Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
8C_264/2024
Sentenza del 14 novembre 2024
IV Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Wirthlin, Presidente,
Maillard, Viscione,
Cancelliere Colombi.
Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinato dall'avv. Marco Ciamei,
ricorrente,
contro
Cassa cantonale di compensazione, Ufficio delle prestazioni,
via Ghiringhelli 15a, 6500 Bellinzona,
opponente.
Oggetto
Prestazione complementare all'AVS/AI (condono),
ricorso contro la sentenza del Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino del 22 marzo 2024 (33.2023.26).
Fatti:
A.
A.a. Il 2 aprile 2020A.________, nato nel 1966, beneficiario di prestazioni complementari dal 1° marzo 2017, ha informato la Cassa cantonale di compensazione del Cantone Ticino (di seguito, la "Cassa") che il padre era deceduto una decina di giorni prima e che quindi l'usufrutto di cui quest'ultimo beneficiava sulla casa in cui abitava (di cui A.________ era comproprietario insieme ai due fratelli) era decaduto. Il 28 settembre 2020 l'assicurato ha comunicato alla Cassa il conseguente cambiamento della sua situazione finanziaria, allegando in particolare la documentazione bancaria relativa ai conti in Svizzera e in Italia e una perizia del valore venale degli immobili posseduti in Italia in comunione ereditaria con il fratello e la sorella.
A.b. Con decisione del 27 ottobre 2022, preso atto dei valori peritali delle particelle n. xxx e n. yyy RFD di U.________ notificati il 10 agosto 2022 dall'Ufficio stima del Cantone Ticino e della nuova documentazione dell'assicurato, la Cassa ha chiesto in restituzione l'importo di fr. 33'369.- per prestazioni complementari indebitamente percepite dal 1° aprile 2020 al 31 ottobre 2022. Con il computo della sua quota ereditaria, il diritto alle PC decadeva dal 1° aprile 2020. Il 29 marzo 2023, dopo aver ottenuto il rapporto peritale e le spiegazioni sul computo di determinati importi, A.________ ha ritirato l'opposizione interposta e presentato istanza di condono. Con decisione del 30 marzo 2023, la Cassa ha ricalcolato il diritto alle PC dal 1° aprile 2020 al 31 ottobre 2022, non più computando la quota ereditaria dal 1° aprile 2020 ma soltanto dal 1° ottobre 2022. Tenuto conto del fatto che il termine di perenzione per l'emissione della decisione di restituzione del 27 ottobre 2022 era scaduto, il nuovo importo da restituire ammontava a fr. 16'215.- per la prestazione complementare e fr. 837.10 per le spese di malattia.
A.c. Con decisione del 5 aprile 2023, confermata su opposizione il 18 luglio 2023, la Cassa ha poi respinto la domanda di condono del 29 marzo 2023, ritenendo che l'interessato avesse commesso una negligenza grave. L'indebito versamento delle PC doveva e poteva essergli senza dubbio chiaro, per cui l'invocata buona fede non poteva essere ammessa. Essa ha quindi riconfermato l'importo da restituire in fr. 17'052.10.
B.
Con sentenza del 22 marzo 2024, il Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino ha respinto il ricorso dell'assicurato contro la decisione su opposizione del 18 luglio 2023.
C.
A.________ presenta un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale contro tale sentenza, chiedendo, in via principale, che la stessa venga sostanzialmente riformata nel senso che gli sia riconosciuto il beneficio del condono. In via subordinata, egli chiede il suo annullamento e il rinvio degli atti all'autorità inferiore per valutazione del requisito dell'onere grave. Con il ricorso è inoltre richiesta l'assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio.
Chiamati a pronunciarsi, l'opponente rinuncia a formulare una risposta di causa, mentre l'Ufficio federale non si è espresso.
Diritto:
1.
La sentenza impugnata è una decisione finale (art. 90 LTF) resa in una materia di diritto pubblico (art. 82 segg. LTF) da un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2 LTF). Presentato in tempo utile (art. 100 cpv. 1 LTF) e nelle debite forme (art. 42 LTF), il ricorso è ammissibile.
2.
2.1. Il ricorso in materia di diritto pubblico può essere presentato per violazione del diritto, conformemente a quanto stabilito dagli art. 95 e 96 LTF . Il Tribunale federale esamina d'ufficio l'applicazione del diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF), non essendo vincolato né dagli argomenti sollevati nel ricorso né dai motivi addotti dall'autorità precedente. Tuttavia, salvo che la violazione giuridica sia manifesta, tenuto conto dell'esigenza di motivazione posta dall'art. 42 cpv. 2 LTF, il Tribunale federale esamina solamente le censure sollevate, mentre non è tenuto a vagliare, come lo farebbe un'autorità di primo grado, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se queste ultime non sono (più) debitamente presentate in sede federale (DTF 149 II 337 consid. 2.2; 148 V 209 consid. 2.2; 144 V 173 consid. 1.2).
2.2.
2.2.1. L'accertamento dei fatti operato dal giudice precedente può invece essere censurato unicamente se è avvenuto in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario, oppure in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF e se l'eliminazione del vizio può essere determinante per l'esito del procedimento (art. 97 cpv. 1 LTF; DTF 150 IV 149 consid. 3.3.2; 146 IV 88 consid. 1.3.1). Salvo i casi in cui tale inesattezza sia lampante, la parte ricorrente che intende contestare i fatti accertati dall'autorità inferiore deve spiegare, in maniera circostanziata, per quale motivo ritiene che le condizioni di una delle eccezioni previste dall'art. 105 cpv. 2 LTF sarebbero realizzate (cfr. DTF 142 I 135 consid. 1.6; 141 II 14 consid. 1.6).
2.2.2. Secondo la giurisprudenza, l'arbitrio non si realizza già qualora la soluzione proposta con il ricorso possa apparire sostenibile o addirittura preferibile a quella contestata; il Tribunale federale annulla la pronuncia criticata solo se il giudice del merito ha emanato un giudizio che appare - e ciò non solo nella motivazione bensì anche nell'esito - manifestamente insostenibile, in aperto contrasto con la situazione reale, gravemente lesivo di una norma o di un principio giuridico chiaro e indiscusso oppure in contraddizione urtante con il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 148 IV 409 consid. 2.2; 146 IV 88 consid. 1.3.1; 138 I 232 consid. 6.2). In particolare, per quanto riguarda l'apprezzamento delle prove e l'accertamento dei fatti, il giudice incorre nell'arbitrio se misconosce manifestamente il senso e la portata di un mezzo di prova, se omette senza valida ragione di tener conto di un elemento di prova importante, suscettibile di modificare l'esito della vertenza, oppure se ammette o nega un fatto ponendosi in aperto contrasto con gli atti di causa o interpretandoli in modo insostenibile (DTF 150 I 50 consid. 3.3.1; 144 V 50 consid. 4.2).
3.
Oggetto del contendere è sapere se la Corte cantonale abbia violato il diritto federale negando l'adempimento del presupposto della buona fede, ai sensi dell'art. 25 cpv. 1 LPGA (RS 830.1), per condonare la restituzione delle prestazioni complementari indebitamente percepite.
4.
4.1. Il Tribunale cantonale ha già esposto i presupposti del condono di restituzione di prestazioni indebitamente riscosse (art. 25 LPGA, art. 4 OPGA [RS 830.11]), nonché dell'obbligo di notificazione nel caso di cambiamento delle condizioni (art. 31 LPGA; art. 24 OPC-AVS/AI [RS 831.301]). A tale corretta esposizione può dunque essere fatto riferimento.
4.2. Si ricorderà nondimeno che secondo la giurisprudenza, il solo fatto che l'assicurato ignorasse di non avere diritto alle prestazioni versate non basta per ammetterne la buona fede. In quanto condizione necessaria per il condono, essa è esclusa a priori se i fatti che danno luogo all'obbligo di restituzione (per es. una violazione dell'obbligo di annunciare o di informare) sono imputabili a un comportamento doloso oppure a una grave negligenza. Per contro, l'assicurato può invocare la propria buona fede se l'azione o l'omissione in questione costituiscono una negligenza lieve. In questo caso, il grado di diligenza richiesto viene valutato in base a un parametro oggettivo, anche se non si può ignorare ciò che è soggettivamente possibile e ragionevole per la persona interessata, ovvero la capacità di giudizio, lo stato di salute, il livello di istruzione, ecc. (DTF 138 V 218 consid. 4; cfr. sentenze 8C_34/2022 del 4 agosto 2022 consid. 4.2; 9C_318/2021 del 21 settembre 2021 consid. 3.1, pubblicato in SVR 2022 EL n. 7 pag. 21). In caso di conteggi di prestazioni complementari erronei, la buona fede è generalmente negata se l'assicurato non controlla il foglio di calcolo o lo verifica in modo poco coscienzioso e quindi non segnala un errore grave facilmente riconoscibile. Anche la mancata richiesta di informazioni all'amministrazione può essere presa in considerazione (cfr. la citata sentenza 9C_318/2021 consid. 3; cfr. anche sentenza 8C_353/2018 del 26 luglio 2018 consid. 3. Per entrambe, si vedano gli esempi ivi menzionati).
In questo ordine di idee, occorre differenziare tra la buona fede intesa come mancata consapevolezza dell'illiceità ("Unrechtsbewusstsein") e la questione di sapere se l'interessato, facendo uso dell'attenzione che le circostanze permettevano di esigere da lui, avrebbe potuto e dovuto riconoscere il vizio giuridico esistente. La consapevolezza o meno dell'illiceità dell'atto o dell'omissione è una questione di fatto, in merito alla quale il potere d'esame del Tribunale federale è limitato ( art. 97 e 105 LTF ). Per contro, il tema di sapere se una persona abbia fatto prova dell'attenzione ragionevolmente esigibile, è una questione di diritto, che il Tribunale esamina liberamente (DTF 122 V 221 consid. 3; 8C_107/2023 del 5 luglio 2023 consid. 3.2).
5.
Il ricorrente lamenta un apprezzamento arbitrario delle prove, il quale avrebbe condotto alla violazione degli art. 25 cpv. 1 LPGA e 4 OPGA, in relazione con l'art. 9 Cost..
5.1. Nel ricorso viene invocata sia la buona fede soggettiva del ricorrente (art. 25 cpv. 1 LPGA), sia il diritto costituzionale della protezione della buona fede ("Vertrauensschutz"; art. 9 Cost.). Tuttavia, secondo la giurisprudenza, quest'ultima nozione riveste un'importanza per la nascita del debito da restituire, in quanto in presenza di determinate circostanze la protezione della buona fede può imporre di rinunciare alla restituzione. La questione del condono, che viene esaminata soltanto in una seconda fase - quella qui in esame - si fonda invece (tra l'altro) sulla buona fede soggettiva del beneficiario della prestazione (sentenze 8C_312/2012 del 12 giugno 2012 consid. 3.2.2; cfr. anche sentenza 9C_805/2008 del 13 marzo 2009 consid. 2.3, in cui è stato ritenuto errato negare la buona fede soggettiva di un assicurato sostenendo che non sussistessero le condizioni per la protezione della buona fede secondo l'art. 9 Cost). Oggetto del presente gravame non è la validità della decisione di restituzione (ormai cresciuta incontestata in giudicato), avverso la quale sarebbe stato di principio possibile esaminare il diritto alla protezione della buona fede, bensì il relativo condono. Il caso va dunque esaminato dal profilo della buona fede soggettiva.
5.2. La Corte cantonale ha considerato che il ricorrente fosse pienamente consapevole del fatto che le prestazioni percepite successivamente alla morte del padre - e alla relativa eredità ricevuta - non fossero conformi alla sua situazione economica. Questa circostanza era stata segnalata più volte dal ricorrente alla Cassa, temendo infatti di essere chiamato alla restituzione, come poi avvenuto. Tale consapevolezza escludeva quindi, in maniera totale, il sussistere di una buona fede. Nulla mutava il fatto che egli avesse tempestivamente e correttamente avvisato l'amministrazione della successione paterna, del fatto che l'eredità fosse stata divisa e che, telefonicamente, avesse informato la Cassa che le prestazioni riconosciute fossero errate. Ciò valeva anche per le comunicazioni del 18 dicembre 2020 e del 3 gennaio 2022 dell'amministrazione, rivelatesi manifestamente errate pur restando soggette alla riserva di mutazioni in corso. Il ricorrente era pienamente consapevole di tale erroneità, come attestato dalle testimoni sentite. A mente dei giudici cantonali, l'inerzia dell'amministrazione, seppur riprovevole in quanto disponeva delle opportune informazioni e di tutti i dati corretti (per cui la sua attività di accertamento era limitata alla verifica ed alla determinazione dei valori immobiliari), avrebbe dovuto imporre al ricorrente di accantonare gli importi delle PC ricevuti erroneamente in vista della loro restituzione. L'importante ritardo nella reazione della Cassa, che aveva comunque fatto perimere parte del credito di restituzione, non poteva giovare al ricorrente e non consentiva di ritenere la sua buona fede.
5.3. Il ricorrente sostiene di aver agito in piena trasparenza e tempestività nei confronti della Cassa, la quale invece avrebbe atteso oltre due anni e mezzo se non tre per cambiare il proprio comportamento, corrispondendo le prestazioni complementari e, di fatto, rassicurando il ricorrente sulla bontà del proprio operato pluriennale. La sua buona fede sarebbe dimostrata anche dalle testimonianze assunte in corso di procedura. A fronte di un'iniziale preoccupazione su un'ipotetica possibilità di dover restituire le prestazioni che stava percependo, il ricorrente avrebbe riposto la sua legittima fiducia nel decorso del tempo e nel silenzio dell'amministrazione, nonché nella continua erogazione delle prestazioni. Lo stesso fatto che quest'ultima avrebbe dovuto, ad aprile 2022, disporre una perizia sul valore venale dei beni immobili del ricorrente dimostrerebbe che egli non avrebbe potuto sapere se ciò potesse incidere sulle prestazioni complementari e in che misura. A mente del ricorrente sussisterebbe inoltre il requisito dell'onere grave.
5.4. Il ricorso è destinato all'insuccesso. I primi giudici hanno ritenuto la piena consapevolezza del ricorrente circa l'erroneità della decisione fondandosi in particolare sulle sue ripetute segnalazioni all'amministrazione. Che egli fosse consapevole di tale errore trovava pure conferma nelle testimonianze assunte durante il procedimento. Tale constatazione vincola il Tribunale federale, posto che, come visto (consid. 4.2 supra), si riferisce ad una questione di fatto e non appare manifestamente inesatta nella fattispecie. In effetti, non è arbitrario ritenere che il timore di dover restituire delle prestazioni, in queste circostanze, ne fondi la consapevolezza. Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, il ritardo della Cassa, senz'altro grave e sul quale si è già esaurientemente espressa la Corte ticinese, non permette di rendere insostenibile l'apprezzamento delle prove in questione. Lo stesso vale per l'argomento secondo cui il valore venale degli immobili di proprietà del ricorrente sia emerso soltanto da una perizia dell'Ufficio stima competente esperita appositamente, dal momento che egli stesso si era accorto già in precedenza che la nuova sostanza, spontaneamente comunicata dal ricorrente, non era stata computata nei conteggi delle prestazioni complementari. Questa circostanza, del resto, neppure risulta contestata nel ricorso.
Risultando inadempiuto già il primo dei due presupposti cumulativi dell'art. 25 cpv. 1 LPGA, non occorre pronunciarsi sul grave onere preteso dal ricorrente.
6.
Il ricorrente lamenta infine la mancata concessione dell'assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio per la procedura cantonale.
6.1. La Corte ticinese ha ritenuto che la situazione finanziaria del ricorrente, al momento della domanda dell'assistenza giudiziaria, comprendesse una sostanza mobiliare di fr. 9'361.65 e di un terzo di EUR 9'018.19. Egli disponeva dell'appartamento in cui abitava (valore di stima di fr. 234'364.- mentre il resto dell'immobile aveva un valore venale di fr. 506'897.-) e di fondi all'estero valutati da un tecnico in loco in EUR 155'282.-, la cui terza parte ascrivibile al ricorrente ammontava a EUR 51'761.-. Egli non aveva sufficientemente sostenuto che, al netto di una "riserva di soccorso", questi beni non sarebbero stati in grado di coprire entro un anno i costi del suo patrocinatore e che gli stessi non avrebbero potuto essere gravati con mutui garantiti da ipoteca o alienati. L'indigenza non era stata resa verosimile, per cui l'assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio non poteva essere ammessa.
6.2. Il ricorrente ribadisce che sarebbe al beneficio di una rendita AI dell'80 % dell'importo di fr. 1'352.- mensili, mentre il suo fabbisogno mensile ammonterebbe a fr. 2'658.45. Egli non sarebbe in grado di integrare l'ammanco mensile di almeno fr. 1'306.45 con attività lavorativa esterna (data l'età e l'esigua percentuale lavorativa rimanente), facendovi dunque fronte solamente con le sue liquidità bancarie, ampiamente insufficienti anche solo per un anno. La sostanza immobiliare in Svizzera, condivisa in ragione di 1/3 con i due fratelli, avrebbe una scarsa se non nulla possibilità di messa a reddito. Così anche quella in Italia, per la maggior parte terreni sparsi e di piccola entità oltre che essere in comunione ereditaria, inappetibili per il mercato e di fatto invendibile a terzi. Di conseguenza, insufficiente per soddisfare i requisiti bancari per una qualsivoglia garanzia.
6.3. Sollevata contro l'applicazione del diritto cantonale (in casu la legge ticinese sull'assistenza giudiziaria e sul patrocinio d'ufficio del 15 marzo 2011 [RL/TI 3.1.17]) e contro l'accertamento dei fatti operato dall'autorità inferiore, la censura del ricorrente è ammissibile, di fronte al Tribunale federale, soltanto sotto il profilo del divieto dell'arbitrio - per il quale è imposto un onere di motivazione accresciuto (art. 97 cpv. 1 e 106 cpv. 2 LTF; DTF 147 V 35 consid. 4.2; 143 II 283 consid. 1.2.2; 140 III 385 consid. 2.3). Onere, nella fattispecie, non adempiuto. La Corte cantonale ha infatti motivato il proprio apprezzamento in merito alle possibilità di reddito dei beni immobiliari del ricorrente riferendosi ad un'ampia e costante giurisprudenza (si veda il consid. 2.15 della sentenza impugnata), senza che, in questa sede, via sia stata un'argomentazione contraria sufficiente a dimostrarne il carattere manifestamente errato. La censura è giocoforza inammissibile.
7.
Ne discende che il ricorso deve essere respinto, così come la domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio. Come emerge da quanto accertato dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF), il ricorrente non appare indigente ( art. 64 cpv. 1 e 2 LTF ). Le spese giudiziarie sono pertanto poste a carico del ricorrente (art. 66 cpv. 1 LTF).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Il ricorso è respinto.
2.
La domanda di assistenza giudiziaria è respinta.
3.
Le spese giudiziarie di fr. 1'400.- sono poste a carico del ricorrente.
4.
Comunicazione alle parti, al Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino e all'Ufficio federale delle assicurazioni sociali.
Lucerna, 14 novembre 2024
In nome della IV Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: Wirthlin
Il Cancelliere: Colombi