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Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
1S.26/2005 /biz 
 
Sentenza del 17 ottobre 2005 
I Corte di diritto pubblico 
 
Composizione 
Giudici federali Féraud, presidente, 
Aeschlimann, Eusebio, 
cancelliere Gadoni. 
 
Parti 
Direzione generale delle dogane, 
ricorrente, 
 
contro 
 
A.________, 
opponente, 
patrocinata dall'avv. Stefano Bolla, 
Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale, via dei Gaggini 3, casella postale 2720, 
6501 Bellinzona. 
 
Oggetto 
perquisizione e sequestro (art. 46 segg. DPA), 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 18 luglio 2005 dalla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale. 
 
Fatti: 
A. 
Su richiesta di assistenza giudiziaria dell'Amministrazione federale delle dogane, l'Amministrazione federale delle contribuzioni ha eseguito il 6 e il 7 aprile 2005 un'ispezione fiscale presso la società A.________, attiva nel campo del commercio di oggetti da collezione tramite la vendita all'asta o per corrispondenza. 
Rilevata da parte dell'ispettore fiscale l'esistenza di documenti d'interesse per l'autorità doganale, riguardo a possibili irregolarità nell'importazione e nello sdoganamento di monete e medaglie antiche provenienti dall'estero, un funzionario dell'Amministrazione federale delle dogane si è recato presso la sede della società e ha esaminato i documenti, senza che il detentore e amministratore unico della stessa si opponesse formalmente. 
B. 
Accertata la rilevanza dei documenti come mezzo di prova, il funzionario inquirente ha contestualmente sequestrato, il 7 aprile 2005, quindici classificatori contenenti documentazione bancaria e contabile della società. 
C. 
Con sentenza del 18 luglio 2005 la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale ha accolto un reclamo presentato dalla A.________ contro la decisione di sequestro, ordinando la restituzione alla reclamante della documentazione sequestrata. Ha ritenuto che la mancata presentazione da parte del funzionario inquirente di un ordine di perquisizione comportava, in assenza di urgenza, l'annullamento del provvedimento di sequestro. 
D. 
La Direzione generale delle dogane impugna con un ricorso del 4 agosto 2005 al Tribunale federale questo giudizio, chiedendo di annullarlo. La ricorrente ritiene la procedura seguita nella fattispecie conforme agli art. 45 segg. DPA. 
E. 
La Corte dei reclami penali e l'opponente chiedono di respingere il ricorso. 
 
Diritto: 
1. 
1.1 Secondo l'art. 33 cpv. 3 lett. a LTPF, fino all'entrata in vigore della revisione totale dell'OG, le decisioni della Corte dei reclami penali concernenti misure coercitive sono impugnabili mediante ricorso al Tribunale federale entro 30 giorni dalla notifica, per violazione del diritto federale; la procedura è retta dagli art. 214-216, 218 e 219 PP, applicabili per analogia. 
1.2 La Direzione generale delle dogane, cui spetta il perseguimento dell'infrazione secondo la procedura penale amministrativa, è legittimata - analogamente al Ministero pubblico della Confederazione quale parte giusta l'art. 214 PP - a impugnare in questa sede la decisione della Corte dei reclami penali concernente un provvedimento coercitivo emanato dall'autorità federale medesima (DTF 130 IV 156 consid. 1.1 e rinvii). 
1.3 La decisione impugnata annulla in sostanza il sequestro e concerne quindi un provvedimento coercitivo secondo l'art. 33 cpv. 3 lett. a LTPF (DTF 131 I 52 consid. 1.2.2, 130 IV 154 consid. 1.2). Essa è quindi di principio impugnabile con un ricorso al Tribunale federale. 
2. 
2.1 La ricorrente sostiene che in concreto non vi sarebbe stata alcuna perquisizione da parte del funzionario doganale, siccome l'organo della società che deteneva i documenti poi sequestrati avrebbe dimostrato un'attitudine cooperativa e non si sarebbe opposto ai provvedimenti coercitivi. Ritiene quindi che in tali circostanze la presentazione di un ordine di perquisizione scritto non era necessaria. 
2.2 La censura è fondata. Oggetto dell'impugnativa dinanzi al Tribunale penale federale era la decisione di sequestro del 7 aprile 2005. Essa indicava il genere di documentazione contenuta nei quindici classatori e specificava che la stessa veniva sequestrata da parte della Direzione delle dogane quale mezzo di prova. Il processo verbale di sequestro è stato regolarmente firmato dal detentore della documentazione e amministratore della società interessata, al quale risulta essere stata consegnata una copia dello stesso, conformemente a quanto prevede l'art. 47 cpv. 1 DPA. Risulta quindi che l'interessato ha potuto afferrare la portata del provvedimento e la sua specificità rispetto alla precedente ispezione fiscale e che, in occasione del sequestro, egli non ha preteso che il funzionario gli presentasse un ordine di perquisizione. Tralasciando di contestare tempestivamente la mancanza di tale ordine, in particolare quando il vizio di forma avrebbe ancora potuto essere eliminato dall'autorità, e sollevando la contestazione soltanto successivamente, nell'ambito della procedura di reclamo dinanzi alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale, egli ha quindi violato il principio della buona fede (cfr. sentenza 8G.129/ 2003 del 22 marzo 2004, consid. 2; sentenza G.48/1993 del 21 ottobre 1993, consid. 2d; sentenza AK 6/81, del 2 febbraio 1981, consid. 1, citata in: Kurt Hauri, Verwaltungstrafrecht, Berna 1998, pag. 115). Spettava infatti all'interessato protestare immediatamente contro l'assenza di un simile ordine, non essendo peraltro seriamente reso verosimile che il funzionario intervenuto gli abbia illecitamente impedito di agire in tal senso e nemmeno che l'accondiscendenza sia stata ottenuta, per di più nei confronti di un amministratore titolare di uno studio fiduciario e quindi cognito in materia, con espedienti scorretti o ingannevoli. 
Nelle esposte circostanze è quindi a torto che la precedente istanza ha annullato la decisione di sequestro per il solo fatto che non era stato presentato un ordine scritto di perquisizione secondo l'art. 48 cpv. 3 DPA. Così stando le cose nemmeno si giustifica, come richiesto dall'opponente nelle osservazioni del 22 agosto 2005, di ulteriormente accertare l'esistenza o meno di un vizio di volontà nella dichiarazione di consenso. La causa è comunque rinviata al Tribunale penale federale per il giudizio sulle censure relative al sequestro. 
3. 
Ne segue che il ricorso deve essere accolto e la decisione impugnata annullata. Le spese seguono la soccombenza e sono quindi poste a carico dell'opponente (art. 156 cpv. 1 OG; DTF 130 IV 156 consid. 2). Non si assegnano ripetibili all'autorità vincente. 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
1. 
Il ricorso è accolto e la decisione impugnata annullata. 
2. 
La tassa di giustizia di fr. 2'000.-- è posta a carico dell'opponente. 
3. 
Comunicazione alla ricorrente, al patrocinatore dell'opponente e alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale. 
Losanna, 17 ottobre 2005 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: Il cancelliere: