Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
1C_115/2024
Sentenza del 19 settembre 2024
I Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Kneubühler, Presidente,
Chaix, Haag, Müller, Merz,
Cancelliere Crameri.
Partecipanti al procedimento
1. Manuele Bertoli,
2. Raoul Ghisletta,
ricorrenti,
contro
Gran Consiglio della Repubblica e Cantone Ticino, piazza Governo 6, 6501 Bellinzona,
Consiglio di Stato della Repubblica e Cantone Ticino, piazza Governo 6, casella postale 2170, 6501 Bellinzona.
Oggetto
Decreto legislativo concernente il preventivo 2024,
ricorso contro il decreto legislativo del Gran Consiglio della Repubblica e Cantone Ticino del 7 febbraio 2024.
Fatti:
A.
In data 7 febbraio 2024 il Gran Consiglio della Repubblica e Cantone Ticino ha adottato il decreto legislativo concernente il Preventivo 2024, pubblicato nel Bollettino ufficiale delle leggi del 9 febbraio 2024 (pag. 29 seg.), con entrata in vigore immediata. Il decreto, oltre all'art. 1 relativo ai ricavi e alle spese per l'esercizio 2024, contiene due altre norme dal tenore seguente:
Art. 2
Il Consiglio di Stato è tenuto a mettere in campo tutto quanto necessario affinché le spese del settore asilo possano corrispondere a quanto erogato dalla Confederazione in loro copertura.
Art. 3
Il Consiglio di Stato è chiamato a rendere definitiva in modo strutturale la non sostituzione in ragione del 20% dei partenti implementata nel 2023 e ad attuare una non sostituzione del 20% dei partenti nei settori non regolati con le PPA a partire dal 2024 rivedendo se necessario alcuni parametri di legge.
B.
Avverso questo decreto Manuele Bertoli e Raoul Ghisletta presentano al Tribunale federale un ricorso in materia di diritto pubblico, segnatamente ai sensi dell'art. 82 lett. b LTF (ricorso contro gli atti normativi cantonali) e secondo l'art. 82 lett. c LTF (ricorso concernente il diritto di voto dei cittadini). Chiedono, concesso al gravame l'effetto sospensivo, di annullarne gli art. 2 e 3 poiché non sono stati muniti della clausola referendaria. Riguardo al controllo astratto delle norme, essi adducono che i due articoli non si presterebbero a nessuna interpretazione conforme al diritto costituzionale.
C.
Il Gran Consiglio, adducendo che i criticati articoli non costituirebbero delle norme generali e astratte, ma delle proposte di natura programmatica formulate sotto forma di auspici all'indirizzo del Governo, propone di respingere il ricorso. Il Consiglio di Stato rinuncia a presentare una risposta. Nelle loro osservazioni i ricorrenti si riconfermano nelle loro allegazioni e conclusioni, come il Gran Consiglio nella duplica dell'11 giugno 2024, trasmessa ai ricorrenti.
Con decreto presidenziale del 18 marzo 2024 la domanda di effetto sospensivo è stata respinta.
Diritto:
1.
1.1. Il Tribunale federale esamina d'ufficio la propria competenza (art. 29 cpv. 1 LTF) e verifica con piena cognizione l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 149 II 476 consid. 1). Se non è manifesta, spetta ai ricorrenti dimostrare l'esistenza delle condizioni di ammissibilità (DTF 133 II 353 consid. 1; sentenza 9C_179/2024 del 6 maggio 2024 consid. 1).
1.2. La Corte decide nella composizione di cinque giudici i ricorsi contro atti normativi cantonali che sottostanno al referendum e contro decisioni cantonali sull'esigenza di un referendum (art. 20 cpv. 3 LTF).
1.3. Il ricorso, presentato entro il termine di 30 giorni dalla pubblicazione nel Bollettino ufficiale delle contestate norme, è tempestivo (art. 101 LTF; DTF 142 V 395 consid. 1.2).
1.4. I ricorrenti, rilevato di disporre del diritto di voto nel Canton Ticino, sottolineano che sarebbero stati privati del diritto di promuovere un referendum finanziario facoltativo e semmai di partecipare poi al voto popolare. La mancata referendabilità dei due criticati articoli violerebbe quindi il loro diritto di voto. Questo quesito può essere oggetto di un ricorso per violazione dei diritti politici (DTF 143 I 426 consid. 1; sentenza 1C_613/2023 del 12 marzo 2024 consid. 1.3 e 1C_887/2013 del 15 aprile 2015 consid. 1, non pubblicato in DTF 141 I 130).
1.5. Secondo l'art. 82 lett. b LTF, il Tribunale federale giudica i ricorsi contro gli atti normativi cantonali. Il diritto ticinese non prevede una procedura di un controllo astratto di tali atti: questi atti sono quindi direttamente impugnabili davanti al Tribunale federale (art. 82 lett. b e art. 87 LTF ; DTF 143 I 1 consid. 1.2; 142 V 395 consid. 1.1; sentenza 1C_613/2023, citata, consid. 1.5).
Secondo l'art. 88 cpv. 1 lett. a LTF, i ricorsi concernenti il diritto di voto dei cittadini nonché le elezioni e votazioni popolari sono ammissibili, in materia cantonale, contro gli atti delle autorità cantonali di ultima istanza. Giusta l'art. 88 cpv. 2 prima frase LTF, i Cantoni prevedono un rimedio giuridico contro gli atti delle autorità che possono violare i diritti politici dei cittadini in materia cantonale. In virtù dell'art. 88 cpv. 2 seconda frase LTF, quest'obbligo, tranne per le decisioni rese su ricorso, non si estende tuttavia agli atti del Parlamento e del Governo. Per questi atti, i Cantoni sono liberi di prevedere o meno, come è il caso nel Cantone Ticino, un rimedio giuridico cantonale (DTF 143 I 426 consid. 3.1).
2.
2.1. Nell'ambito del ricorso concernente il diritto di voto la legittimazione dei ricorrenti, aventi diritto di voto nel Cantone Ticino, è pacifica, indipendentemente dall'esistenza di un loro interesse giuridico personale all'annullamento dell'atto impugnato (art. 89 cpv. 3 LTF; DTF 146 I 126 consid. 1.1).
2.2. Nel ricorso per violazione dei diritti politici si può far valere la lesione del diritto federale, dei diritti costituzionali cantonali, come delle disposizioni cantonali in materia di diritto di voto dei cittadini e di elezioni e votazioni popolari (art. 95 lett. a, c, nonché d LTF; vedi anche art. 189 cpv. 1 lett f. Cost.). Il Tribunale federale esamina liberamente queste censure nonché l'interpretazione e l'applicazione del diritto federale e del diritto costituzionale cantonale, come pure delle norme di rango inferiore che sono strettamente legate al diritto di voto o ne precisano il contenuto e la portata; vaglia per contro soltanto sotto il ristretto profilo dell'arbitrio l'applicazione delle norme di procedura e d'organizzazione che non toccano il contenuto stesso dei diritti politici (DTF 138 I 171 consid. 1.5). In caso di interpretazione manifestamente dubbia o di fronte a due interpretazioni ugualmente sostenibili, il Tribunale federale si attiene al parere espresso dall'istanza cantonale superiore, ossia il popolo e il Parlamento (DTF 149 I 291 consid. 3.1; 141 I 186 consid. 3; 141 I 221 consid. 3.1; YVES DONZALLAZ, in: Commentaire de la LTF, 3a ed. 2022, n. 481 ad art. 82; GEROLD STEINMANN/ ADRIAN MATTLE, in: Basler Kommentar, Bundesgerichtsgesetz, 3a ed. 2018, n. 61 ad art. 95).
2.3. Le esigenze in materia di motivazione previste dall'art. 42 cpv. 2 LTF valgono anche per i ricorsi concernenti il diritto di voto dei cittadini (art. 82 lett. c LTF; DTF 148 I 160 consid. 2; 146 I 62 consid. 3; 141 I 78 consid. 4.1), come pure per quelli contro gli atti normativi cantonali (art. 82 lett. b LTF; DTF 149 I 105 consid. 2). Questa Corte non è pertanto di massima tenuta a vagliare, come lo farebbe un'autorità di prima istanza, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se queste non sono presentate nella sede federale (DTF 149 I 105 consid. 2; 145 II 153 consid. 2.1).
3.
3.1. L'art. 42 Cost./TI (RS 131.229), relativo al referendum facoltativo, dispone che sottostanno tra l'altro al voto popolare le leggi e i decreti legislativi di carattere obbligatorio generale (lett. a) e gli atti che comportano una spesa unica superiore a fr. 1'000'000.-- o una spesa annua superiore a fr. 250'000.-- per almeno quattro anni (lett. b), se richiesto nei sessanta giorni dalla pubblicazione nel Foglio ufficiale da almeno settemila cittadini aventi diritto di voto oppure da un quinto dei Comuni. I ricorrenti, che non indicano alcuna spesa né approssimativamente l'importo dei prospettati risparmi, non adducono una lesione dell'art. 42 lett. b Cost./TI.
3.2. Con messaggio del 18 ottobre 2023 (n. 8341) il Consiglio di Stato ha presentato al Parlamento cantonale il Preventivo 2024 e un primo pacchetto di misure di riequilibrio finanziario. Dall'esame della Commissione gestione e finanze sono scaturiti un rapporto di maggioranza (8341 R1) e due di minoranza (8341 R2 1 e 8341 R2 2), tutti del 23 gennaio 2024. La maggioranza ha ritenuto di dover introdurre delle misure aggiuntive volte a un riequilibrio delle finanze cantonali, tendenti segnatamente a una maggior efficienza e razionalità nel settore dell'asilo, con l'obiettivo che le spese cantonali al riguardo possano tendere a combaciare con gli aiuti erogati dalla Confederazione, nonché la volontà di non abbandonare, ma di reintrodurre in maniera rafforzata e più bilanciata il principio impiegato durante l'esercizio 2023 della non sostituzione dei funzionari partenti, principio del quale non si spiegano tuttavia le modalità con le quali è stato attuato. Nella seduta del 7 febbraio 2024 il Gran Consiglio ha approvato il Decreto legislativo concernente il Preventivo 2024, introducendovi i citati art. 2 e 3.
3.3. I ricorrenti rilevano che nel corso della discussione parlamentare il Gran Consiglio ha respinto degli emendamenti che chiedevano lo stralcio delle due citate norme. Adducono che il loro mancato assoggettamento alla clausola referendaria violerebbe il diritto di voto. Sostengono che, a deliberazioni già avvenute, la Presidente del Gran Consiglio, in seguito ad alcune sollecitazioni, ha riferito quanto segue:
" Vi informo che il decreto legislativo sul Preventivo non è referendabile. Esso non ha una portata finanziaria diretta. In parole povere, esso rappresenta l'immagine della situazione finanziaria del Cantone e non è un atto finanziario che comporta una spesa nuova. Non costituisce un atto normativo generale e di portata astratta e di conseguenza non può essere referendabile. Esso non crea diritti e obblighi nei confronti dei cittadini. È un atto di natura amministrativa. Quanto agli articoli 2 e 3, essi costituiscono una sorta di auspicio e fissano degli obiettivi all'attenzione del Governo. "
Nella risposta il Gran Consiglio non mette in dubbio questo accertamento fattuale, che è quindi vincolante per il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF).
Gli insorgenti contestano la legittimità dei due articoli asserendo che costituirebbero norme di carattere obbligatorio, astratto e generale con ripercussioni su un'ampia cerchia di persone, motivo per cui dovevano essere muniti della clausola referendaria. Queste norme non potrebbero essere sottratte al referendum solo perché, per una scelta definita errata dai ricorrenti, sono state inserite nel Decreto legislativo sul Preventivo, che per sua natura non prevede la clausola referendaria. Quale esempio richiamano, in maniera generica, il Decreto legislativo concernente il pareggio del conto economico entro il 31 dicembre 2025 con misure di contenimento della spesa e senza riversamento di oneri sui Comuni, atto che al loro dire conteneva anch'esso norme obbligatorie astratte e generali, da loro tuttavia non precisate, che dopo la raccolta di firme è stato sottoposto al voto popolare il 15 maggio 2022. Accennano poi, sempre in maniera generica, al Decreto legislativo adottato il 7 febbraio 2024 per la revisione della spesa dello Stato che, pur trattando di non meglio precisate questioni amministrative, è stato munito della clausola referendaria. Ora, il Tribunale federale non deve esprimersi su generici accenni ad altri decreti muniti, per motivi non specificati dai ricorrenti, della clausola referendaria.
Essi adducono poi che l'auspicio di un maggior rigore nella spesa pubblica può essere comprensibile, ma che non dovrebbe assumere la forma di norme giuridiche obbligatorie, astratte e generali. Osservano che fin dall'inizio del dibattito parlamentare si è tentato di relativizzare la portata delle norme litigiose. Rilevano che solo dopo le deliberazioni la Presidente del Gran Consiglio ha espresso la citata precisazione. Al dire dei ricorrenti, una simile modalità di agire sarebbe ambigua e ondivaga, con manifeste diversità tra i testi approvati e le intenzioni espresse a posteriori.
3.4. Con queste critiche essi censurano tuttavia in ultima analisi, in maniera inammissibile visto che si tratta di una votazione interna e quindi indiretta del Gran Consiglio, l'esito, da loro non condiviso, dei dibattiti parlamentari sull'inserimento delle due criticate norme nel preventivo (DTF 147 I 1 consid. 3.1; sentenza 1C_216/2023 del 27 luglio 2023 consid. 3.2), ipotizzando che i granconsiglieri non ne avrebbero percepito in maniera corretta la portata. Comunque a torto, visto che gli emendamenti di stralciare le due norme litigiose sono stati discussi e respinti. Riguardo alla tematica dell'asilo, nel rapporto di maggioranza, approvato dal Parlamento, si chiede al Governo di mettere in campo tutto quanto possibile per raggiungere l'obiettivo di maggior razionalità ed efficienza, considerando ad esempio attività di pubblica utilità che permettano una partecipazione ai costi da parte dei richiedenti, di valutare modelli di sicurezza che consentano una riduzione della spesa ecc. In merito alla non sostituzione dei funzionari partenti, si osserva che occorrerebbe seguire le proporzioni ragionevoli e prudenti adottate dal Governo nel 2023 senza creare sconvolgimenti rendendo definitiva in modo strutturale la non sostituzione dei partenti implementata nel 2023 (rapporto di maggioranza, pag. 19).
3.5. I ricorrenti affermano che le norme, asseritamente obbligatorie, astratte e generali dovrebbero poter essere sottoposte al referendum facoltativo, indipendentemente dalle intenzioni di chi le avrebbe redatte. Adducono che ammettere che il Parlamento ticinese potrebbe decidere, in base alla presunta portata di una norma da esso adottata, se la stessa debba essere o meno sottoposta a referendum sarebbe un'aberrazione.
Certo, di massima la questione di sapere se una legge o un decreto legislativo debba essere o meno soggetto a referendum, non dipende di per sé dalla sua designazione. Eccetto i casi di referendum ordinati volontariamente dal Parlamento, non è di massima decisivo sapere se esso intendeva adottare una legge referendabile o meno e pertanto se la munisca della clausola referendaria o no. Decisivo è soltanto se la Costituzione preveda o meno un referendum per tale atto o spesa (HANGARTNER/KLEY/BRAUN BINDER/GLASER, Die demokratischen Rechte in Bund und Kantonen der Schweizerischen Eidgenossenschaft, 2a ed. 2023, n. 1626 pag. 646).
4.
4.1. Nella risposta il Gran Consiglio sottolinea che la dottrina ticinese ritiene che il preventivo non ha forza di legge, motivo per cui, nei confronti del Governo, esso non ha il carattere vincolante delle norme votate dal Parlamento. Per tale ragione il Gran Consiglio può fissare delle scadenze esprimendo delle raccomandazioni all'indirizzo del Consiglio di Stato, che non sono tuttavia giuridicamente vincolanti, ma che hanno unicamente effetti di natura politica. Il Parlamento sottolinea che, secondo il principio vigente nella Costituzione ticinese, vi è infatti una preminenza della legge sul preventivo, che equivale a un semplice atto amministrativo, al quale il Gran Consiglio può apportare emendamenti o modifiche ch'esso ritiene necessari. Sostiene che il Parlamento non sarebbe tuttavia legittimato a sopprimere dal preventivo le spese derivanti dall'applicazione di una legge ch'esso stesso ha votato o a stabilire, approvandolo, un piano di priorità delle stesse. Ne deduce che il preventivo non ha una portata finanziaria diretta, né costituisce un atto comportante una nuova spesa. Sostiene quindi che, non trattandosi neppure di un atto normativo generale di portata astratta, esso non ha una natura referendabile.
Il Parlamento cantonale osserva inoltre che a livello cantonale esiste una prassi, al suo dire peraltro mai contestata finora, di inserire delle proposte politiche programmatiche sotto forma di auspici nei decreti legislativi concernenti i Preventivi. Cita gli esempi del 2015, dove nel Decreto legislativo concernente il Preventivo 2016 vennero formulati all'indirizzo del Governo degli auspici volti a contenere la spesa, segnatamente di risanare i conti entro il 2019 e di attuare un risparmio a carico di ogni Dipartimento fino all'azzeramento dei deficit annuali, agendo in particolare sui sussidi e contributi a enti terzi. Nel 2022 al Decreto legislativo concernente il Preventivo 2023 sono stati aggiunti ulteriori articoli, con il quale veniva fissato un disavanzo massimo a carico degli anni 2023 e 2024 indicando al Governo quali interventi avrebbe dovuto effettuare a tal fine, che, trattandosi di auspici, non sono stati muniti di alcuna clausola referendaria. Trattandosi anche nel caso in esame di auspici di natura programmatica e non di norme a carattere obbligatorio generale, il Gran Consiglio ribadisce che i due articoli litigiosi non devono essere sottoposti al referendum facoltativo.
Il Gran Consiglio sottolinea che le due norme litigiose non creano degli obblighi diretti nei confronti dei cittadini, fissando semmai dei propositi tendenti a contenere la spesa pubblica, formulati all'indirizzo del Governo, il quale fruirebbe in ogni caso di un margine di intervento proprio per la loro concretizzazione. Aggiunge che gli auspici indicati nelle due norme, che non sono peraltro nemmeno quantificabili in importi precisi, qualora venissero attuati dal Governo potrebbero essere oggetto di conseguenti correzioni di alcuni parametri di legge. Ne conclude che soltanto tali modifiche legislative potrebbero semmai comportare un referendum facoltativo. Sostiene quindi che i criticati auspici potranno essere se del caso rimessi in discussione dal popolo al momento della loro concretizzazione.
4.2. Nelle loro osservazioni i ricorrenti ammettono che il Decreto sul Preventivo, che costituisce per sua natura un atto amministrativo, non è referendabile. Adducono che ciò non sarebbe tuttavia sufficiente per trasformare in "proposta" o "auspicio" quello che al loro dire sarebbe espresso e inserito nella forma di norme astratte e generali. Chiedono quindi di annullare gli articoli litigiosi, anche perché non avrebbero alcun carattere "self-executing", ossia non sarebbero direttamente applicabili, ciò che appare in una certa misura contraddittorio con la loro tesi.
4.3. Il Consiglio di Stato ha rinunciato a presentare una risposta, non esprimendosi quindi né sull'assunto ricorsuale né sui differenti argomenti addotti dal Gran Consiglio. I ricorrenti, che si limitano a ribadire il loro generico assunto, non contestano le citate, differenti motivazioni presentate nella risposta del Gran Consiglio. Questi motivi sono condivisibili riguardo all'art. 2 e plausibili con riferimento all'art. 3. Del resto, quando la decisione impugnata, come in concreto visto ch'essa è contenuta nella risposta del Gran Consiglio, si fonda su diverse motivazioni indipendenti e di per sé sufficienti per definire l'esito della causa, i ricorrenti sono tenuti, pena l'inammissibilità, a dimostrare che ognuna di esse viola il diritto (DTF 142 III 364 consid. 2.4 in fine; 138 I 97 consid. 4.1.4). Occorre inoltre considerare, come sottolineato dal Gran Consiglio, che eventuali modifiche legislative potrebbero, datene le condizioni, essere oggetto di un referendum facoltativo, ciò che i ricorrenti non contestano.
4.4. Il contributo ticinese richiamato dal Gran Consiglio nelle osservazioni, con il quale i ricorrenti non si confrontano, precisa che il preventivo dello Stato equivale a un semplice atto amministrativo, che non ha forza di legge, sottolineando che esiste quindi una preminenza della legge rispetto al preventivo e che, pertanto, il Governo è tenuto a effettuare tutte le spese imposte necessariamente dall'esercizio delle sue competenze. Ne deduce che l'approvazione del preventivo ha quindi essenzialmente una portata politica. Si precisa, ciò che è decisivo, che in virtù del principio della separazione dei poteri non è da ritenere che il Gran Consiglio sia legittimato a dare "istruzioni" al Consiglio di Stato sul modo di attuare le leggi, e ancor meno siffatte istruzioni possono essere date con l'approvazione del preventivo, che non ha forza di legge e non ha quindi il carattere vincolante delle leggi votate dal Gran Consiglio medesimo. Si aggiunge infine che il Parlamento non sarebbe legittimato a sopprimere dal preventivo le spese derivanti dall'applicazione di una legge ch'esso stesso ha votato, né stabilire, approvando il preventivo, un piano di priorità delle spese medesime. Si conclude affermando che tutt'al più il Gran Consiglio potrebbe esprimere delle "raccomandazioni" al Consiglio di Stato, che non sono tuttavia giuridicamente vincolanti per quest'ultimo, ma che avrebbero unicamente effetti di natura politica (SANDRO CRESPI, Pareri giuridici, in: RDAT 1980, n. 5.3 pag. 27 seg.).
4.5. Secondo i ricorrenti le due norme litigiose non rappresenterebbero dei semplici auspici, ma bensì atti normativi cantonali. Per tali atti si intendono atti generali, destinati ad essere applicati a un numero indefinito di persone, e astratti, riferiti a un numero indeterminato di situazioni, che incidono in qualche maniera sulla situazione giuridica dei privati, in particolare imponendo loro un obbligo di fare, di astenersi dal fare o di tollerare, o disciplinando in altro modo e in maniera obbligatoria i loro rapporti con lo Stato, o che riguarda l'organizzazione delle autorità. Il Tribunale federale interpreta la nozione di atto normativo cantonale dell'art. 82 lett. b LTF in senso materiale, non fondandosi quindi sulla forma esteriore o sulla denominazione secondo il diritto cantonale (DTF 147 II 300 consid. 2 e 2.1 con riferimenti anche alla dottrina; 139 V 72 consid. 2.2.1; 135 II 328 consid. 2.1; sentenza 1C_676/2019 del 23 marzo 2019 consid. 2.1). Non spiegano tuttavia perché, visto il loro tenore, non si sarebbe invece in presenza di obiettivi e raccomandazioni programmatiche di carattere politico, giuridicamente non vincolanti.
4.6. Il Decreto sul preventivo costituisce infatti di massima un atto interno delle autorità, che rappresenta una compilazione di presumibili entrate e uscite fondate sugli atti legislativi in vigore, con il quale il legislatore esercita un controllo sull'amministrazione, ma che non ha effetti giuridici e non è impugnabile (DTF 145 I 121 consid. 1.1.3 e rinvii; 99 Ia 188 consid. 2b; 95 I 531 consid. 3; 72 I 279; sentenza 2C_863/2012 del 24 settembre 2012 consid. 2.2). Le spese vincolate devono tuttavia essere attuate anche se non sono incluse nel preventivo (DTF 124 II 436 consid. 10h; 110 Ib 148 consid. 2c; sentenza 2C_272/2012 del 9 luglio 2012 consid. 5.2). Quelle non vincolate richiedono di regola, in aggiunta a una decisione di bilancio, una delibera speciale sulla spesa; non è tuttavia escluso che, contemporaneamente alla delibera di bilancio, si decida su una (nuova) spesa, anche in assenza di un messaggio (DTF 99 Ia 188 consid. 2b; 95 I 531 consid. 3). In questo caso, la decisione sul preventivo di un parlamento costituisce un atto d'imperio che può essere soggetto a un ricorso concernente il diritto di voto ai sensi dell'art. 82 lett. c LTF, qualora si sostenga che la spesa approvata dal parlamento avrebbe dovuto essere sottoposta a referendum (DTF 145 I 121 consid. 1.1.3 con numerosi rinvii; cfr. DTF 141 I 130; 105 Ia 80 consid. 5), atti che possono anche essere oggetto di una contestazione ai sensi dell'art. 82 lett. a o dell'art. 113 LTF (cfr. sentenza 1C_887/2013 del 15 aprile 2015 consid. 2.2, non pubblicato in DTF 141 I 130; sul rapporto tra il concetto di "decreto legislativo avente un carattere obbligatorio generale" e la clausola referendaria sulla base del diritto ticinese previgente cfr. DTF 76 I 18).
I ricorrenti non fanno valere che nella fattispecie si sarebbe in presenza di una spesa e dei citati estremi. D'altra parte né essi né il Parlamento né il Governo cantonale indicano se, in che misura e con quali modalità la sostituzione dei partenti di cui all'art. 3 sarebbe stata implementata nel 2023 e, pertanto, come essa dovrebbe essere resa definitiva, e semmai ottimizzata, nel 2024. Non spetta al Tribunale federale procedere a tali ricerche allo scopo di rintracciare se del caso elementi che potrebbero o meno avvalorare la tesi ricorsuale. Per di più, sebbene il gravame sia incentrato sulla criticata assenza della clausola referendaria, in maniera contraddittoria, nelle conclusioni i ricorrenti non postulano di invitare il Gran Consiglio a munire il decreto legislativo concernente il Preventivo 2024 di tale clausola. I ricorrenti parrebbero disattendere del resto che, come nell'ambito del referendum finanziario, il suo scopo è di garantire ai cittadini il diritto di esprimersi sulle spese importanti che li toccano direttamente come contribuenti, influendo sul loro carico fiscale. L'obiettivo del referendum finanziario non è infatti quello di istituire una specie di controllo di diritto e di opportunità sull'amministrazione, ma di accordare ai cittadini un diritto di partecipazione a determinate decisioni su singole spese (DTF 99 Ia 198 consid. 5d in fine; 95 I 213 consid. 3; BÉNÉDICTE TORNAY, La démocratie directe saisie par le juge, 2008, pag. 152).
4.7. Giova osservare inoltre che nella causa 1C_359/2013 del 14 novembre 2013 (apparsa in: SJ 2014 I 141), relativa alla negata legittimazione ai sensi dell'art. 89 cpv. 1 LTF, la decisione del Gran Consiglio ginevrino presa nell'ambito dell'adozione del preventivo di ridurre il budget dell'incaricato cantonale alla protezione dei dati è stata ritenuta una decisione puramente budgetaria, precisando che una riduzione del preventivo non è per nulla comparabile a una modifica legislativa che rimetterebbe in questione l'esistenza stessa dell'incaricato o che limiterebbe le sue competenze in modo tale da apparire contraria al diritto superiore (consid. 2.3). Ora, nel caso in esame i ricorrenti non dimostrano che le criticate restrizioni budgetarie violerebbero il diritto superiore o che sarebbero da equiparare a una non meglio specificata modifica legislativa (sulla possibilità di impugnare un preventivo qualora concerni una decisione su una spesa cfr. sentenza 1P.428/2000 del 14 maggio 2001 consid. 1a ed 1e; sulla cd. delibera di bilancio costitutiva vedi sentenza 1P.303/1994 del 23 dicembre 1994 consid. 3 e 4; cfr. anche sentenza 1C_667/2018 del 29 luglio 2019 consid. 1.1. e 2.4).
5.
5.1. Nell'ambito del controllo astratto delle norme ai sensi dell'art. 82 lett. b LTF, i ricorrenti non si esprimono sulla questione, decisiva, della loro legittimazione, ossia l'esistenza di un loro interesse personale perlomeno virtuale e fattuale, a impugnare i due contestati articoli, ossia che, con un minimo di verosimiglianza, le disposizioni contestate possano un giorno essere applicate nei loro confronti, legittimazione che non appare per nulla evidente (DTF 149 I 81 consid. 4.2; 148 I 160 consid. 1.4 e rinvii). Spetta infatti ai ricorrenti fornire le basi fattuali che potrebbero fondarla (DTF 145 I 121 consid. 1 e rinvii).
5.2. D'altra parte, nel merito, essi asseriscono semplicemente, senza addurre alcun argomento al riguardo e senza invocare e tentare di dimostrare la violazione di una qualsiasi norma del diritto federale o cantonale o la lesione di un diritto fondamentale, che i due articoli litigiosi non si presterebbero a nessuna interpretazione conforme al diritto costituzionale, ciò che comporterebbe un risultato inaccettabile, accennando unicamente al riguardo, ciò che è ininfluente, all'assenza della clausola referendaria. Essi non adducono alcun argomento atto a dimostrare che i due articoli litigiosi sarebbero non soltanto opinabili, ma lesivi di uno specifico diritto costituzionale (sentenza 1C_211/2016 del 20 settembre 2018, consid. 1.7 non pubblicato in DTF 144 I 281, ma apparso in: RtiD I-2019 n. 6 pag. 18). Il Tribunale federale annulla infatti una disposizione cantonale solo se non si presta ad alcuna interpretazione conforme al diritto costituzionale o al diritto federale di rango superiore o se, in ragione delle circostanze, il suo tenore faccia temere con una certa verosimiglianza che venga interpretata in modo contrario agli stessi (DTF 149 I 105 consid. 2.2; 148 I 160 consid. 2).
I ricorrenti non tentano di dimostrare l'adempimento di tali estremi. Su questo punto il ricorso in esame è pertanto inammissibile per carenza di motivazione (art. 106 LTF). Al riguardo non occorre quindi esaminare oltre la questione di sapere se si sia o meno in presenza di atti normativi cantonali o di semplici auspici politici (sul tema vedi DTF 139 V 72 consid. 2.2.1; 135 II 328 consid. 2.1; sentenza 1C_676/2019 del 23 marzo 2021 consid. 2.1). In effetti, nel quadro di un controllo astratto il Tribunale federale esamina di massima con piena cognizione la conformità di un atto normativo cantonale con i diritti fondamentali, ma a condizione che questi siano invocati e motivati conformemente alle accresciute esigenze di motivazione di cui all'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 149 I 248 consid. 3.1; 149 I 105 consid. 2.1), esigenze disattese nella fattispecie, visto che i ricorrenti non spiegano perché i due articoli litigiosi sarebbero in contrasto con la notoria prassi appena citata, con la quale non si confrontano del tutto.
5.3. È inoltre manifesto che i due criticati articoli non disciplinano il diritto di voto, motivo per cui nel contesto della procedura del controllo astratto delle norme in concreto il ricorso di cui all'art. 82 lett. c LTF non assume le funzioni di quello dell'art. 82 lett. b LTF (DTF 143 I 426 consid. 1.1).
6.
Ne segue che, in quanto ammissibile, il ricorso dev'essere respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si attribuiscono ripetibili della sede federale (art. 68 cpv. 3 LTF).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
Le spese giudiziarie di fr. 1'000.-- sono poste a carico dei ricorrenti.
3.
Comunicazione ai ricorrenti, al Consiglio di Stato e al Gran Consiglio del Cantone Ticino.
Losanna, 19 settembre 2024
In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: Kneubühler
Il Cancelliere: Crameri