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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
2C_978/2010 
 
Sentenza del 24 maggio 2011 
II Corte di diritto pubblico 
 
Composizione 
Giudici federali Zünd, Presidente, 
Seiler, Aubry Girardin, 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Rocco Taminelli, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Comune di X.________, 
rappresentato dal Municipio, 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, Residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Diniego del rilascio di una deroga che permette la vendita al minuto nella fascia oraria tra le 00.00 e 
le 06.00, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 25 novembre 2010 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
Fatti: 
 
A. 
Il 6 settembre 2009, in qualità di rivenditore al dettaglio di cibi e bevande, A.________ ha chiesto al Municipio di X.________ una deroga al divieto di esercitare un'attività di vendita al minuto tra le 00.00 e le 06.00, previsto dal regolamento organico comunale. Scopo della domanda era in sostanza quello di poter esercitare la sua attività su suolo pubblico in prossimità di una discoteca, durante gli orari di apertura notturna della stessa. 
Il 9 settembre 2009, l'autorità adita ha ritenuto che gli estremi per la concessione di una deroga "nella fascia oraria del divieto di vendita al minuto, durante i giorni di sabato e festivi per 16 ore mensili" non fossero dati ed ha quindi negato l'autorizzazione richiesta. 
La decisione di diniego è stata confermata su ricorso sia dal Consiglio di Stato, con decisione del 28 ottobre 2009, che dal Tribunale cantonale amministrativo, il quale si è pronunciato in merito con sentenza del 25 novembre 2010. 
 
B. 
Con ricorso in materia di diritto pubblico del 24 dicembre 2010, A.________ ha impugnato quest'ultimo giudizio davanti al Tribunale federale, postulandone l'annullamento. Così come davanti alla Corte cantonale, egli sostiene innanzitutto che il Comune non avesse la competenza per emanare la norma su cui basa il diniego della deroga. Denuncia quindi un'illecita restrizione della sua libertà economica. 
Chiamati ad esprimersi, il Comune di X.________ e il Tribunale cantonale amministrativo hanno chiesto che il ricorso venga respinto. Il Consiglio di Stato e l'Ufficio dell'ispettorato del lavoro del Cantone Ticino, anch'esso interpellato, si sono per contro rimessi al giudizio di questa Corte. 
Preso atto dell'oggetto del contendere, con decreto presidenziale del 28 gennaio 2011, la domanda di conferimento dell'effetto sospensivo al gravame è stata respinta. 
 
Diritto: 
 
1. 
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione la sua competenza (art. 29 cpv. 1 LTF) e l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 135 II 22 consid. 1 pag. 24). 
 
1.1 Diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF) di un'autorità cantonale di ultima istanza con carattere di tribunale superiore (art. 86 e 90 LTF), il ricorso concerne una causa di diritto pubblico (art. 82 lett. a LTF) che non ricade sotto alcuna delle eccezioni previste dall'art. 83 LTF (sentenza 2C_378/2008 del 20 febbraio 2009 consid. 1.1). Esso è stato presentato in tempo utile (art. 100 cpv. 1 LTF) dal destinatario della pronuncia contestata, con interesse al suo annullamento (art. 89 cpv. 1 LTF). Sotto i profili evocati, l'impugnativa è quindi di massima ammissibile quale ricorso in materia di diritto pubblico. 
 
1.2 Di principio ammissibile essa lo è pure nella misura in cui, oltre alla decisione di diniego della deroga richiesta, fa valere l'incostituzionalità delle norme comunali applicate. Va tuttavia precisato che, quando si esprime in un simile contesto, il Tribunale federale non esamina la conformità alla Costituzione con riguardo a tutte le fattispecie possibili, bensì unicamente nell'ottica del caso specifico e, qualora la critica si dimostrasse fondata, annulla solamente I'atto concreto, non invece la norma litigiosa sulla quale esso si basa (cosiddetto controllo accessorio: DTF 133 I 1 consid. 5.6 pag. 5; 132 I 49 consid. 4 pag. 54; cfr. inoltre la sentenza 2P.305/2003 del 6 settembre 2004 consid. 3.2). 
 
2. 
2.1 Con il ricorso in materia di diritto pubblico può tra l'altro venir censurata la violazione del diritto federale (art. 95 lett. a LTF; DTF 133 III 446 consid. 3.1 pag. 447 seg.). Salvo che per i casi citati dall'art. 95 LTF, non può invece essere censurata la violazione del diritto cantonale. È però sempre possibile fare valere che l'errata applicazione del diritto cantonale da parte dell'autorità precedente comporti una violazione del diritto federale, segnatamente del divieto d'arbitrio (art. 9 Cost.; DTF 133 III 462 consid. 2.3 pag. 466). 
Di regola, il Tribunale federale applica il diritto d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF); esso non è vincolato né agli argomenti fatti valere nel ricorso né ai considerandi sviluppati dall'istanza precedente. Ciò nondimeno, secondo l'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, l'atto di ricorso deve contenere le conclusioni della parte ricorrente ed i motivi su cui queste si fondano; indicandoli, occorre quindi anche spiegare - confrontandosi con lo stesso - perché l'atto impugnato leda il diritto (DTF 134 II 244 consid. 2.1 pag. 245 seg.; 133 IV 286 consid. 1.4 pag. 287 seg.). 
Esigenze più severe si applicano inoltre in relazione alla violazione di diritti fondamentali così come di disposizioni di diritto cantonale la cui violazione può essere fatta valere giusta l'art. 95 LTF. Il Tribunale federale esamina infatti simili censure soltanto se l'insorgente le ha sollevate in modo preciso (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 134 II 244 consid. 2.2 pag. 246; 133 II 249 consid. 1.4.2 pag. 254). 
Nella fattispecie, l'impugnativa rispetta solo in parte i requisiti esposti. Nella misura in cui sono stati disattesi, è pertanto inammissibile. 
 
2.2 Il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento dei fatti svolto dall'autorità inferiore; può scostarsene solo se è stato svolto in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto; occorre poi che l'eliminazione dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 e 105 LTF). 
Per quanto non faccia già parte degli atti trasmessi dal Tribunale cantonale amministrativo, inammissibile è quindi anche il richiamo dal Municipio di X.________ dell'incarto concernente il ricorrente. 
 
3. 
3.1 Come detto, la fattispecie concerne il diniego di una deroga al divieto previsto dall'art. 134c del regolamento organico del Comune di X.________, che ha il seguente tenore: 
Art. 134c Limitazione della vendita al minuto 
1 L'attività aziendale della vendita al minuto è retta dall'art. 17 lett. a) L. cantonale sul lavoro. 
 
2 L'apertura è ammessa secondo l'art. 20 lett. e) L. cantonale sul lavoro. 
 
3 Il divieto di svolgere l'attività aziendale della vendita al minuto di cui al cpv. 1, durante gli orari ammessi nel cpv. 2, si estende durante la fascia oraria che va dalle ore 00.00 alle ore 06.00. 
 
4 Deroghe al cpv. 3 sono concesse dal Municipio, per il tramite di una domanda scritta e motivata da parte degli organizzatori per le manifestazioni locali come: mercatini di Natale o affini, sagre o feste religiose. In ogni caso, le deroghe riguardano unicamente i negozi a conduzione famigliare che occupano esclusivamente il titolare, il coniuge, i consanguinei in linea diretta con i loro coniugi, i figliastri e i figli adottivi. Sono poi riservate eventuali decisioni dell'Autorità cantonale in merito. 
 
3.2 Dagli atti risulta che tale norma è stata introdotta per motivi di ordine pubblico, dopo aver constatato il proliferare su territorio comunale di attività di vendita al minuto - segnatamente nelle adiacenze di esercizi pubblici aperti anche di notte, ma che non servono pasti - passata la mezzanotte (Messaggio municipale del 12 marzo 2009, p.to 2.2.5). 
Sempre dagli atti risulta inoltre che l'art. 134c del regolamento citato è stato voluto dal Comune e quindi tutelato dal Consiglio di Stato dopo aver constatato che la legge cantonale sul lavoro dell'11 novembre 1968 (LCL; RL/TI 10.1.1.1) regolava l'orario di chiusura di spacci come quello gestito dal ricorrente alle ore 22.00, senza esprimersi su quello di apertura una volta entrati nel giorno seguente; rispettivamente che, per le aziende a conduzione familiare, un impedimento alla riapertura subito dopo la mezzanotte non poteva essere dedotto neanche dal divieto di lavoro notturno sancito dagli art. 10 e 16 della legge federale sul lavoro nell'industria, nell'artigianato e nel commercio del 13 marzo 1964 (legge sul lavoro, LL; RS 822.11; art. 4 LL). 
 
4. 
Proprio riferendosi al quadro legislativo descritto, così come all'art. 50 Cost. e all'art. 16 Cost./TI, che pongono i limiti della garanzia dell'autonomia comunale, anche la Corte cantonale ha quindi riconosciuto la competenza del Comune di X.________, oggetto di una prima critica del ricorrente in questa sede. 
 
4.1 Sennonché, su questo punto l'impugnativa è accompagnata da una motivazione la cui ammissibilità è per lo meno dubbia. In effetti, in tale atto il ricorrente non si confronta affatto né con i disposti costituzionali indicati, segnatamente con i contenuti dell'art. 16 Cost./TI, né con quelli della legge cantonale sul lavoro, limitandosi in sostanza ad affermare che la mancata regolamentazione degli orari di apertura da parte del legislatore cantonale sarebbe in realtà espressione della volontà di lasciare ai negozianti non toccati da altre restrizioni legali una piena libertà d'azione. 
Sia come sia, la questione può essere lasciata aperta. Il giudizio impugnato che, preso atto del quadro legislativo in vigore, riconosce al Comune un'apprezzabile libertà di decisione e quindi un'autonomia giusta l'art. 50 Cost. (DTF 135 I 233 consid. 2.2 pag. 241 seg.; 133 I 128 consid. 3.1 pag. 131, 131 I 333 consid. 4.4.1 pag. 341 seg., 129 I 313 consid. 5.2 pag. 320), basa infatti su una lettura della legge cantonale sul lavoro che non può affatto essere considerata arbitraria, profilo sotto il quale, nella fattispecie qui in discussione, viene di principio esaminata (DTF 132 I 68 consid. 1.1 pag. 69 seg.; sentenze 1C_27/2010 dell'11 marzo 2010 consid. 1.5 e 1C_61/2009 del 28 luglio 2009 consid. 1.3). 
 
4.2 Richiamati gli art. 50 Cost. e 16 Cost/TI - che indica come il Comune sia autonomo nel limite della Costituzione e delle leggi e specifica come a livello locale svolga compiti pubblici generali che la legge non attribuisce né alla Confederazione né al Cantone - la Corte cantonale ha infatti ammesso la competenza del Comune di X.________ sulla base delle pertinenti e, in questa misura, incontestate constatazioni che seguono: 
che la legge cantonale sul lavoro, applicabile anche a chi gestisce uno spaccio di vendita al minuto di cibi e bevande da asporto (art. 17 cpv. 1 lett. a LCL), prescrive la chiusura giornaliera di simili strutture alle ore 22.00, dal lunedì alla domenica (art. 20 cpv. 2 lett. e e 21 cpv. 1 lett. g LCL); 
che la legge cantonale sul lavoro ed il suo regolamento d'applicazione non contengono invece norme che regolano gli orari di apertura dei negozi che vi sono assoggettati e che della questione non è fatta nessuna menzione neppure nei lavori preparatori (Messaggio n. 1498 del Consiglio di Stato del 19 gennaio 1968 sul disegno di legge sul lavoro e relativo rapporto della Commissione della legislazione dell'11 ottobre 1968); 
infine, che le deroghe previste dagli art. 22 segg. LCL concernono il prolungamento degli orari di chiusura e non possono pertanto entrare in contrasto con l'art. 134c del regolamento organico comunale, che contiene per altro un'esplicita riserva riguardo ad eventuali decisioni dell'autorità cantonale competente in materia. 
 
4.3 Per quanto precede e per quanto ammissibile, la critica sollevata in merito alla competenza del Comune di X.________ per emanare l'art. 134c del regolamento organico comunale risulta pertanto infondata. 
 
5. 
Resta ora da verificare se l'atto impugnato comporti o meno una limitazione illecita della libertà economica del ricorrente. 
 
5.1 La libertà economica garantita dall'art. 27 cpv. 1 Cost. include tra l'altro la libera scelta della professione, il libero accesso a un'attività economica privata, il suo libero esercizio, nonché il principio della parità di trattamento tra concorrenti diretti (art. 27 cpv. 2 Cost.; sentenze 2P.157/2005 del 9 maggio 2006 consid. 2.2 e 2P.305/2003 del 6 settembre 2004 consid. 4.3 con rinvii). Come tutti i diritti fondamentali, può tuttavia essere soggetta a limitazioni, secondo le condizioni previste dall'art. 36 Cost. Ogni sua restrizione deve fondarsi su una base legale sufficiente, che in caso di restrizioni gravi dev'essere costituita dalla legge medesima; essere giustificata da un interesse pubblico o dalla protezione di diritti fondamentali altrui ed essere proporzionata allo scopo perseguito. Nella misura in cui viene chiamato ad esprimersi in merito, conformemente a quanto previsto dall'art. 106 cpv. 2 LTF, il Tribunale federale esamina di principio liberamente tali aspetti (sentenza 2C_655/2009 del 23 marzo 2010 consid. 4.1 con rinvii). 
 
5.2 Sennonché - sempre per quanto ammissibili, dato che il ricorso ha anche su questo punto un carattere essenzialmente appellatorio - le critiche mosse devono essere considerate prive di fondamento. 
5.2.1 Il fatto che la norma su cui basa il diniego impugnato, ovvero l'art. 134c ROC, abbia rango di diritto comunale non permette in effetti di escludere a priori la sua adeguatezza quale base legale ai sensi dell'art. 36 cpv. 1 Cost. 
Al contrario. Così come rilevato dalla Corte cantonale e non rimesso in discussione dal ricorrente, questa norma risulta infatti essere stata adottata dal legislativo comunale con procedura sottoposta a referendum (art. 13 lett. a della legge organica comunale del 10 marzo 1987 [LOC; RL/TI 2.1.1.2] in relazione con l'art. 42 cpv. 2 e l'art 75 LOC), ciò che ne fa una base legale sia in senso materiale che formale. Come tale, essa offre pertanto le stesse garanzie di legittimità democratica di una legge cantonale, permettendo una limitazione della garanzia della libertà economica, sia essa di lieve o di più grave entità (DTF 135 I 233 consid. 2.1 pag. 241 e le referenze ivi citate). 
Differente conclusione non può essere dedotta nemmeno dall'art. 164 Cost., citato nell'impugnativa. Questo perché, nel contesto richiamato, esso ha solo lo scopo di ribadire l'obbligo del rispetto del principio della legalità in relazione agli ambiti di competenza federale, indicando i casi nei quali anche l'Assemblea federale deve legiferare tramite l'emanazione di una legge federale, sottoposta a referendum (DTF 133 II 331 consid. 7.2.1 pag. 347; 131 II 13 consid. 6.3 pag. 26 seg.). 
 
5.2.2 Violato non risulta inoltre l'art. 36 cpv. 2 Cost. Così come osservato dalla Corte cantonale, l'interesse pubblico all'introduzione del divieto in discussione è infatti dato ed è costituito dalla necessità di tutelare la quiete notturna e di evitare un aggravamento di una situazione di disturbo già esistente in quella zona (sentenza 2P.305/2003 del 6 settembre 2004 consid. 4.4, che concerne per altro i medesimi luoghi; sentenza 2C_378/2008 del 20 febbraio 2009 consid. 3.2). 
5.2.3 Leso non è poi nemmeno l'art. 36 cpv. 3 Cost., che impone il rispetto del principio della proporzionalità. 
Siccome, dai vincolanti accertamenti della Corte cantonale (art. 105 LTF), non emerge affatto che la discoteca che sorge nel comparto sia fonte di un rumore percepibile all'esterno decisamente superiore a quello creato da uno spaccio del tipo gestito dal ricorrente, il divieto impostogli dev'essere infatti considerato adatto e necessario ad evitare schiamazzi su suolo pubblico e neppure può essere in qualche modo ritenuto causa di disparità di trattamento nei suoi confronti (sentenza 2P.305/2003 del 6 settembre 2004 consid. 4.4; Messaggio municipale del 12 marzo 2009, p.to 2.2.5 già citato al precedente consid. 3.2). 
Preso atto dell'interesse pubblico perseguito, esso comporta nel contempo delle conseguenze ragionevolmente sopportabili. 
Per quanto lucrativa possa essere, soprattutto in prossimità di una discoteca aperta oltre la mezzanotte, il divieto riguarda infatti solo la fascia oraria tra le 00.00 e le 06.00 del mattino mentre non impedisce affatto l'esercizio di un'attività di vendita tra le 06.00 e le 22.00, momento in cui la legge prescrive la chiusura giornaliera di strutture come quella gestita dal ricorrente (art. 20 cpv. 2 lett. e 21 cpv. 1 lett. g LCL). 
Occorre infine osservare che, per stessa ammissione del ricorrente, prima dell'entrata in vigore dell'art. 134c del regolamento organico del Comune di X.________ e del diniego della deroga richiesta, egli teneva aperto il proprio spaccio per ca. 16 ore al mese (ricorso, pag. 6 p.to 12) e quindi nemmeno può in modo credibile sostenere che il suo interesse a proseguire tale attività in quella stessa misura - ritenuta essenziale per il sostentamento della sua famiglia, senza per altro aver portato prove al riguardo - debba prevalere sull'interesse pubblico ad una sua limitazione. 
 
6. 
6.1 Per quanto precede, nella misura in cui è ammissibile, il ricorso dev'essere respinto. 
 
6.2 Le spese vanno poste a carico del ricorrente, secondo soccombenza (art. 65 e 66 cpv. 1 LTF). Non vengono assegnate ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2. 
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3. 
Comunicazione alle parti, al Consiglio di Stato e all'Ufficio dell'ispettorato del lavoro, nonché al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
Losanna, 24 maggio 2011 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
Il Presidente: Il Cancelliere: 
 
Zünd Savoldelli