nella fattispecie, siccome l'insorgente non li mette validamente in discussione - con una motivazione che ne dimostri un accertamento arbitrario (art. 106 cpv. 2 LTF) - i fatti che emergono dalla sentenza impugnata vincolano il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF; sentenza 2C_545/2022 del 7 febbraio 2023 consid. 2.2, da cui risulta che, senza specifiche censure, pure aggiunte e precisazioni nel testo non possono essere prese in considerazione).
3.
Il Tribunale amministrativo ticinese ha concluso che la revoca del permesso di dimora UE/AELS e il diniego del rilascio di un permesso di dimora in base al diritto interno fossero giustificati.
3.1. Da un lato, ha infatti rilevato che, dopo la sospensione dell'unione coniugale con il marito, cittadino italiano a beneficio di un permesso di domicilio UE/AELS, la ricorrente, cittadina brasiliana, non aveva più nessun diritto di richiamarsi all'accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681; giudizio impugnato, consid. 2).
D'altro lato, ha osservato che non erano date nemmeno le condizioni per il rilascio di un nuovo permesso di dimora in base all'art. 50 cpv. 1 LStrI, perché non erano soddisfatti i criteri d'integrazione previsti dall'art. 58a LStrI (lett. a; giudizio impugnato, consid. 3) e non vi erano gravi motivi personali che rendono necessario il prosieguo del soggiorno in Svizzera (lett. b; giudizio impugnato, consid. 4). Inoltre, ha indicato che il diniego del rinnovo del permesso non era nemmeno contrario all'art. 8 CEDU (giudizio impugnato, consid. 5).
3.2. Davanti al Tribunale federale, l'insorgente non sostiene l'esistenza delle condizioni per un richiamo all'accordo sulla libera circolazione delle persone o all'art. 50 cpv. 1 lett. b LStrI. Di conseguenza, in assenza di lesioni manifeste del diritto, che bisognerebbe rilevare d'ufficio, su tali aspetti non occorre tornare (art. 42 cpv. 2 LTF; precedente consid. 2.1; sentenza 2C_74/2024 del 23 febbraio 2024 consid. 3.2).
Per contro, la ricorrente fa valere l'esistenza delle condizioni per il riconoscimento di un permesso di soggiorno in base all'art. 50 cpv. 1 lett. a LStrI e all'art. 8 CEDU, che tutela la vita privata e familiare (al riguardo, cfr. i successivi consid. 4 e 5).
4.
4.1. Secondo l'art. 50 cpv. 1 lett. a LStrI - nella versione in vigore dal 1° gennaio 2019, qui determinante perché la procedura è iniziata l'8 ottobre 2020 (art. 126 cpv. 1 LStrI e contrario; sentenza 2C_186/2023 del 25 aprile 2023 consid. 4.1) - dopo lo scioglimento del matrimonio o della comunità familiare il diritto del coniuge al rilascio e alla proroga del permesso di dimora in virtù dell'art. 43 LStrI è preservato se l'unione coniugale è durata almeno tre anni e sono soddisfatti i criteri d'integrazione di cui all'art. 58a LStrI.
Nella fattispecie, la durata dell'unione coniugale richiesta dall'art. 50 cpv. 1 lett. a LStrI non è litigiosa e risulta data. In discussione è però il rispetto dei criteri di integrazione, che la Corte cantonale ha negato.
4.2. L'art. 58a cpv. 1 LStrI prevede che nel valutare l'integrazione l'autorità competente tiene conto del rispetto della sicurezza e dell'ordine pubblici (lett. a), del rispetto dei valori della Costituzione federale (lett. b), delle competenze linguistiche (lett. c) e della partecipazione alla vita economica o dell'acquisizione di una formazione (lett. d).
I criteri d'integrazione indicati sono quindi concretizzati dagli art. 77 segg. dell'ordinanza del 24 ottobre 2007 sull'ammissione, il soggiorno e l'attività lucrativa (OASA; RS 142.201; DTF 148 II 1 consid. 2.2; sentenza 2C_353/2023 del 22 novembre 2023 consid. 4.3), sempre nella versione in vigore dal 1° gennaio 2019. In questo contesto, l'art. 77e OASA prevede che partecipa alla vita economica chi è in grado di mantenere sé stesso e la sua famiglia e di ossequiare le proprie obbligazioni alimentari con il suo reddito, il suo patrimonio o le prestazioni di terzi cui ha diritto (cpv. 1), mentre l'art. 77f OASA indica che nel valutare i criteri d'integrazione, l'autorità competente considera le circostanze personali dello straniero e che è possibile derogare a detti criteri se egli non li può rispettare o può farlo solo con grandi difficoltà, perché è un lavoratore povero o adempie a obblighi di assistenza.
4.3. Per giurisprudenza, un'integrazione riuscita non implica per forza il perseguimento di una carriera professionale particolarmente brillante e lo svolgimento di un'attività professionale senza interruzioni. Decisivo è piuttosto che la persona in discussione sappia fare fronte ai propri bisogni senza fare capo all'aiuto sociale e non si indebiti in modo sproporzionato (sentenze 2C_184/2024 del 29 agosto 2024 consid. 5.2; 2C_145/2022 del 6 aprile 2022 consid. 6.3).
La valutazione dell'integrazione dev'essere svolta sulla base di un apprezzamento complessivo delle circostanze e, procedendo in tal senso, le autorità competenti dispongono di un potere di apprezzamento esteso, in relazione al quale il Tribunale interviene solo con riserbo (sentenze 2C_184/2024 del 29 agosto 2024 consid. 5.2; 2C_353/2023 del 22 novembre 2023 consid. 4.3.3). Determinante è la situazione riscontrata nel periodo di vita in comune dei coniugi, eventualmente completata dall'evoluzione fino alla scadenza dell'ultima autorizzazione concessa per il ricongiungimento familiare (sentenza 2C_797/2022 del 22 marzo 2023 consid. 3.3.5; in casu, l'ultimo termine di controllo era stato fissato al 28 gennaio 2023; precedente consid. A.b).
4.4. Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, denunciando una lesione dell'art. 50 cpv. 1 lett. a in relazione con l'art. 58a LStrI, dei motivi che permettano al Tribunale federale di correggere l'apprezzamento dell'istanza inferiore, giunta alla conclusione che i criteri d'integrazione non erano adempiuti, non sono dati.
4.4.1. In effetti, in base a quanto risulta dal giudizio impugnato (art. 105 cpv. 1 LTF; precedente consid. 2.3), la ricorrente e il marito della stessa hanno fatto capo all'aiuto sociale dal settembre 2015 al gennaio 2019, accumulando un debito complessivo di fr. 41'404.85.
Nonostante la situazione finanziariamente precaria in cui si trovava il nucleo familiare, l'insorgente non ha però praticamente mai lavorato e nemmeno risulta che abbia svolto ricerche in tal senso. Giovane e in buona salute, durante il matrimonio è stata infatti attiva professionalmente solo per un mese (marzo 2019) senza avere rispettivamente indicare particolari motivi per astenersi dallo svolgere attività lavorative che potessero contribuire a migliorare il bilancio familiare.
Anche il fatto che la ricorrente avesse un bambino non può inoltre spiegare questa scelta, perché quando sono giunti in Svizzera, nel 2013, il figlio aveva 10 anni (precedente consid. A.a) ed essendo in età scolastica non necessitava di assistenza assidua (art. 77f OASA e contrario; sentenza 2C_184/2024 del 29 agosto 2024 consid. 5.3).
4.4.2. Separatasi dal marito alla fine di settembre del 2020, la ricorrente ha d'altra parte cominciato a lavorare soltanto diversi mesi dopo (nell'aprile 2021) e in modo marginale, tant'è che ha dovuto in seguito fare di nuovo capo all'aiuto sociale.
Sempre in base a quanto risulta dal giudizio impugnato (art. 105 cpv. 1 LTF; precedente consid. 2.3), va infatti rilevato che le attività intraprese su chiamata (contratto con D.________ SA del 12 aprile 2021 che prevede un salario orario lordo di fr. 24.32) e ad ore (contratto quale collaboratrice domestica del 12 maggio 2021, che prevede un impiego di quattro ore settimanali per un salario orario lordo di fr. 21.66) non erano manifestamente sufficienti al sostentamento della ricorrente e che quest'ultima ha quindi ottenuto, come già fatto durante il matrimonio, l'assistenza pubblica per un importo di fr. 47'026.80 (luglio 2023), poi ulteriormente cresciuto a fr. 53'162.85 (marzo 2024).
4.4.3. Infine, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, il giudizio impugnato appare corretto anche nella misura in cui non considera la ricorrente come "lavoratore povero" e quindi non tiene conto di questo aspetto nel procedere a una valutazione della situazione nel suo complesso (art. 77f OASA; precedente consid. 4.2).
In effetti, in base agli accertamenti che risultano dal giudizio impugnato, qui determinanti (art. 105 cpv. 1 LTF), non siamo confrontati con una fattispecie in cui, pur partecipando alla vita economica in maniera sostanziale, una persona non riesce a vivere di quanto guadagna. Ciò che i Giudici cantonali osservano è invece che la ricorrente ha partecipato alla vita economica in modo insufficiente - limitandosi a svolgere lavori che la occupavano solo su chiamata o per poche ore a settimana - e che proprio questa è la causa sia della sua dipendenza dell'aiuto sociale che della sua mancata integrazione sul piano economico.
4.5. Per quanto precede, il diniego del diritto a un permesso di soggiorno in base dell'art. 50 cpv. 1 lett. a LStrI resiste alle critiche sollevate.
Nonostante la ricorrente non risulti avere subito condanne penali o es-sere altrimenti entrata in contrasto con l'ordine giuridico svizzero, la situazione economica riscontrata - oramai sull'arco di quasi un decennio (durante il matrimonio e dopo la separazione dal marito) - porta infatti a concludere che il diniego dell'integrazione richiesta dall'art. 58a LStrI da parte dell'istanza inferiore non eccede la latitudine di apprezzamento che va riconosciuta a quest'ultima (precedente consid. 4.3; sentenza 2C_184/2024 del 29 agosto 2024 consid. 5.3).
Resta ora da esaminare la censura relativa al mancato riconoscimento di un diritto di soggiorno in base all'art. 8 CEDU.
5.
5.1. Per l'art. 8 CEDU, ogni persona ha diritto al rispetto della vita privata e familiare (par. 1). Di per sé, questa norma non conferisce un diritto di soggiorno in Svizzera. Secondo le circostanze, una persona straniera può però prevalersene per opporsi a una misura che comporterebbe una limitazione sproporzionata dei diritti in discussione e, in quest'ottica, l'art. 8 CEDU può quindi comportare anche il riconoscimento di un diritto a rimanere nel nostro Paese (par. 2; sentenza 2C_458/2023 del 7 febbraio 2024 consid. 5.1).
5.1.1. Il diritto al rispetto della vita familiare mira innanzitutto ai rapporti tra i membri del nucleo familiare, costituito dai coniugi e dai figli non ancora maggiorenni che vivono insieme (DTF 144 II 1 consid. 6.1; 143 I 21 consid. 5.1; sentenza 2C_458/2023 del 7 febbraio 2024 consid. 5.1.1). Al di fuori di questo contesto, una relazione può rientrare sotto l'art. 8 CEDU dal profilo della vita familiare solo se tra la persona straniera e un familiare esiste un rapporto di dipendenza particolare, ad esempio in ragione di un handicap o di una malattia grave (DTF 144 II 1 consid. 6.1).
5.1.2. Di regola, del diritto alla garanzia della vita privata ci si può invece prevalere solo dopo un soggiorno legale in Svizzera di circa dieci anni, in considerazione del fatto che, trascorso questo tempo, si può di principio considerare che i rapporti sociali intessuti in Svizzera sono diventati stretti a tal punto che per porre fine al soggiorno ci vogliono motivi qualificati (DTF 147 I 268 consid. 1.2.4; 144 I 266 consid. 3.9). Davanti a un'integrazione particolarmente riuscita, la facoltà di richiamarsi all'art. 8 CEDU nell'ottica del diritto alla vita privata si può però ammettere anche prima (DTF 149 I 207 consid. 5.3).
5.2. Ora, oltre che nell'ottica della garanzia alla vita privata, la ricorrente sembra almeno a tratti richiamarsi all'art. 8 CEDU anche nell'ottica della tutela della vita familiare. Per quanto sia il caso, la stessa non può essere tuttavia seguita perché vive separata dal marito dal 2020 e non risulta avere ulteriori familiari in Svizzera.
5.3. In parallelo, contrariamente a quanto sostenuto nell'impugnativa, è corretto pure il diniego del diritto al richiamo alla vita privata. In effetti, l'insorgente ha ottenuto un permesso di dimora per soggiornare in Svizzera solo dopo il matrimonio, avvenuto il 26 febbraio 2014, e la decisione con la quale è stato revocato rispettivamente non rinnovato il suo permesso di dimora è del 12 maggio 2023 (precedenti consid. A.a e B.a). Pertanto, i dieci anni richiesti non sono dati (DTF 149 I 207 consid. 5.3.3; sentenza 2C_209/2024 del 19 giugno 2024 consid. 6.3, da cui risulta che la durata di una procedura ricorsuale non può essere considerata). D'altra parte, in base ai fatti accertati nel giudizio impugnato (art. 105 cpv. 1 LTF) e a quanto indicato nel precedente considerando 4, nemmeno si può ammettere l'esistenza di un'integrazione particolarmente riuscita, che permetterebbe di derogare ai dieci anni necessari per un richiamo all'art. 8 CEDU a tutela della vita privata.
5.4. Negata la possibilità di riferirsi validamente ai diritti garantiti dall'art. 8 par. 1 CEDU, anche una verifica della proporzionalità di una loro limitazione, come previsto dall'art. 8 par. 2 CEDU (DTF 144 I 266 consid. 3.7), non entra di conseguenza in considerazione (sentenza 2C_448/2024 del 3 ottobre 2024 consid. 6.4).
6.
6.1. Per quanto precede, il ricorso presentato contro la sentenza della Corte cantonale del 26 settembre 2024 dev'essere respinto.
6.2. Nella misura in cui la richiesta di esenzione dal versamento di un anticipo spese sia da intendere come istanza di assistenza giudiziaria, la stessa non può essere accolta, perché il gravame doveva apparire sin dall'inizio come privo di probabilità di successo (art. 64 cpv. 1 LTF). Nell'addossare le spese giudiziarie all'insorgente, viene comunque fissato un importo ridotto (art. 65 cpv. 1 e 2, art. 66 cpv. 1 LTF). Non vengono assegnate ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF).
6.3. Con l'emanazione del presente giudizio, la richiesta di concessione dell'effetto sospensivo al ricorso diventa senza oggetto.
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Il ricorso è respinto.
2.
La domanda di assistenza giudiziaria è respinta.
3.
Le spese giudiziarie di fr. 1'000.-- sono poste a carico della ricorrente.
4.
Comunicazione al rappresentante della ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché alla Segreteria di Stato della migrazione.
Losanna, 13 novembre 2024
In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
La Presidente: F. Aubry Girardin
Il Cancelliere: Savoldelli