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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
6B_355/2008 
 
Sentenza del 15 gennaio 2009 
Corte di diritto penale 
 
Composizione 
Giudici federali Favre, presidente, 
Ferrari, Eusebio, 
cancelliere Crameri. 
 
Parti 
A.________, 
ricorrente, patrocinato dall'avv. Michele Rossi, 
 
contro 
 
Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano, 
opponente. 
 
Oggetto 
Falsità in documenti (art. 251 CP), 
 
ricorso in materia penale contro la sentenza emanata 
il 9 aprile 2008 dalla Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
 
A. 
Il 28 maggio 2002 A.________, specialista in attività economiche-finanziarie connesse con il settore marittimo, ha sottoscritto una dichiarazione giurata in lingua inglese (cosiddetto "affidavit"). Nella stessa egli si esprimeva sulle attività della B.________SA, società specializzata nella gestione di navi e la ricerca di finanziamenti, della quale era stato alle dipendenze quale vicedirettore dal gennaio 1995 fino al 30 giugno 2001; società lasciata dopo una disputa con C.________, un tempo suo amico, che l'aveva fondata. Quest'ultimo avrebbe tradito, per proprio interesse, la fiducia sia sua sia di diversi clienti in relazione all'acquisto di due navi: in seguito all'asserita cattiva gestione, A.________ avrebbe subito anche una perdita finanziaria. 
 
L'affidavit è stato trasmesso a un legale nigeriano, che l'ha allegato ad altre dichiarazioni giurate. Sulla base di questi documenti, una società, che faceva valere diritti su una nave, ha introdotto un'istanza di sequestro presso la Federal Hight Court of Nigeria di Lagos, che l'ha accolta con decreto del 13 giugno 2002. La nave è tuttavia salpata per la Spagna prima dell'attuazione dell'ordine di sequestro, che avrebbe nondimeno comportato ingenti danni economici. 
 
B. 
Con decreto di accusa del 31 ottobre 2005 il Procuratore pubblico del Cantone Ticino (PP) ha ritenuto A.________ autore colpevole di falsità in documenti, per avere attestato fatti non veri in un affidavit redatto da un terzo e da lui firmato. Il PP ne ha proposto la condanna a cinque giorni di detenzione, sospesi condizionalmente per un periodo di prova di due anni, rinviando le parti civili al foro competente per eventuali richieste di risarcimento. L'interessato ha interposto opposizione al decreto di accusa. Il procedimento è quindi stato deferito alla Pretura penale, il cui giudice, con decisione dell'11 aprile 2006, ha condannato l'opponente a 30 giorni di detenzione, sospesi condizionalmente per un periodo di prova di due anni. 
 
La Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (CCRP), adita dal condannato, ne ha dichiarato il ricorso inammissibile, in sostanza per carenze formali, mediante sentenza del 9 aprile 2008. 
 
C. 
Avverso questo giudizio A.________ presenta un ricorso in materia penale al Tribunale federale. Chiede di annullare la decisione impugnata e di assolverlo dall'accusa di falsità in documenti, in via subordinata di rinviare la causa alla CCRP affinché esamini nel merito il rimedio cantonale e decida nel senso degli argomenti esposti nel ricorso in esame; in via più subordinata, postula di rinviare la causa affinché la CCRP lo diffidi a munirsi di un patrocinatore allo scopo di presentare un ricorso contro il giudizio del primo giudice. 
 
Non sono state chieste osservazioni, ma è stato richiamato l'incarto cantonale. 
 
Diritto: 
 
1. 
1.1 Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione l'ammissibilità dei ricorsi sottopostigli (DTF 134 II 138 consid. 1). 
 
1.2 L'ammissibilità del rimedio presentato contro una decisione cantonale di ultima istanza (art. 80 cpv. 1 LTF) e la legittimazione del ricorrente sono pacifiche (art. 81 cpv. 1 lett. a e lett. b n. 1 LTF). 
 
1.3 Conformemente a quanto stabilito dall'art. 95 LTF, il ricorso ordinario al Tribunale federale può essere presentato, tra l'altro, per violazione del diritto federale e dei diritti costituzionali (lett. a e c). Secondo l'art. 42 cpv. 2 LTF, nel ricorso occorre spiegare per quali ragioni l'atto impugnato viola il diritto. Il Tribunale federale esamina in linea di principio solo le censure sollevate; esso non è tenuto a vagliare, come lo farebbe un'autorità di prima istanza, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se quest'ultime non sono presentate nella sede federale (DTF 134 IV 36; 134 II 244 consid. 2.2). Inoltre, quando, come in concreto, il ricorrente invoca la violazione di diritti costituzionali e di disposizioni di diritto cantonale, giusta l'art. 106 cpv. 2 LTF il Tribunale federale esamina le censure soltanto se sono state esplicitamente sollevate e motivate in modo chiaro e preciso (DTF 133 IV 286 consid. 1.4; 134 II 244 2.2; sui fatti determinanti o un loro accertamento incompleto vedi DTF 133 IV 286 consid. 6.2, 293). Le esigenze di motivazione sono inoltre accresciute laddove il ricorrente lamenta l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove, dato che ciò equivale a sostenere che i fatti sono stati accertati in violazione dell'art. 9 Cost. e del diritto federale (DTF 134 IV 36 consid. 1.4.1). In questa misura, argomentazioni vaghe o meramente appellatorie e semplici rinvii agli atti cantonali non sono quindi ammissibili (DTF 129 I 113 consid. 2.1 e rinvii). 
 
2. 
2.1 Il ricorrente, rilevato di non essere stato patrocinato da alcun legale dinanzi alla CCRP, fa valere un'applicazione arbitraria del diritto procedurale cantonale, segnatamente dell'art. 49 CPP/TI, che ha il seguente tenore: 
"1 L'accusato può valersi in ogni stadio del procedimento dell'assistenza di un difensore. Tale facoltà deve essergli comunicata con la promozione dell'accusa. 
2 L'accusato deve obbligatoriamente essere assistito da un difensore: 
a) se l'arresto si protrae oltre quattro giorni; 
b) durante la custodia per l'allestimento di una perizia psichiatrica; 
c) dopo l'emanazione dell'atto di accusa di cui all'art. 199 CPP
d) se al dibattimento per opposizione a decreto di accusa partecipa il Procuratore pubblico. 
3 Se l'Autorità nel corso del procedimento costata che l'accusato a piede libero non è capace di difendersi con la necessaria chiarezza, può diffidarlo a munirsi entro breve termine di un difensore, riservata la designazione di un difensore d'ufficio. 
4 La scelta del difensore non deve essere causa di ritardo nel processo. 
5 ... " 
 
2.2 Il ricorrente non sostiene, a ragione, che sarebbero adempiute le condizioni indicate all'art. 49 cpv. 2 CPP/TI. In effetti, come risulta dalla sentenza 11 aprile 2006 del giudice della Pretura penale, il PP aveva rinunciato a presenziare al dibattimento, postulando semplicemente la conferma del decreto d'accusa. È d'altra parte pacifico ch'egli avrebbe potuto farsi assistere da un avvocato di fiducia, come ha peraltro fatto nell'ambito della parallela causa civile, e che pertanto la questione del gratuito patrocinio non si pone (art. 29 cpv. 3 Cost.; sulla difesa necessaria vedi DTF 129 I 281 consid. 3 e 4). Il ricorrente invoca infatti unicamente il motivo previsto dall'art. 49 cpv. 3 CPP/TI. 
 
2.3 Il ricorrente riprendendo alcuni stralci della decisione impugnata, nei quali la CCRP ha dichiarato inammissibili determinate conclusioni e motivazioni da lui addotte, ne deduce ch'essa avrebbe considerato ch'egli non fosse oggettivamente in grado di difendersi in modo adeguato, segnatamente nella presentazione del ricorso per cassazione. Al suo dire, la CCRP, invece di dichiarare il gravame inammissibile per ragioni formali, avrebbe dovuto diffidarlo a munirsi di un legale allo scopo di ripresentare il ricorso entro un nuovo termine. 
 
2.4 L'assunto non regge. Dagli invocati passaggi, qui sotto elencati, non si evince alcunché a sostegno della tesi ricorsuale, la quale del resto nemmeno trova riscontro negli atti di causa. 
Certo, la CCRP ha rilevato che il ricorrente aveva prodotto una serie di documenti sprovvisti di stampiglia attestante la loro esibizione nel processo, segnatamente dinanzi alla Pretura penale, e ricordato che, secondo la costante giurisprudenza, davanti ad essa non sono ammissibili documenti né altri mezzi di prova nuovi. 
L'ultima istanza cantonale ha poi stabilito che, nella misura in cui il ricorrente si avvaleva di motivi di revisione di una sentenza di condanna secondo l'art. 299 CPP/TI, il gravame doveva essere dichiarato inammissibile, poiché una domanda di revisione non poteva essere frammista a un ricorso per cassazione: ciò a maggior ragione ritenuto che una siffatta domanda, in ogni modo da rivolgere contro una sentenza di condanna cresciuta in giudicato, può essere presentata in ogni tempo (art. 300 cpv. 1 CPP/TI). 
La CCRP ha inoltre ritenuto che il gravame si esauriva in puntualizzazioni non seguite da una sostanziata censura di arbitrio, visto che il ricorrente non spiegava perché le sue critiche sarebbero utili all'accoglimento del ricorso. 
I giudici cantonali hanno poi rilevato che con scritto del 19 dicembre 2005 il ricorrente, dando seguito all'ordinanza del presidente della Pretura penale di apertura e sulle prove del 14 novembre 2005, aveva certo accennato alla necessità di procedere a una perizia contabile o per lo meno all'esame dei conti bancari delle due società coinvolte nella procedura. Essi hanno tuttavia ritenuto che il giudice della Pretura penale, verosimilmente per una svista, nell'ordinanza sulle prove non aveva fatto alcun riferimento a tale richiesta. La CCRP ha ricordato che l'art. 288 lett. b CPP/TI ammette il ricorso per cassazione per vizi essenziali di procedura, purché il ricorrente abbia eccepito l'irregolarità non appena possibile: in concreto, accertato ch'egli non aveva sollevato, né lo pretende, il quesito della mancata decisione sulla pretesa richiesta di perizia durante il dibattimento, ha ritenuto ch'egli non poteva ovviare a tale passività nel quadro del ricorso per cassazione e che pertanto anche su questo punto il rimedio era irricevibile. 
La CCRP, con riferimento all'affidavit, ha rilevato che il ricorrente richiamava la propria risposta del 23 gennaio 2004, presentata dal suo patrocinatore di fiducia alla Seconda Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino, alla petizione promossa nei suoi confronti da una società interessata, nonché la relativa duplica. Essa ha accertato che nel motivare il gravame egli esponeva gli argomenti di risposta e di duplica come se stesse ancora rivolgendosi alla Seconda Camera civile, senza minimamente confrontarsi con le motivazioni che hanno spinto il giudice della Pretura penale a ritenere palesemente inveritiero il contenuto dell'affidavit. 
 
Il ricorrente indica poi una considerazione nella quale la CCRP ha rilevato ch'egli si limitava a riproporre la fotocopia del procedimento civile, sorvolando sulla decisione impugnata, come se si trovasse in presenza di un'autorità civile, e che fondava inoltre il suo gravame su documenti irritualmente prodotti per la prima volta in sede ricorsuale. 
 
Infine, il ricorrente sottolinea come la CCRP, esprimendosi su un'altra censura, ha ritenuto che le sue doglianze non andavano oltre la prospettazione del proprio punto di vista personale, basato su una ricostruzione personale degli eventi e su mere allegazioni di parte. 
 
Ora, come ancora si vedrà, il ricorrente neppure sostiene perché queste conclusioni sarebbero arbitrarie o lesive del diritto e non dimostra affatto perché queste considerazioni dimostrerebbero la sua incapacità a difendersi con chiarezza. 
 
2.5 Certo, la CCRP ha ritenuto che il ricorso era stato presentato in modo improprio, ossia come un memoriale volto a perorare le ragioni esposte nell'ambito della causa civile, e che il rimedio era stato proposto in modo confuso. Contrariamente all'assunto ricorsuale, la Corte cantonale non ha tuttavia minimamente considerato che il ricorrente non fosse oggettivamente in grado di difendersi in modo adeguato, segnatamente nella preparazione del ricorso per cassazione (per un siffatto caso vedi DTF 132 I 1: incapacità manifesta di una parte di presentare una replica). 
 
2.6 Il ricorso in esame è incentrato sull'assunto, infondato, che la CCRP avrebbe accertato l'incapacità del ricorrente a difendere i propri interessi. In effetti, la sola circostanza che la CCRP dichiari inammissibili numerose censure, o addirittura la loro totalità, in un ricorso per cassazione, non dimostra che il ricorrente, che avrebbe potuto avvalersi di un avvocato di fiducia, era incapace di difendersi personalmente con la necessaria chiarezza. È infatti notorio, ciò che il ricorrente parrebbe disconoscere, che non di rado, non foss'altro che per le severe esigenze di motivazione, anche ricorsi redatti da avvocati vengano dichiarati parzialmente o totalmente inammissibili per motivi formali identici o analoghi a quelli posti a fondamento dell'impugnato giudizio, come risulta da molte sentenze pubblicate sui siti internet sia del Tribunale di appello sia del Tribunale federale. La circostanza che un ricorso sia dichiarato, in parte o nella sua totalità, inammissibile per mancato rispetto di esigenze formali non significa infatti che l'insorgente non fosse capace di difendersi senza l'assistenza di un avvocato. 
 
3. 
3.1 Secondo la dottrina cantonale, l'incapacità di difendersi è data in primo luogo quando l'accusato non comprenda la procedura e quando, pur comprendendola, non è in grado di gestire ragionevolmente la propria difesa, indipendentemente dall'indirizzo della stessa. Non può essere confusa con l'incapacità di difendersi la scelta di una strategia difensiva discutibile o inusuale: occorre infatti che l'accusato adotti una linea difensiva irragionevole. L'incapacità di difendersi in sede penale ricorda la corrispondente incapacità processuale della procedura civile (art. 39 CPC/TI). Sempre secondo la dottrina cantonale, che richiama la prassi, la necessità della presenza di un difensore nasce quando il caso non è senza importanza e presenta difficoltà di fatto e di diritto che superano la capacità dell'accusato, ciò che è il caso quando si debba attendere l'irrogazione di una pena la cui durata escluda la sospensione condizionale o l'assunzione di misure privative della libertà personale. Questa necessità va determinata secondo le circostanze concrete: nei casi in cui la verosimile aspettativa di pena è di pochi mesi si devono tuttavia considerare anche le difficoltà giuridiche o fattuali della procedura (MICHELE RUSCA E ALTRI, Commentario del Codice di Procedura Penale ticinese, 1997, n. 18 e 19 all'art. 49; COCCHI/TREZZINI, CPC-TI App., all'art. 39, m. 25/26, rilevato che la legge sul patrocinio d'ufficio e sull'assistenza giudiziaria, del 3 giugno 2002, nulla ha modificato al proposito; sentenze CRP 60.2008.28 del 6 marzo 2008 e 60.2008.279 del 29 settembre 2008). Il ricorrente non sostiene né tanto meno dimostra che in concreto sarebbero adempiuti siffatti estremi. 
 
3.2 Il Tribunale federale, esprimendosi sull'analoga disciplina vigente in materia civile e ricordato che in Ticino, come in Svizzera, non esiste un obbligo per le parti di un processo d'essere patrocinate da un avvocato (cd. «Anwaltszwang», con le eccezioni previste dagli art. 49 cpv. 3 CPP/TI e 39 cpv. 2 CPC/TI; un'analoga eccezione è prevista pure dall'art. 41 cpv. 1 LTF), ha rilevato che il giudice ha l'obbligo di esaminare d'ufficio l'esistenza dei presupposti processuali, tra i quali rientra la capacità delle parti, per cui occorre vagliare se possono sussistere dubbi circa la capacità dell'interessato di difendersi da solo. Esso ha ricordato che, per quanto concerne la capacità processuale, al giudice compete un notevole potere di apprezzamento, giustificato dalla sua particolare conoscenza delle circostanze concrete oggettive e soggettive relative alla lite e alla personalità delle parti: il Tribunale federale non sostituisce pertanto il proprio apprezzamento a quello del giudice cantonale, ma si limita a controllare se quest'ultimo non abbia ecceduto in tale suo potere o non ne abbia abusato (sentenza 4P.303/1993 del 29 marzo 1994 consid. 2b apparsa in Rep 1994 249). L'incapacità di condurre un processo non può pertanto essere ammessa alla leggera, ancor meno quando la parte interessata è capace di formulare, come nella fattispecie, le proprie conclusioni e di presentare la sua causa (cfr. LAURENT MERZ, in: Basler Kommentar, Bundesgerichtsgesetz, 2008, n. 12-14 all'art. 41). 
 
3.3 I criteri che possono imporre l'assistenza di un avvocato d'ufficio sono la gravità del reato e della pena prevedibile, la complessità della causa nonché la personalità dell'interessato (DTF 131 I 350 consid. 4.4 pag. 364; 129 I 281 consid. 3.2, 4.1 e 4.3; cfr. anche DTF 120 Ia 43 consid. 2; sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, Quaranta contro Svizzera del 24 maggio 1991; Mark E. Villiger, Handbuch der Europäischen Menschenrechtskonvention, 2a ed., n. 517, 520 e 523; Haefliger/Schürmann, Die Europäische Menschenrechtskonvention und die Schweiz, 2a ed., pag. 226, 230 seg.). 
 
3.4 Il ricorrente non si pronuncia del tutto al riguardo e non sostiene che nella fattispecie si sarebbe in presenza di motivi che avrebbero imposto una difesa necessaria. Segnatamente, a ragione, egli non adduce che si sarebbe di fronte a una fattispecie penale grave (sulla difesa necessaria in relazione a un equo processo, in particolare per la durata del carcere preventivo e dell'istruzione e alle garanzie derivanti dagli art. 29 cpv. 3, 31 cpv. 2 e 32 cpv. 2 Cost., nonché dall'art. 6 n. 1 e n. 3 lett. c CEDU cfr. DTF 131 I 350 con numerosi riferimenti alla giurisprudenza e alla prassi degli organi convenzionali). Egli neppure tenta di spiegare perché, considerate le difficoltà fattuali e giuridiche della fattispecie e la prevedibile pena (in concreto sono stati proposti cinque giorni di detenzione sospesi condizionalmente dal PP e pronunciati trenta giorni sospesi condizionalmente dal giudice penale), si sarebbe imposta l'assistenza di un legale. D'altra parte, egli, cognito degli affari oggetto del procedimento penale e già vicedirettore della società coinvolta nella procedura, non adduce che sarebbe stato incapace di difendersi senza l'assistenza di un legale: in particolare egli non fa affatto valere di non essersi potuto difendere con cognizione di causa dinanzi al primo giudice nel contesto del dibattimento, né sostiene, sempre a ragione, che la causa fosse complessa, essendo inoltre manifesto che un'eventuale pena sarebbe stata inflitta con il beneficio della condizionale. I giudici cantonali non hanno d'altra parte disatteso il loro obbligo di assistenza (sul dovere del giudice di informare l'accusato sui suoi diritti di difesa vedi DTF 131 I 350 consid. 4.1 e 42 pag. 60 seg. con riferimento agli art. 31 cpv. 2 e 32 cpv. 2 secondo periodo Cost.; 124 I 185 consid. 3 e 4). 
Il ricorrente si limita semplicemente a elencare i già citati passaggi della sentenza impugnata, con i quali le sue censure sono state dichiarate inammissibili, deducendone a torto che la CCRP l'avrebbe considerato oggettivamente non in grado di difendersi in modo adeguato. Tuttavia, questo accertamento, come si è visto, non risulta affatto dal contestato giudizio né dallo stesso si evince una siffatta deduzione, neppure implicita. Su questo punto il ricorso non adempie d'altra parte le esigenze di motivazione dell'art. 42 cpv. 2 LTF ed è pertanto inammissibile. Si tratta infatti di una semplice interpretazione personale del ricorrente, non suffragata dagli atti di causa. 
 
3.5 Il ricorrente ha conseguito un diploma di commercio, ha svolto un apprendistato bancario e si è specializzato in attività economico-finanziarie connesse con il settore marittimo, per passare poi a una fiduciaria e assumere infine la carica di vicedirettore della società coinvolta nel procedimento penale. Per di più, nell'ambito della parallela causa civile, egli si è avvalso dell'assistenza di un avvocato: la rinuncia a farsi patrocinare anche in sede penale da un legale parrebbe quindi fondata su una strategia difensiva liberamente scelta dal ricorrente, che, come si è visto, dispone delle competenze necessarie per difendere i suoi interessi. 
 
3.6 La sua asserita incapacità a difendersi, del resto, non è stata ravvisata neppure dal giudice della Pretura penale, che l'ha udito, interrogato e ha potuto osservarne il comportamento durante il dibattimento. Inoltre, l'esteso ricorso per cassazione inoltrato personalmente dal ricorrente, dal punto di vista strettamente formale (non del suo contenuto) non dimostra ch'egli non avrebbe saputo difendersi, ma che si è in gran parte semplicemente limitato a riprendere gli argomenti sviluppati dal suo legale nel quadro della parallela causa civile. L'atto è infatti strutturato come un ricorso "classico", suddiviso con motivazioni "in ordine", "in fatto e in diritto", e con le relative conclusioni. 
 
4. 
4.1 Il ricorrente non fa valere che la CCRP avrebbe dichiarato a torto inammissibili le sue censure. Si limita ad accennare al fatto che la sentenza impugnata sarebbe arbitraria nel suo risultato, poiché egli avrebbe sollevato, per lo meno implicitamente, una questione di diritto che la CCRP avrebbe dovuto esaminare: la sua convinzione che l'affidavit corrispondesse alla realtà. Al suo dire, egli avrebbe contestato nei predetti termini d'aver agito con dolo, per cui ai fini della punibilità farebbe difetto l'elemento soggettivo: questione di diritto che la CCRP avrebbe dovuto esaminare nel merito. 
 
4.2 Indipendentemente dal quesito di sapere se si è o no in presenza di una censura nuova e se la stessa debba essere esaminata, è palese che la critica è infondata. Con il menzionato accenno il ricorrente disconosce infatti che, come accertato nell'impugnato giudizio, secondo il primo giudice egli è sempre stato a conoscenza di chi fosse l'acquirente della nave. Riguardo all'aspetto soggettivo dell'infrazione, il primo giudice ha ritenuto ch'egli era compiutamente informato del fatto che la nave apparteneva a terze persone, non coinvolte nella vertenza, e che quanto da lui sostenuto era il frutto di una sua personale interpretazione degli eventi, senza riscontri tangibili, per cui ha giudicato ch'egli ha agito intenzionalmente. Ora, il ricorrente non tenta di spiegare perché i suoi impliciti accenni di critica avrebbero dovuto comportare l'annullamento di questa conclusione da parte della CCRP. 
 
4.3 Il ricorrente accenna a una violazione degli art. 6 n. 3 lett. b e c CEDU e 29 Cost. Anche in tale ambito egli si limita tuttavia a sostenere, contrariamente a quanto stabilito nel giudizio impugnato, che la CCRP avrebbe accertato una sua oggettiva incapacità a condurre il processo, non permettendogli quindi di disporre delle necessarie facilitazioni per la propria difesa. Limitandosi a riprodurre il testo integrale dell'art. 6 CEDU, egli non dimostra tuttavia minimamente perché tale norma sarebbe stata violata. 
 
4.4 In tale contesto egli rileva poi che il diritto di essere patrocinati è riconosciuto anche a livello federale (art. 41 LTF e 32 [recte 35 e 36] PP), una sua inosservanza essendo incompatibile con le garanzie procedurali generali previste dall'art. 29 Cost. relative a un equo processo e all'assistenza di un avvocato in caso di necessità. Con questi acceni di critica, che non adempiono chiaramente le citate esigenze di motivazione (art. 42 cpv. 2 LTF), egli non dimostra affatto l'asserita lesione. 
 
4.5 Il ricorrente sostiene inoltre, che la sentenza impugnata sarebbe costitutiva di un diniego formale di giustizia e di un formalismo eccessivo. Al riguardo si limita a rilevare che nel ricorso per cassazione egli ha sostenuto che l'affidavit da lui sottoscritto corrisponderebbe alla verità, mentre il giudice della Pretura penale ha stabilito che gli asseriti rapporti di proprietà, tra la controparte e la società che ha acquistato la nave, sono il frutto di una sua mera convinzione soggettiva. Ora, il ricorrente non dimostra l'arbitrarietà di tale conclusione, ma si limita a ribadire che il ricorso per cassazione contiene numerosi passaggi nei quali egli precisava di essere convinto della veridicità dell'affidavit. Al suo dire, con quest'affermazione egli avrebbe comunicato alla CCRP "di non avere agito con dolo (questione di diritto)", per cui non potrebbe essere condannato sulla base dell'art. 251 CP. Non esaminando nel merito questa "censura", i giudici cantonali sarebbero incorsi in un diniego formale di giustizia. 
4.5.1 Commette un eccesso di formalismo, costitutivo di un diniego formale di giustizia, l'autorità che applica una regola di procedura con rigidità esagerata, ponendo esigenze eccessive, non giustificate da alcun interesse degno di protezione, così da diventare fine a sé stessa, complicando in maniera inammissibile la realizzazione del diritto materiale o ostacolando in modo inammissibile l'accesso ai tribunali. L'eccesso di formalismo vietato dall'art. 29 cpv. 1 Cost. può risiedere sia nella regola di comportamento imposta all'interessato dal diritto cantonale sia nella sanzione che vi è collegata. Tuttavia, non ogni applicazione rigorosa e severa di determinate norme costituisce un formalismo eccessivo, ma soltanto un'esagerata rigidità, che non abbia un'intrinseca giustificazione e sfoci nell'impedimento della realizzazione del diritto materiale (DTF 134 II 244 consid. 2.4.2; 127 I 31 consid. 2a/bb; 125 I 166 consid. 3). 
4.5.2 Contrariamente all'assunto ricorsuale, la CCRP ha esaminato la critica relativa all'aspetto soggettivo dell'infrazione (consid. 4 pag. 10 e consid. 6), rilevando che, secondo il ricorrente, i legali greci gli sottoposero diversi riscontri documentari che, unitamente alle spiegazioni fornite, lo convinsero della veridicità dell'affidavit. In tale ambito egli aveva esposto gli argomenti di risposta e di duplica sollevati dinanzi alla Seconda camera civile. La CCRP ha nondimeno ritenuto ch'egli non si era minimamente confrontato con le motivazioni che hanno spinto il primo giudice a ritenere il contenuto dell'affidavit palesemente inveritiero, tanto da costituire un falso ideologico ai sensi dell'art. 251 n. 1 CP, e a considerare ch'egli fosse cosciente di tale circostanza, spiegando altresì perché, limitandosi a riproporre quanto esposto nella sede civile, egli non sostanziava alcun arbitrio. Il ricorrente non spiega affatto, con una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 42 LTF, perché questa conclusione, relativa a un'esigenza minima di motivazione (cfr. DTF 134 II 244 consid. 2.4.2 pag. 248), sarebbe insostenibile e quindi arbitraria. Insistendo sull'asserita inapplicabilità dell'art. 251 CP per mancanza di dolo, egli si limita in effetti a sostenere che il primo giudice, rilevando che si trattava di una sua mera convinzione personale, avrebbe ammesso - implicitamente - che non avrebbe agito con dolo. Questa deduzione, contraria a quanto risulta dagli atti, è manifestamente infondata. 
 
5. 
5.1 Discende da queste considerazioni che la CCRP non ravvisando, a ragione, motivi che avrebbero lasciato intravedere un'incapacità del ricorrente a difendersi personalmente, non ha ecceduto né abusato del proprio potere di apprezzamento. 
 
5.2 Le spese seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2. 
Le spese giudiziarie di fr. 4'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3. 
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Ministero pubblico e alla Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
Losanna, 15 gennaio 2009 
 
In nome della Corte di diritto penale 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: Il cancelliere: 
 
Favre Crameri