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Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
2A.243/2003 /bom 
 
Sentenza del 25 settembre 2003 
II Corte di diritto pubblico 
 
Composizione 
Giudici federali Wurzburger, presidente, 
Betschart, Müller, 
cancelliere Bianchi. 
 
Parti 
A.A.________, 
ricorrente, patrocinata dall'avv. Daniele Timbal, via 
Nassa 17, casella postale 3446, 6901 Lugano, 
 
contro 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, Residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, via Pretorio 16, casella postale, 6901 Lugano. 
 
Oggetto 
permesso di dimora, 
 
ricorso di diritto amministrativo contro la decisione 
dell'11 aprile 2003 del Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
A. 
A.A.________ (1975), cittadina lettone, entrata in Svizzera per la prima volta nel mese di aprile del 1994, ha beneficiato di permessi di dimora di breve durata per lavorare come ballerina in locali notturni fino al 31 ottobre 1994 e, in seguito, dal 1° aprile al 31 luglio 1995. Per il successivo mese di agosto ha invece ottenuto un permesso di dimora senza possibilità di esercitare attività lucrative. Il 16 agosto 1995 ella è rimasta vittima di un incidente della circolazione, in cui ha riportato gravi lesioni. Le sono quindi state rilasciate diverse autorizzazioni di dimora temporanea per motivi di cura. Con decisione 11 agosto 1997, la Sezione degli stranieri del Canton Ticino (ora Sezione dei permessi e dell'immigrazione) le ha negato un'ulteriore proroga del permesso, ritenendo che le cure ancora necessarie potessero venirle prestate anche in patria. Il 4 maggio 1999 il Consiglio di Stato ticinese ha confermato la suddetta pronuncia dipartimentale e ha imposto all'interessata di lasciare il Cantone entro il 30 giugno seguente. 
 
Preso atto dell'intenzione di A.A.________ di sposarsi con il cittadino elvetico B.A.________ (1959), con cui conviveva da qualche tempo, il 19 giugno 1999 la Sezione degli stranieri le ha concesso una nuova autorizzazione di soggiorno temporaneo. Tale autorizzazione è stata prolungata fino al momento delle nozze, celebrate il 31 dicembre 1999. Per vivere assieme al marito, l'autorità cantonale ha quindi posto l'interessata al beneficio di un permesso di dimora annuale, in seguito regolarmente rinnovato sino al 18 dicembre 2002. La coppia si è stabilita a Rivera. 
B. 
A partire dal mese di febbraio del 2001, A.A.________ ha lavorato a tempo parziale in diversi esercizi pubblici della regione, presso i quali, almeno in parte, ha pure alloggiato. Dal 1° agosto seguente ha affittato un monolocale a Lugano. Per risiedervi, ha ottenuto un'autorizzazione di soggiorno dall'ufficio controllo abitanti del Comune di Rivera, Comune in cui ha mantenuto il domicilio, presso il marito. Costui il 28 giugno 2002 ha informato le autorità comunali della sua intenzione di divorziare, con l'invito a segnalare la circostanza a chi di dovere. Interpellata per iscritto, il 30 settembre 2002 A.A.________ ha dichiarato che ella e il marito stavano semplicemente valutando tale eventualità. Il 4 ottobre successivo, B.A.________ ha inoltrato una petizione di divorzio alla Pretura di Lugano. 
C. 
Fondandosi sulla situazione testé esposta, il 15 ottobre 2002 la Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Canton Ticino ha respinto la domanda presentata da A.A.________, volta ad ottenere il rinnovo del permesso di dimora. Ha osservato che tale permesso era stato concesso allo scopo di consentire la vita familiare in Svizzera: dal momento che i coniugi vivevano separati dal 30 marzo 2001 ed il marito era intenzionato a chiedere il divorzio, non vi era quindi motivo di rinnovarlo. La separazione sarebbe peraltro stata scientemente sottaciuta all'autorità a due riprese, in occasione della presentazione di altrettante istanze per la modifica del permesso. La decisione è stata confermata su ricorso dapprima dal Governo ticinese il 10 dicembre 2002 ed in seguito, con sentenza dell'11 aprile 2003, dal Tribunale cantonale amministrativo. Entrambe le autorità hanno, in sostanza, considerato manifestamente abusivo da parte di A.A.________ appellarsi ad un matrimonio esistente soltanto formalmente unicamente per poter continuare a risiedere in Svizzera. 
D. 
Il 26 maggio 2003 A.A.________ ha inoltrato davanti al Tribunale federale un ricorso di diritto amministrativo con cui chiede l'annullamento della decisione impugnata e il rinvio degli atti alla Corte cantonale per un nuovo giudizio. In via subordinata, postula che sia fatto ordine all'autorità di prime cure di rilasciarle un permesso di dimora annuale. Chiede inoltre che al gravame sia conferito effetto sospensivo e che venga posta al beneficio dell'assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio, sia in sede federale che cantonale. Censura, in sostanza, la violazione del diritto di essere sentito e dell'art. 7 della legge federale del 26 marzo 1931 concernente la dimora e il domicilio degli stranieri (LDDS; RS 142.20). Produce inoltre una dichiarazione del 26 maggio 2003 in cui il marito dà atto dell'avvenuta riconciliazione coniugale, nonché uno scritto di pari data con cui lo stesso comunica alla Pretura di ritirare l'azione di divorzio. 
 
Chiamato ad esprimersi, il Tribunale cantonale amministrativo, senza formulare osservazioni, ha chiesto la conferma del proprio giudizio. Il Consiglio di Stato ticinese e l'Ufficio federale dell'immigrazione, dell'integrazione e dell'emigrazione hanno proposto la reiezione del gravame. 
E. 
Il 2 giugno 2003 la ricorrente è stata invitata dal Presidente della II Corte di diritto pubblico a comprovare la propria indigenza oppure a versare un anticipo a titolo di garanzia delle spese processuali. Il 12 giugno 2003 l'interessata ha provveduto ad effettuare il versamento richiestole. 
F. 
Con decreto presidenziale del 1° luglio 2003 è stata accolta l'istanza di conferimento dell'effetto sospensivo contenuta nel gravame. 
 
Diritto: 
1. 
Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sull'ammissibilità del rimedio sottopostogli (DTF 129 II 225 consid. 1; 128 II 13 consid. 1a, 46 consid. 2a e giurisprudenza ivi citata). 
1.1 In materia di diritto degli stranieri, il ricorso di diritto amministrativo non è proponibile contro il rilascio o il rifiuto di permessi al cui ottenimento la legislazione federale non conferisce un diritto (art. 100 cpv. 1 lett. b n. 3 OG). L'art. 4 LDDS sancisce che l'autorità competente decide liberamente, nei limiti delle disposizioni della legge e dei trattati con l'estero, in merito alla concessione, tra l'altro, dei permessi di dimora. Lo straniero ha quindi un diritto all'ottenimento di un simile permesso solo laddove tale pretesa si fonda su una disposizione del diritto federale o su un trattato internazionale (DTF 128 II 145 consid. 1.1.1; 127 II 161 consid. 1a, con rinvii). 
1.2 Giusta l'art. 7 cpv. 1 LDDS, il coniuge straniero di un cittadino svizzero ha diritto al rilascio e alla proroga del permesso di dimora. Il rifiuto del rinnovo del permesso sollecitato dalla ricorrente, sposata con un cittadino svizzero dal 31 dicembre 1999, può quindi essere sottoposto al Tribunale federale mediante ricorso di diritto amministrativo (art. 100 cpv. 1 lett. b n. 3 OG a contrario). Sapere se questo diritto sussista ancora o sia invece decaduto in virtù delle eccezioni o delle restrizioni che discendono dall'art. 7 cpv. 1 terza frase e cpv. 2 LDDS, nonché dall'abuso di diritto, è per contro un problema di merito, non di ammissibilità del gravame (DTF 128 II 145 consid. 1.1.2 e giurisprudenza ivi citata). 
2. 
2.1 Con il rimedio esperito, la ricorrente può far valere la violazione del diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere d'apprezzamento, nonché la lesione dei diritti costituzionali (art. 104 lett. a OG); in quest'ultimo caso il ricorso di diritto amministrativo assume la funzione di ricorso di diritto pubblico (DTF 123 II 385 consid. 3, con rinvii). Quale organo della giustizia amministrativa, il Tribunale federale esamina d'ufficio l'applicazione del diritto federale (art. 114 cpv. 1 OG), senza essere vincolato dai considerandi della decisione impugnata o dai motivi invocati dalle parti. L'insorgente può inoltre censurare l'accertamento inesatto o incompleto dei fatti (art. 104 lett. b OG). Nei casi in cui, come in concreto, la decisione impugnata emana da un'autorità giudiziaria, l'accertamento dei fatti da essa operato vincola il Tribunale federale, salvo che questi risultino manifestamente inesatti o incompleti oppure siano stati accertati violando norme essenziali di procedura (art. 105 cpv. 2 OG). In simili casi, la possibilità di allegare fatti nuovi o di far valere nuovi mezzi di prova è alquanto ristretta (DTF 126 II 106 consid. 2a e richiami). Sono in effetti ammesse soltanto quelle prove che l'autorità inferiore avrebbe dovuto prendere in considerazione d'ufficio e la cui mancata amministrazione costituisce una violazione di regole essenziali di procedura. In particolare, non è quindi possibile tener conto, in linea di principio, di cambiamenti dello stato di fatto intervenuti dopo il giudizio dell'istanza inferiore (DTF 128 III 454 consid. 1; 128 II 145 consid. 1.2.1; 125 II 217 consid. 3a; Alfred Kölz/ Isabelle Häner, Verwaltungsverfahren und Verwaltungsrechtspflege des Bundes, 2a ed., Zurigo 1998, n. 943). 
2.2 Nel caso di specie, la ricorrente ha allegato all'impugnativa una dichiarazione scritta del marito, datata 26 maggio 2003, in cui egli conferma la loro riconciliazione e la ripresa della vita comune. Ha altresì prodotto uno scritto, di pari data, mediante il quale il coniuge ha comunicato alla Pretura di ritirare la petizione di divorzio inoltrata. In virtù della prassi citata, questi documenti, i quali attestano circostanze fattuali intervenute dopo il giudizio dell'ultima istanza cantonale, costituiscono nuovi mezzi di prova e non possono pertanto venir presi in considerazione. 
3. 
Per costante giurisprudenza vi è abuso di diritto laddove un determinato istituto giuridico viene invocato per realizzare degli interessi che il medesimo istituto non si prefigge di tutelare (121 I 367 consid. 3b; 121 II 97 consid. 4). In relazione all'art. 7 LDDS, ciò è il caso allorquando il coniuge straniero di un cittadino svizzero si richiama ad un matrimonio che sussiste solo a livello formale, unicamente per ottenere il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno: un simile scopo non risulta in effetti tra quelli tutelati dalla norma in questione (DTF 128 II 145 consid. 2.2; 127 II 49 consid. 5a; 123 II 49 consid. 4 e 5). 
 
