Wichtiger Hinweis:
Diese Website wird in älteren Versionen von Netscape ohne graphische Elemente dargestellt. Die Funktionalität der Website ist aber trotzdem gewährleistet. Wenn Sie diese Website regelmässig benutzen, empfehlen wir Ihnen, auf Ihrem Computer einen aktuellen Browser zu installieren.
Zurück zur Einstiegsseite Drucken
Grössere Schrift
 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
2C_16/2007 /biz 
 
Sentenza del 29 agosto 2007 
II Corte di diritto pubblico 
 
Composizione 
Giudici federali Merkli, presidente, 
Hungerbühler, Wurzburger, Yersin e Karlen, 
cancelliere Bianchi. 
 
Parti 
A.________, 
ricorrente, patrocinata dagli avv. dott. Christian Oetiker 
e Roberto Peduzzi, 
 
contro 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, 
Palazzo di Giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano. 
 
Oggetto 
art. 6 n. 1 CEDU, art. 9, 29 cpv. 1 e 29a Cost.
art. 10 cpv. 2 Cost. cant. (divieto di vendere occhiali attraverso medici oftalmologi), 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 12 gennaio 2007 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
A. 
La A.________ è una ditta con sede a Basilea attiva nella fabbricazione e nella distribuzione di prodotti ottici e oftalmologici. Essa ha in particolare sviluppato un sistema che, previa trasmissione per via elettronica dei dati sull'acuità visiva e su determinati parametri biometrici, consente al proprio team di ottici di approntare a distanza gli occhiali adatti al paziente. Il prodotto già finito viene quindi inviato al professionista richiedente che lo verifica e lo consegna a sua volta al paziente. 
B. 
Intenzionata ad avviare anche in Ticino questo tipo di attività attraverso i medici oftalmologi, come già avveniva in altri cantoni, il 4 dicembre 2003 A.________ ha chiesto alla Divisione cantonale della salute pubblica di accertare che non era necessaria alcuna autorizzazione del Dipartimento della sanità e della socialità (DSS). Asserendo di non aver da tempo più avuto alcun riscontro, con scritto del 1° marzo 2006 la società ha sollecitato l'emanazione di una decisione. Il 7 marzo seguente l'Ufficio di sanità ha replicato di aver già evaso l'istanza mediante pronuncia del 23 novembre 2004. L'autorità ha allegato copia di detta decisione, secondo cui la modalità di vendita proposta risultava in contrasto con il divieto di vendere medicamenti ed agenti terapeutici imposto ai medici dalla legislazione ticinese. 
Il 27 marzo 2006 A.________ è insorta dinanzi al Consiglio di Stato, sostenendo tra l'altro che la decisione dipartimentale non le era mai stata notificata in precedenza. Con risoluzione del 7 novembre 2006, il Governo ticinese è entrato nel merito del ricorso ed ha confermato il giudizio di prima istanza. 
L'interessata si è allora aggravata dinanzi al Tribunale cantonale amministrativo, lamentando la violazione del principio della forza derogatoria del diritto federale e della libertà economica. Il 12 gennaio 2007 la Corte adita ha dichiarato il ricorso irricevibile, in quanto nessuna norma di legge prevedrebbe la possibilità di impugnare dinanzi ad essa una decisione governativa come quella contestata. 
C. 
Il 9 febbraio 2007 A.________ ha interposto un ricorso in materia di diritto pubblico dinanzi al Tribunale federale, con cui chiede l'annullamento della sentenza del Tribunale amministrativo e il rinvio degli atti a detta istanza affinché si pronunci nel merito. In sintesi, sostiene che la decisione impugnata violerebbe l'art. 6 n. 1 CEDU, gli art. 9, 29 cpv. 1 e 29a Cost., l'art. 10 Cost. cant. e gli standard procedurali garantiti dall'art. 98a vOG. 
Chiamati ad esprimersi, il Consiglio di Stato si rimette al giudizio del Tribunale federale senza formulare particolari osservazioni, mentre il Tribunale amministrativo si riconferma nella propria sentenza, rilevando in particolare che la ricorrente non ha mai invocato in precedenza l'art. 6 CEDU
 
Diritto: 
1. 
1.1 La sentenza impugnata è stata pronunciata dopo l'entrata in vigore, il 1° gennaio 2007, della legge sul Tribunale federale del 17 giugno 2005 (LTF; RS 173.110; RU 2006 pag. 1069). Alla presente procedura è pertanto applicabile questa nuova normativa e non la pregressa legge federale del 16 dicembre 1943 sull'organizzazione giudiziaria (OG; RU 1969 pag. 784; cfr. art. 131 cpv. 1 e 132 cpv. 1 LTF). 
1.2 Il ricorso concerne una vertenza evasa dall'autorità precedente sulla base di argomenti procedurali, ma che, nel merito, costituisce una causa di diritto pubblico (art. 82 lett. a LTF; sentenza 6C_1/2007 del 20 marzo 2007, consid. 2.1). Con esso, la ricorrente contesta la violazione del diritto (costituzionale) federale, del diritto internazionale e dei diritti costituzionali cantonali (art. 95 lett. a-c LTF) mediante censure debitamente motivate (art. 106 cpv. 2 LTF; sentenza 1C_64/2007 del 2 luglio 2007, consid. 3). Tempestiva (art. 100 cpv. 1 LTF) e presentata da una persona senz'altro legittimata ad agire (art. 89 cpv. 1 LTF), l'impugnativa è quindi di massima ammissibile. 
2. 
2.1 Come già accennato, oggetto del gravame è la decisione con cui il Tribunale amministrativo ha ritenuto il ricorso interposto dinanzi ad esso inammissibile per difetto di competenza materiale. Rilevato innanzitutto che la sua competenza è stabilita non per clausola generale, ma soltanto nei casi previsti dalla legge (art. 60 della legge ticinese di procedura per le cause amministrative, del 19 aprile 1966; LPAmm), la Corte cantonale ha poi osservato che la decisione impugnata era fondata sostanzialmente sull'art. 73 della legge cantonale sulla promozione della salute ed il coordinamento sanitario, del 18 aprile 1989 (legge sanitaria; LSan), secondo cui i medici non possono di principio dispensare medicamenti ed agenti terapeutici. Nessuna norma della stessa legge sanitaria o di altre leggi prevedrebbe tuttavia la possibilità di impugnare dinanzi ad essa le decisioni rese in questo ambito dalle autorità dipartimentali o dal Consiglio di Stato. In particolare, la sua competenza non potrebbe trovare fondamento nell'unica norma invocata dalla ricorrente, l'art. 59 cpv. 5 LSan, che permetterebbe di ricorrere unicamente contro le decisioni di rifiuto e revoca dell'autorizzazione all'esercizio di una professione sanitaria ai sensi dell'art. 54 cpv. 1 LSan. 
2.2 In questa sede, la ricorrente non pretende che la decisione impugnata proceda da un'interpretazione arbitraria dell'art. 59 cpv. 5 LSan. Tuttavia essa sostiene, tra l'altro, che in virtù dell'art. 6 n. 1 CEDU, applicabile poiché il provvedimento contestato le impedirebbe l'esercizio di una determinata attività economica nel Cantone Ticino, aveva il diritto di ottenere un giudizio di merito da parte del Tribunale cantonale amministrativo. A suo avviso, detta autorità non poteva limitarsi a constatare che l'ordinamento cantonale non prevede espressamente la sua competenza. Su questo aspetto la legislazione ticinese sarebbe infatti notoriamente lacunosa. Inoltre proprio in ambito sanitario, per garantire il rispetto dell'art. 6 n. 1 CEDU, la Corte cantonale sarebbe già entrata in materia su taluni ricorsi, nonostante la mancanza di norme specifiche attributive di competenza. In un altro punto del gravame, l'insorgente rileva pure che in virtù dell'art. 3 LPAmm i giudici cantonali erano tenuti a verificare d'ufficio la sussistenza dei presupposti processuali. 
3. 
L'art. 6 n. 1 CEDU garantisce a ogni persona il diritto a un'equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge, al fine sia della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta. 
3.1 La nozione di contestazione di carattere civile deve essere interpretata non nel senso comunemente inteso dal diritto svizzero, bensì secondo la prassi della Corte europea dei diritti dell'uomo. Essa include pertanto non solo contestazioni di diritto civile in senso stretto, ma anche atti amministrativi emanati da un'autorità nell'esercizio del pubblico potere, nella misura in cui si ripercuotono su diritti e doveri di natura privatistica (DTF 130 I 388 consid. 5.1; 122 II 464 consid. 3b; 121 I 30 consid. 5c). Secondo costante giurisprudenza, l'art. 6 CEDU si applica perciò, tra l'altro, a vertenze concernenti una qualsiasi limitazione nelle modalità di esercizio di un'attività economica privata mediante provvedimenti autoritativi (DTF 130 I 388 consid. 5.3; 125 I 7 consid. 4a; 122 II 464 consid. 3b; Ruth Herzog, Art. 6 EMRK und kantonale Verwaltungsrechtspflege, tesi Berna 1995, pag. 195 segg.). 
3.2 In concreto, il giudizio di inammissibilità pronunciato dal Tribunale amministrativo impedisce di fatto alla ricorrente di vendere gli occhiali da vista da lei assemblati avvalendosi dell'intermediazione degli oftalmologi. Il procedimento concerne dunque una misura che limita i possibili canali di distribuzione dei prodotti commercializzati e tocca pertanto l'insorgente nei suoi diritti di carattere civile ai sensi dell'art. 6 n. 1 CEDU. Di principio, essa poteva perciò effettivamente pretendere che la controversia fosse giudicata da un tribunale indipendente ed imparziale. Nella procedura cantonale questa esigenza non è evidentemente stata rispettata poiché né l'Ufficio di sanità né il Consiglio di Stato costituiscono autorità giudiziarie (DTF 121 II 219 consid. 2b). 
4. 
Come rilevato dalla Corte cantonale nelle proprie osservazioni, la violazione dell'art. 6 n. 1 CEDU è tuttavia stata invocata per la prima volta davanti al Tribunale federale. 
4.1 Nell'ambito dei rimedi giuridici istituiti dalla nuova legge sul Tribunale federale, la dottrina ammette di principio la ricevibilità di nuove argomentazioni giuridiche (Nicolas von Werdt, in: Seiler/von Werdt/ Güngerich [a cura di], Bundesgerichtsgesetz [BGG], Berna 2007, n. 7 ad art. 99; Karl Spühler/Annette Dolge/Dominik Vock, Kurzkommentar zum Bundesgerichtsgesetz [BGG], n. 5 ad art. 99). La regola valeva del resto già anche per il ricorso di diritto pubblico, per tutte le censure diverse dall'arbitrio e quindi in particolare per quelle tratte dalla pretesa violazione del diritto ad un processo equo, quando l'autorità cantonale di ultima istanza disponeva di libero potere d'esame e doveva applicare il diritto d'ufficio (DTF 131 I 31 consid. 2.1.1). 
Analogamente a quanto sancito dalla giurisprudenza in relazione al pregresso regime, il comportamento processuale della parte ricorrente deve comunque rispettare le regole della buona fede (DTF 131 I 31 consid. 2.1.1). In virtù di tale principio, non è ammissibile speculare sull'eventuale esito favorevole di una procedura e sollevare soltanto in sede di ricorso vizi procedurali a cui, se fatti valere appena noti, si sarebbe potuto ovviare in precedenza (DTF 120 Ia 19 consid. 2c/aa). Per questo motivo la pretesa violazione dell'art. 6 n. 1 CEDU dev'essere addotta già dinanzi all'ultima autorità cantonale, altrimenti si considera che l'interessato abbia rinunciato a prevalersene (DTF 131 I 467 consid. 2.2; 123 I 87 consid. 2b; 120 Ia 19 consid. 2c/bb). Ciò vale in particolare per la disattenzione del principio di pubblicità (DTF 123 I 87 consid. 2c; 119 Ia 221 consid. 5), ma pure per la violazione della garanzia della via giudiziaria, segnatamente se quale ultima istanza cantonale si è pronunciata un'autorità non giudiziaria e viene sostenuto che contro la relativa decisione dev'essere possibile aggravarsi dinanzi ad un'istanza indipendente ed imparziale, ma la legislazione cantonale non prevede (ancora) una simile via di ricorso (DTF 123 I 87 consid. 2d; 120 Ia 19 consid. 2c/bb; sentenza 1P.188/2005 del 14 luglio 2005, in: Pra 2006 n. 25, consid. 2.4). 
4.2 Nella fattispecie, pur non essendosi mai appellata in precedenza all'art. 6 n. 1 CEDU, la ricorrente ha comunque adito un'autorità giudiziaria cantonale, sottoponendole contestazioni di merito. Occorre pertanto chiedersi se la presentazione di un ricorso al Tribunale amministrativo non debba essere interpretata come richiesta di ottenere in ogni caso la decisione di un'istanza indipendente ed imparziale. 
Non risulta che il Tribunale federale abbia già affrontato espressamente questa questione (cfr. ad esempio: DTF 127 I 115; sentenza 2P.64/2000 del 21 giugno 2000, in: RDAT II-2000 n. 94; sentenza 2P.233/1993 del 15 luglio 1994, in: RDAT I-1995 n. 11; cfr. anche: DTF 131 I 467 consid. 2.2; sentenza 2P.104/2006 del 22 marzo 2007, consid. 2). Al riguardo appare determinante osservare che, nonostante il mancato riferimento all'art. 6 n. 1 CEDU, dalla condotta processuale della ricorrente in sede cantonale non è possibile dedurre una sua rinuncia alla pronuncia di un'autorità giudiziaria. Essa si è infatti aggravata dinanzi all'unica istanza di questa natura che poteva ragionevolmente entrare in linea di conto per giudicare la vertenza, ovvero il Tribunale amministrativo, insorgendo peraltro malgrado il Consiglio di Stato avesse indicato che la propria decisione era definitiva. Inoltre, dal momento che a suo giudizio la competenza della Corte cantonale era data già dall'art. 59 cpv. 5 LSan, non aveva ragioni imperiose di invocare anche l'art. 6 CEDU, poiché il diritto alla via giudiziaria garantito da tale norma sarebbe in ogni caso stato rispettato; il riferimento al disposto convenzionale sarebbe semmai stato consigliabile solo per motivi prudenziali e di oculatezza. È però pur vero che, in base alle sole norme di diritto cantonale, l'incompetenza del Tribunale amministrativo poteva per certi versi apparire palese. In virtù dell'art. 3 LPAmm la Corte cantonale era comunque tenuta ad esaminare d'ufficio la propria competenza. Giunti alla conclusione che in base al diritto cantonale non vi erano i presupposti per entrare nel merito del gravame, considerato che la ricorrente ha in ogni caso dimostrato di voler ottenere una pronuncia giudiziaria, i giudici cantonali non potevano quindi esimersi dall'interrogarsi sulla compatibilità della procedura con le esigenze dell'art. 6 CEDU. Evitare l'esame di questa questione semplicemente perché l'insorgente ha adito il Tribunale amministrativo sulla base di una norma in realtà inapplicabile, anziché far riferimento all'art. 6 n. 1 CEDU, costituisce un formalismo eccessivo (cfr., su tale nozione, DTF 132 I 249 consid. 5; 130 V 177 consid. 5.4.1; 128 II 139 consid. 2a). 
4.3 Benché sia stata sollevata formalmente per la prima volta dinanzi al Tribunale federale, la censura di violazione del diritto ad un esame giudiziario ai sensi dell'art. 6 n. 1 CEDU non può dunque venir ritenuta perenta. 
5. 
5.1 La ricorrente ha pertanto preservato la possibilità di esigere che sul merito del litigio si pronunci un'autorità indipendente ed imparziale. Tale mancanza potrebbe venir sanata in questa sede se il Tribunale federale esaminasse liberamente tutte le questioni di fatto e di diritto rilevanti per il giudizio (DTF 129 I 103 consid. 3; 120 Ia 19 consid. 3a; 119 Ia 88 consid. 5c). Nella sostanza, la controversia concerne tuttavia anche e soprattutto l'interpretazione e l'applicazione di norme di diritto cantonale, che il Tribunale federale verifica di principio unicamente sotto l'angolo ristretto dell'arbitrio (sentenza 4A_85/2007 dell'11 giugno 2007, consid. 6.2; Hansjörg Seiler, in: Seiler/von Werdt/ Güngerich [a cura di], op. cit., n. 22 ad art. 95). Questa regola conosce invero delle eccezioni. Dal momento che la vertenza è per ora limitata ai soli aspetti procedurali, non è però al momento possibile stabilire se ricorrano le relative condizioni (sentenza 1P.793/2006 del 22 febbraio 2007, consid. 5; cfr. anche Seiler, in: Seiler/von Werdt/Güngerich [a cura di], op. cit., n. 23 ad art. 95; DTF 130 I 360 consid. 14.2; 128 I 19 consid. 4c/bb). Alla lacuna riscontrata va di conseguenza posto rimedio nel contesto della procedura cantonale. 
5.2 La necessità per il Tribunale amministrativo di tener conto dell'art. 6 CEDU non significa ancora che esso avrebbe dovuto, rispettivamente dovrà pronunciarsi direttamente sugli aspetti di merito del litigio. Può in effetti apparire delicato che tale istanza si arroghi competenze non attribuitele dalla legge, anche se è difficilmente immaginabile che l'incarto venga in definitiva attribuito ad un'altra autorità. La Corte cantonale dovrà ad ogni modo verificare se sia possibile procedere ad un'interpretazione estensiva delle norme cantonali conforme ai requisiti dell'art. 6 CEDU, come già ha avuto modo di fare in altre occasioni, a cui accenna anche il ricorso (cfr. la sentenza del Tribunale amministrativo n. 52.2005.25 del 12 luglio 2005, consid. 1.3, relativa proprio alla legge sanitaria, confermata dal Tribunale federale con la sentenza 2P.222/2005 del 13 giugno 2006, in: RtiD II-2006 n. 12; cfr. anche DTF 131 I 12 consid. 1.1; 125 II 417 consid. 4d). In caso di giudizio negativo su tale ipotesi, che dev'essere valutata in particolare dal profilo delle esigenze di celerità della procedura, dovrà trasmettere la causa alle autorità competenti per designare, in via legislativa o mediante incarico specifico, l'autorità giudiziaria a cui sottoporre il litigio (DTF 132 I 140 consid. 4.1; 127 I 115 consid. 9; 121 II 219 consid. 2c; sentenza 2P.64/2000 del 21 giugno 2000, in: RDAT II-2000 n. 94, consid. 7). 
6. 
Visto quanto precede, non occorre esaminare le ulteriori censure sollevate. Abbondanzialmente può comunque essere rilevato che fino al 1° gennaio 2009 il rimprovero secondo cui il diritto cantonale viola l'art. 29a Cost. è infondato. In virtù dell'art. 130 cpv. 3 LTF i cantoni dispongono infatti di un termine di due anni dall'entrata in vigore della legge sul Tribunale federale per adeguare le loro disposizioni di procedura e rispettare la garanzia della via giudiziaria prevista in maniera generalizzata dal menzionato disposto costituzionale (sentenza 2C_64/2007 del 29 marzo 2007, consid. 3). È vero che durante questo periodo transitorio non è formalmente più sancito il diritto previsto dall'art. 98a OG, che imponeva l'istituzione di autorità giudiziarie, quali ultime istanze cantonali, nella misura in cui le relative decisioni erano direttamente impugnabili con ricorso di diritto amministrativo. Anche ammesso che tale norma fosse stata applicabile alla fattispecie, la censura non avrebbe comunque alcuna portata. Nei casi in cui, come in concreto, la garanzia di un'istanza indipendente ed imparziale è offerta già dall'art. 6 CEDU, non è in effetti certamente riscontrabile alcun peggioramento nelle facoltà di esigere un controllo giudiziario. 
7. 
7.1 Ne segue che l'impugnativa va accolta per violazione dell'art. 6 n. 1 CEDU ed il giudizio querelato annullato. Tale annullamento comporta il ripristino della causa dinanzi al Tribunale amministrativo, il quale dovrà procedere come indicato al consid. 5.2. 
 
7.2 Visto l'esito del gravame, si prescinde dal prelievo delle spese giudiziarie (art. 66 cpv. 4 LTF). Lo Stato del Cantone Ticino dovrà comunque corrispondere alla ricorrente un'indennità a titolo di ripetibili della sede federale (art. 68 cpv. 1 e 2 LTF). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
1. 
Il ricorso è accolto e la sentenza impugnata è annullata. 
2. 
Non si prelevano spese giudiziarie. 
3. 
Lo Stato del Cantone Ticino verserà alla ricorrente un'indennità di fr. 3'000.-- a titolo di ripetibili della sede federale. 
4. 
Comunicazione ai patrocinatori della ricorrente, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
Losanna, 29 agosto 2007 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: Il cancelliere: