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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
                 
 
 
2C_50/2019  
 
 
Sentenza del 16 gennaio 2020  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Seiler, Presidente, 
Zünd, Beusch, 
Cancelliere Gadoni. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Commissione di disciplina degli avvocati del Cantone Ticino, 
via Sempione 8, casella postale 13, 6602 Muralto, 
opponente. 
 
Oggetto 
Sanzione disciplinare, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro la 
sentenza emanata il 20 novembre 2018 dal 
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino 
(incarto n. 52.2018.276). 
 
 
Fatti:  
 
A.   
Il 10 febbraio 2018 B.________ ha presentato al Ministero pubblico del Cantone Ticino una denuncia penale nei confronti dell'avv. A.________ per il titolo di appropriazione indebita. La denunciante gli rimproverava di non averle restituito una chiavetta USB contenente documenti riservati che gli aveva consegnato in vista dell'assunzione di un mandato. Con decisione del 23 febbraio 2018 il Procuratore pubblico ha ritenuto non adempiuti gli elementi costitutivi del reato ed ha decretato un non luogo a procedere. Ha nondimeno ravvisato possibili violazioni di norme deontologiche da parte del legale ed ha quindi segnalato il caso alla Commissione di disciplina degli avvocati. 
 
B.   
Preso atto della segnalazione, la Commissione di disciplina degli avvocati ha aperto nei confronti dell'avv. A.________ un procedimento disciplinare per possibile violazione degli art. 12 lett. a della legge federale sulla libera circolazione degli avvocati, del 23 giugno 2000 (LLCA; RS 935.61) e dell'art. 19 della legge ticinese sull'avvocatura, del 13 febbraio 2012 (LAvv; RL 951.100). Invitato ad esprimersi, l'avv. A.________ ha negato ogni addebito, sostenendo di essere stato disposto a restituire la documentazione in questione qualora la cliente avesse fissato un appuntamento compatibile con i suoi impegni professionali. 
 
C.   
Dopo un ulteriore scambio di scritti, con decisione del 26 aprile 2018 la Commissione di disciplina degli avvocati ha inflitto all'avv. A.________ una multa di fr. 800.-- per avere violato in modo manifesto il suo obbligo di restituzione degli atti della cliente. 
 
D.   
Con sentenza del 20 novembre 2018, il Tribunale cantonale amministrativo ha respinto un ricorso presentato dall'avv. A.________ contro la decisione della Commissione di disciplina degli avvocati. La Corte cantonale ha ravvisato una violazione della regola professionale di cui all'art. 12 lett. a LLCA, per avere disatteso l'obbligo dell'avvocato di restituire gli atti, ed ha confermato la sanzione disciplinare inflitta dall'autorità di sorveglianza. 
 
E.   
L'avv. A.________ impugna questa sentenza con un ricorso in materia di diritto pubblico del 14 gennaio 2019 al Tribunale federale, chiedendo di annullarla. Il ricorrente fa sostanzialmente valere la violazione del diritto federale. 
 
F.   
La Corte cantonale si conferma nella sua sentenza. La Commissione di disciplina degli avvocati chiede di respingere il ricorso, comunicando di rinunciare a presentare osservazioni e di confermarsi nella propria decisione. 
 
 
Diritto:  
 
1.   
Il ricorso è diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF) pronunciata in una causa di diritto pubblico (art. 82 lett. a LTF) da un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 86 cpv. 1 lett. d LTF). Il ricorso è tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF in relazione con l'art. 46 cpv. 1 lett. c LTF) e di principio ammissibile, non essendo realizzata alcuna eccezione prevista dall'art. 83 LTF. Il ricorrente è particolarmente toccato dalla sentenza impugnata e ha un interesse degno di protezione all'annullamento della stessa (art. 89 cpv. 1 LTF). 
 
2.  
 
2.1. L'art. 99 cpv. 1 LTF prevede che, nell'ambito di un ricorso al Tribunale federale, possono essere addotti nuovi fatti e nuovi mezzi di prova soltanto se ne dà motivo la decisione dell'autorità inferiore. Spetta al ricorrente spiegare nel suo ricorso l'adempimento di questa condizione. L'esito sfavorevole del gravame dinanzi alla Corte cantonale non costituisce un motivo sufficiente per ammettere in questa sede degli pseudo nova che avrebbero potuto essere prodotti già nella procedura cantonale (DTF 143 V 19 consid. 1.2).  
 
2.2. Il ricorrente produce dinanzi al Tribunale federale l'estratto di una decisione della Commissione di disciplina degli avvocati, sostenendo che in quel caso l'autorità di sorveglianza avrebbe sanzionato con una multa inferiore una violazione professionale analoga a quella rimproveratagli (decisione parzialmente pubblicata nel Bollettino dell'Ordine degli avvocati del Cantone Ticino dell'aprile 2015 [BOA n. 49, pag. 30]). Egli non spiega tuttavia minimamente per quali ragioni il documento sarebbe eccezionalmente ammissibile in questa sede sotto il profilo dell'art. 99 LTF. Il ricorrente avrebbe potuto produrre tale decisione e censurare un'eventuale disparità di trattamento da parte della Commissione di disciplina degli avvocati già nella procedura ricorsuale cantonale. Il documento in questione non può quindi essere preso in considerazione da questa Corte.  
 
3.  
 
3.1. Conformemente a quanto stabilito dagli art. 95 e 96 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale può essere presentato per violazione del diritto. Secondo l'art. 42 cpv. 2 LTF, nel ricorso occorre spiegare per quali ragioni l'atto impugnato viola il diritto. Il ricorrente deve quindi confrontarsi con le considerazioni esposte nella sentenza impugnata, spiegando per quali motivi tale giudizio lede il diritto (DTF 142 I 99 consid. 1.7.1). Il Tribunale federale fonda inoltre la sua sentenza sui fatti accertati dalla precedente istanza, che sono di principio vincolanti (art. 105 cpv. 1 LTF). Il ricorrente può censurare l'accertamento dei fatti soltanto se è stato svolto in modo manifestamente inesatto o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF e l'eliminazione del vizio può essere determinante per l'esito del procedimento (cfr. art. 97 cpv. 1 e 105 cpv. 2 LTF). Ciò deve tuttavia essere motivato in modo preciso, secondo le esigenze accresciute dell'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 143 IV 500 consid. 1.1; 142 III 364 consid. 2.4).  
 
3.2. Nella maggior parte del gravame, il ricorrente critica la sentenza della Corte cantonale presentando un lungo esposto della fattispecie, che non è per sua natura idoneo a correggere o a precisare le constatazioni di fatto contenute nel giudizio impugnato, delle quali non è sostanziata l'arbitrarietà (cfr. sentenze 1C_534/2018 del 2 novembre 2018 consid. 2.2; 2C_550/2015 del 1° ottobre 2015 consid. 4.2.1 con riferimento dottrinale). Laddove sostiene che la precedente istanza avrebbe accertato in modo arbitrario ch'egli si è rifiutato di riconsegnare la documentazione alla propria cliente, il ricorrente non si confronta con specifici accertamenti contenuti nel giudizio impugnato, spiegando con una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 106 cpv. 2 LTF per quali ragioni essi sarebbero in chiaro contrasto con gli atti, manifestamente insostenibili o fondati su una svista evidente (cfr., sull'accertamento arbitrario dei fatti, DTF 144 V 50 consid. 4.1 e 4.2; 143 IV 500 consid. 1.1 e rinvii). I giudici cantonali hanno accertato, in modo vincolante per il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF), che la cliente ha chiesto per la prima volta la restituzione della chiavetta USB al più tardi il 9 febbraio 2018 e che al momento della pronuncia del giudizio impugnato (20 novembre 2018) la riconsegna non era ancora avvenuta. Questa circostanza è peraltro ammessa dal ricorrente medesimo, il quale riconosce come la cliente si sia presentata due volte nel suo studio legale, ma la chiavetta USB non le è stata restituita, essendosi rifiutata di fissare un appuntamento a tale scopo. La mancata riconsegna del supporto informatico non è quindi di per sé contestata dal ricorrente, che nega tuttavia l'urgenza della restituzione e ribadisce la sua richiesta di darvi seguito personalmente solo su specifico appuntamento.  
 
4.  
 
4.1.   
Il ricorrente rimprovera alle istanze cantonali di avere ravvisato a torto una violazione dell'art. 12 lett. a LLCA. Sostiene che questa norma non gli impedirebbe di chiedere alla cliente la fissazione di un appuntamento compatibile con i suoi impegni per restituirle personalmente la documentazione dietro ricevuta. 
 
4.2. L'art. 12 LLCA disciplina le regole professionali dell'avvocato e prescrive segnatamente ch'egli eserciti la professione con cura e diligenza (art. 12 lett. a LLCA). Questa disposizione costituisce una clausola generale che permette di esigere dall'avvocato un comportamento corretto nell'esercizio della sua professione (DTF 144 II 473 consid. 4.1 e rinvii). Vi rientra anche l'obbligo per l'avvocato di restituire gli atti (sentenza 2C_1086/2016 del 10 maggio 2017 consid. 3). L'art. 400 cpv. 1 CO prevede che il mandatario, ad ogni richiesta del mandante, è obbligato a rendere conto del suo operato ed a restituire tutto ciò che per qualsiasi titolo ha ricevuto in forza del mandato. L'obbligo di restituzione giusta l'art. 400 cpv. 1 CO concretizza altresì il dovere, secondo l'art. 398 cpv. 2 CO, di eseguire in modo fedele e diligente il mandato (DTF 139 III 49 consid. 4.1.2). L'obbligo di restituzione dell'avvocato concerne ciò che, in esecuzione del mandato gli è stato consegnato dal mandante o ha ricevuto da terzi (DTF 139 III 49 consid. 4.1.3; 122 IV 322 consid. 3c/aa pag. 328). Vi rientrano pure i documenti consegnatigli da un potenziale cliente del quale non ha in seguito accettato il mandato (FRANÇOIS BOHNET/VINCENT MARTENET, Droit de la profession d'avocat, 2009, n. 1222). L'avvocato non dispone, al fine di garantire le sue pretese di onorario, di un diritto di ritenzione sui documenti non realizzabili che spettano al cliente (DTF 122 IV 322 consid. 3c-d; MICHEL VALTICOS, in: Commentaire romand, Loi sur les avocats, 2010, n. 31 all'art. 12). Fatto salvo un diverso accordo tra le parti, i documenti devono essere restituiti quando l'avvocato non ne ha più bisogno per l'esecuzione del mandato, generalmente alla fine dello stesso, oppure quando il cliente li richiede (BOHNET/MARTENET, op. cit., n. 2849 seg.). La restituzione deve avvenire entro un termine adeguato (WALTER FELLMANN, in: Fellmann/Zindel, Kommentar zum Anwaltsgesetz, 2011, n. 33 all'art. 12). L'avvocato che, senza motivi giustificativi, tarda alla riconsegna, viola il suo obbligo di diligenza ai sensi dell'art. 12 lett. a LLCA (BOHNET/MARTENET, op. cit., n. 1222 e 2854).  
Una mancanza di diligenza nell'esercizio della professione di avvocato giustifica una misura disciplinare solo se raggiunge obiettivamente un peso significativo, tale da necessitare, nell'interesse pubblico, ovvero al di là di quanto previsto dalle norme che regolano il mandato, la pronuncia di una sanzione (DTF 144 II 473 consid. 4.1; sentenza 2C_507/2019 del 14 novembre 2019 consid. 5.1.2 e rispettivi rinvii). 
 
4.3. Il ricorrente sostiene che, nel suo studio legale, la restituzione della documentazione ai clienti, con la contestuale sottoscrizione di un documento appositamente redatto al momento della consegna, sarebbe una sua prerogativa esclusiva. Ritiene quindi giustificata la fissazione di uno specifico appuntamento a questo scopo. Adduce che non sarebbe sua prassi delegare tale compito ad una segretaria e che un invio postale comporterebbe il rischio di smarrire la documentazione. Il ricorrente rileva inoltre che anche per accedere agli atti di un procedimento penale pendente dinanzi al Ministero pubblico, occorrerebbe fissare un appuntamento presso quest'ultima autorità.  
Ora, nell'organizzazione del suo studio legale il ricorrente deve fare in modo di rispettare le regole professionali. Non gli è di per sé precluso di farsi se del caso rilasciare una ricevuta alla consegna della documentazione. La restituzione deve nondimeno avvenire quando il cliente ne fa richiesta ed entro un termine ragionevole, conformemente alle esposte esigenze. In concreto, si trattava semplicemente di restituire alla cliente, che aveva per finire rinunciato alla conclusione del mandato, una chiavetta USB contenente suoi documenti. La riconsegna non concerneva quindi atti voluminosi, riguardo ai quali il ricorrente poteva eventualmente prospettare una contestazione da parte della cliente circa i documenti da restituire (cfr., per il caso contrario, qui non realizzato, BOHNET/MARTENET, op. cit., n. 2856). Né v'erano dubbi sulla documentazione da riconsegnare, che avrebbero eventualmente giustificato di eseguire una cernita con la partecipazione degli interessati. Nelle concrete circostanze, una riconsegna contro ricevuta avrebbe potuto agevolmente essere svolta da parte del personale dello studio legale, presso cui la cliente si è presentata a due riprese invano. In mancanza di un esplicito accordo tra le parti, la fissazione di uno specifico appuntamento direttamente con il ricorrente per effettuare la restituzione non era quindi necessaria né giustificata. Quanto ai rischi legati ad una spedizione postale, essi avrebbero potuto essere limitati tramite un invio raccomandato. Né regge il paragone con l'appuntamento telefonico che un patrocinatore deve prendere presso il Ministero pubblico per consultare gli atti di un procedimento penale pendente. In un simile caso, non si tratta infatti di restituire al mandante i suoi documenti sulla base del contratto di mandato, ma di una fattispecie diversa, in cui l'esame degli atti del procedimento penale è disciplinato dal Codice di procedura penale e deve di principio essere garantito anche alle altre parti (cfr. art. 101 seg., 107 cpv. 1 lett. a CPP). La situazione prospettata dal ricorrente non è pertanto analoga a quella litigiosa. 
 
4.4. In concreto, secondo gli accertamenti della Corte cantonale vincolanti per il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF), la cliente ha chiesto al ricorrente la restituzione della chiavetta USB il 9 febbraio 2018, dopo avergli comunicato di rinunciare ad un'ulteriore consulenza. Il ricorrente non ha mai dato seguito alla richiesta, pretendendo dalla cliente la fissazione di uno specifico appuntamento, che non poggia tuttavia su alcun valido motivo giustificativo. Egli ha quindi violato l'art. 12 lett. a LLCA, che gli imponeva di esercitare la sua professione con cura e diligenza. La decisione dei giudici cantonali è pertanto conforme al diritto federale.  
 
5.  
 
5.1. Il ricorrente lamenta infine la violazione del principio della proporzionalità, asserendo che la sanzione della multa e l'ammontare della stessa sarebbero sproporzionati considerato ch'egli è attivo professionalmente quale avvocato da 14 anni e non è finora stato oggetto di misure disciplinari.  
 
5.2. La scelta delle misure disciplinari da adottare spetta in primo luogo all'autorità di sorveglianza. Il Tribunale federale si impone riserbo laddove è in discussione la determinazione della sanzione disciplinare. Esso interviene soltanto quando la sanzione sconfina nell'eccesso o nell'abuso del potere di apprezzamento ed appaia quindi chiaramente sproporzionata e addirittura arbitraria (sentenza 2C_507/2019, citata, consid. 6.3 e rinvii).  
In concreto, la multa inflitta al ricorrente (fr. 800.--) si situa al limite inferiore dell'art. 17 cpv. 1 lett. c LLCA. In questa sede egli si limita a richiamare la durata della sua attività professionale e l'assenza di precedenti disciplinari. Non si confronta tuttavia puntualmente, con una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 42 cpv. 2 LTF, con il considerando n. 4.2 della sentenza impugnata, in cui la Corte cantonale ha ritenuto che la violazione della regola professionale era di una certa gravità e ch'egli non aveva dimostrato alcun ravvedimento, tenendo anzi, durante la procedura, un comportamento non appropriato alla sua funzione, in particolare per i toni da lui utilizzati. I giudici cantonali hanno altresì valutato in modo sfavorevole per il ricorrente il fatto ch'egli persisteva nel non riconsegnare la chiavetta USB alla cliente. In tali condizioni, la generica argomentazione del ricorrente non permette di ritenere manifestamente sproporzionata o addirittura arbitraria la sanzione inflittagli, come visto situata al margine inferiore del quadro legale. L'assenza di precedenti disciplinari del ricorrente non basta di per sé a giustificare un semplice ammonimento, facendo astrazione dalle circostanze del caso concreto. 
 
6.   
Ne segue che il ricorso deve essere respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e sono quindi poste a carico del ricorrente (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Il ricorso è respinto. 
 
2.   
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.   
Comunicazione alle parti e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 16 gennaio 2020 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Seiler 
 
Il Cancelliere: Gadoni