La prassi ha tuttavia precisato che l'esistenza di una situazione abusiva non dev'essere ammessa con leggerezza: in particolare non vi è abuso di diritto già per il fatto che i coniugi vivono separati o perché tra loro è pendente una procedura di divorzio. Nel formulare l'art. 7 LDDS, il legislatore ha infatti volutamente omesso di far dipendere il diritto del coniuge straniero di un cittadino svizzero all'ottenimento di un permesso di soggiorno dall'esistenza di una comunione matrimoniale di fatto (DTF 128 II 145 consid. 2.2 e rinvio): è per contro necessario che vi siano concreti indizi tali da indurre a ritenere che i coniugi non siano (più) intenzionati a condurre una vita comune e rimangano legati dal vincolo matrimoniale soltanto per ragioni di polizia degli stranieri (DTF 127 II 49 consid. 5a con riferimenti). In altri termini, il fatto che i coniugi vivano separati è solo un elemento - più o meno importante a seconda delle circostanze - tra i tanti che l'autorità di polizia deve prendere in considerazione per valutare se sia data una delle fattispecie contemplate dall'art. 7 cpv. 2 LDDS e per, se del caso, negare il rilascio del permesso di soggiorno al coniuge straniero di un cittadino svizzero. 
4. 
4.1 Nelle concrete evenienze, la ricorrente contesta, in primo luogo, l'accertamento dei fatti operato dalla Corte cantonale e ravvisa una violazione del diritto di essere sentito nella mancata assunzione, da parte dell'istanza inferiore, delle prove testimoniali notificate. In sede cantonale, ella ha chiesto che venissero sentiti in qualità di testimoni il marito, i due testimoni di nozze e un paio di altri conoscenti della coppia. Le relative audizioni avrebbero permesso, a suo dire, di appurare i motivi che l'hanno indotta a costituirsi una residenza propria e di chiarire la natura dei rapporti tra lei e suo marito a quell'epoca. La locazione dell'appartamento a Lugano sarebbe in effetti avvenuta con l'accordo del coniuge, per ragioni di praticità e di vicinanza al posto di lavoro, considerato, tra l'altro, che ella non disporrebbe di un autoveicolo proprio e risentirebbe tuttora dei postumi dell'incidente occorsole nel 1995. Presso l'abitazione di Rivera avrebbe comunque lasciato diversa documentazione propria ed alcuni effetti personali. Il marito l'avrebbe del resto sempre aiutata a compilare i documenti ufficiali, indicando lui stesso regolarmente sulle domande di rinnovo del permesso che il domicilio della moglie era a Rivera. 
4.2 Secondo costante giurisprudenza, natura e limiti del diritto costituzionale di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost.) sono determinati in primo luogo dalla normativa processuale cantonale; solo quando le disposizioni cantonali sono insufficienti - o mancanti - trovano diretta applicazione i principi che la prassi ha dedotto dall'art. 29 cpv. 2 Cost. così come, in precedenza, dall'art. 4 vCost. (DTF 126 I 15 consid. 2a). Nel caso concreto, la ricorrente sostiene che la Corte cantonale abbia violato sia l'art. 29 cpv. 2 Cost., sia gli art. 18 e 63 della legge ticinese di procedura per le cause amministrative, del 19 aprile 1966 (LPAmm). A ragione rileva comunque che le suddette norme cantonali non offrono, per quanto qui d'interesse, garanzie più ampie di quelle sgorganti dall'art. 29 cpv. 2 Cost. Occorre pertanto esaminare, con piena cognizione, se l'istanza inferiore, rifiutando di assumere i mezzi probatori offerti, abbia violato le garanzie minime dedotte dal citato disposto costituzionale (DTF 127 III 193 consid. 3; 126 I 15 consid. 2a; 125 I 257 consid. 3a). 
Il diritto di essere sentito comprende varie facoltà, tra cui quella di fornire prove sui fatti rilevanti per il giudizio, di partecipare alla loro assunzione, di prenderne conoscenza e di determinarsi in proposito (DTF 126 I 15 consid. 2a/aa, con rinvii). In linea di principio, l'autorità deve quindi assumere le prove offerte tempestivamente e nelle forme prescritte dal diritto processuale (DTF 124 I 241 consid. 2). Anche se fruisce di piena cognizione e la procedura è retta dal principio inquisitorio, come nel caso in esame (art. 18, 61 e 62 LPAmm), può tuttavia procedere ad un apprezzamento anticipato delle prove e rinunciare a quei mezzi probatori che presumibilmente non porterebbero a nuovi chiarimenti (DTF 129 I 151 consid. 3.1; 124 I 208 consid. 4a). Riguardo a questa valutazione, il Tribunale federale lascia alle autorità cantonali un ampio potere ed interviene solamente allorquando esse trascendono la loro latitudine di giudizio, sospingendosi nell'arbitrio (DTF 124 I 208 consid. 4a e giurisprudenza ivi citata). 
4.3 I giudici cantonali sono giunti alla conclusione che l'insorgente si richiamasse ad un matrimonio esistente solo formalmente poiché viveva separata dal coniuge dal mese di marzo del 2001, senza pretendere che ciò fosse riconducibile a motivi che imponessero l'adozione di misure di protezione dell'unione coniugale (art. 175 CC). La perdita di ogni contenuto sostanziale del connubio sarebbe altresì stata dimostrata dallo scritto del 28 giugno 2002, con cui il marito ha richiesto alla cancelleria comunale di Rivera il certificato municipale per l'ammissione all'assistenza giudiziaria in vista dell'azione di divorzio, e dalla relativa petizione inoltrata il 4 ottobre 2002. Irrilevanti sarebbero poi la sussistenza di contatti tra i coniugi e la presenza di svariati oggetti personali dell'insorgente a casa del marito. Inoltre, la motivazione di ordine professionale addotta per giustificare la separazione risulterebbe poco credibile. La pretesa della ricorrente di voler ottenere rassicurazioni dal marito in merito alla soluzione dei suoi problemi di abuso di bevande alcoliche, prima di tornare a convivere, dimostrerebbe infine che ella non voleva più condurre una vita coniugale. Fondandosi su queste considerazioni, la Corte cantonale ha ritenuto che le prove testimoniali offerte dall'insorgente non avrebbero apportato ulteriori elementi rilevanti per il giudizio e ne ha pertanto negato l'assunzione. 
4.4 Dagli atti di causa emerge che la frequentazione tra i coniugi A.________ risale a ben prima del loro matrimonio. In particolare, essi hanno già convissuto tra il mese di maggio del 1996 e il mese di febbraio del 1997, nonché, successivamente, dal mese di maggio del 1998 fino al momento delle nozze, celebrate il 31 dicembre 1999. Per vivere assieme al marito, cittadino svizzero, all'insorgente è stato allora rilasciato un permesso di dimora annuale. La convivenza è in seguito proseguita, incontestabilmente, almeno fino a fine marzo del 2001. Ella ha poi soggiornato per qualche tempo presso gli esercizi pubblici dove lavorava all'epoca e quindi, dal mese di agosto del medesimo anno, si è trasferita in un monolocale a Lugano. 
Le ragioni d'ordine professionale invocate dalla ricorrente per giustificare la costituzione di una residenza propria non appaiono invero d'acchito prive d'ogni pertinenza. Vi è, in primo luogo, una stretta correlazione temporale tra questa scelta e l'attività lavorativa svolta. La vita in comune è in effetti stata interrotta dopo meno di due mesi dall'inizio del lavoro, e, soprattutto, il trasferimento a Lugano è in pratica coinciso con l'assunzione presso un esercizio pubblico di Vezia, lasciato a sua volta dopo circa un anno per lavorare proprio a Lugano. Da questo profilo, è innegabile che per una persona obbligata a far capo ai mezzi pubblici di trasporto sia più facile raggiungere Vezia da Lugano piuttosto che da Rivera. Inoltre la perizia agli atti, esperita su mandato del Tribunale cantonale delle assicurazioni nell'ambito del procedimento che ha opposto l'insorgente al proprio istituto di assicurazione contro gli infortuni, attesta che ella ha una capacità lavorativa del 40% in rapporto ad un'attività come quella di cameriera, a causa delle conseguenze invalidanti del grave infortunio subito nel 1995. In quest'ottica, la necessità di svolgere un'occupazione a tempo parziale può legittimamente rafforzare l'esigenza di abitare in prossimità del posto di lavoro. Il mantenimento del domicilio a Rivera e l'ottenimento, appena locato l'appartamento a Lugano, di un'autorizzazione unicamente per soggiornarvi, suffraga infine l'ipotesi che l'interessata volesse effettivamente mantenere una vita familiare, né volesse sottacere alle autorità la propria situazione coniugale. 
 
Malgrado la plausibilità delle suddette argomentazioni ricorsuali, la Corte cantonale non ha ulteriormente indagato sulla natura delle relazioni tra i coniugi. Sennonché dagli atti non è possibile evincere, perlomeno non con la chiarezza richiesta dalla giurisprudenza, che vi fosse una rottura definitiva del vincolo coniugale. Nelle particolari circostanze del caso concreto, la stipulazione del contratto di locazione da parte dell'insorgente, le affermazioni del marito nello scritto del 28 giugno 2002 e quelle formulate nella petizione di divorzio non costituivano infatti indizi sufficienti per ammettere che ella si richiamasse al vincolo matrimoniale solamente per ottenere il rinnovo del permesso di dimora. Tale deduzione non poteva essere evinta, come tale, nemmeno dall'asserita volontà di attendere che il marito sormontasse i suoi problemi di abuso di bevande alcoliche, prima di riprendere la convivenza. Occorreva valutare più attentamente se la separazione delle residenze derivava veramente da difficoltà insanabili nel rapporto di coppia. Oltre a chiarire, per quanto possibile, l'aspetto soggettivo della relazione tra i coniugi, era segnatamente necessario approfondire gli accertamenti su circostanze oggettive, quali l'intensità dei contatti dell'insorgente con il marito e la sua presenza al domicilio coniugale, ad esempio nei giorni in cui non lavorava, l'effettivo mantenimento presso il coniuge di effetti e documenti personali o la collaborazione prestata da quest'ultimo nell'espletamento di pratiche amministrative concernenti la moglie. Al riguardo, le emergenze processuali sono invero alquanto lacunose. In particolare, l'insorgente e il marito non sono mai stati formalmente interrogati, né dalle autorità di polizia degli stranieri, né dinanzi alle istanze superiori. Eloquente è il fatto che l'ufficio regionale degli stranieri, invitato a verificare le allegazioni formulate dal marito il 28 giugno 2002, si sia limitato ad interpellare per iscritto la ricorrente; quest'ultima, pure per iscritto, il 30 settembre 2002 ha succintamente risposto di non aver personalmente intrapreso alcuna iniziativa legale per lo scioglimento dell'unione coniugale, ipotesi che lei ed il marito stavano semplicemente valutando. In definitiva, per la Corte cantonale era tuttavia imprescindibile, quantomeno, interpellare in contraddittorio il marito in maniera puntuale sulle deduzioni della moglie. La stessa aveva del resto espressamente sollecitato l'assunzione di tale prova, così come ha notificato altri testimoni, le cui deposizioni non possono venir considerate aprioristicamente irrilevanti, al fine di chiarire le circostanze suindicate. L'apprezzamento anticipato delle prove a cui è parvenuta la Corte cantonale risulta quindi manifestamente insostenibile e disattende pertanto l'art. 29 cpv. 2 Cost. 
4.5 Gli accertamenti fattuali, così come risultano dalla sentenza impugnata e dall'inserto di causa, si rivelano dunque incompleti e non permettono al Tribunale federale di risolvere i quesiti di diritto litigiosi, segnatamente la questione di sapere se la ricorrente abusa dei diritti che le derivano dall'art. 7 cpv. 1 prima frase LDDS, richiamandosi ad un matrimonio esistente solo formalmente, all'unico scopo di poter continuare a fruire dell'autorizzazione a soggiornare in Svizzera. 
4.6 La causa va pertanto rinviata all'istanza precedente affinché emani un nuovo giudizio, previa completazione dell'istruttoria ai sensi dei considerandi (art. 114 cpv. 2 OG). Al Tribunale cantonale amministrativo incombe altresì di pronunciarsi nuovamente sull'istanza di assistenza giudiziaria in sede cantonale. 
5. 
5.1 Sulla scorta di quanto precede, il ricorso è accolto e la sentenza impugnata annullata. Visto l'esito del giudizio, non occorre esaminare le altre censure sollevate dalla ricorrente. 
5.2 Lo Stato del Canton Ticino, i cui interessi pecuniari non sono in gioco, è dispensato dal pagamento di spese processuali (art. 156 cpv. 2 OG). Esso verserà invece alla ricorrente, assistita da un avvocato, un'indennità per ripetibili della sede federale (art. 159 cpv. 1 e 2 OG). In queste condizioni, la domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio risulta pertanto, in sede federale, priva d'oggetto. 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
 
1. 
Il ricorso è accolto e la sentenza impugnata è annullata. Gli atti di causa vengono rinviati al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino per nuovo giudizio nel senso dei considerandi. 
2. 
Non si preleva tassa di giustizia. 
3. 
Lo Stato del Cantone Ticino rifonderà alla ricorrente un'indennità di fr. 2'000.-- a titolo di ripetibili della sede federale. 
4. 
La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio è, in sede federale, priva d'oggetto. 
5. 
Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché all'Ufficio federale dell'immigrazione, dell'integrazione e dell'emigrazione. 
Losanna, 25 settembre 2003 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: Il cancelliere: