Tribunale federale
Tribunal federal
{T 0/2}
1A.62/2006 /biz
Sentenza del 27 giugno 2006
I Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Féraud, presidente,
Reeb, Eusebio,
cancelliere Crameri.
Parti
A.________,
ricorrente, patrocinato dall'avv. Stefano Ferrari,
contro
Ministero pubblico della Confederazione, Taubenstrasse 16, 3003 Berna.
Oggetto
assistenza giudiziaria internazionale in materia penale all'Italia,
ricorso di diritto amministrativo contro le decisioni
dell'11 agosto 2005 e del 22 febbraio 2006 del
Ministero pubblico della Confederazione.
Fatti:
A.
La Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano aveva presentato alla Svizzera, il 14 ottobre 1996, una richiesta di assistenza giudiziaria, completata in particolare il 7 luglio 1997, nell'ambito di un procedimento penale avviato nei confronti di Giorgio Vanoni e altre persone per i reati di corruzione e di falso in bilancio. Il Gruppo G.________ avrebbe in effetti costituito, attraverso complesse operazioni con risvolti illegali, ingenti disponibilità finanziarie anche su conti bancari svizzeri, di cui il gruppo è il beneficiario economico.
Nell'ambito di ulteriori complementi rogatoriali, in particolare quello del 20 maggio 2002, la cui esecuzione è stata anch'essa delegata al Ministero pubblico della Confederazione (MPC), concernenti un procedimento penale contro il citato indagato, Candia Camaggi, Fedele Confalonieri e Paolo Del Bue per i reati di appropriazione indebita, frode fiscale, falso in bilancio, ricettazione e riciclaggio, il Tribunale federale ha respinto, rispettivamente dichiarato inammissibili, numerosi ricorsi presentati da società e da indagati relativamente ai quali era stata ordinata la trasmissione di verbali di audizione e documenti bancari che li concernevano (cause 1A.411/1996 del 26 marzo 1997, 1A.285/2000 del 13 marzo 2001, 1A.37/2002 del 15 febbraio 2002, 1A.196 e 197/2002 del 30 settembre 2002, 1A.73/2003 del 17 settembre 2003, 1A.253 e 254/2003 dell'11 marzo 2004 e 1A.211, 212 e 217/2004 del 18 ottobre 2004, 1A.36 e 1A.53/2005 del 29 aprile 2005 e 1A.201/2005 del 1° settembre 2005). Le inchieste concernono sospettate compravendite fittizie di diritti televisivi effettuati da società del Gruppo G.________, in particolare per il tramite della società U.________.
B.
Con domanda integrativa del 21 luglio 2005 la menzionata Procura ha chiesto di eseguire ulteriori misure di assistenza, in particolare di acquisire presso la banca Z.________ di Lugano la documentazione concernente il conto xxx, oggetto di accrediti dalla relazione yyy, intestata all'indagato R.________. Ha pure chiesto che il magistrato estero potesse partecipare all'esecuzione degli atti di assistenza.
Con decisione di entrata in materia dell'11 agosto 2005, il MPC ha ammesso la richiesta integrativa e, con decisione di chiusura del 22 febbraio 2006, ha ordinato la trasmissione integrale dei documenti bancari all'Italia.
C.
A.________, già intestatario e beneficiario economico del conto xxx, impugna questa decisione con un ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale. Chiede, in via principale, di accertare l'irricevibilità della rogatoria e di annullare le decisioni di entrata in materia e di chiusura e, in via subordinata, di annullarle e di rinviare l'incarto al MPC perché emani una nuova decisione ai sensi dei considerandi; in via ancor più subordinata postula di annullare parzialmente la decisione di chiusura riformulandola nel senso di trasmettere solo i documenti del conto litigioso contrassegnati con i numeri 58, 59, 67, 70, 71, 72, 96 e 109; nella via più remota chiede di confermare la decisione di chiusura con l'aggiunta che nell'ambito del procedimento estero, negli atti appena citati, il suo nome sia reso illeggibile. Dei motivi del gravame si dirà, in quanto necessario, nei considerandi.
L'Ufficio federale di giustizia e il MPC, rinunciando a formulare una risposta, propongono di respingere il gravame; il MPC ha prodotto uno scritto della Procura estera del 28 marzo 2006 sulla prescrizione dei fatti di appropriazione indebita, comunicato al ricorrente. Questi, con istanza del 16 maggio 2006, adducendo la prescrizione dell'azione penale per determinate ipotesi di reato, postula di invitare il MPC a richiedere informazioni complementari al riguardo all'Italia e che gli sia poi concesso un termine di trenta giorni per esprimersi in merito.
Diritto:
1.
1.1 Italia e Svizzera sono parti contraenti della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 (CEAG; RS 0.351.1) e dell'Accordo concluso il 10 settembre 1998 che la completa e ne agevola l'applicazione, entrato in vigore il 1° giugno 2003 (in seguito: l'Accordo, RS 0.351.945.41). La legge federale sull'assistenza internazionale in materia penale del 20 marzo 1981 (AIMP; RS 351.1) e la relativa ordinanza (OAIMP; RS 351.11) sono applicabili alle questioni che la prevalente Convenzione internazionale e l'Accordo non regolano espressamente o implicitamente, come pure quando il diritto nazionale sia più favorevole all'assistenza di quello convenzionale (art. 1 cpv. 1 AIMP, art. I cpv. 2 dell'Accordo; DTF 130 II 337 consid. 1, 124 II 180 consid. 1a), fatto salvo il rispetto dei diritti fondamentali (DTF 123 II 595 consid. 7c).
1.2 Secondo la norma speciale dell'art. 25 cpv. 6 AIMP, il Tribunale federale non è vincolato dalle censure e dalle conclusioni delle parti; esso esamina liberamente se i presupposti per la concessione dell'assistenza sono adempiuti e in quale misura questa debba esser prestata (DTF 123 II 134 consid. 1d, 118 Ib 269 consid. 2e). Non è tuttavia tenuto, come lo sarebbe un'autorità di vigilanza, a verificare la conformità delle decisioni impugnate con l'insieme delle norme applicabili (DTF 130 II 337 consid. 1.4, 123 II 134 consid. 1d).
1.3 Interposto tempestivamente contro la decisione incidentale di entrata in materia e quella di chiusura del MPC di trasmissione di documenti acquisiti in esecuzione di una domanda di assistenza, il ricorso di diritto amministrativo, che contro la decisione di trasmissione ha effetto sospensivo per legge (art. 21 cpv. 4 lett. b e 80l cpv. 1 AIMP), è ricevibile dal profilo dell'art. 80g cpv. 1 e 2 in relazione con l'art. 25 cpv. 1 AIMP. Le conclusioni che vanno oltre la richiesta di annullamento della decisione impugnata sono ammissibili (art. 25 cpv. 6 AIMP e 114 OG; DTF 122 II 373 consid. 1c e rinvii). La legittimazione del ricorrente, già titolare del conto oggetto della criticata misura d'assistenza, è data; la sua qualità di beneficiario economico della relazione è irrilevante al riguardo (art. 80h lett. b AIMP in relazione con l'art. 9a lett. a OAIMP; sulla notificazione di decisioni dopo la chiusura del conto, v. DTF 130 II 505 consid. 2).
1.4 La richiesta ricorsuale di richiamare preventivamente dal MPC la rogatoria iniziale e tutti i suoi complementi, affinché il Tribunale federale possa disporre di una visione completa dell'intera storia procedurale, dev'essere chiaramente disattesa. Questi atti sono noti e nella fattispecie decisiva è la criticata domanda integrativa.
2.
2.1 Il MPC ha rilevato che il complemento litigioso costituisce la diciassettesima integrazione della domanda del 20 maggio 2002, la quale a sua volta si fonda sulla rogatoria iniziale del 14 ottobre 1996. Secondo l'esposto dei fatti, il Gruppo G.________ avrebbe costituito un complesso di società off-shore, finanziate con suoi fondi sulla base di una contabilità fittizia. Nel 1994 il Gruppo G.________ ha fondato la società U.________SpA, attiva nel campo delle trasmissioni televisive e della pubblicità. Quest'ultima ha acquisito diritti di trasmissione televisivi per il tramite sempre di società off-shore, oggetto di numerosi complementi rogatoriali. Per le acquisizioni i prezzi sarebbero stati aumentati senza alcuna giustificazione di ordine economico, come trasparirebbe da documentazione bancaria già trasmessa dal MPC all'Italia. Nella diciassettesima integrazione si indica il rinvio a giudizio di Silvio Berlusconi, R.________, D.________, Paolo Del Bue, E.________ e altri per frode fiscale, falso in bilancio, appropriazione indebita in relazione ad attività illecite connesse alla compravendita di diritti di trasmissione da parte del Gruppo U.________.
I diritti di trasmissione ceduti al Gruppo U.________ negli anni 1994 - 1995 da società maltesi, controllate dal Gruppo Berlusconi, sarebbero pervenuti a queste società tramite una serie di vendite fittizie, a prezzi gonfiati e tra società anch'esse occultamente controllate, con l'effetto di maggiorare il costo dei diritti acquisiti. I diritti ceduti al Gruppo U.________ negli anni 1995 - 1998 da una società maltese (posseduta dalla prima al 99%) le sarebbero in gran parte pervenuti non direttamente da un'altra società o da produttori internazionali, come riportato nelle relazioni al bilancio e nel prospetto informativo per la quotazione in borsa, bensì, sempre a prezzi gonfiati, per il tramite tra l'altro di società di E.________. Le somme maggiorate indebitamente pagate sarebbero state trasferite su conti bancari in Svizzera, nelle Bahamas e nel Principato di Monaco, nelle disponibilità degli indagati e di persone collegate, per un importante ammontare globale.
2.2 Secondo l'autorità richiedente l'analisi del conto yyy, intestato all'indagato R.________, la cui documentazione è già stata trasmessa all'Italia, confermerebbe le accuse promosse. Risulterebbe infatti, in estrema sintesi, che il Gruppo U.________ avrebbe comperato diritti televisivi dalle controllate società maltesi, che a loro volta avrebbero acquistato i prodotti a prezzi gonfiati da una società dell'inquisito E.________ (il quale avrebbe agito unicamente da intermediario, il cliente essendo chiaramente Silvio Berlusconi), che avrebbe poi "restituito" una parte dei profitti illeciti a R.________ ("head of acquisitions" del Gruppo G.________ prima e del Gruppo U.________ poi), bonificandoli a favore del conto yyy. Da questa relazione il denaro verrebbe poi disperso su altri conti svizzeri, tra i quali figurerebbe anche il conto litigioso xxx.
3.
3.1 Il ricorrente, richiamando la DTF 130 II 14, sostiene in primo luogo che il MPC non avrebbe effettuato la preannunciata cernita dei documenti che intendeva trasmettere, poiché la documentazione (1 classificatore) non è troppo voluminosa. Agendo in tal modo, l'autorità federale avrebbe violato sia la prassi vigente in materia sia il diritto di essere sentito. La critica, speciosa e imprecisa, non regge.
3.2 Secondo la giurisprudenza, l'autorità di esecuzione, dopo aver concesso al detentore la possibilità di addurre i motivi che si opporrebbero alla trasmissione di determinati atti e la facoltà di partecipare alla necessaria cernita, ha l'obbligo di motivare accuratamente la decisione di chiusura (DTF 130 II 14 consid. 4.4 pag. 18; sulle esigenze di motivazione v. DTF 126 I 15 consid. 2a/aa in fine, 97 consid. 2b, 124 II 146 consid. 2a). La cernita della documentazione non spetta quindi esclusivamente all'autorità di esecuzione. Essa non potrebbe infatti ordinare in modo acritico e indeterminato la trasmissione dei documenti, delegandone in maniera inammissibile agli inquirenti esteri la cernita (DTF 130 II 14 consid. 4.3, 127 II 151 consid. 4c/aa pag. 155, 122 II 367 consid. 2c, 112 Ib 576 consid. 14a pag. 604). Questo compito spetta infatti all'autorità svizzera d'esecuzione che, in assenza di un eventuale consenso dei ricorrenti all'esecuzione semplificata (art. 80c AIMP) prima di emanare una decisione di chiusura, come rilevato accuratamente motivata, deve allestire un elenco preciso degli atti da trasmettere, impartendo agli interessati, affinché possano esercitare in maniera concreta ed effettiva il loro diritto di essere sentiti e adempiere al loro dovere di cooperazione, un termine per addurre riguardo a ogni singolo documento gli argomenti che secondo loro si opporrebbero alla consegna. La cernita deve aver luogo anche qualora l'interessato rinunci ad esprimersi (DTF 130 II 14 consid. 4.3 e 4.4, 126 II 258 consid. 9b/aa pag. 262; cfr. anche DTF 127 II 151 consid. 4c/aa; Robert Zimmermann, La coopération judiciaire internationale en matière pénale, 2a ed., Berna 2004, n. 479-1, 479-2).
3.3 È vero che l'obbligo di procedere alla cernita non può dipendere dal volume dei documenti sequestrati. Il ricorrente disattende tuttavia che il MPC non ha rinunciato a effettuarla, ma l'ha eseguita senza il concorso delle parti. Certo, mal si comprende perché esso non ha spiegato compiutamente le ragioni di tale sua opinabile scelta. Queste emergono nondimeno dall'iter procedurale.
Dopo che il MPC aveva acquisito la documentazione bancaria litigiosa il legale del ricorrente, con memoriale del 5 ottobre 2005, gli ha trasmesso, a giustificazione degli accrediti litigiosi avvenuti sulla sua relazione, documenti contrattuali che dimostrerebbero l'inutilità degli atti sequestrati per il procedimento estero e ha dichiarato la disponibilità del cliente ad essere sentito. Il MPC, con lettera del 2 novembre 2005, ha rilevato che avrebbe contattato il legale al fine di "fissare le modalità del triage della documentazione bancaria, triage che avrà luogo verosimilmente in presenza dell'autorità rogante". Il 7 novembre successivo il legale ha precisato di attendere la convocazione per la cernita, sottolineando nondimeno di opporsi al fatto ch'essa avvenga alla presenza delle autorità estere: ciò per evitare che informazioni ottenute in tale ambito siano divulgate sulla stampa estera prima della chiusura della procedura di assistenza. Il 1° dicembre seguente, il MPC, ricordato che nel quadro dell'udienza preliminare nel procedimento penale estero tutti gli atti del procuratore italiano, e quindi anche il complemento del 21 luglio 2005, dovevano essere presentati al giudice, affinché le persone toccate dal procedimento potessero prenderne atto, ha osservato che doveva ancora esaminare la documentazione trasmessagli dal legale per decidere il proseguo della procedura. Il patrocinatore, allegando articoli di stampa su fatti oggetto delle inchieste estere, ha ribadito l'opposizione alla presenza di magistrati esteri alla cernita.
Con lettera del 24 gennaio 2006 il MPC ha osservato che dopo aver esaminato gli atti prodotti dal ricorrente e dalla banca, intendeva trasmettere questi ultimi integralmente all'Italia, stabilendo "dato che la documentazione bancaria non è troppo voluminosa - un classificatore - il Ministero pubblico della Confederazione non ha intenzione di fare una cernita della documentazione in presenza delle parti". Ha quindi trasmesso il classificatore al ricorrente invitandolo a pronunciarsi per iscritto, entro venti giorni, su un'eventuale trasmissione semplificata o a comunicare i motivi di un'eventuale rinuncia. Il ricorrente si è opposto a una consegna semplificata e ha chiesto di essere interrogato, se del caso anche in presenza di rappresentanti dell'autorità estera. Il 10 febbraio 2006 il MPC ha dichiarato di rinunciare alla prospettata audizione, il diritto di essere sentito del ricorrente essendo garantito dalla possibilità di esprimersi per iscritto. Il 14 febbraio seguente, il ricorrente ha confermato la sua opposizione all'esecuzione semplificata.
3.4 Dagli atti di causa si può quindi dedurre che il MPC, sebbene mal si comprenda perchè non ne abbia spiegato chiaramente il motivo, non ha rinunciato ad effettuare la preannunciata cernita in presenza delle parti in primo luogo a causa del numero degli atti litigiosi. Esso, richiamato quest'argomento, ha implicitamente tenuto conto dell'opposizione del ricorrente alla presenza di magistrati esteri, per cui ha effettuato la cernita da solo, come peraltro rettamente ammette anche il ricorrente. La preannunciata cernita ha quindi avuto luogo, ma non in presenza delle parti. Nello specifico contesto, questo modo di agire non lede nei confronti del ricorrente il principio della buona fede, né costituisce, come da questi a torto addotto, un agire contraddittorio ("venire contra factum proprium"). Il rimprovero mosso dal ricorrente al MPC di non aver proceduto a una cernita in contraddittorio, visto ch'egli medesimo si è opposto alla partecipazione degli inquirenti esteri, risulta invero sfiorare il limite della temerarietà.
La fattispecie in esame è d'altra parte differente da quella posta a fondamento della sentenza 1A.47/2004 del 29 marzo 2004, richiamata dal ricorrente, nella quale, contrariamente al caso di specie, l'autorità di esecuzione non aveva effettuato la necessaria cernita né aveva offerto la possibilità al titolare del conto di esprimersi al riguardo.
3.5 Nelle descritte circostanze la procedura di cernita adottata non viola i principi elaborati dalla giurisprudenza, visto che al ricorrente è stata rettamente concessa la facoltà di esprimersi compiutamente sulla prospettata consegna dei documenti (sentenza 1A.228/1993 del 17 febbraio 1994 consid. 8). In effetti, egli si era già pronunciato nel suo memoriale del 5 ottobre 2005 e, dopo che il MPC gli ha concesso la facoltà di consultare tutti i documenti bancari, ha potuto esprimersi compiutamente anche in seguito. Egli d'altra parte, rettamente, non fa valere che il termine di 20 giorni fissatogli non era adeguato (v. DTF 126 II 258 consid. 9b/bb pag. 262). Il diritto di essere sentito del detentore dei documenti e il suo dovere di collaborare all'esecuzione della domanda devono infatti essere esercitati prima della cernita degli atti, che il detentore conosce meglio dell'autorità di esecuzione (sentenza 1A.212/2001 del 21 marzo 2002 consid. 2).
3.6 Giova nondimeno osservare che la generica opposizione del ricorrente non imponeva affatto di rinunciare alla presenza di inquirenti esteri, che avevano espressamente chiesto di poter partecipare alle misure di esecuzione impegnandosi a non utilizzare le informazioni ottenute fino alla loro trasmissione mediante decisione formale di chiusura. Certo, l'autorità estera non ha espressamente fondato la richiesta di partecipazione sull'art. IX dell'Accordo concernente la presenza di persone straniere nello Stato richiesto, che di massima dev'essere autorizzata, ma ha comunque richiamato l'Accordo riguardo alle modalità di trasmissione (diretta) della domanda (art. XVII).
È manifesto che nella fattispecie, come è avvenuto del resto in altri casi, la partecipazione degli inquirenti esteri alla cernita poteva costituire un prezioso aiuto, visto ch'essi hanno una visione completa delle complesse, numerose e ramificate procedure in corso e in particolare, contrariamente alle autorità svizzere, anche delle informazioni risultanti dalle rogatorie esperite in altri Stati (DTF 130 II 14 consid. 4.4 pag. 18; sentenza 1A.211/2004 del 18 ottobre 2004). Il ricorrente, con la sua generica critica, non ha del resto dimostrato o perlomeno reso verosimile, sulla base di elementi specifici e concreti, che la loro presenza gli avrebbe causato un pregiudizio immediato e irreparabile (v. su questo tema DTF 130 II 329 consid. 2, 128 II 353 consid. 3; sentenza 1A.217/2004 del 18 ottobre 2004 consid. 2.5-2.10, apparsa in RtiD I-2005 n. 42 pag. 162).
3.7 Neppure la criticata circostanza che il MPC non ha proceduto all'audizione del ricorrente, come da questi proposta ma non richiesta dall'autorità estera, lede il diritto di essere sentito.
3.7.1 Il ricorso di diritto amministrativo, che in questo caso assume la funzione del ricorso di diritto pubblico secondo l'art. 84 cpv. 1 lett. a OG, permette di far valere anche censure legate alla lesione di diritti costituzionali nell'ambito dell'applicazione del diritto federale (DTF 124 II 132 consid. 2; Zimmermann, op. cit., n. 301).
3.7.2 Nel contesto di un procedimento amministrativo, quale è la cooperazione internazionale in materia penale (DTF 124 II 132 consid. 2a, 586 consid. 2b/bb, 121 II 93 consid. 3b pag. 95), il diritto di essere sentito (al riguardo vedi DTF 129 I 249 consid. 3, 129 V 73 consid. 4.a, 126 I 7 consid. 2b, 124 II 132 consid. 2b) non impone infatti necessariamente all'autorità di esecuzione di effettuare un'audizione personale dell'interessato, essendo sufficiente che questi disponga, come avvenuto nella fattispecie, della possibilità di determinarsi sulla documentazione da trasmettere (DTF 125 I 209 consid. 9b, pag. 219, 122 II 464 consid. 4a-c e rinvii; Zimmermann, op. cit., n. 271, pag. 318). Né la facoltà di esprimersi oralmente gli è conferita dall'art. 63 cpv. 2 lett. b AIMP: questa disposizione stabilisce infatti unicamente che entrano in linea di conto quali provvedimenti di assistenza anche l'audizione e il confronto di persone. In concreto, la misura d'assistenza litigiosa riguarda tuttavia solo la trasmissione di documentazione bancaria, per cui il diritto di essere sentito del ricorrente non è stato violato per il fatto ch'egli non è stato sentito personalmente dal MPC (sentenza 1A.87/2003 del 18 luglio 2003 consid. 2).
4.
4.1 Il ricorrente, criticando la durata del procedimento estero, ricordato che la rogatoria originaria è del 1996, fa valere una lesione degli art. 2 lett. a e d AIMP e 6 CEDU (procedimento equo), che comporterebbe l'irricevibilità della domanda estera. Rispetto alla rogatoria iniziale, si sarebbe poi in presenza di un costante cambiamento del contenuto dei fatti essenziali posti a fondamento dei successivi complementi.
4.1.1 Quest'ultima censura non regge. In effetti, in seguito alle nuove risultanze processuali, le imputazioni iniziali di corruzione e di falso in bilancio sono state estese, anche nei confronti di altre persone, ai reati di appropriazione indebita, frode fiscale, ricettazione e riciclaggio. Contrariamente all'assunto ricorsuale, i fatti posti a fondamento della rogatoria iniziale non sono stati cambiati, bensì completati, precisati e puntualizzati sulla base dei nuovi accertamenti, risultanti in particolare dagli atti acquisiti mediante le rogatorie esperite in vari Paesi.
4.1.2 Le generiche critiche sulla durata della procedura estera potranno quindi, se del caso, essere sollevate dai diretti interessati nell'ambito del procedimento penale estero, nel cui contesto potranno far valere compiutamente i loro diritti di difesa garantiti dall'art. 6 CEDU. Inoltre, va ricordato che non è sufficiente che la persona accusata nello Stato richiedente asserisca che i suoi diritti minimi di difesa sarebbero minacciati, assunto peraltro non ulteriormente circostanziato dal ricorrente che per nulla rende verosimile sia l'esistenza di un rischio serio e obiettivo sia che il procedimento in questione non rispetterebbe concretamente i principi procedurali della CEDU o del Patto ONU (su questo tema v. DTF 130 II 217 consid. 8.1 e 8.2, 129 II 268 consid. 6.1). Egli nemmeno rende verosimile che il procedimento estero lederebbe l'ordine pubblico svizzero, quello internazionale e l'art. 2 lett. a e lett. d AIMP. Neppure, e a ragione, fa valere che il procedimento italiano sarebbe lesivo nei suoi confronti del principio della celerità imposto dall'art. 6 n. 1 CEDU (cfr. DTF 123 II 153 consid. 5), ritenuto che non sostiene d'esservene coinvolto. Egli non è infatti legittimato a far valere, in tale ambito, l'asserita lesione di diritti di terze persone, il ricorso presentato nel solo interesse della legge o di un terzo essendo irricevibile (DTF 126 II 258 consid. 2d pag. 260).
4.1.3 Sempre riguardo alla criticata durata del procedimento estero, il ricorrente disattende che una procedura d'assistenza aperta in Svizzera diventa priva di oggetto, trattandosi di materiale probatorio, solo quando lo Stato richiedente la ritiri espressamente; ciò che non si verifica in concreto. La giurisprudenza considera inoltre che la domanda diventa senza oggetto se il processo all'estero si è nel frattempo concluso con un giudizio definitivo, altra condizione non adempiuta in concreto. Per di più, ricordato che l'autorità di esecuzione non deve esaminare se il procedimento penale estero segua effettivamente il suo corso (DTF 113 Ib 157 consid. 5a pag. 166; Zimmermann, op. cit., n. 168), nella fattispecie è notorio e pacifico che il procedimento estero lo prosegue.
4.2 Nemmeno regge, come già ritenuto dal Tribunale federale (sentenza 1A.36/2005 del 29 aprile 2005 consid. 2.5; DTF 130 II 329 consid. 5.1, 129 II 97 consid. 3; Zimmermann, op. cit., n. 367), la censura di carenza di motivazione per l'assenza di considerazioni riguardo all'adempimento dei presupposti oggettivi e soggettivi del reato di riciclaggio e di quello che gli deve stare a monte.
4.3 La doppia punibilità dei sospettati reati è stata più volte ribadita dal Tribunale federale (sentenza 1A.36/2005, citata). Il ricorrente disattende infatti che l'assistenza giudiziaria può essere concessa quando è richiesta per la repressione di più reati e uno solo di essi sia punibile secondo il diritto svizzero (DTF 124 II 184 consid. 4b/cc pag. 188). Ora, non è contestato, se non in maniera del tutto generica accennando a imprecisioni non decisive contenute nel complemento litigioso, che i fatti posti a fondamento della rogatoria e dell'integrazione in esame costituiscano fattispecie penali per le quali l'assistenza è ammissibile.
4.4 E' ininfluente la critica ricorsuale secondo cui il MPC, nell'ambito dell'esame della doppia punibilità, non ha considerato gli effetti dell'entrata in vigore, l'8 dicembre 2005, della legge 5 dicembre 2001 n. 251 (cd. legge ex Cirielli), che comporterebbe la prescrizione dei reati di appropriazione indebita, di dichiarazione fiscale fraudolenta e di falso in bilancio, rilevato altresì che il ricorrente non fa valere che l'azione penale sarebbe esclusa a causa dell'intervento della prescrizione assoluta (art. 5 cpv. 1 lett. c AIMP). In effetti, nel quadro dell'assistenza giudiziaria internazionale regolata dalla CEAG, non occorre esaminare la questione della prescrizione qualora si tratti, come in concreto, della trasmissione di mezzi di prova (cfr. art. 3 n. 1 CEAG; DTF 117 Ib 53 consid. 2, 118 Ib 266 consid. 4b/bb pag. 268) e ciò a maggior ragione ritenuto che soltanto la persona perseguita può invocare la prescrizione (Zimmermann, op. cit., n. 473 pag. 470). Ne segue che l'istanza ricorsuale del 16 maggio 2006, tendente a assumere informazioni supplementari sulla prescrizione, dev'essere respinta.
4.5 A torto il ricorrente sostiene che l'esposto dei fatti del complemento in esame non sarebbe vincolante poiché contraddittorio e lacunoso (DTF 126 II 495 consid. 5e/aa), visto che, da quanto risulterebbe sulla stampa, non tutte le maggiorazioni, ma solo una parte di esse sarebbero state restituite da società del Gruppo E.________, che avrebbe agito quale intermediario di Silvio Berlusconi, al Gruppo G.________/Gruppo U.________. Ora, eventuali imprecisioni delle risultanze istruttorie, che potranno essere confermate o rettificate anche sulla base dei documenti litigiosi, chiaramente non implicano, come richiesto dal ricorrente, che il Tribunale federale debba esigere l'edizione di atti bancari di terzi per poter comprendere esattamente i contorni della procedura in discussione, del resto sufficientemente chiara e precisa. Trattandosi di una questione relativa alla valutazione delle prove, spetterà alle competenti autorità italiane risolverla (DTF 121 II 241 consid. 2b pag. 244, 118 Ib 547 consid. 3a in fine pag. 552).
5.
5.1 Il ricorrente ritiene che il mancato riconoscimento a suo favore della tutela del terzo non implicato nel procedimento penale estero e l'affermazione del MPC, secondo cui la concessione dell'assistenza non presuppone che l'interessato nei cui confronti la domanda è rivolta coincida con l'inquisito o l'accusato nella procedura aperta nello Stato richiedente, sarebbero contrari alla dottrina. L'assunto è privo di consistenza.
La criticata affermazione del MPC corrisponde infatti alla costante prassi (DTF 118 Ib 547 consid. 3a in fine). L'eventuale qualità di persona, fisica o giuridica, non implicata nell'inchiesta all'estero non consente quindi a priori di opporsi alle misure di assistenza. Basta infatti che sussista una relazione diretta e oggettiva tra la persona o la società e il reato per il quale si indaga e ciò senza che siano necessarie un'implicazione nell'operazione criminosa e ancor meno una colpevolezza soggettiva ai sensi del diritto penale (DTF 120 Ib 251 consid. 5a e b; Zimmermann, op. cit., n. 227). Il fatto che il ricorrente non figuri tra le persone per le quali è stato chiesto il rinvio a giudizio all'estero non è pertanto decisivo, come non lo è la circostanza che il MPC nei suoi confronti non ha aperto un procedimento penale interno per titolo di riciclaggio.
D'altra parte, il ricorrente disattende che l'art. 10 cpv. 1 AIMP, concernente la sfera segreta di persone non implicate nel procedimento penale, che del resto non costituiva una norma applicabile in una causa retta dalla CEAG (DTF 122 II 367 consid. 1e), è stato abrogato con la modifica dell'AIMP del 4 ottobre 1996. Per di più, i titolari di conti bancari usati, anche a loro insaputa, per operazioni sospette non potevano comunque prevalersi di quella disposizione (DTF 120 Ib 251 consid. 5b, 112 Ib 576 consid. 13d pag. 604; Zimmermann, op. cit., n. 227 pag. 250). Insistendo sulla sua estraneità ai prospettati reati, il ricorrente disattende che il quesito della colpevolezza non dev'essere esaminato nella procedura di assistenza (DTF 118 Ib 547 consid. 3a in fine pag. 552, 117 Ib 64 consid. 5c pag. 88, 112 Ib 576 consid. 14a pag. 605).
5.2 Il ricorrente adduce l'inutilità "pratica" dei documenti litigiosi per il procedimento penale italiano, poiché da questa documentazione risulterebbe, al suo dire, che le sue relazioni personali con l'inquisito R.________, intestatario e beneficiario del conto yyy, non avrebbero nulla a che fare con i fatti oggetto del procedimento penale estero. Egli ammette che sul suo conto, come indicato nel complemento in esame e nella decisione impugnata, vi sono stati cinque accrediti (documenti 58, 59, 67, 70 -72, 96 e 109) tra il 1998 e il 1999 in provenienza dal conto yyy per un totale di USD 750'000.--. Egli e l'inquisito si conoscono dai primi anni novanta, allorquando egli programmava il cinema e la fiction presso un'emittente televisiva, mentre il secondo rivestiva il ruolo di responsabile acquisti presso il Gruppo G.________, attività che lasciò alla metà degli anni novanta per operare in veste di "free lance" nell'ambito del settore degli acquisti, della coproduzione e della vendita di serie televisive. I loro contatti professionali e commerciali si concretarono nel senso che il ricorrente prestò all'inquisito una consulenza su prodotti filmici e cinematografici. Nell'aprile del 1997 il ricorrente lo informò sulla necessità di un'emittente di Stato di disporre di una serie televisiva esistente sul mercato americano, difficilmente accessibile perchè controllato dal Gruppo U.________. Il ricorrente precisa che l'eventuale compenso dell'inquisito doveva essere erogato dal venditore della serie attraverso una congrua provvigione. L'inquisito manifestò nei confronti del ricorrente l'intezione di dividere con lui il compenso che avrebbe conseguito. In effetti l'inquisito divise l'importante cifra ricevuta con il ricorrente, addebitando il conto yyy e accreditando quello xxx. Furono poi proposti altri acquisti di serie televisive. Gli accrediti litigiosi, come risulterebbe dalla documentazione contrattuale da lui prodotta, costituirebbero quindi il suo compenso per dette attività e non per quelle enunciate nelle ipotesi investigative estere: le transazioni litigiose concernerebbero quindi acquisizioni effettive di diritti televisivi e riguarderebbero un periodo temporale successivo alle sospettate acquisizioni fittizie.
5.3 In tale contesto, l'assunto ricorsuale secondo cui si sarebbe in presenza di una ricerca indiscriminata di prove (cosiddetta "fishing expedition"; cfr. su questo tema DTF 125 II 65 consid. 6b/aa pag. 73, 122 II 367 consid. 2c, 121 II 241 consid. 3a pag. 243, 118 Ib 547 consid. 3a) è manifestamente infondato, visto che gli accrediti litigiosi sono stati indicati nel complemento rogatoriale. D'altra parte, dalla citata descrizione dei fatti, risulta anche che i documenti sequestrati sono con ogni evidenza idonei a far avanzare il procedimento estero. Contrariamente all'assunto ricorsuale tra la richiesta misura d'assistenza e l'oggetto del procedimento penale estero sussiste pertanto, e chiaramente, una relazione sufficiente (DTF 129 II 462 consid. 5.3, 125 II 65 consid. 6b/aa pag. 73, 122 II 367 consid. 2c).
5.4 Priva di fondamento è pure la censura concernente l'asserita lesione del principio di proporzionalità, per avere il MPC ordinato la trasmissione dell'intera documentazione cartacea sequestrata. Al riguardo il ricorrente si limita a rilevare che, semmai, dovrebbero essere trasmessi soltanto i cinque accrediti indicati nel complemento litigioso. Con quest'argomentazione egli parrebbe misconoscere il noto principio dell'utilità potenziale per il procedimento estero dei documenti da trasmettere; utilità che non può manifestamente essere esclusa nella fattispecie (DTF 122 II 367 consid. 2c, 121 II 241 consid. 3a e b). Spetterà infatti al giudice estero del merito valutare la legalità delle causali dei versamenti litigiosi, provenienti dal conto di un inquisito e in relazione a persone e società inquisite.
Per di più, spettava al ricorrente indicare dinanzi all'autorità di esecuzione quali singoli atti, e perché, sarebbero sicuramente irrilevanti per il procedimento estero, conformemente all'obbligo che gli incombeva secondo la costante pubblicata giurisprudenza (DTF 126 II 258 consid. 9b e c, 122 II 367 consid. 2d pag. 371 seg.). La necessità di poter disporre di tutti i documenti sequestrati per poter ricostruire compiutamente i complessi flussi finanziari oggetto d'inchiesta, e se del caso individuare ulteriori transazioni sospette, è evidente. La consegna di tutte le informazioni bancarie è chiaramente idonea a far progredire le indagini (DTF 126 II 258 consid. 9c).
5.5 Come riconosciuto da consolidata prassi, quando le autorità estere chiedono informazioni su conti bancari nell'ambito di procedimenti per reati patrimoniali, esse necessitano di regola di tutti i documenti, perché debbono poter individuare il titolare giuridico ed economico del conto e sapere a quali persone o entità giuridiche sia pervenuto l'eventuale provento del reato (DTF 129 II 462 consid. 4.4 pag. 468, 124 II 180 consid. 3c inedito, 121 II 241 consid. 3b e c; cfr. anche DTF 130 II 14 consid. 4.1; Zimmermann, op. cit., n. 478-1 pag. 517). Al riguardo non è quindi decisivo che gli accrediti in esame siano avvenuti in un'epoca posteriore a quella dei prospettati reati. La conclusione ricorsuale subordinata di limitare la trasmissione solo dei documenti relativi ai cinque citati accrediti dev'essere pertanto respinta, come quella di non comunicare le generalità del titolare e del beneficiario economico del conto, informazione decisiva per gli inquirenti esteri (DTF 130 II 14 consid. 4.1, 121 II 241 consid. 3b e 3c).
5.6 Ritenuta la necessità di trasmettere i documenti litigiosi, che permetteranno pure alle autorità estere di poter verificare l'addotta estraneità degli accrediti litigiosi ai prospettati reati, le asserite spiacevoli conseguenze sul piano personale del ricorrente per un'eventuale divulgazione da parte dei mass media italiani del suo casuale coinvolgimento nel procedimento penale italiano, non possono pertanto comportare il rifiuto dell'assistenza.
Il ricorrente rileva che i pubblici ministeri italiani hanno l'obbligo di depositare l'attività integrativa di indagine da essi svolta dopo l'avviso di conclusione delle indagini preliminari; sostiene che questi atti verrebbero pubblicati dai mass media italiani, per cui sussisterebbe il rischio che anche informazioni attinenti alla sua sfera segreta finiscano sulla stampa italiana. Con questi accenni egli non dimostra tuttavia che si sarebbe in presenza di una violazione del segreto d'ufficio da parte dei magistrati esteri o che il procedimento estero non rispetterebbe concretamente i principi procedurali della CEDU e del Patto ONU II (su questo tema v. DTF 130 II 217 consid. 8.1 e 8.2, 129 II 268 consid. 6.1). D'altra parte, l'eventuale eco del procedimento estero sui mass media, circostanza sulla quale insiste il ricorrente, non costituirebbe comunque una grave deficienza ai sensi dell'art. 2 lett. d AIMP (DTF 115 Ib 69 consid. 6 pag. 86 seg., 110 Ib 173 consid. 6b pag. 182-184; sentenze 1A.286/2005 del 14 novembre 2005 consid. 2.2.2 e 2.3, 1A.212/2001 del 21 marzo 2002 consid. 5; Zimmermann, op. cit., n. 449). Inoltre, secondo il principio della specialità richiamato nella decisione impugnata e garantito dall'art. IV dell'Accordo, le informazioni ottenute grazie all'assistenza né possono essere utilizzate ai fini d'indagine né essere prodotte come mezzi di prova in qualsiasi procedura relativa a un reato per il quale l'assistenza è esclusa (DTF 124 II.184 consid. 5 e 6).
6.
Ne segue che nella misura in cui è ammissibile il ricorso, inutilmente prolisso e ripetitivo, dev'essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
La tassa di giustizia di fr. 5'000.-- è posta a carico del ricorrente.
3.
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Ministero pubblico della Confederazione nonché all'Ufficio federale di giustizia, Divisione assistenza giudiziaria internazionale (B 0095799 BEG).
Losanna, 27 giugno 2006
In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: Il cancelliere: