Eidgenössisches Versicherungsgericht
Tribunale federale delle assicurazioni
Tribunal federal d'assicuranzas
Corte delle assicurazioni sociali
del Tribunale federale
Causa {T 7}
I 667/05
Sentenza del 24 luglio 2006
Ia Camera
Composizione
Giudici federali Leuzinger, Presidente, Ferrari, Ursprung, Borella e Frésard; Grisanti, cancelliere
Parti
M.________, ricorrente, rappresentato dall'avv. Kaspar Saner, Ulrichstrasse 14, 8032 Zurigo,
contro
Ufficio dell'assicurazione invalidità del Cantone Ticino, via Ghiringhelli 15a, 6500 Bellinzona, opponente
Istanza precedente
Tribunale cantonale delle assicurazioni, Lugano
(Giudizio del 17 agosto 2005)
Fatti:
A.
M.________, nata il 15 aprile 1940, affetta da morbo di Alzheimer, dal 1° febbraio 2000 è stata posta al beneficio di una rendita intera d'invalidità, dal 1° maggio 2003 trasformata in una rendita di vecchiaia.
In data 25 aprile 2003 l'assicurata ha chiesto l'erogazione di un assegno per grandi invalidi. Mediante decisione del 5 agosto 2003, sostanzialmente confermata il 5 maggio 2004 anche in seguito all'opposizione interposta dall'avv. Ueli Kieser per conto dell'interessata, l'Ufficio AI del Cantone Ticino (UAI) ha respinto la domanda per il fatto che la prestazione poteva essere unicamente riconosciuta in favore di assicurati con domicilio e dimora abituale in Svizzera. Poiché la richiedente, pur essendo domiciliata nel Cantone Ticino, risiedeva, anche se solo per fini curativi, all'estero (presso la Residenza X.________, Francia), l'UAI ha ritenuto che la richiesta non adempiva i presupposti legali.
B.
Patrocinata dall'avv. Kieser, M.________ si è aggravata al Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino, il quale, esperiti i propri accertamenti, ha respinto il gravame confermando sostanzialmente l'operato dell'amministrazione (pronuncia del 17 agosto 2005).
C.
Sempre rappresentata dallo studio legale Kieser Senn Partner di Zurigo, M.________ interpone ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale delle assicurazioni, al quale, protestate le ripetibili, chiede l'annullamento del giudizio cantonale e l'assegnazione di un assegno per grandi invalidi.
L'UAI e l'Ufficio federale delle assicurazioni sociali (UFAS) propongono la reiezione del gravame.
Diritto:
1.
In virtù dei combinati disposti di cui agli art. 37 cpv. 3 e 135 OG la sentenza del Tribunale federale delle assicurazioni è redatta in una lingua ufficiale, di regola in quella della decisione impugnata, che in concreto è la lingua italiana (cfr. art. 70 cpv. 1 Cost.; DTF 122 I 93 consid. 1). Nonostante l'atto ricorsuale sia steso in tedesco, come era diritto della ricorrente (cfr. art. 30 cpv. 1 OG, art. 4 Cost.; DTF 124 III 205 consid. 2), non si giustifica di derogare all'accennato principio, sicché anche questo giudizio è redatto in italiano (DTF 126 II 258 consid. 1a non pubblicato; 124 III 205 consid. 2). Dalle argomentazioni contenute nel ricorso risulta infatti che l'insorgente, che peraltro nemmeno ha chiesto che la sentenza sia resa in lingua tedesca, ha afferrato la portata della sentenza impugnata.
2.
Per quanto attiene alla competenza dell'UAI a decidere sulla richiesta di assegno per grandi invalidi, può essere fatto riferimento e prestata adesione alla pronuncia cantonale.
Sia che la competenza dell'UAI fosse data in virtù del fatto che l'eventuale diritto all'assegno per grandi invalidi, datene le condizioni, sarebbe sorto quando ancora l'assicurata beneficiava di una rendita d'invalidità (art. 35 cpv. 1 e art. 74 OAI ), sia che in realtà la competenza spettasse alla cassa di compensazione per il motivo che la rendita d'invalidità era, con effetto dal 1° maggio 2003 (art. 21 LAVS in relazione con le Disposizioni transitorie della 10a revisione dell'AVS, lettera d cpv. 1), soppiantata da una rendita di vecchiaia (art. 43bis cpv. 4 e 5 in relazione con l'art. 63 cpv. 1 lett. b LAVS; art. 69quater cpv.1 e art. 125bis OAVS ), i primi giudici potevano entrare nel merito del ricorso. Anche nella seconda ipotesi (competenza della cassa di compensazione), infatti, la circostanza che l'UAI, dopo esame e negazione dei requisiti (art. 43bis cpv. 5 LAVS, art. 69quater OAVS), anziché trasmettere, come invece avrebbe dovuto, gli atti alla competente Cassa di compensazione per resa della decisione (art. 63 cpv. 1 lett. b LAVS, art. 125bis OAVS), abbia emesso il provvedimento a proprio nome, non determinerebbe comunque, nonostante il vizio formale, la nullità dello stesso. Dal momento che per la valutazione del diritto a un assegno per grandi invalidi l'esame dei requisiti è comunque demandato alla competenza dell'ufficio AI, la decisione (erroneamente) rilasciata da quest'ultimo non potrebbe essere considerata a tal punto manifestamente viziata da giustificarne la nullità. Una trasmissione della causa per nuova decisione alla cassa di compensazione competente si esaurirebbe del resto in un vuoto esercizio procedurale, senza il minimo beneficio per la ricorrente e in contrasto con i principi di economia processuale (DTF 121 V 116). Nulla osta pertanto a un esame materiale, anche da parte di questa Corte, della correttezza della decisione su opposizione querelata (SVR 2006 AHV no. pag. 56, consid. 2.2 [sentenza del 17 febbraio 2006 in re S., H 289/03]; cfr. pure RCC 1982 pag. 84 consid. 3).
3.
3.1 Come pertinentemente osservato dall'autorità giudiziaria cantonale, al cui giudizio si rinvia, con riferimento alle norme nazionali applicabili in materia, l'assicurato grande invalido (art. 9 LPGA) con domicilio e dimora abituale (art. 13 LPGA) in Svizzera ha diritto a un assegno per grandi invalidi (art. 42 cpv. 1 LAI, nelle versioni applicabili prima e dopo l'entrata in vigore, il 1° gennaio 2004, della 4a revisione dell'AI). Parimenti, l'art. 43bis cpv. 1 LAVS, nella versione applicabile in concreto, in vigore dal 1° gennaio 2003, dispone che hanno diritto all'assegno per grandi invalidi i beneficiari di rendite di vecchiaia o di prestazioni complementari con domicilio e dimora abituale (art. 13 LPGA) in Svizzera, che presentano un'invalidità (art. 9 LPGA) di grado elevato o medio.
È considerato grande invalido ai sensi dell'art. 9 LPGA colui che, a causa di un danno alla salute, ha bisogno in modo permanente dell'aiuto di terzi o di una sorveglianza personale per compiere gli atti ordinari della vita. Giusta l'art. 13 LPGA, il domicilio di una persona è determinato secondo le disposizioni degli articoli 23-26 del Codice civile (cpv. 1). Una persona ha la propria dimora abituale nel luogo in cui vive per un periodo prolungato, anche se la durata del soggiorno è fin dall'inizio limitata (cpv. 2).
3.2 Lasciando aperta la questione di sapere se la ricorrente fosse effettivamente domiciliata nel Cantone Ticino, come avevano attestato le autorità comunali, i primi giudici hanno rilevato che la domanda ricorsuale andava comunque respinta in base al diritto svizzero in quanto la seconda condizione, ritenuta cumulativa, della dimora abituale in Svizzera faceva difetto. Accertata la degenza dell'insorgente presso la citata Residenza X.________ dal mese di maggio 2002 e preso atto, direttamente dal patrocinatore di M.________, del continuo peggioramento dello stato di salute come pure del fatto che le necessarie cure avrebbero potuto essere dispensate in linea di principio anche in Svizzera (dichiarazione 2 dicembre 2004 dell'avv. Kieser), i giudici cantonali hanno in particolare escluso che il collocamento prolungato fosse dettato da ragioni mediche che imponessero la permanenza dell'interessata fuori dalla Confederazione e permettessero di derogare al principio giurisprudenziale secondo cui solo eccezionalmente un'assenza di oltre un anno consentirebbe di mantenere la residenza abituale in Svizzera.
3.3 Prima dell'entrata in vigore, il 1° gennaio 1997, della 10a revisione dell'AVS, il diritto a un assegno per grandi invalidi era subordinato alla condizione che l'assicurato fosse domiciliato in Svizzera. Conformemente alla giurisprudenza resa in materia dal Tribunale federale delle assicurazioni, la condizione del domicilio in Svizzera implicava che l'assicurato avesse in questo paese non soltanto il proprio domicilio ai sensi del diritto civile ma anche la sua residenza effettiva, compresa la volontà di conservarla e di mantenervi il centro degli interessi (DTF 111 V 182 consid. 4, 105 V 168 consid. 3b; cfr. pure DTF 130 V 405 consid. 5.2). Sempre conformemente a tale giurisprudenza, il principio della residenza effettiva in Svizzera ammetteva due eccezioni. La prima, concernente il soggiorno all'estero per una durata prevedibilmente breve. La seconda, riguardante il soggiorno all'estero per una durata abbastanza lunga. Nella prima ipotesi, il soggiorno all'estero poteva durare al massimo un anno e comunque lo poteva essere soltanto in presenza di buone ragioni. Nella seconda ipotesi, un soggiorno di lunga durata non si opponeva alla residenza in Svizzera se: a) il soggiorno all'estero, inizialmente previsto per una breve durata, doveva essere prolungato oltre l'anno a causa di circostanze impreviste e di forza maggiore (ad esempio a causa di una malattia o di un infortunio); b) oppure se dei motivi imperativi (quali ad esempio dei provvedimenti di assistenza, di formazione o la cura di una malattia) imponevano immediatamente un soggiorno all'estero la cui durata, secondo le previsioni, sarebbe stata superiore a un anno (RCC 1986 pag. 430).
3.4 Nell'ambito della 10a revisione dell'AVS il presupposto della residenza effettiva è stato codificato ed ha trovato espressione nel termine di "dimora abituale". Il rinvio concomitante al domicilio e alla dimora abituale e quindi il riferimento a tale duplice condizione permetteva di ancorare nella legge la prassi seguita in ambito di prestazioni non esportabili (FF 1990 II 52).
3.5 La definizione di dimora abituale fornita dall'art. 13 cpv. 2 LPGA corrisponde ora essenzialmente a quella nota precedentemente (Kieser, ATSG-Kommentar, Zurigo/Basilea/Ginevra 2003, no. 16 all'art. 13).
3.6 Ciò premesso, la valutazione operata dalla Corte cantonale in merito al mancato adempimento della dimora abituale in Svizzera merita conferma. Né il soggiorno in Francia, considerati l'entità della malattia e lo scopo della cura, poteva inizialmente essere ritenuto di breve durata, né il suo prolungamento oltre l'anno può, per le stesse considerazioni, dirsi dovuto a circostanze impreviste e di forza maggiore. Dal momento che, per stessa ammissione del patrocinatore della ricorrente, le necessarie cure potevano, in linea di principio, essere dispensate anche in Svizzera, nemmeno si potrebbe infine affermare che motivi imperativi imponessero un soggiorno all'estero la cui durata, secondo le previsioni, sarebbe stata superiore a un anno.
3.7 In tali condizioni, non occorre esaminare ulteriormente se la ricorrente disponesse di un domicilio in Ticino, ritenuto che, per quanto esposto in precedenza, la doppia condizione (di domicilio e di dimora abituale) posta dal legislatore per accordare un diritto a un assegno per grandi invalidi dev'essere chiaramente intesa in senso cumulativo.
4.
Il diritto all'assegno per grandi invalidi dovendo di conseguenza essere negato alla ricorrente sulla base dell'ordinamento interno, resta da esaminare, come lo invoca in via subordinata l'interessata, se tale diritto possa essere dedotto dall'Accordo del 21 giugno 1999 tra la Confederazione Svizzera, da una parte, e la Comunità europea ed i suoi Stati membri, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (ALC, entrato in vigore il 1° giugno 2002 [RS 0.142.112.681]) e in particolare dal suo Allegato II regolante il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (DTF 130 V 146 seg. consid. 3, 128 V 315 con riferimenti).
5.
5.1 Il diritto della ricorrente deve, quantomeno a partire dal 1° giugno 2002 (DTF 128 V 315), essere esaminato alla luce dell'ALC, ritenuto che le condizioni temporali (domanda di prestazione, decisione e decisione su opposizione posteriori all'entrata in vigore dell'ALC), materiali (invocazione di una prestazione dell'assicurazione sociale elvetica nonostante la dimora abituale in uno Stato membro dell'Unione europea [UE]) e personali (beneficiaria di una rendita svizzera d'invalidità, rispettivamente di vecchiaia, che ha trasferito la propria dimora abituale in Francia creando così il necessario elemento transfrontaliero [cfr. SVR 2006 AHV no. 15 pag. 57 consid. 4.1.2 e 4.3]) sono adempiute.
5.2 Giusta l'art. 1 cpv. 1 dell'Allegato II "Coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale" dell'Accordo, elaborato sulla base dell'art. 8 ALC e facente parte integrante dello stesso (art. 15 ALC), in unione con la Sezione A di tale allegato, le parti contraenti applicano nell'ambito delle loro relazioni in particolare il Regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (in seguito: regolamento n. 1408/71 [RS 0.831.109.268.1]), come pure il Regolamento (CEE) n. 574/72 del Consiglio, del 21 marzo 1972, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (RS 0.831.109.268.11), oppure disposizioni equivalenti. L'art. 153a LAVS, così come del resto pure l'art. 80a LAI, entrati in vigore il 1° giugno 2002, rinviano, alla lett. a, a questi due regolamenti di coordinamento.
5.3 L'Allegato II ALC, che, da un lato, elenca gli atti comunitari cui è fatto riferimento e, dall'altro lato, contiene gli adattamenti degli atti comunitari validi per la Svizzera, costituisce il legame tra il diritto svizzero delle assicurazioni sociali e il diritto comunitario di coordinamento (Maria Verena Brombacher Steiner, Die soziale Sicherheit im Abkommen über die Freizügigkeit der Personen, in: Daniel Felder/Christine Kaddous [editori], Accords bilatéraux Suisse-UE, Basilea 2001, pag. 366 seg.).
5.4 Giusta l'art. 11 cpv. 1 ALC, le persone di cui al presente Accordo possono presentare ricorso alle autorità competenti, vale a dire alle autorità nazionali, per quanto riguarda l'applicazione delle disposizioni dell'Accordo.
A norma dell'art. 14 ALC viene istituito un Comitato misto, composto dai rappresentanti delle parti contraenti, responsabile della gestione e della corretta applicazione dell'Accordo. Esso formula raccomandazioni a tal fine e prende decisioni nei casi previsti dall'Accordo (più in generale sui compiti del Comitato misto cfr. ad esempio Edgar Imhof, Das bilaterale Abkommen über den freien Personenverkehr und die soziale Sicherheit, in: RSAS 2000 pag. 49 segg.; v. pure Tobias Jaag, Institutionen und Verfahren, in: Daniel Thürer/Rolf H. Weber/Roger Zäch [editori], Bilaterale Verträge Schweiz - EG, Ein Handbuch, Zurigo 2002, pag. 48 segg.). Il Comitato misto si pronuncia all'unanimità (cpv. 1). Ai fini della corretta esecuzione dell'Accordo, le parti contraenti procedono regolarmente a scambi di informazioni e, su richiesta di una di esse, si consultano in sede di Comitato misto (cpv. 3).
Per conseguire gli obiettivi definiti dall'ALC, le parti contraenti prendono tutte le misure necessarie affinché nelle loro relazioni siano applicati diritti e obblighi equivalenti a quelli contenuti negli atti giuridici della Comunità europea ai quali viene fatto riferimento (art. 16 cpv. 1 ALC). Nella misura in cui l'applicazione del predetto Accordo implica nozioni di diritto comunitario, si terrà conto della giurisprudenza pertinente della Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE) precedente alla data della sua firma (21 giugno 1999). La giurisprudenza della Corte successiva alla firma del presente Accordo verrà comunicata alla Svizzera. Per garantire il corretto funzionamento dell'Accordo, il Comitato misto determina, su richiesta di una delle parti contraenti, le implicazioni di tale giurisprudenza (art. 16 cpv. 2 ALC).
Non appena una parte contraente avvia il processo d'adozione di un progetto di modifica della propria normativa interna, o non appena sopravvenga un cambiamento nella giurisprudenza degli organi le cui decisioni non sono soggette a un ricorso giurisdizionale di diritto interno in un settore disciplinato dal presente Accordo, la parte contraente in questione ne informa l'altra attraverso il Comitato misto (art. 17 cpv. 1 ALC). Il Comitato misto procede a uno scambio di opinioni sulle implicazioni di una siffatta modifica per il corretto funzionamento dell'Accordo (art. 17 cpv. 2 ALC).
Qualora una parte contraente desideri un riesame del presente Accordo, presenta una proposta a tal fine al Comitato misto. Le modifiche del presente Accordo entrano in vigore dopo la conclusione delle rispettive procedure interne, ad eccezione delle modifiche degli allegati II e III, che sono decise dal Comitato misto e possono entrare in vigore subito dopo la decisione (art. 18 ALC; sulla natura di tali decisioni cfr. Jaag, op. cit., pag. 52).
Le parti contraenti possono rivolgersi al Comitato misto per qualsiasi controversia relativa all'interpretazione o all'applicazione del presente Accordo (art. 19 cpv. 1 ALC). Il Comitato misto può comporre la controversia. Ad esso vengono fornite tutte le informazioni utili per un esame approfondito della situazione ai fini di una soluzione accettabile. A tal fine, il Comitato misto esamina tutte le possibilità che consentono di garantire il corretto funzionamento del presente Accordo (art. 19 cpv. 2 ALC).
6.
6.1 Le parti e i primi giudici si richiamano in gran parte alle disposizioni e ai principi dedotti dal regolamento n. 1408/71. Occorre pertanto analizzare ulteriormente l'applicabilità di tale regolamento alla presente fattispecie, il campo di applicazione dell'ALC non corrispondendo necessariamente a quello del regolamento n. 1408/71 (in particolare, dal profilo personale l'ALC non si applica unicamente ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari).
6.2 Ratione temporis il regolamento n. 1408/71 è senz'altro applicabile, atteso che la decisione e la decisione su opposizione datano del 5 agosto 2003, rispettivamente del 5 maggio 2004 (DTF 130 V 53 consid. 4.3; VSI 2004 pag. 209 consid. 3.2 [sentenza del 27 febbraio in re M., H 281/03]; SVR 2004 AHV no. 12 pag. 38 consid. 5 [sentenza del 5 febbraio 2004 in re S., H 37/03]; cfr. pure la sentenza della CGCE del 7 febbraio 2002 nella causa C-28/00, Kauer, Racc. 2002, pag. I-1343, punto 45).
6.3 La presente vertenza ricade quindi anche ratione materiae nel campo di applicazione del regolamento.
6.3.1 Quest'ultimo si applica infatti a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti: a) le prestazioni di malattia e di maternità; b) le prestazioni d'invalidità, comprese quelle dirette a conservare o migliorare la capacità di guadagno; c) le prestazioni di vecchiaia; d) le prestazioni ai superstiti; e) le prestazioni per infortunio sul lavoro e malattie professionali; f) gli assegni in caso di morte; g) le prestazioni di disoccupazione; h) le prestazioni familiari (art. 4 n. 1).
Esso si applica ai regimi di sicurezza sociale generali e speciali, contributivi e non contributivi, nonché ai regimi relativi agli obblighi del datore di lavoro o dell'armatore concernenti le prestazioni di cui al n. 1 (art. 4 n. 2), come pure alle prestazioni speciali a carattere non contributivo previste da una legislazione o da un regime diversi da quelli contemplati al n. 1 o esclusi ai sensi del n. 4, qualora dette prestazioni siano destinate: a) a coprire in via suppletiva, complementare o accessoria gli eventi corrispondenti ai settori di cui alle lettere da a) ad h) del paragrafo 1, oppure b) unicamente a garantire la tutela specifica dei minorati (art. 4 n. 2bis).
Per l'art. 4 n. 4, il presente regolamento non si applica per contro né all'assistenza sociale e medica, né ai regimi di prestazioni a favore delle vittime di guerra o delle sue conseguenze.
6.3.2 Ora, l'assegno per grandi invalidi si rapporta a uno dei rischi enunciati all'art. 4 n. 1 del regolamento n. 1408/71, e più precisamente al rischio di malattia ai sensi della lett. a di tale disposto (SVR 2006 AHV no. 15 pag. 58, consid. 4.3.2). Si tratta quindi di una prestazione di sicurezza sociale entrante nel campo di applicazione materiale del regolamento n. 1408/71 (per la qualifica, in generale, di una prestazione quale prestazione della sicurezza sociale cfr. DTF 131 V 395 consid. 3.2; per quanto concerne l'attribuzione, al rischio di malattia, di alcune prestazioni assicuranti la necessità di cure ["Pflegebedürftigkeit"] cfr. in particolare le sentenze della CGCE dell'8 luglio 2004 nelle cause C-502/01 e C-31/02, Gaumain-Cerri e Barth, Racc. 2004, pag. I-6483, punti 17-23, dell'8 marzo 2001 nella causa C-215/99, Jauch, Racc. 2001, pag. I-1901, punti 25-28, e del 5 marzo 1998 nella causa C-160/96, Molenaar, Racc. 1998, pag. I-843, punti 20-25; cfr. pure Karl-Jürgen Bieback, in: Maximilian Fuchs [editore], Kommentar zum Europäischen Sozialrecht, 4a ed., Baden-Baden 2005, no. 15 e 16 agli art. 18 segg. del regolamento n. 1408/71 [pag. 219 seg.]).
6.4 Quanto all'applicazione ratione personae, il regolamento n. 1408/71, giusta il suo art. 2 n. 1, si applica ai lavoratori subordinati o autonomi e agli studenti, che sono o sono stati soggetti alla legislazione di uno o più Stati membri e che sono cittadini di uno degli Stati membri, oppure apolidi o profughi residenti nel territorio di uno degli Stati membri, nonché ai loro familiari e ai loro superstiti.
6.4.1 Nella misura in cui esiste un nesso transfrontaliero, il tenore dell'art. 2 n. 1 del regolamento n. 1408/71 non osta all'applicabilità del medesimo a un cittadino svizzero facente valere il diritto a prestazioni dell'ordinamento legale elvetico (cfr. per analogia le sentenze della CGCE del 4 novembre 1997 nella causa C-20/96, Snares, Racc. 1997, pag. I-6057, del 10 ottobre 1996 nelle cause C-245/94 e C-312/94, Hoever e Zachow, Racc. 1996, pag. I-4895). Per ammettere il necessario nesso transfrontaliero occorre che persone, fatti o richieste presentino un collegamento con un altro Stato membro. Possono essere elementi di collegamento la cittadinanza, il luogo di lavoro o di residenza, il luogo dell'evento scatenante l'obbligo di prestazione, una precedente attività sotto il regime legale di un altro Stato membro ecc. (Eberhard Eichenhofer, in: Fuchs, op. cit., no. 14 all'art. 2 del regolamento n. 1408/71 [pag. 100]). Il necessario elemento transfrontaliero è dato in concreto dal fatto che la ricorrente, di cittadinanza svizzera, dimora in uno Stato membro dell'UE per fini curativi e fa valere il diritto all'esportazione di prestazioni assicurative svizzere.
6.4.2 Vi sarebbe da esaminare a questo punto se la ricorrente, che ha dichiarato essere casalinga dal 1963 e per la quale gli atti all'inserto non permettono di evidenziare dei periodi di attività lucrativa, possa, come lo ha ritenuto la Corte cantonale, essere considerata come lavoratrice ai sensi del regolamento anche qualora in passato non dovesse avere mai svolto una simile attività (lucrativa).
6.4.3 L'art. 1 lett. a del regolamento n. 1408/71 definisce i termini «lavoratore subordinato» e «lavoratore autonomo».
Alla luce di tale definizione, sono segnatamente considerati quali beneficiari del regolamento i lavoratori coperti da assicurazione obbligatoria o facoltativa continuata presso un regime di sicurezza sociale destinato ai lavoratori subordinati o autonomi (lett. a punto i [Pierre Rodière, Droit social de l'Union européenne, 2a ed., Parigi 2002, pag. 614, cifra marg. 646]).
Nell'ipotesi in cui i regimi di sicurezza sociale si rivolgono non soltanto ai lavoratori subordinati o autonomi, ma alla totalità della popolazione attiva o a tutti i residenti, come si avvera per l'assicurazione per l'invalidità svizzera (art. 1b LAI in relazione con gli art. 1a e 2 LAVS ), l'applicabilità del regolamento presuppone che le modalità di gestione o di finanziamento di tale regime permettano di identificare tale persona quale lavoratore subordinato o autonomo (lett. a punto ii [Rodière, op. cit., ibidem]). È quanto avviene per il sistema AVS/AI svizzero che prevede modalità diverse e permette di identificare e distinguere i lavoratori dipendenti e gli indipendenti dalle persone senza attività lucrativa ( art. 2 e 3 LAI , art. 3 segg. LAVS).
6.4.4 La CGCE ha stabilito che la nozione di lavoratore dev'essere definita secondo criteri oggettivi che caratterizzano il rapporto di lavoro in considerazione dei diritti e degli obblighi delle persone interessate, la caratteristica essenziale di tale rapporto consistendo nel fatto che una persona svolge, durante un certo tempo, in favore di un'altra persona e sotto la direzione di quest'ultima, delle prestazioni in cambio delle quali percepisce una rimunerazione (sentenza del 30 gennaio 1997 nella causa C-340/94, de Jaeck, Racc. 1997, pag. I-461, punto 26, e del 27 giugno 1996 nella causa C107/94, Asscher, Racc. 1996, pag. I-3089, punto 25). Per «attività subordinata» e «attività autonoma» si devono intendere le attività lavorative che sono considerate tali ai sensi della normativa previdenziale dello Stato membro nel cui territorio le dette attività vengono svolte (sentenza della CGCE del 30 gennaio 1997 nella causa C-340/94, de Jaeck, Racc. 1997, pag. I-461, punto 34; Rodière, op. cit., pag. 615, cifra marg. 646).
Sono più in generale da considerare come lavoratori tutti coloro che, in quanto tali (cfr. DTF 131 V 395 consid. 3.2), indipendentemente dalla loro denominazione e dall'esercizio (attuale) di un'attività professionale, possiedono la qualità di assicurati ai sensi della legislazione di sicurezza sociale di uno o più Stati membri (in particolare le sentenze della CGCE del 10 marzo 1992 nella causa C-215/90, Twomey, Racc. 1992, pag. I-1823, punto 13, e del 31 maggio 1979 nella causa 182/78, Pierik, Racc. 1979, pag. 1977, punto 4; cfr. pure Francis Kessler/Jean-Philippe Lhernould, Code annoté européen de la protection sociale, 3a ed., Parigi 2005, pag. 59 segg.).
6.4.5 Da quanto precede, si deve concludere che, contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici, la ricorrente, che dagli atti non risulta avere in passato svolto attività lucrativa, non può essere considerata quale lavoratrice (subordinata o autonoma) ai sensi dell'art. 2 del regolamento n. 1408/71.
6.4.6 Se l'insorgente possa altrimenti rientrare nel campo di applicazione personale del predetto regolamento in qualità di familiare di un tale lavoratore (sul concetto cfr. ad esempio Eichenhofer, op. cit., no. 26 seg. all'art. 1 del regolamento n. 1408/71 [pag. 88 seg.]; Rodière, op. cit., pag. 617, cifra marg. 649) non è chiaro alla luce degli atti all'inserto. Del marito, dal quale l'interessata sembrerebbe essere separata, si sa unicamente che risulterebbe essere domiciliato in Spagna. Sulla situazione (abitativa e professionale) dei due figli, gli atti non forniscono sufficienti indicazioni.
6.4.7 Ad ogni modo, la questione può essere lasciata insoluta in quanto in ogni caso - sia che il regolamento n. 1408/71 risulti o meno applicabile - il diritto della ricorrente seguirebbe la stessa sorte.
7.
7.1 L'art. 42 CE (Trattato che istituisce la Comunità europea nella versione successiva all'entrata in vigore, il 1° maggio 1999, del Trattato di Amsterdam), sul quale si fonda in particolare il regolamento n. 1408/71, prevede unicamente il coordinamento e non l'armonizzazione delle disposizioni di legge degli Stati membri in materia di sicurezza sociale. Le differenze sostanziali e procedurali tra i vari sistemi di sicurezza sociale non sono pertanto toccate da questa disposizione (ad esempio sentenza della CGCE del 19 marzo 2002 nelle cause C-393/99 e C-394/99, Hervein e.a., Racc. 2002, pag. I-2829, punto 50, de Jaeck, precitata, punto 18, e del 15 gennaio 1986 nella causa 41/84, Pinna, Racc. 1984, pag. 1, punto 20). Il diritto comunitario, che l'ALC ha ripreso per quanto concerne il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, non menoma la competenza degli Stati membri ad organizzare i loro sistemi previdenziali; in mancanza di un'armonizzazione a livello comunitario, spetta alla normativa di ciascuno Stato membro determinare, da un lato, le condizioni del diritto o dell'obbligo di iscriversi a un regime di previdenza sociale e, dall'altro, le condizioni cui è subordinato il diritto a prestazioni. Resta inteso che nell'esercizio di tale potere gli Stati membri devono nondimeno rispettare il diritto comunitario (sentenze della CGCE del 4 dicembre 2003 nella causa C-92/02, Kristiansen, Racc. 2003, pag. I-14597, punto 31, del 12 luglio 2001 nella causa C-157/99, Smits e Peerbooms, Racc. 2001, pag. I-5473, punti 44-46, e del 24 aprile 1980 nella causa C-110/79, Coonan, Racc. 1980, pag. 1445, punto 15; DTF 131 V 387 consid. 8.2 con riferimenti e 213 consid. 5.3).
7.2 L'art. 10bis n. 1 del regolamento n. 1408/71 prevede - in deroga all'art. 10 e all'obbligo di esportazione della prestazione statuito nel Titolo III del regolamento - sotto l'intestazione "Prestazioni speciali a carattere non contributivo" la possibilità di escludere, a determinate condizioni mediante l'iscrizione nell'Allegato IIbis, dall'obbligo di esportazione le prestazioni speciali a carattere non contributivo (art. 4 n. 2bis) se gli Stati facenti parte al regolamento sono d'accordo. Ciò ha per effetto che le relative prestazioni devono essere concesse solo in favore delle parti che risiedono nel territorio nazionale dello Stato erogante la prestazione (DTF 130 V 148 consid. 4.2, 255 consid. 2.3; SVR 2006 AHV no. 15 pag. 59 consid. 5.3).
Per la Svizzera sono da considerare come figuranti nell'Allegato IIbis del regolamento n. 1408/71: le prestazioni complementari e le prestazioni analoghe previste dalle legislazioni cantonali, gli assegni per grandi invalidi secondo la LAVS e la LAI, le rendite per caso di rigore giusta l'art. 28 cpv. 1bis LAI (in vigore fino al 31 dicembre 2003) come pure le prestazioni non contributive di tipo misto in caso di disoccupazione, previste dalle legislazioni cantonali (cfr. Allegato II ALC, Sezione A, cifra 1, adattamento h, nel tenore di cui alla decisione n. 2/2003 del Comitato misto UE-Svizzera del 15 luglio 2003 recante modifica dell'allegato II [sicurezza sociale] ALC [RS 0.142.112.681]).
7.3 L'assegno per grandi invalidi figura pertanto iscritto nell'Allegato IIbis del regolamento n. 1408/71 ed è di per sé considerato sfuggire all'obbligo di esportazione. La menzione, fatta retroagire al 1° giugno 2002 (art. 2 cpv. 2 della decisione n. 2/2003 del Comitato misto UE-Svizzera del 15 luglio 2003), è avvenuta in considerazione della precisazione del carattere non contributivo della prestazione, ormai espressamente sancito dagli art. 77 cpv. 2 LAI e 102 cpv. 2 LAVS, gli stessi disponendo che l'assegno per grandi invalidi è esclusivamente finanziato dall'ente pubblico (cfr. pure FF 1999 5117, 5316).
7.4 Resterebbe da stabilire se tale iscrizione abbia carattere costitutivo (in questo senso ancora la sentenza precitata della CGCE nella causa Snares, punti 29-32) oppure se, per ammettere una deroga al principio di esportabilità, la natura speciale e non contributiva della prestazione debba anche essere materialmente accertata (in questo senso la più recente sentenza, anch'essa già citata, della CGCE nella causa Jauch, punti 33 e 34; cfr. inoltre Bieback, op. cit., no. 15 e 16 agli art. 18 segg. del regolamento n. 1408/71 [pag. 219 seg.]; Edgar Imhof, Eine Anleitung zum Gebrauch des Personenfreizügigkeitsabkommens und der VO 1408/71, in: Hans-Jakob Mosimann [editore], Aktuelles im Sozialversicherungsrecht, Zurigo 2001, pag. 33 seg.; Hardy Landolt, Nationale Pflegesozialleistungen und europäische Sozialrechtskoordination, in: ZIAS 2001 pag. 147; sulla nozione di prestazione speciale a carattere non contributivo cfr. infine Silvia Bucher, Soziale Sicherheit, beitragsunabhängige Sonderleistungen und soziale Vergünstigungen, in: RSAS 2000 pag. 340 segg., 346 seg.). Trattandosi di nozioni di diritto comunitario, dev'essere tenuto conto della pertinente giurisprudenza della CGCE (art. 16 cpv. 2 ALC).
8.
8.1 Pur rilevando le affinità tra l'assegno per grandi invalidi secondo la legislazione elvetica e l'assegno di assistenza ("Pflegegeld") secondo il diritto austriaco, oggetto di disamina nella citata causa Jauch, dove la CGCE ha qualificato quale prestazione previdenziale in denaro ai sensi dell'art. 4 n. 1 lett. a del regolamento n. 1408/71, e quindi come liberamente esportabile all'interno dell'UE, detto assegno avente per scopo di assicurare, sotto forma di un contributo forfettario, aiuto e assistenza alle persone non autonome al fine di migliorare le loro possibilità di condurre una vita autonoma e adeguata alle loro esigenze (in questo senso la CGCE si era espressa in precedenza anche nella sentenza del 5 marzo 1998 nella causa C-160/96, Molenaar, Racc. 1998, pag. I-843, in relazione a prestazioni dell'assicurazione tedesca contro il rischio di mancanza di autonomia), la Corte cantonale ha ritenuto non potere trasporre tale giurisprudenza al caso di specie. I primi giudici l'hanno infatti ritenuta inapplicabile poiché, oltre a essere stata resa successivamente alla conclusione (21 giugno 1999) dell'ALC e quindi oltre a non essere vincolante per la Svizzera (art. 16 cpv. 2 ALC), essa avrebbe introdotto un aspetto del tutto nuovo - rispetto alla giurisprudenza precedente a tale data - nella misura in cui avrebbe espressamente dichiarato non costitutiva l'iscrizione di una prestazione nell'Allegato IIbis del regolamento n. 1408/71 per escluderne l'esportabilità. Orientandosi così alla giurisprudenza precedente, i giudici di prime cure hanno ritenuto costitutiva l'iscrizione dell'assegno per grandi invalidi, negandone il diritto all'esportazione.
8.2 Per la ricorrente, per contro, già solo in virtù del tenore letterale dell'art. 10bis n. 1 del regolamento n. 1408/71, una deroga all'obbligo di esportazione - da interpretarsi in maniera restrittiva - si giustificherebbe unicamente alla duplice condizione che la prestazione, oltre ad essere menzionata nell'Allegato IIbis, sia anche effettivamente, nella sua sostanza, speciale e non contributiva. Diversamente, prosegue l'insorgente, la formulazione del disposto regolamentare non avrebbe senso. Per il resto osserva che se l'ALC vincola le parti a tenere conto della giurisprudenza della CGCE resa anteriormente alla firma dell'ALC, ciò non significa necessariamente che i tribunali svizzeri non possano comunque orientarsi anche alla giurisprudenza successiva della CGCE. Rileva inoltre che già dalla giurisprudenza precedente si evincerebbe l'intenzione della CGCE di non ammettere deroghe all'obbligo di esportazione fintanto che la natura speciale e non contributiva della prestazione non sia accertata. Tale volontà sarebbe inoltre implicitamente desumibile anche dalla più recente giurisprudenza del Tribunale federale delle assicurazioni. Per quanto concerne infine la sua qualifica, l'insorgente conclude che l'assegno per grandi invalidi non costituisce né una prestazione speciale né una prestazione non contributiva.
8.3 Per parte sua l'UFAS fa notare che i presupposti per un'iscrizione dell'assegno per grandi invalidi nell'Allegato IIbis del regolamento n. 1408/71 sarebbero già stati esaminati, in cognizione della giurisprudenza sin lì resa dalla CGCE, in occasione delle trattative con l'UE in vista della conclusione dell'ALC. Così nel protocollo addizionale all'Allegato II ALC le parti avrebbero convenuto che gli assegni per grandi invalidi previsti dalla LAVS e dalla LAI sarebbero stati iscritti nel testo dell'Allegato II ALC, all'Allegato IIbis del regolamento n. 1408/71, con decisione del Comitato misto, a decorrere dall'entrata in vigore della revisione di tali leggi, non appena le menzionate prestazioni fossero state esclusivamente finanziate dai poteri pubblici, come poi è avvenuto con effetto dal 1° giugno 2002. Osserva come, nonostante i più recenti sviluppi giurisprudenziali della CGCE, il Comitato misto avrebbe comunque deciso, nel rispetto del principio "pacta sunt servanda", l'iscrizione di tali prestazioni con effetto retroattivo. L'esito dei negoziati, sfociato segnatamente nell'iscrizione dell'assegno per grandi invalidi nel citato Allegato, non potrebbe ora essere stravolto in considerazione di una giurisprudenza successiva della CGCE in chiaro contrasto con la volontà delle parti e con la natura statica dell'Accordo. Di conseguenza, la giurisprudenza Jauch della CGCE non sarebbe determinante per la presente causa.
L'UFAS ricorda pure le differenti implicazioni, per la Svizzera, da un lato, e per gli Stati membri dell'UE, dall'altro, della giurisprudenza della CGCE. Mentre per questi ultimi le sentenze della CGCE sarebbero direttamente vincolanti e esecutive, la Svizzera ne dovrebbe tenere conto (unicamente) nei limiti posti dall'art. 16 cpv. 2 ALC. Fa inoltre valere che il riconoscimento della giurisprudenza Jauch equivarrebbe all'abrogazione di una parte dell'Allegato II ALC, per il cui riesame sono previste procedure particolari, e in particolare una decisione del Comitato misto giusta l'art. 18 ALC. Rilevando l'impossibilità per la Svizzera di fare capo a una procedura di decisione pregiudiziale, così come la prevede il diritto comunitario per gli Stati membri dell'UE, sottolinea come i tribunali svizzeri debbano interpretare l'Accordo conformemente alla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati e quindi in ossequio ai principi ivi sanciti. L'UFAS ritiene in conclusione che allo stato attuale, secondo il testo in vigore dell'ALC, l'assegno per grandi invalidi dev'essere escluso dall'obbligo di esportazione, la questione di sapere se esso soddisfi i requisiti posti dalla più recente giurisprudenza comunitaria per la qualifica di prestazione speciale a carattere non contributivo potendo restare indecisa.
9.
Tutto ben ponderato, questa Corte ritiene, quantomeno nella sostanza, condivisibile l'analisi dei primi giudici e dell'UFAS.
9.1 Preliminarmente è giusto ricordare, come fa notare l'UFAS, che le autorità giudiziarie elvetiche non dispongono, ai fini interpretativi e applicativi dell'ALC come pure degli atti comunitari cui è fatto riferimento, della possibilità di un rinvio pregiudiziale alla CGCE ai sensi dell'art. 234 CE. Il rinvio pregiudiziale è uno strumento di cooperazione giudiziaria che mira a garantire l'applicazione uniforme del diritto comunitario senza pregiudicare l'autonomia di cui godono le giurisdizioni nazionali. La Corte di giustizia si limita a rispondere alle questioni d'interpretazione del diritto comunitario che le vengono sottoposte dai giudici nazionali, mentre questi ultimi rimangono i soli competenti a statuire sul merito tenendo conto delle circostanze di fatto e di diritto delle vertenze in esame (DTF 130 II 120 consid. 6.1 con riferimenti). I tribunali svizzeri non sono pertanto abilitati a sottoporre alla CGCE una domanda concernente l'applicazione del trattato sulla quale poi la Corte di giustizia possa pronunciarsi in maniera pregiudiziale. Tale possibilità (che per le giurisdizioni di ultima istanza può addirittura assurgere ad obbligo: art. 234 cpv. 3 CE), è per contro data alle autorità degli Stati membri dell'UE (Roland Bieber/Francesco Maiani, Précis de droit européen, Berna 2004, pag. 357). Confrontato a un problema d'interpretazione, il giudice svizzero deve pertanto risolverlo da solo orientandosi alle regole interpretative usuali di cui alla Convenzione di Vienna del 23 maggio 1969 sul diritto dei trattati (RS 0.111; DTF 130 II 121 consid. 6.1 con riferimenti).
9.2 Ciò premesso, va quindi tenuto conto del fatto che l'art. 16 cpv. 2 ALC prevede una disciplina diversa in merito all'attenzione da prestare alla giurisprudenza della CGCE, a dipendenza che questa sia anteriore o posteriore alla conclusione dell'Accordo. Tale differenziazione deriva dal fatto che le parti contraenti non hanno propriamente inteso concludere un accordo integrativo. Gli obblighi delle parti contraenti si evincono in misura di per sé esaustiva dall'Accordo medesimo. La creazione di nuovi obblighi avviene nell'ambito di una procedura appositamente definita (cfr. in particolare l'art. 18 ALC). Ne discende che effetto vincolante può di principio essere riconosciuto unicamente alla giurisprudenza della CGGE resa fino al momento della conclusione dell'ALC (Astrid Epiney, Zur Bedeutung der Rechtsprechung des EuGH für Anwendung und Auslegung des Personenfreizügigkeitsabkommens, in: ZBJV 141 [2005] pag. 15; cfr. anche DTF 130 II 9 consid. 3.5). Ciò non toglie che sentenze rese posteriormente al 21 giugno 1999 possano comunque, se del caso, essere utilizzate ai fini interpretativi dell'ALC, soprattutto se non fanno altro che precisare una giurisprudenza precedente (DTF 132 V 56 consid. 2, 130 II 119 consid. 5.2). Resta poi in ogni caso riservato il diritto del Comitato misto di determinare, in maniera vincolante e nelle forme di cui all'art. 16 cpv. 2 terza frase ALC, le implicazioni della nuova giurisprudenza della CGCE (sulla questione di sapere se una tale decisione possa vincolare non solo le autorità amministrative, ma anche i tribunali cfr. Jaag, op. cit., pag. 54 seg., che ricorda la posizione critica del Tribunale federale delle assicurazioni a questo proposito).
9.3 Non sempre risulta tuttavia evidente differenziare tra giurisprudenza vecchia (emessa prima del 21 giugno 1999) e nuova (resa successivamente a tale data). Di per sé si può ritenere che l'elaborazione di nuovi principi, precedentemente non ancora definiti, e la trattazione di una questione giuridica fino ad allora non ancora decisa, costituisce di per sé nuova giurisprudenza. Lo stesso potrebbe sostenersi per l'applicazione di principi noti a una fattispecie diversa, mai ancora presentatasi in precedenza. Anche le sentenze che precisano o sviluppano principi già formulati prima del 21 giugno 1999, possono ben formare una nuova giurisprudenza. Per converso, non si è in presenza di una nuova giurisprudenza in senso proprio se una sentenza, pur essendo resa successivamente al 21 giugno 1999, si limita a riprendere e ad applicare, senza elementi di novità, principi ormai noti a un caso simile (Epiney, op. cit., pag. 16 segg.).
9.4 Non risultando che il Comitato misto abbia in alcun modo dichiarato "vincolante" per la Svizzera (art. 16 cpv. 2 terza frase ALC) la più recente giurisprudenza della CGCE in materia di esportabilità di prestazioni speciali a carattere non contributivo - al contrario, va ricordato che lo stesso organo, in conoscenza della succitata giurisprudenza Jauch, ha reso la nota decisione n. 2/2003 del 15 luglio 2003 e stabilito, tra le altre cose, la menzione, per la Svizzera, dell'assegno per grandi invalidi nell'Allegato IIbis del regolamento n. 1408/71 -, occorre avantutto determinare se tale giurisprudenza Jauch costituisca effettivamente una giurisprudenza nuova, di principio non vincolante, oppure se essa possa essere qualificata come vincolante nella misura in cui non ponga nuovi principi, ma si limiti ad applicare quelli già noti e sviluppati prima della conclusione dell'ALC.
9.4.1 Nelle sentenze Snares (precitata [consid. 6.4.1]), Partridge (dell'11 giugno 1998, C-297/96, Racc. 1998, pag. I-3467) e Swaddling (del 25 febbraio 1999, C-90/97, Racc. 1999, pag. I-1075) la CGCE si è dovuta pronunciare sulla portata dell'art. 10bis in combinato disposto con l'Allegato IIbis del regolamento.
Orbene, nella sentenza Snares la CGCE ha affermato che: "il fatto che il legislatore comunitario menzioni una normativa [...] nell'allegato IIbis del regolamento n. 1408/71, dev'essere riconosciuto come dimostrazione che le prestazioni concesse sulla base di tale normativa costituiscono prestazioni speciali a carattere non contributivo, che rientrano nel campo di applicazione dell'art. 10bis del predetto regolamento n. 1408/71. [...] Ciò premesso, una prestazione quale la DLA [Disability Living Allowance del diritto britannico], in ragione del fatto che figura nell'allegato IIbis, deve considerarsi come disciplinata esclusivamente dalle norme di coordinamento dell'art. 10bis e quindi come rientrante tra le prestazioni speciali a carattere non contributivo ai sensi dell'art. 4, n. 2bis" (sentenza citata, punti 30-32).
Dalle sentenze Partridge (punto 33) e Swaddling (punto 24), che hanno confermato la sentenza Snares, si trae la conclusione, in forma ulteriormente accentuata, che la menzione nell'Allegato IIbis del regolamento rende la prestazione una prestazione speciale a carattere non contributivo ai sensi dell'art. 4 n. 2bis del regolamento.
9.4.2 Facendo sostanzialmente notare che, nelle menzionate vertenze, la natura delle prestazioni non era di per sé controversa, l'Avvocato generale Alber, nelle sue conclusioni nella causa Jauch, ha per contro sostenuto la possibilità di sottoporre una prestazione ad un esame sostanziale nei casi in cui sia dubbio o controverso se la prestazione di cui trattasi costituisca una prestazione speciale a carattere non contributivo (conclusioni, punti 72 e 74; sulla funzione e i compiti dell'Avvocato generale cfr. gli art. 221 e 222 CE). La CGCE ha seguito questa tesi (sentenza Jauch, precitata, punto 17) e ha osservato come disposizioni di deroga, come quelle previste dall'art. 10bis del regolamento n. 1408/71, vadano interpretate restrittivamente e possano pertanto essere applicate solo a prestazioni che rispondono alle condizioni in esse stabilite. La CGCE ha quindi concluso in quest'ultima vertenza che nel menzionato art. 10bis possono rientrare solo prestazioni che soddisfano le condizioni poste dall'art. 4 n. 2bis, e cioé le prestazioni che presentano allo stesso tempo un carattere speciale non contributivo e che figurano nell'allegato IIbis (sentenza citata, punto 21). Tale posizione è quindi stata riaffermata dalla CGCE anche nelle successive sentenze (ad. esempio sentenza del 29 aprile 2004 nella causa C-160/02, Skalka, Racc. 2004, pag. I-5613, punto 19; cfr. pure la sentenza del 6 luglio 2006 nella causa C-154/05, Kersbergen-Lap e Dams-Schipper, punto 25).
9.4.3 Da quanto precede, si deve dedurre che la sentenza Jauch non ha semplicemente ripreso principi precedentemente definiti dalla CGCE limitandosi ad applicarli a una vertenza analoga. La Corte ha infatti, se non proprio modificato, quantomeno precisato la propria precedente giurisprudenza conferendole effettivamente carattere di novità. La nuova prassi va considerata come nuova giurisprudenza e sfugge di per sé al vincolo applicativo di cui all'art. 16 cpv. 2 ALC.
Quanto alla (precitata) sentenza Molenaar, risalente all'anno 1998, e quindi di per sé vincolante, essa non si presta propriamente per la risoluzione del presente tema in quanto concerneva una prestazione dell'assicurazione tedesca contro il rischio della mancanza di autonomia che, pur avendo caratteristiche simili a quelle del "Pflegegeld" austriaco e pur essendo, al pari di quest'ultimo, stata qualificata alla stregua di una prestazione (in denaro) di malattia ai sensi dell'art. 4 n. 1 lett. a, non risultava tuttavia menzionata nell'Allegato IIbis del regolamento n. 1408/71. Nella menzionata vertenza si trattava essenzialmente, tra le altre cose, di stabilire se detta prestazione doveva essere considerata quale prestazione assistenziale e, in quanto tale, esclusa dalla sfera applicativa del regolamento n. 1408/71, oppure se poteva essere considerata, come poi è stato, una prestazione previdenziale esportabile senza limitazioni.
9.5 Resta quindi da esaminare se la più recente giurisprudenza Jauch non sia comunque da ritenere in ragione di altre considerazioni.
9.5.1 L'ALC, quale trattato internazionale, sottostà alle regole d'interpretazione dedotte dalla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati. In particolare, l'art. 31 di detta Convenzione prescrive che un trattato deve essere interpretato in buona fede in base al senso comune da attribuire ai termini del trattato nel loro contesto ed alla luce del suo oggetto e del suo scopo (cpv. 1). Ai fini dell'interpretazione di un trattato, il contesto comprende, oltre al testo, preambolo e allegati inclusi: a) ogni accordo relativo al trattato e che sia intervenuto tra tutte le parti in occasione della sua conclusione; b) ogni strumento disposto da una o più parti in occasione della conclusione del trattato ed accettato dalle altre parti in quanto strumento relativo al trattato (cpv. 2). Oltre che del contesto si tiene conto: a) di ogni accordo ulteriore intervenuto tra le parti circa l'interpretazione del trattato o l'attuazione delle disposizioni in esso contenute; b) di ogni ulteriore pratica seguita nell'applicazione del trattato con la quale venga accertato l'accordo delle parti relativamente all'interpretazione del trattato; c) di ogni norma pertinente di diritto internazionale, applicabile alle relazioni fra le parti (cpv. 3). Si ritiene che un termine o un'espressione abbiano un significato particolare se verrà accertato che tale era l'intenzione delle parti (cpv. 4).
9.5.2 L'ALC si prefigge sostanzialmente di garantire ai cittadini delle parti contraenti, nella materia interessata, stessi diritti e obblighi come nel diritto comunitario (v. in questo senso il preambolo - secondo cui le parti contraenti sono decise ad attuare la libera circolazione delle persone tra loro basandosi sulle disposizioni applicate nella Comunità europea - come pure il tenore dell'art. 16 cpv. 1 ALC). Non manca chi, da tale scopo, intende dedurre un obbligo applicativo generalizzato della giurisprudenza posteriore alla conclusione dell'ALC per evitare contrasti nell'evoluzione giuridica (così apparentemente Epiney, op. cit., pag. 8, 24-26). Potendo lasciare insoluta tale questione, preme ad ogni modo osservare che il processo interpretativo non può comunque fare astrazione dagli altri elementi del trattato.
9.5.3 Orbene, va rilevato a tal proposito che l'applicazione della giurisprudenza Jauch nella presente fattispecie si scontrerebbe con il chiaro tenore del protocollo addizionale all'Allegato II ALC e della decisione n. 2/2003 del Comitato misto del 15 luglio 2003. Con il primo atto si è precisato che gli assegni per grandi invalidi previsti dalla LAVS e dalla LAI sarebbero stati iscritti nel testo dell'Allegato II ALC, all'Allegato IIbis del regolamento n. 1408/71, con decisione del Comitato misto, non appena le menzionate leggi interne ne avessero stabilito il finanziamento esclusivo ad opera dei poteri pubblici. Con il secondo atto, tenuto conto della modifica legislativa interna - avvenuta il 1° giugno 2002 - decretante il finanziamento esclusivo di tali prestazioni da parte dell'ente pubblico, il Comitato misto, dando seguito a quanto previsto dal protocollo addizionale, ha proceduto a iscrivere, retroattivamente a questa data, l'assegno per grandi invalidi nel predetto Allegato conformemente alle sue competenze (art. 18 ALC) e alla volontà delle parti contraenti.
9.5.4 Gli allegati sono parte integrante dell'ALC (art. 15). Di principio non esiste un rapporto gerarchico tra le disposizioni dell'Accordo, dei suoi allegati e dei suoi protocolli, che hanno tutti lo stesso valore (sentenza del 13 aprile 2006 in re F., I 484/05, consid. 6.2, non ancora pubblicata nella Raccolta ufficiale; cfr. pure Daniel Felder, Appréciation juridique et politique du cadre institutionnel et des dispositions générales des accords sectoriels in: Daniel Felder/Christine Kaddous [editori], Accords bilatéraux Suisse-UE, Basilea 2001, pag. 144). L'art. 16 cpv. 2 ALC dev'essere pertanto interpretato anche alla luce del predetto protocollo e della decisione del Comitato misto, che, in conoscenza della più recente giurisprudenza Jauch, ha ciò malgrado - compatibilmente con l'art. 28 Convenzione di Vienna che permette di derogare al principio di irretroattività dei trattati nell'ipotesi in cui, come in concreto, una tale intenzione risulti dal trattato medesimo (v. la riserva di cui al protocollo addizionale all'Allegato II ALC in combinazione con la successiva modifica della LAVS e della LAI [art. 102 cpv. 2 LAVS e art. 77 cpv. 2 LAI] concernente il finanziamento esclusivo da parte dei poteri pubblici dell'assegno per grandi invalidi) - proceduto alla predetta iscrizione con effetto retroattivo al 1° giugno 2002.
9.5.5 Come giustamente rilevato dall'UFAS, il riconoscimento in questa sede della giurisprudenza Jauch avrebbe per effetto l'abrogazione per via giudiziaria di una parte dell'Allegato II ALC, in dispregio del principio "pacta sunt servanda" (art. 26 Convenzione di Vienna) e delle norme dell'Accordo che prevedono chiare competenze e procedure per il riesame dell'ALC e dei suoi Allegati (art. 18 ALC). Non spetta a questo Tribunale scostarsi dalla chiara volontà, dichiarata (nel protocollo addizionale) e confermata (con la decisione del Comitato misto), delle parti contraenti e sostituirsi in questo modo agli organi competenti.
9.5.6 Ne discende che, indipendentemente dalla natura effettiva di prestazione speciale e non contributiva - qualifica che può restare indecisa -, il Tribunale federale delle assicurazioni non può decretare l'esportabilità all'estero dell'assegno per grandi invalidi del diritto svizzero, essendo vincolato alle chiari disposizioni dell'Accordo e alla pertinente giurisprudenza della CGCE resa anteriormente al 21 giugno 1999.
10. Spetterà, se del caso, alle parti contraenti e agli organi preposti alla modifica dell'ALC, rispettivamente del suo Allegato II, intraprendere i passi necessari. A tal proposito, come ha fatto notare l'UFAS, va osservato che in seguito, tra l'altro, alla sentenza Jauch gli organi comunitari hanno ritenuto necessario apportare delle precisazioni in merito ai criteri da osservare per l'iscrizione di prestazioni nell'Allegato IIbis del regolamento n. 1408/71 (Regolamento [CE] n. 647/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 aprile 2005, modificante i regolamenti n. 1408/71 e n. 574/72 [GU 2005 L 117 pag. 1 - 12]). Ciò ha condotto, tra l'altro, a una modifica (redazionale) degli art. 4 n. 2bis e 10bis del regolamento n. 1408/71 come pure a un riesame e a un aggiornamento delle prestazioni nazionali menzionate all'Allegato IIbis. Tale processo di adattamento, non ancora avvenuto per la Svizzera (il ritardo essendo anche dovuto ai tempi tecnici necessari per le modifiche del trattato), dovrà, se del caso, effettuarsi secondo le modalità procedurali definite dall'ALC. Se lo riterrà opportuno, la Svizzera avvierà a tempo debito le discussioni con l'UE in vista di una (eventuale) ripresa del regolamento n. 647/2005. Come rilevato dall'UFAS, un eventuale riesame dell'iscrizione dell'assegno per grandi invalidi quale prestazione speciale a carattere non contributivo esclusa dall'obbligo di esportazione potrà se del caso avvenire in questo contesto e tenere conto anche dei più recenti sviluppi giurisprudenziali della CGCE.
Per questi motivi, il Tribunale federale delle assicurazioni pronuncia:
1.
Il ricorso di diritto amministrativo è respinto.
2.
Non si percepiscono spese giudiziarie.
3.
La presente sentenza sarà intimata alle parti, al Tribunale cantonale delle assicurazioni, Lugano, alla Cassa di compensazione del Cantone Ticino e all'Ufficio federale delle assicurazioni sociali.
Lucerna, 24 luglio 2006
In nome del Tribunale federale delle assicurazioni
La Presidente della Ia Camera: Il Cancelliere: