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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
6B_476/2021  
 
 
Sentenza del 14 giugno 2021  
 
Corte di diritto penale  
 
Composizione 
Giudici federali Jacquemoud-Rossari, Presidente, 
Denys, Muschietti, 
Cancelliera Ortolano Ribordy. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
ricorrente, 
 
contro 
 
1. Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano, 
2. Giudice dei provvedimenti coercitivi del Cantone Ticino, via Bossi 3, 6901 Lugano, 
opponenti. 
 
Oggetto 
Trasferimento in sezione aperta, primo congedo, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 22 marzo 2021 dalla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello 
del Cantone Ticino (incarto n. 60.2020.308). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
Riconosciuto colpevole di assassinio e di interruzione punibile della gravidanza, A.________ sta scontando la pena detentiva a vita inflittagli con sentenza del 24 novembre 2010 dalla Corte delle assise criminali del Cantone Ticino. Il temine per la concessione della liberazione condizionale giusta l'art. 86 cpv. 5 CP scadrà il 3 aprile 2025. 
 
Il piano di esecuzione della pena (PES) è stato elaborato nel luglio 2012, approvato dalle competenti autorità nel luglio 2013 e aggiornato nel dicembre 2014. 
 
Il 12 settembre 2014 il Dipartimento della sanità e socialità del Cantone Ticino ha revocato per tempo indeterminato a A.________ l'autorizzazione al libero esercizio della professione. 
 
B.  
Dopo la reiezione di due precedenti richieste in tal senso, il 27 gennaio 2020 A.________ ha nuovamente chiesto al Giudice dei provvedimenti coercitivi, sedente in materia di applicazione della pena, il suo trasferimento in sezione aperta e la concessione del primo congedo. 
 
Raccolti i preavvisi delle autorità interpellate e preso atto delle conclusioni della recente rivalutazione peritale del condannato, con decisione del 29 ottobre 2020 il Giudice dei provvedimenti coercitivi ha respinto le istanze presentate da A.________, considerando dati sia un pericolo di fuga sia un pericolo di recidiva. La situazione del detenuto è stata ritenuta del tutto simile a quella in essere al momento dei precedenti rifiuti, eccetto che per il trasferimento in Ticino della sua compagna, elemento comunque insufficiente a ovviare al rischio che ripari in Italia, paese di cui è anche cittadino e in cui mantiene legami familiari e migliori prospettive di reinserimento professionali nella sua precedente attività. 
 
C.  
Con sentenza del 22 marzo 2021, la Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (CRP) ha respinto il reclamo inoltrato da A.________ contro il rifiuto delle postulate aperture di regime. Ha considerato esistere un concreto pericolo di fuga, senza che fosse necessario statuire anche sul ritenuto pericolo di recidiva. 
 
 
D.  
Avverso questo giudizio, A.________ insorge al Tribunale federale con un ricorso in materia penale, chiedendo in via principale la concessione di un primo congedo e il passaggio in sezione aperta, subordinatamente l'annullamento della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla CRP per nuova decisione. Postula inoltre di essere posto al beneficio dell'assistenza giudiziaria. 
 
Invitati a esprimersi sul ricorso, il Giudice dei provvedimenti coercitivi e la CRP si rimettono al giudizio di questo Tribunale; il Ministero pubblico è rimasto silente. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con pieno potere d'esame l'ammissibilità del rimedio esperito (DTF 146 IV 185 consid. 2). 
 
1.1. Presentato dal detenuto che ha partecipato alla procedura dinanzi alla precedente istanza e le cui conclusioni sono state disattese (art. 81 cpv. 1 LTF), diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF) di un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 80 LTF) concernente l'esecuzione di pene e misure (art. 78 cpv. 2 lett. b LTF), il gravame è di massima ammissibile quale ricorso in materia penale. Esso è tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF) e inoltrato nelle forme richieste (art. 42 cpv. 1 LTF).  
 
1.2. A meno che non ne dia motivo la decisione impugnata, il Tribunale federale non tiene conto di fatti o mezzi di prova nuovi (art. 99 cpv. 1 LTF), i quali non possono in ogni caso essere posteriori al giudizio contestato (nova in senso proprio; DTF 143 V 19 consid. 1.2 con rinvii).  
 
Il ricorrente ha allegato al suo gravame due promesse di assunzione (documenti D e E) datate rispettivamente del 27 e 26 aprile 2021. Essendo posteriori alla sentenza qui impugnata, tali documenti risultano d'acchito irricevibili e non saranno pertanto presi in considerazione. 
 
2.  
L'esecuzione delle pene e delle misure compete ai Cantoni, salvo diversa disposizione della legge (art. 123 cpv. 2 Cost.). La Confederazione può infatti emanare prescrizioni concernenti tale materia (art. 123 cpv. 3 primo periodo Cost.). Ricorrendo a tale competenza, essa ha adottato gli art. 74 segg. CP. Queste disposizioni delineano i tratti essenziali dell'esecuzione delle pene e delle misure, mentre i dettagli e le modalità d'esecuzione sono disciplinati dal diritto cantonale e dalle direttive concordatarie pertinenti per ciascun Cantone (DTF 145 IV 10 consid. 2.1). 
 
L'esecuzione dev'essere orientata in particolare al reinserimento e alla risocializzazione del detenuto (v. art. 74 e 75 CP). Segue il principio della progressione: nell'ottica del suo ritorno nella società al detenuto è concessa sempre più libertà. Tuttavia, quanto maggiore è il rischio di fuga o di recidiva, tanto più rigidi sono i limiti degli alleggerimenti graduali del regime di esecuzione (sentenza 6B_133/2019 del 12 dicembre 2019 consid. 2.3). 
 
2.1. Le pene detentive sono scontate in un penitenziario chiuso o aperto. Il detenuto è collocato in un penitenziario chiuso o in un reparto chiuso di un penitenziario aperto se vi è il pericolo che si dia alla fuga o vi è da attendersi che commetta nuovi reati (art. 76 CP). Secondo l'art. 19 cpv. 1 del regolamento ticinese del 6 marzo 2007 sull'esecuzione delle pene e delle misure per gli adulti (REPM/TI; RL 341.110), l'esecuzione della pena in uno stabilimento chiuso, nel quale le misure di sicurezza sono elevate, è la forma di esecuzione ordinaria quando al detenuto non possono essere concesse altre forme di esecuzione in grado di evitare in particolare la fuga o pericoli a terzi. Una persona condannata può scontare la pena privativa di libertà in maniera totale o parziale in uno stabilimento aperto, ossia in una struttura che dispone di misure di sicurezza ridotte per quanto concerne l'organizzazione, il personale e la costruzione, se questa sua collocazione non provoca pericoli alla comunità, evita il ripetersi di azioni delittuose e non vi è il rischio di fuga (art. 19 cpv. 3 REPM/TI).  
 
2.2. Al fine di permettere al detenuto di curare le relazioni con il mondo esterno, di preparare il ritorno alla vita libera o per altre ragioni particolari, l'art. 84 cpv. 6 CP, che non conferisce un diritto, prevede che gli vadano concessi adeguati congedi, purché il suo comportamento durante l'esecuzione della pena non vi si opponga e non vi sia il rischio che si dia alla fuga o che commetta nuovi reati. Tale disposizione descrive le condizioni quadro per un congedo. Quelle dettagliate sono invece disciplinate, per quanto concerne in particolare il Cantone Ticino, segnatamente dal regolamento del 31 ottobre 2013 relativo alla concessione di autorizzazioni di uscita alle persone condannate adulte e ai giovani adulti emanato dalla Conferenza latina delle autorità cantonali competenti in materia di esecuzione di pene e misure (RL 343.510), nonché dal diritto cantonale. In particolare l'art. 75 del regolamento del 15 dicembre 2010 delle strutture carcerarie del Cantone Ticino (RL 342.110), relativo all'autorizzazione di uscita (congedo, permesso, accompagnamento), sancisce espressamente che l'uscita non è un diritto; per la sua concessione si tiene conto segnatamente della durata della pena, del comportamento in esecuzione di pena, dell'impegno nel lavoro, dei rischi di fuga e di recidiva, della capacità di rispettare le norme di condotta e di sicurezza (cpv. 1).  
 
2.3. Il trasferimento in sezione aperta rispettivamente la concessione di congedi rappresentano degli alleggerimenti del regime di esecuzione (v. art. 75a cpv. 2 CP). Entrambi presuppongono, come visto sopra, tra l'altro l'assenza di un rischio di fuga.  
 
Il rischio di fuga va valutato alla luce dei criteri sviluppati nella giurisprudenza del Tribunale federale in materia di carcerazione preventiva (sentenza 6B_133/2019 del 12 dicembre 2019 consid. 2.3 con rinvii). Una semplice possibilità astratta di fuga non permette di ritenere un rischio in tal senso. Occorre piuttosto una certa probabilità, fondata su concreti motivi, che il detenuto posto in libertà si sottragga all'esecuzione della pena, dandosi alla fuga. Va quindi preso in considerazione l'insieme delle circostanze proprie al detenuto, quali per esempio le sue condizioni personali, i legami familiari, la sua situazione professionale e finanziaria, nonché le sue relazioni all'estero (v. DTF 143 IV 160 consid. 4.3). Il rischio di fuga sussiste anche nel caso in cui si possa temere che il detenuto si rechi in un paese che in linea di principio ne autorizzerebbe l'estradizione, rispettivamente potrebbe perseguirlo in via sostitutiva (v. DTF 145 IV 503 consid. 2.2). 
 
2.4. Le decisioni relative agli alleggerimenti del regime di esecuzione devono inserirsi nel piano di esecuzione (art. 75 cpv. 3 CP). Le finalità devono essere determinate nel piano di esecuzione ed elaborate in modo individuale e concreto.  
 
Il piano di esecuzione giusta l'art. 75 cpv. 3 CP contiene in particolare indicazioni "sulle relazioni con il mondo esterno e sulla preparazione alla vita in libertà". Gli art. 74 e 75 CP prescrivono un'esecuzione della pena volta al reinserimento e alla risocializzazione, ovvero al rispetto della dignità umana del detenuto. In linea di principio ciò implica che egli conservi una prospettiva di vita in libertà (sentenza 6B_619/2015 del 18 dicembre 2015 consid. 2.7). 
 
2.5. La mancata concessione di alleggerimenti del regime di esecuzione deve poggiare su ragioni serie e oggettive. Nell'ambito dell'esecuzione delle pene e delle misure, le autorità cantonali dispongono di un ampio potere di apprezzamento. Il Tribunale federale interviene pertanto unicamente in caso di abuso o eccesso di tale potere (sentenza 6B_827/2020 del 6 gennaio 2021 consid. 1.4.6).  
 
Abusa del potere di apprezzamento l'autorità che, pur rimanendo nei limiti di questo suo potere, si fonda su considerazioni non pertinenti o estranee allo scopo della norma legale applicabile oppure viola i principi generali del diritto, quali il divieto dell'arbitrio o l'uguaglianza, il principio della buona fede e quello della proporzionalità (DTF 143 V 369 consid. 5.4.1). Vi è eccesso del potere di apprezzamento, invece, quando l'autorità esercita tale potere ove la legge lo esclude o, al posto di optare tra due possibili soluzioni, ne adotta una terza, oppure ancora quando si considera vincolata, malgrado la legge le permetta di decidere secondo il suo apprezzamento, o rinuncia d'acchito in tutto o in parte a esercitare il suo potere discrezionale (DTF 137 V 71 consid. 5.1). 
 
3.  
Dopo aver illustrato i preavvisi della Direzione delle Strutture carcerarie, dell'Ufficio dell'assistenza riabilitativa, del Servizio medico delle Strutture carcerarie e della Commissione per l'esame dei condannati pericolosi, la CRP ha rilevato come il comportamento del ricorrente durante l'esecuzione della pena non si opponesse a un alleggerimento del regime. Ha però ricordato che già nella sua decisione dell'8 luglio 2019, con cui ha confermato il precedente rifiuto del Giudice dei provvedimenti coercitivi di trasferimento in sezione aperta e di concessione di primo congedo, aveva ritenuto un rischio di fuga. Da allora le circostanze non sono tuttavia mutate, fatta eccezione di un più lungo periodo di carcerazione subita. La Corte cantonale ha osservato che il termine per un'eventuale liberazione condizionale è ancora lontano e che, dall'ultimo rifiuto di alleggerimento di regime, non sono stati registrati progressi nella definizione concreta di un luogo in cui l'insorgente potrà ricostruire un futuro e di un settore lavorativo in cui potrà reinserirsi professionalmente. Al riguardo ha esortato l'Ufficio dell'assistenza riabilitativa a chiarire quanto prima, presso la competente autorità cantonale e con il concorso dell'interessato, le reali possibilità di reinserimento quale fisioterapista con riguardo alla legge sanitaria. Quanto poi al luogo di reinserimento, cosciente dell'improponibilità di reinserirsi nella società ticinese anche dal profilo lavorativo, il ricorrente ha ventilato in modo generico la possibilità di stabilirsi Oltralpe, senza tuttavia nulla intraprendere di concreto. La CRP si è poi chinata sui legami familiari dell'insorgente. In Svizzera risiedono gli anziani genitori, che vivono a ridosso della frontiera con l'Italia, e il figlio, con cui non è per ora prevedibile un riavvicinamento. Dopo l'ultima decisione di rifiuto di alleggerimenti del regime vi si è trasferita anche la compagna, che ha ottenuto un permesso B per svolgere un lavoro che fino ad allora ha esercitato in qualità di frontaliera, prendendo domicilio presso un anziano divorziato con cui non ha rapporti di parentela e nemmeno contrattuali. Ella però, con cui il ricorrente intrattiene i legami affettivi più significativi, potrebbe in qualsiasi momento tornare in Italia, paese in cui ha vissuto finora e di cui possiede la cittadinanza. Per i giudici cantonali, la carente progettualità di vita in Svizzera conduce a ritenere un concreto pericolo che, con le postulate aperture di regime, l'insorgente possa facilmente riparare in Italia, dove vivono la sorella, il cognato e i nipoti con cui ha mantenuto stretti rapporti, per sottrarsi all'ancora lungo residuo di pena da scontare e con la prospettiva di tornare più facilmente a esercitare in un nuovo ambiente la sua professione di fisioterapista come da lui sempre auspicato. 
 
3.1. Il ricorrente lamenta in primo luogo la violazione del divieto dell'arbitrio e dell'art. 8 Cost. Ritiene non pertinente il richiamo della CRP alla sentenza 6B_133/2019 del 12 dicembre 2019 per considerare che il tempo che lo separa dall'eventuale liberazione condizionale sarebbe ancora abbastanza lungo per fondare un indizio nell'ottica di eludere il residuo di pena, tenuto conto delle differenze tra quella fattispecie e il caso qui in esame. In modo arbitrario e lesivo dell'uguaglianza giuridica, l'autorità cantonale avrebbe poi utilizzato le caratteristiche dell'insorgente e della di lui compagna per comprovare il pericolo di fuga, penalizzandoli a causa della loro cittadinanza italiana. Rileva che, oltre alla nazionalità italiana, avrebbe in primo luogo quella svizzera, ciò che sarebbe stato minimizzato, come anche il fatto di essere nato e cresciuto in Svizzera. La CRP avrebbe dunque enfatizzato eccessivamente i pochi rapporti con l'Italia, senza considerare tutti quelli che avrebbe in Ticino. Sarebbero stati altresì svalutati sia il legame con i genitori, descritti con un piede nella fossa, sia quello con il figlio, con il quale egli spererebbe riprendere i rapporti. La sentenza impugnata fornirebbe una visione completamente distorta della realtà e farebbe astrazione della cooperazione transfrontaliera e internazionale in materia penale tra Svizzera e Italia. Sarebbe ingiustificato il timore che l'insorgente si ricostruisca una vita in Italia anche perché sarebbe notorio che le condizioni lavorative e salariali risulterebbero assai problematiche. Basandosi su pochi contatti con l'estero, i giudici cantonali tratterebbero il ricorrente alla stessa stregua di un cosiddetto turista del crimine privo di qualsiasi legame con il territorio elvetico.  
 
3.2. La sentenza 6B_133/2019 del 12 dicembre 2019 concerne la richiesta di congedo formulata da un cittadino straniero, condannato a una pena detentiva di 13 anni, senza legami in Svizzera e deciso, una volta scontata la pena, a tornare in Germania dove vivono i suoi familiari. Il Tribunale federale ha ritenuto sussistere un rischio verosimile di fuga, considerando tra l'altro che non avrebbe potuto beneficiare di una liberazione condizionale prima di due anni, periodo sufficientemente lungo da costituire un importante indizio di una possibile fuga per sottrarsi al residuo di pena, anticipando la sua partenza dalla Svizzera (sentenza citata 6B_133/2019 consid. 2.4). Se è vero che, sotto vari aspetti, il caso diverge da quello qui in esame, il richiamo fatto dalla CRP a tale sentenza non appare insostenibile. Il ricorrente è certo di nazionalità (anche) elvetica, nato e cresciuto in Svizzera, paese in cui dichiara di voler continuare a vivere dopo la sua liberazione. Ciò non toglie che egli potrà aspirare a una liberazione condizionale non prima di quattro anni. Benché ne abbia già scontati undici, si tratta pur sempre di un periodo ragguardevole, il doppio rispetto al citato caso. A prescindere dalla sua pretesa intenzione di volersi ricostruire un futuro in Svizzera, a ragione la CRP ha ritenuto tale periodo di un'importanza tale da poter fondare un rischio di fuga. L'entità della pena ancora da espiare non è stata giustamente l'unico elemento di valutazione di suddetto rischio (v. al riguardo DTF 143 IV 160 consid. 4.2). I giudici cantonali hanno infatti rilevato come non si siano registrati progressi nel definire un luogo sul nostro territorio dove l'insorgente potrà ricostruirsi una vita e in quale settore d'attività potrà reinserirsi professionalmente. Questa carente progettualità di vita unitamente all'ancora ampio orizzonte di pena giustificano la conclusione sul concreto rischio di fuga in Italia, paese di cui ha la nazionalità e in cui, come osservato dalla CRP, avrebbe la non trascurabile prospettiva di tornare a esercitare con maggiore facilità, in un nuovo ambiente, la sua originaria professione, come da lui sempre auspicato. Queste considerazioni risultano corrette e non procedono da un abuso o un eccesso del potere di apprezzamento di cui fruisce l'autorità cantonale. Se non si possono negare i legami con la Svizzera, non si possono neppure sottovalutare quelli con l'Italia. Qui, oltre alla cittadinanza e alle predette prospettive professionali, egli dispone pure di rapporti familiari importanti. La sua compagna si è certo trasferita in Svizzera, ma solo dopo il precedente rifiuto dei postulati alleggerimenti di pena, avendo fino ad allora svolto la sua attività nella ristorazione in qualità di frontaliera. Questo trasferimento può essere letto come strumentale nell'ottica dei postulati alleggerimenti di pena. Come evidenziato dalla CRP, ella ha preso domicilio presso un anziano divorziato con cui non ha legami di parentela né contrattuali, di modo che potrebbe tornare in qualsiasi momento in Italia, dove ha vissuto finora e di cui possiede la nazionalità. Alla luce di queste circostanze a ragione i giudici cantonali hanno ritenuto un concreto rischio di fuga in Italia. In proposito non giova al ricorrente evocare la cooperazione internazionale. Ricordato che, secondo la giurisprudenza, tale rischio va ammesso anche laddove l'interessato possa recarsi in un paese che concede l'estradizione (v. supra consid. 2.3), va osservato che, secondo l'art. 6 n. 1 della Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957 (RS 0.353.1) ratificata anche dall'Italia, ogni Stato contraente ha la facoltà di rifiutare l'estradizione dei propri cittadini. In caso di fuga del ricorrente in Italia, non è quindi garantita la sua estradizione alla Svizzera, avendo egli anche la cittadinanza italiana. Ciò posto, invano l'insorgente si prevale dell'art. 8 Cost. per la presa in considerazione della sua nazionalità e di quella della sua compagna. Non è infatti la sua doppia cittadinanza a motivare il ritenuto rischio di fuga, ma piuttosto i suoi concreti legami con l'Italia. Tale rischio sussisterebbe del resto anche nei confronti di un cittadino unicamente svizzero in un caso simile.  
 
3.3. Il ricorrente lamenta poi la violazione degli art. 74 segg. CP, perché sarebbe stato completamente ignorato il piano di esecuzione della pena, che già a partire dal 2020 prevederebbe la concessione di congedi e il trasferimento in sezione aperta. Gli elementi che avrebbero condotto le autorità cantonali a ritenere un rischio di fuga sarebbero stati già presenti al momento di elaborare tale piano. Il mancato alleggerimento del regime secondo il calendario elaborato nel piano di esecuzione della pena costituirebbe un trattamento disumano e ingiusto, frustrando le legittime aspettative che il detenuto nutrirebbe in base a questo piano. Secondo l'insorgente, esigendo l'esistenza di un concreto progetto professionale e l'allontanamento dal territorio ticinese una volta scontata la pena, la CRP avrebbe negato l'alleggerimento del regime su elementi estranei all'art. 76 CP. Questa posizione, oltre a non avere basi legali, si rifarebbe al parere dell'Ufficio dell'assistenza riabilitativa, che subordinerebbe una prognosi favorevole all'adesione di un progetto di vita in un altro Cantone. Una simile condizione sarebbe lesiva della libertà di domicilio e del diritto all'autodeterminazione del ricorrente garantiti rispettivamente dagli art. 24 cpv. 1 e 10 Cost. Costituirebbe inoltre una pena supplementare, obbligandolo a vivere in un territorio lontano dai suoi affetti e dal luogo in cui è cresciuto e a parlare una lingua che non conosce. L'insorgente osserva ancora come sarebbe contraddittorio pretendere da lui un progetto di vita concreto, non avendo in oltre un decennio mai potuto accedere al mondo esterno. Il ricorrente si richiama infine all'art. 8 CEDU che imporrebbe allo Stato di aiutare il detenuto a mantenere i rapporti con i suoi congiunti. Ritiene che imporgli di programmare la sua vita in un luogo diverso da quello in cui avrebbe tutti i suoi affetti, come fatto dall'Ufficio dell'assistenza riabilitativa e dalla Commissione per l'esame dei condannati pericolosi con l'avallo della CRP, costituirebbe un'ingerenza illegittima nella sua vita privata.  
 
3.4. Il piano di esecuzione della pena giusta l'art. 75 cpv. 3 CP costituisce uno strumento di pianificazione che necessita di essere costantemente rivisto e adattato in funzione dell'evoluzione del detenuto. Da questo piano non scaturisce alcun diritto azionabile, se le condizioni legali per un alleggerimento del regime non sono realizzate (v. sentenza 6B_329/2011 del 12 luglio 2011 consid. 3.4). Va inoltre evidenziato che l'art. 75 cpv. 4 CP impone al detenuto di partecipare attivamente agli sforzi di risocializzazione e alla preparazione della liberazione. Contrariamente a quanto pretende il ricorrente, la CRP non ha posto condizioni supplementari agli alleggerimenti di regime. Essa ha infatti ritenuto un rischio di fuga, nulla di più né di diverso quindi da quanto stabilito dagli art. 76 e 84 cpv. 6 CP. I giudici cantonali hanno menzionato una carente progettualità di vita non riferendosi unicamente al territorio svizzero d'Oltralpe, bensì inglobando anche il Ticino. Non hanno quindi preteso né subordinato i postulati alleggerimenti di regime a un progetto di vita fuori dal Ticino. Hanno al contrario esortato esplicitamente l'Ufficio dell'assistenza riabilitativa, unitamente all'insorgente, a chiarire quanto prima le eventuali possibilità di reinserimento di quest'ultimo quale fisioterapista proprio in Ticino. Risulta d'altra parte che sia stato lo stesso ricorrente a ventilare la possibilità di trasferirsi Oltralpe, avendo preso coscienza delle difficoltà di un suo reinserimento nella società ticinese. La CRP si è limitata a constatare che ciò malgrado egli nulla ha intrapreso di concreto per determinare un suo futuro luogo di vita. Mal si comprende dunque come l'insorgente possa censurare la violazione dei diritti costituzionali e convenzionali invocati.  
 
3.5. In conclusione il rifiuto di primo congedo e di trasferimento in sezione aperta si rivela conforme al diritto.  
 
4.  
Infondato, il ricorso dev'essere respinto. 
 
La domanda di assistenza giudiziaria può trovare accoglimento, tenuto conto delle condizioni economiche dell'insorgente e del fatto che le conclusioni ricorsuali non apparivano d'acchito prive di possibilità di successo (art. 64 cpv. 1 LTF). Egli è quindi dispensato dal pagamento delle spese giudiziarie. 
 
Anche se vincenti, alle autorità incaricate di compiti di diritto pubblico non sono accordate spese ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso è respinto. 
 
2.  
Al ricorrente è concessa l'assistenza giudiziaria. 
 
3.  
Non si prelevano spese giudiziarie. 
 
4.  
Comunicazione alle parti e alla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 14 giugno 2021 
 
In nome della Corte di diritto penale 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: Jacquemoud-Rossari 
 
La Cancelliera: Ortolano Ribordy