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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
1C_598/2023  
 
 
Sentenza del 29 gennaio 2024  
 
I Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Kneubühler, Presidente, 
Chaix, Merz, 
Cancelliere Gadoni. 
 
Partecipanti al procedimento 
1. A.________, 
2. B.________, 
patrocinati dall'avv. Flavio Canonica, 
ricorrenti, 
 
contro 
 
Comune di Collina d'Oro, piazza Brocchi 2, 6926 Montagnola, 
rappresentato dal Municipio e 
patrocinato dall'avv. Stefano Bernasconi, via Ferruccio Pelli 2, 6900 Lugano, 
Tribunale di espropriazione del Cantone Ticino, via Bossi 3, 6901 Lugano. 
 
Oggetto 
Espropriazione materiale, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 5 ottobre 2023 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (incarti n. 50.2019.11 - 50.2019.12). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
A.________ è proprietaria del fondo part. xxx di Collina d'Oro (sezione di Montagnola), di 11'661 m2, situato sul Pian Scairolo, in località Trebia. È inoltre comproprietaria in ragione di ½, con B.________, cui appartiene l'altro ½, del fondo confinante part. yyy, con una superficie di 10'270 m2, ubicato nello stesso Comune. Sulla particella xxx sorgono dei garages. Per il resto, i fondi sono sostanzialmente inedificati. Il piano regolatore dell'allora Comune di Montagnola, frattanto aggregato nel Comune di Collina d'Oro, approvato dal Consiglio di Stato del Cantone Ticino il 3 luglio 1996, attribuiva i fondi alla zona artigianale/commerciale/amministrativa. 
 
B.  
Il 21 febbraio 2006, il Consiglio di Stato ha adottato una zona di pianificazione cantonale della durata di cinque anni per il Pian Scairolo, entrata in vigore il 27 marzo 2006, per consentire l'elaborazione di una pianificazione intercomunale per la riqualifica del comparto. Nel 2011, la zona di pianificazione è stata prorogata di due anni ed è scaduta il 27 marzo 2013. Nel 2016, i Consigli comunali dei Comuni di Collina d'Oro, di Grancia, di Lugano e di Barbengo (quest'ultimo aggregato al Comune di Lugano in pendenza di procedura), hanno adottato il piano regolatore intercomunale del Pian Scairolo, che prevede l'attribuzione dei fondi part. yyy e xxx a una zona piano di quartiere "centri commerciali" (PQ6), cui è sovrapposta un'area edificabile non costruibile in cui è di principio vietata la costruzione di edifici e impianti fuori terra, riservate determinate eccezioni. Il piano regolatore intercomunale, pubblicato dal 12 dicembre 2016 al 26 gennaio 2017, è stato approvato dal Consiglio di Stato il 9 settembre 2020. 
 
C.  
Nel frattempo, con due istanze del 17 giugno 2016, A.________ e B.________ hanno promosso una procedura di espropriazione materiale contro il Comune di Collina d'Oro, chiedendo un'indennità di fr. 11'427'780.--, oltre interessi, per l'espropriazione materiale del fondo part. xxx, rispettivamente un'indennità di fr. 10'064'600.--, oltre interessi, per quella del fondo part. yyy. Gli istanti hanno invocato la restrizione della proprietà per la durata della zona di pianificazione e della procedura volta all'adozione del piano regolatore intercomunale. La pretesa corrisponde ad un importo di fr. 980.-- il m2, tenendo conto di un valore dei fondi edificabili di fr. 1'000.-- il m2e di un valore residuo quali terreni agricoli di fr. 20.-- il m2. Il Comune si è opposto all'istanza, che il Tribunale di espropriazione ha respinto con due distinte sentenze del 2 ottobre 2019. 
 
D.  
Adito con due separati ricorsi dei proprietari, il Tribunale cantonale amministrativo li ha respinti con un'unica sentenza del 5 ottobre 2023. La Corte cantonale ha premesso che la causa riguardava esclusivamente la pretesa d'indennità per l'eventuale espropriazione materiale temporanea e non quella dipendente dall'assetto pianificatorio definitivo dei fondi. Ha poi rilevato che la durata delle restrizioni della proprietà era inferiore a dieci anni ed ha negato ch'esse realizzavano degli estremi di un caso di espropriazione materiale. 
 
E.  
A.________ e B.________ impugnano questa sentenza con un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiedono di annullarla e di rinviare gli atti al Tribunale di espropriazione, o in via subordinata alla Corte cantonale, per una nuova decisione. I ricorrenti fanno essenzialmente valere la violazione degli art. 5 cpv. 2 LPT (RS 700) e 26 cpv. 2 Cost. 
Non è stato ordinato uno scambio di scritti, ma è stato richiamato l'incarto cantonale. 
Con decreto presidenziale del 20 novembre 2023 è stata respinta una domanda dei ricorrenti di sospendere la presente procedura di ricorso. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
La sentenza impugnata è una decisione cantonale di ultima istanza che nega ai ricorrenti un'indennità per espropriazione materiale derivante da una restrizione della proprietà fondata su una misura pianificatoria secondo l'art. 5 cpv. 2 LPT. Essa può essere oggetto di un ricorso in materia di diritto pubblico giusta gli art. 82 segg. LTF (cfr. art. 34 cpv. 1 LPT). Quali proprietari dei fondi, che sostengono essere colpiti da espropriazione materiale, i ricorrenti sono legittimati a ricorrere in applicazione dell'art. 89 cpv. 1 LTF. Il ricorso in materia di diritto pubblico, tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF) e diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF), resa da un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 86 cpv. 1 lett. d LTF), è di principio ammissibile. 
 
2.  
 
2.1. I ricorrenti sostengono che le misure di salvaguardia della pianificazione e la procedura volta all'elaborazione del nuovo piano regolatore intercomunale avrebbero impedito loro di disporre economicamente dei fondi per un periodo superiore ai quattordici anni, ossia dall'adozione della zona di pianificazione il 21 febbraio 2006 all'approvazione del nuovo piano regolatore intercomunale il 9 settembre 2020. Adducono che la zona di pianificazione e il blocco edilizio, ai quali sono stati assoggettati i fondi, non dovrebbero essere considerati singolarmente, ma occorrerebbe fondarsi sull'intera durata del processo pianificatorio che ha condotto all'approvazione del piano regolatore intercomunale. Secondo i ricorrenti, questo processo avrebbe influito sul mercato immobiliare, impedendo ogni iniziativa edilizia: ciò a prescindere dalla durata delle singole misure di salvaguardia della pianificazione adottate. I ricorrenti sostengono che la durata del processo pianificatorio in vista del nuovo azzonamento dei fondi non poteva essere prevista, sicché in una simile situazione di incertezza, non si sarebbe potuto pretendere che presentassero una domanda di costruzione nelle finestre temporali libere dai provvedimenti restrittivi.  
 
2.2.  
 
2.2.1. In virtù degli art. 5 cpv. 2 LPT e art. 26 cpv. 2 Cost., per le restrizioni della proprietà equivalenti a espropriazione derivanti da misure pianificatorie è dovuta piena indennità. Secondo la giurisprudenza, vi è espropriazione materiale quando l'uso attuale o il prevedibile uso futuro di una cosa è vietato o limitato in modo particolarmente grave, tale che il proprietario è privato di una delle facoltà essenziali derivanti dal diritto di proprietà. Una limitazione di minore importanza può ugualmente costituire un'espropriazione materiale, se essa colpisce uno solo o un numero limitato di proprietari, al punto che, fosse negato l'indennizzo, essi dovrebbero sopportare un sacrificio eccessivamente gravoso e incompatibile con il principio d'uguaglianza. In entrambi i casi, il miglior uso del fondo può essere preso in considerazione solo se, nel momento determinante, che coincide con l'entrata in vigore del provvedimento restrittivo, appare molto probabile in un avvenire prossimo. Quale miglior uso futuro viene di regola considerata la possibilità di costruire: al riguardo deve essere tenuto conto di tutti gli elementi di fatto e di diritto da cui tale possibilità dipende (cfr. DTF 131 II 151 consid. 2.1, 728 consid. 2 e rispettivi rinvii).  
 
2.2.2. L'oggetto della presente causa è circoscritto alla restrizione della proprietà derivante dalle misure di salvaguardia della pianificazione, come è in concreto il caso della zona di pianificazione (art. 27 LPT; art. 57 segg. della legge ticinese sullo sviluppo territoriale, del 21 giugno 2011 [LST; RL 701.100]) e del blocco edilizio (art. 63 LST). Queste misure determinano solo una restrizione temporanea della proprietà (sentenza 1C_98/2010 del 13 agosto 2010 consid. 2.3.2). Secondo la giurisprudenza, un divieto temporaneo di costruire non dà di principio luogo a un'indennità per espropriazione materiale, riservato il caso in cui la restrizione della proprietà risulti grave per il fatto che si protrae per una lunga durata (DTF 109 Ib 20 consid. 4a). La giurisprudenza non ha fissato in modo schematico e generale un termine a partire dal quale una restrizione temporanea della proprietà deve essere considerata di lunga durata. Nondimeno, un divieto limitato a cinque anni non è generalmente costitutivo di espropriazione materiale, mentre può esserlo uno superiore ai dieci anni (DTF 109 Ib 20 consid. 4a; 1C_653/2017 del 12 marzo 2019 consid. 2.3; 1C_510/2009 del 14 luglio 2010 consid. 4.1, in: RDAF 2010 I pag. 518 segg.; ENRICO RIVA, in: Praxiskommentar RPG: Nutzungsplanung, 2016, n. 222 all'art. 5 LPT). La questione di sapere se è data o meno una restrizione grave della proprietà può infatti essere risolta soltanto dopo un certo lasso di tempo, di massima decennale, oppure al momento della pianificazione definitiva (LUKAS BÜHLMANN/SAMUEL KISSLING, in: Territoire & Environnement, Obligation d'indemniser en cas de dézonage, 4/2019, pag. 16). Ad ogni modo, deve essere esaminato sulla base delle circostanze concrete del singolo caso se l'intensità della restrizione equivalga a un'espropriazione materiale (DTF 123 II 481 consid. 9 pag. 497; 121 II 317 consid. 12d/bb pag. 347; 120 Ib 465 consid. 5e pag. 473; sentenze 1C_98/2010, citata, consid. 2.3.2; 1C_510/2009, citata, consid. 4.1).  
 
2.3. La Corte cantonale ha rilevato che i fondi sono stati oggetto di una zona di pianificazione entrata in vigore il 27 marzo 2006 e scaduta il 27 marzo 2013, dopo che nel 2011 era stata prorogata di due anni (cfr. art. 60 cpv. 2 e 3 LST). L'art. 61 cpv. 2 LST prevede che, all'interno della zona di pianificazione, nulla può essere intrapreso che possa rendere più ardua la pianificazione dell'utilizzazione. Le domande di costruzione in contrasto con gli obiettivi del piano in formazione sono decise negativamente (art. 61 cpv. 3 LST). La Corte cantonale ha poi rilevato che, in seguito, a partire dalla pubblicazione del nuovo piano regolatore intercomunale (pubblicato dal 12 dicembre 2016 al 26 gennaio 2017), e per un periodo di due anni, è subentrato il blocco edilizio. Esso è infatti decaduto a partire dal 27 gennaio 2019, siccome il nuovo piano regolatore non è stato approvato entro due anni dalla scadenza del termine di pubblicazione (cfr. art. 63 cpv. 2 LST). Il blocco edilizio vieta l'attuazione di modifiche edilizie o altri interventi contrari alle previsioni del piano (cfr. art. 63 cpv. 1 LST). In sostanza, le misure di salvaguardia della pianificazione sono state in vigore dal marzo del 2006 al marzo del 2013 e dal dicembre del 2016 al gennaio del 2019.  
La Corte cantonale ha stabilito che le suddette misure di salvaguardia della pianificazione erano conformi alla LST ed ha ritenuto che, considerate le tappe e i tempi della pianificazione territoriale del Pian Scairolo, le limitazioni alle quali sono state assoggettate le proprietà dei ricorrenti, dapprima per la zona di pianificazione e successivamente per il blocco edilizio, non realizzavano gli estremi di un'espropriazione materiale. La Corte cantonale ha rilevato che, da soli, i due provvedimenti hanno avuto una durata inferiore ai dieci anni. Ha inoltre ricordato che, sia dopo la scadenza della zona di pianificazione (dal 27 marzo 2013), sia una volta decaduto il blocco edilizio (dal 27 gennaio 2019) i fondi sono stati liberati da misure restrittive della proprietà. In particolare, dopo quest'ultima data e fino all'approvazione del nuovo piano regolatore intercomunale il 9 settembre 2020, i fondi in questione erano tornati ad essere assoggettati al piano regolatore del 1996. La Corte cantonale ha al riguardo accertato che i ricorrenti non avevano presentato alcuna domanda di costruzione per edificare le loro particelle. 
 
2.4. Nel loro gravame, i ricorrenti contestano essenzialmente la considerazione della Corte cantonale secondo cui i provvedimenti restrittivi della proprietà hanno avuto una durata inferiore ai dieci anni. Adducono che occorrerebbe considerare il periodo complessivo tra l'adozione della zona di pianificazione (21 febbraio 2006) e l'approvazione del nuovo piano regolatore intercomunale (9 settembre 2020), superiore ai quattordici anni. Questa tesi non può essere condivisa, siccome non considera la portata effettiva delle misure della salvaguardia della pianificazione concretamente adottate, che non hanno comportato una restrizione ininterrotta della proprietà sull'arco di oltre quattordici anni. Come rilevato dalla Corte cantonale, i provvedimenti in questione hanno infatti esplicato i loro effetti dal 2006 al 2013 per quanto riguarda la zona di pianificazione, rispettivamente dalla data di pubblicazione del nuovo piano regolatore intercomunale (12 dicembre 2016 - 26 gennaio 2017) al 26 gennaio 2019 con riferimento al blocco edilizio. Quand'anche si volesse considerare congiuntamente questi provvedimenti restrittivi, la loro durata complessiva è stata di poco oltre i nove anni. Essa rientra quindi ancora nei limiti generalmente ammessi dalla giurisprudenza per ritenere la restrizione temporanea della proprietà come non costitutiva di espropriazione materiale.  
 
I ricorrenti sostengono inoltre che, in una situazione di incertezza e nell'impossibilità di prevedere i tempi del processo pianificatorio, non si sarebbe potuto pretendere da loro che presentassero una domanda di costruzione alla scadenza dei provvedimenti in questione. Sta di fatto che le misure di salvaguardia della pianificazione non sono state durevoli, ma temporanee e che tra il primo provvedimento e il secondo è intercorso un periodo di tre anni e otto mesi in cui i fondi non sono stati soggetti a restrizioni. Rispettivamente, anche dopo la scadenza del blocco edilizio e fino all'approvazione del nuovo piano regolatore intercomunale, è trascorso un ulteriore periodo di un anno e sette mesi in cui i fondi non sono stati soggetti a restrizioni. Si tratta di archi temporali di durata non trascurabile, che avrebbero eventualmente consentito di avviare una procedura edilizia. In nessuna di queste fasi i ricorrenti hanno presentato una domanda di costruzione. Né essi dimostrano di essere stati obbligati, a causa delle misure di salvaguardia della pianificazione, a rinviare per lungo tempo determinati progetti edilizi che sarebbero stati approvabili (cfr. DTF 109 Ib 20 consid. 4a). I ricorrenti non sostanziano, né rendono seriamente verosimile, di avere subito un danno riconducibile a un rinvio dell'edificazione dei fondi, ma invocano in generale la diminuzione del valore venale degli stessi a seguito della perdita integrale e definitiva della loro componente edilizia. Tale pretesa d'indennità è però semmai in relazione con la pianificazione definitiva dei fondi, entrata in vigore al termine del processo pianificatorio, ed esula quindi dall'oggetto della presente causa. Nelle esposte circostanze, le misure temporanee di salvaguardia della pianificazione alle quali sono stati sottoposti i fondi non hanno comportato una restrizione grave della proprietà dei ricorrenti. La Corte cantonale ha pertanto negato a ragione l'adempimento degli estremi di un'espropriazione materiale. 
 
3.  
 
3.1. I ricorrenti lamentano una violazione del principio della buona fede e del divieto dell'arbitrio, adducendo che la Corte cantonale avrebbe rimproverato loro a torto di non avere intrapreso un'iniziativa edilizia all'interno delle due finestre temporali in cui era ancora applicabile il piano regolatore del 1996.  
 
3.2. La censura, soltanto brevemente accennata, non rispetta i requisti di motivazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, che sono accresciute trattandosi della violazione di diritti costituzionali (DTF 146 IV 114 consid. 2.1). Deve pertanto essere dichiarata inammissibile. Nondimeno, può essere qui rilevato che, in realtà, la Corte cantonale non ha mosso ai ricorrenti l'accennato rimprovero, ma ha semplicemente accertato ch'essi non avevano presentato alcuna richiesta di edificare i fondi. Questo accertamento non è censurato d'arbitrio ed è quindi vincolante per il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF).  
 
4.  
 
4.1. Ne segue che il ricorso deve essere respinto nella misura della sua ammissibilità.  
 
4.2. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e sono quindi poste a carico dei ricorrenti (art. 66 cpv. 1 LTF). Secondo la prassi, una causa in materia di espropriazione materiale è trattata quale controversia con interesse pecuniario ai sensi dell'art. 65 cpv. 3 lett. b LTF (cfr. sentenze 1C_416/2021 del 30 giugno 2022 consid. 12.1; 1C_473/2017 del 3 ottobre 2018 consid. 5 e rinvii). In concreto, l'ammontare della tassa di giustizia tiene quindi conto del valore litigioso, conformemente alla tariffa delle tasse di giustizia del Tribunale federale, del 31 marzo 2006 (RS 173.110.210.1). Esso si situa al limite inferiore della tariffa. Considera che l'oggetto della vertenza era limitato alla questione dell'esistenza dell'espropriazione materiale e che il Tribunale federale non ha dovuto statuire sulla fissazione dell'indennità, potendo altresì rinunciare ad eseguire uno scambio di scritti.  
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 20'000.-- sono poste a carico dei ricorrenti in solido. 
 
3.  
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Tribunale di espropriazione e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 29 gennaio 2024 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Kneubühler 
 
Il Cancelliere: Gadoni