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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
8C_339/2012 {T 0/2}  
   
   
 
 
 
Sentenza del 29 ottobre 2013  
 
I Corte di diritto sociale  
 
Composizione 
Giudici federali Leuzinger, Presidente, 
Ursprung, Frésard, Heine, 
Buerki Moreni, giudice supplente, 
cancelliere Schäuble. 
 
Partecipanti al procedimento 
V.________, patrocinato dall'avv. Rosemarie Weibel, 
ricorrente, 
 
contro  
 
Amministrazione federale delle dogane,  
rappresentata dalla Direzione generale delle dogane, Monbijoustrasse 40, 3003 Berna, 
opponente. 
 
Oggetto 
Scioglimento del rapporto di servizio di diritto 
pubblico (indennità unica in caso di uscita 
anticipata dalla funzione), 
 
ricorso contro il giudizio del Tribunale amministrativo federale, Corte I, del 26 marzo 2012. 
 
 
Fatti:  
 
A.  
 
A.a. V.________ ha lavorato alle dipendenze dell'Amministrazione federale delle dogane (AFD) in qualità di guardia di confine.  
 
Con decisione del 9 ottobre 2008 il Comando della regione guardie di confine IV ha disdetto il rapporto di lavoro con effetto al 30 aprile 2009. Statuendo sull'opposizione dell'interessato, la Direzione generale delle dogane (DGD) ha il 20 aprile 2009 confermato il provvedimento di licenziamento togliendo l'effetto sospensivo ad un eventuale ricorso. 
 
A.b. V.________ ha deferito la decisione su opposizione al Tribunale amministrativo federale, il quale, dopo avere conferito al ricorso effetto sospensivo, lo ha respinto mediante giudizio 26 agosto 2009.  
 
A.c. Contestualmente al pagamento dello stipendio di settembre 2009, l'AFD ha riconosciuto a V.________ un'indennità unica per partenza anticipata di fr. 168'014.70, che l'interessato, su richiesta del datore di lavoro, ha restituito nel successivo mese di novembre, visto che il Tribunale federale aveva concesso l'effetto sospensivo al ricorso da lui presentato contro il giudizio del Tribunale amministrativo federale.  
 
A.d. Per lettera circolare del 1° gennaio 2010 l'AFD ha ricordato ai suoi collaboratori che i membri del Corpo delle guardie di confine (Cgcf), a determinate condizioni, avevano diritto a un'indennità unica in caso di uscita anticipata dalla funzione. Confermando il tenore di una precedente circolare del 24 giugno 2008, la comunicazione precisava che la pretesa sussisteva anche quando il rapporto di lavoro veniva sciolto dal datore di lavoro.  
 
L'11 giugno 2010, l'AFD, per ulteriore lettera circolare, ha informato i propri dipendenti che a seguito di una modifica legislativa il diritto all'indennità medesima veniva soppresso per i membri del Cgcf, invitando chi volesse ancora ottenerla a dimettersi entro il 30 giugno 2010. 
 
In seguito, il 22 giugno 2010 V.________ ha comunicato all'AFD di voler continuare la sua attività lavorativa di guardia di confine, soggiungendo tuttavia che qualora il Tribunale federale dovesse respingere il ricorso contro il giudizio del Tribunale amministrativo federale del 26 agosto 2009, egli avrebbe comunque diritto a un'indennità di partenza dal momento che la disdetta sarebbe stata pronunciata prima dell'entrata in vigore, il 1° luglio 2010, della preannunciata modifica legislativa. 
 
A.e. Mediante sentenza 28 luglio 2010 (8C_802/2009) il Tribunale federale ha tutelato la pronuncia del Tribunale amministrativo federale, rendendo di conseguenza definitiva la disdetta del rapporto di lavoro.  
 
Il 17 agosto 2010 l'AFD ha comunicato a V.________ la risoluzione del rapporto di lavoro per il 31 agosto seguente. 
 
A.f. Con scritto 15 settembre 2010 V.________ ha quindi chiesto il versamento dell'indennità di partenza che il Comando della regione guardie di confine IV, con decisione del 29 ottobre 2010, ha rifiutato per il motivo che il rapporto di lavoro era terminato dopo il 1° luglio 2010.  
 
L'interessato ha avverso tale decisione presentato un'opposizione che è stata respinta dall'AFD con atto 21 febbraio 2011. 
 
B.   
Per pronuncia del 26 marzo 2012 il Tribunale amministrativo federale ha respinto un successivo ricorso interposto, tramite l'avv. Rosemarie Weibel, da V.________ confermando nel suo risultato il provvedimento di diniego della prestazione. 
 
C.   
Sempre patrocinato dall'avv. Weibel, V.________ ha presentato ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale al quale, in accoglimento del gravame, chiede il riconoscimento di un'indennità per uscita anticipata dal Cgcf conformemente a quanto stabilito dalla legislazione in vigore fino al 30 giugno 2010, oltre interessi al 5% dal 1° settembre 2010. Più in particolare domanda che venga fatto ordine all'amministrazione interessata di versargli l'importo di fr. 176'417.80 complessivi, oltre interessi e dopo deduzione e riversamento dei contributi di legge. Il tutto con protesta di spese e ripetibili. 
 
Il Tribunale amministrativo federale ha rinunciato a esprimersi, mentre l'AFD, rappresentata dalla DGD, propone di respingere il gravame. 
 
Il ricorrente ha in seguito presentato ulteriori osservazioni confermandosi nelle sue richieste. 
 
D.   
Il Tribunale federale ha indetto una deliberazione pubblica che si è tenuta il 29 ottobre 2013. 
 
 
Diritto:  
 
1.   
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con pieno potere di esame la sua competenza (art. 29 cpv. 1 LTF), rispettivamente l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 134 III 115 consid. 1 pag. 117). 
 
1.1. Giusta l'art. 83 lett. g LTF, nei rapporti di lavoro di diritto pubblico, nella misura in cui, come nel caso di specie, non è in discussione la questione della parità dei sessi, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni che concernono una controversia di natura non patrimoniale.  
 
1.2. Perché il ricorso sia ammissibile occorre ancora, di massima, che il valore litigioso raggiunga i fr. 15'000.- (art. 85 cpv. 1 lett. b LTF). Dato che la contestazione verte sul versamento di una somma di fr. 176'417.80, il valore litigioso supera ampiamente l'importo minimo dell'art. 85 cpv. 1 lett. b LTF.  
 
1.3. Infine, presentato tempestivamente e nelle forme richieste contro una decisione finale del Tribunale amministrativo federale, il ricorso adempie complessivamente le esigenze degli art. 42, 86 cpv. 1 lett. a, 90 e 100 cpv. 1 LTF.  
 
2.   
Il ricorso in materia di diritto pubblico può essere presentato per violazione del diritto, conformemente a quanto stabilito dagli art. 95 e 96 LTF. Il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto (art. 106 cpv. 1 LTF). Esso non è pertanto vincolato né dagli argomenti sollevati nel ri-corso né dai motivi addotti dall'autorità inferiore; può accogliere un ricorso per un motivo diverso da quello invocato dal ricorrente così co-me può respingerlo con un'argomentazione differente da quella utilizzata dall'istanza precedente (DTF 130 III 136 consid. 1.4 pag. 140). Per il resto, il Tribunale federale fonda la sua sentenza sui fatti accer-tati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Può scostarsi da questo accertamento solo qualora esso sia avvenuto in modo manifestamente inesatto o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF (art. 105 cpv. 2 LTF). 
 
3.   
Nei considerandi dell'impugnato giudizio, i primi giudici hanno esposto le norme disciplinanti la materia vigenti prima e dopo il 1° luglio 2010. La loro esposizione è sostanzialmente corretta, ma deve essere completata. 
 
3.1. In effetti, l'art. 34a cpv. 3 dell'Ordinanza sul personale federale (OPers; RS 172.220.111.3) prevedeva, nella versione in vigore dal 1° luglio 2008 al 31 dicembre 2009, che se l'impiegato che soddisfa le condizioni di cui all'art. 88g cpv. 1 lett. a oppure b - condizioni date in concreto - "lascia" una delle funzioni di cui all'art. 33 cpv. 1 - tra cui quella di membro del Cgcf - prima di aver raggiunto l'età del prepensionamento, egli ha diritto, per ogni anno di servizio compiuto in detta funzione a partire dalla conclusione della sua istruzione di base specifica, a un trentatreesimo della continuazione del pagamento dello stipendio per la durata massima prevista dall'art. 34 cpv. 2 lett. a oppure b.  
 
3.2. La versione dell'art. 34a cpv. 3 OPers valida dal 1° gennaio al 30 giugno 2010 si esprimeva, a differenza della regolamentazione previgente, in termini di impiegato che "si dimette" da una delle funzioni di cui all'art. 33 cpv. 1.  
 
3.3. Il 1° luglio 2010, infine, è entrata in vigore una ulteriore versione della norma in parola con la quale il legislatore aboliva l'indennità unica in caso di uscita anticipata dalla funzione per le guardie di confine. Si soggiunga, per completezza, che l'art. 34a OPers è stato nel frattempo abrogato con effetto a partire dal 1° luglio 2013 (v. RU 2013 771).  
 
4.   
Prima questione controversa è quella di sapere quale sia la versione dell'art. 34a cpv. 3 OPers applicabile alla presente fattispecie in cui il rapporto di lavoro è stato disdetto dall'amministrazione federale interessata nell'ottobre 2008, ma ha poi preso fine effettivamente, a causa dell'effetto sospensivo accordato ai ricorsi presentati dal ricorrente, solo a fine agosto 2010. 
 
4.1. Pronunciandosi sul tema dell'applicazione temporale di questa norma, i primi giudici hanno osservato che valeva la regola generale secondo la quale erano determinanti le disposizioni legali in vigore al momento della realizzazione dello stato di fatto che doveva essere valutato giuridicamente. Hanno quindi pure ricordato come, per giurisprudenza del Tribunale federale, la legalità di una decisione amministrativa andasse valutata, di regola, sulla base della situazione di diritto vigente al momento in cui essa era stata emanata. Fatte queste premesse, nel caso concreto l'elemento decisivo era, secondo i primi giudici, il licenziamento del ricorrente avvenuto nell'ottobre 2008 e non già l'effettiva cessazione del rapporto di lavoro a fine agosto 2010, come ritenuto dall'autorità inferiore. Sempre per i primi giudici, l'effetto sospensivo costituiva una misura provvisionale che aveva come obiettivo la salvaguardia - per ragioni di praticità e proporzionalità - di una situazione di fatto nella procedura ricorsuale, non di procrastinare gli effetti giuridici dell'atto contestato influenzando, oltretutto, il diritto ad esso applicabile. Malgrado ciò il Tribunale amministrativo federale ha poi comunque respinto il gravame presentato dall'interessato avverso il provvedimento amministrativo di rifiuto (cfr. sotto, consid. 5)  
 
4.2. La valutazione dei primi giudici dev'essere condivisa.  
 
4.2.1. L'effetto sospensivo comporta che, con l'inoltro del ricorso, le conseguenze giuridiche della decisione impugnata non possono subentrare fino al disbrigo della controversia e l'esecuzione non è possibile (Ulrich Häfelin/Georg Müller/Felix Uhlmann, Allgemeines Verwaltungsrecht, 6a ed., 2010, n. 1799; cfr. pure DTF 129 V 370 consid. 2.2 pag. 371). Nell'ambito del diritto del personale della Confederazione, esso ha per conseguenza che gli effetti della disdetta del contratto di lavoro pronunciata dal datore di lavoro sono sospesi fino alla crescita in giudicato (sentenza 8C_983/2010 del 9 novembre 2011 consid. 5.6 con riferimenti). In dottrina è controversa la questione di sapere se l'effetto sospensivo impedisca di principio alla decisione di esplicare i suoi effetti o se ne ostacoli soltanto la esecutività. La maggior parte degli autori propende di fare di regola risalire la validità della decisione (impugnata) al momento della sua emanazione (Philippe Weissenberger/Astrid Hirzel, Der Suspensiveffekt und andere vorsorgliche Massnahmen, in Brennpunkte im Verwaltungsprozess, Zurigo/Basilea/Ginevra 2013, pag. 79 con rinvii alla dottrina indicata alla nota a piè di pagina n. 79). Secondo la giurisprudenza del Tribunale federale la questione dev'essere esaminata di caso in caso. Vale comunque il principio secondo cui l'effetto sospensivo non può portare alcun vantaggio materiale e giuridico alla parte ricorrente soccombente a scapito della parte opponente vincente (DTF 112 V 74 consid. 2b, 2c e 3c pag. 77 seg.).  
 
4.2.2. Nel caso concreto il Tribunale federale aveva in ultima istanza confermato la validità della disdetta dell'ottobre 2008 pronunciata nei confronti dell'insorgente con effetto al 30 aprile 2009 (sentenza 8C_802/2009 del 28 luglio 2010). Secondo la maggior parte degli autori (v. sopra, consid. 4.2.1), il cui parere si manifesta pure nella citata sentenza 8C_983/2010 (in particolare consid. 5.6), la disdetta diventa definitiva al momento in cui è stata pronunciata. Una nuova disdetta non è necessaria. Vale senza restrizione alcuna quanto disposto nella decisione impugnata senza successo. L'inoltro di un ricorso non è suscettibile di comportare il differimento della disdetta. Ne consegue che nel caso di successo del datore di lavoro e di conferma della sua disdetta non è dovuto nessun salario per la durata della procedura di ricorso (cfr. in questo senso Philipp Gremper/Jakob Martin, Kündigung und aufschiebende Wirkung, in Öffentliches Personal Schweiz, ZV Info/maggio 2011, consultabile al sito http://www.oeffentlichespersonal.ch/downloads/ZVinfo_05_11_de.pdf), a meno che il dipendente non continui (provvisoriamente) a essere occupato (sentenza citata 8C_983/2010 consid. 5.6).  
 
4.2.3. Già si è detto (v. sopra, consid. 4.2.1 in fine) come la presentazione di un gravame infondato non debba far trarre al ricorrente alcun vantaggio materiale e giuridico a scapito della parte opponente vittoriosa. La persona licenziata non deve in altri termini arricchirsi in maniera ingiustificata per l'effetto sospensivo valido durante la procedura di ricorso. Poiché nell'ambito del diritto del personale della Confederazione l'effetto sospensivo lascia, a seguito del diritto del funzionario a una rioccupazione, provvisoriamente perdurare il rapporto di lavoro durante la procedura in corso, non sussiste arricchimento indebito per l'ulteriore pagamento dei salari (e dei contributi alle assicurazioni sociali) oltre il termine di disdetta ogni qualvolta la persona interessata continui a compiere durante la procedura il suo precedente lavoro o un'altra occupazione affidatale. Lo stesso discorso vale qualora la medesima persona sia stata, sempre per la durata della procedura, esonerata dall'obbligo di lavorare o per altri motivi impedita senza colpa di prestare il proprio lavoro (in particolare causa malattia o perché non le è stata assegnata un'altra occupazione ragionevolmente esigibile; sentenza citata 8C_983/2010 consid. 5.6). In queste condizioni non vi è spazio per un obbligo di restituzione degli stipendi percepiti a fine procedura (Susanne Kuster Zürcher, Aktuelle Probleme des provisori-schen Rechtsschutzes bei Kündigungen nach Bundespersonalrecht, in Droit public de l'organisation - responsabilité des collectivités publiques - fonction publique, Annuaire 2007, pag. 161). È ciò che si verifica nella fattispecie.  
 
4.2.4. Dal profilo del diritto intertemporale, ai fini dell'esame della questione di sapere quale sia la disciplina applicabile in caso di una modifica delle basi legali, vale la regola generale secondo cui sono da considerare le disposizioni in vigore al momento della realizzazione dello stato di fatto che deve essere valutato giuridicamente o che produce conseguenze giuridiche (DTF 130 V 253 consid. 3.5 pag. 259 con riferimento). Ne discende, alla luce delle considerazioni che precedono, che per la valutazione del controverso diritto all'indennità d'uscita fa stato l'art. 34a cpv. 3 OPers nella sua versione in vigore dal 1° luglio 2008 al 31 dicembre 2009. In effetti è durante quel periodo che è stata pronunciata la disdetta nei confronti del ricorrente e che, per quanto visto in precedenza, ha preso fine giuridicamente il rapporto di lavoro.  
 
4.2.5. Ma quand'anche si volesse, a seguito dell'effetto sospensivo conferito al ricorso, far durare il rapporto lavorativo sino al termine della procedura di ricorso, il risultato non cambierebbe. Già si è detto che la disdetta è stata data durante la vigenza dell'art. 34a cpv. 3 OPers nel tenore in vigore fino al 31 dicembre 2009. Il diritto all'indennità d'uscita previsto da questa norma - indennità destinata a compensare, per gli impiegati che lasciavano la loro carica prima dell'età legale, la perdita dei vantaggi economici derivanti dal prepensionamento (cfr. DTF 139 V 384) - configurava una conseguenza giuridica della disdetta. Determinante è quindi la legislazione in vigore a quell'epoca e non già quella vigente al momento della cessazione effettiva del rapporto di lavoro. La medesima opinione era condivisa dall'AFD. Per lettera circolare dell'11 giugno 2010, quest'ultima aveva infatti informato i propri dipendenti che a seguito di una imminente modifica legislativa il diritto all'indennità in parola veniva soppresso per i membri del Cgcf, invitando coloro che volessero ancora beneficiarne a dimettersi al più tardi entro il 30 giugno 2010. Immaginabile è pertanto che altri membri del Cgcf, il cui rapporto di lavoro ha di fatto preso fine pure sotto l'imperio del disciplinamento legale valido dopo il 1° luglio 2010, a differenza del ricorrente abbiano eventualmente ottenuto una indennità di partenza, il che costituirebbe una illecita disparità di trattamento.  
 
5.   
Nel giudizio impugnato, il Tribunale amministrativo federale, concordando al riguardo con l'insorgente, ha stabilito preliminarmente che, alfine di determinare il diritto di quest'ultimo a un'indennità d'uscita, andava applicato l'art. 34a cpv. 3 OPers nella sua versione in vigore prima del 1° luglio 2010. Malgrado ciò, i primi giudici hanno respinto la richiesta dell'interessato, poiché egli non si era dimesso, come previsto dal tenore letterale chiaro della norma, bensì era stato licenziato per incapacità fisica di svolgere la propria funzione. In simili condizioni la circolare del 1° gennaio 2010, che prevedeva l'assegnazione dell'indennità in parola anche in caso di disdetta da parte del datore di lavoro, derogava illecitamente dal testo di legge e non poteva essere applicata. 
 
Su questo punto, la valutazione dell'istanza precedente non può essere confermata. 
 
5.1. Occorre innanzitutto rilevare che posteriormente al 1° luglio 2008 e precedentemente al 1° luglio 2010 esistono due versioni della norma di ordinanza in questione. La prima, in vigore dal 1° luglio 2008 al 31 dicembre 2009, si esprimeva in termini di "lasciare" la funzione, mentre la seconda, valida dal 1° gennaio al 30 giugno 2010, in termini di "dimettersi" dalla funzione (v. sopra, consid. 3.1 e 3.2). Già si è visto (consid. 4.2.4) che la versione determinante in concreto è la prima, che in lingua tedesca si esprimeva in termini di "ausscheiden" e in lingua francese di "quitter". Alla luce di quanto precede, procedendo all'interpretazione del verbo "dimettersi", introdotto soltanto dal 1° gennaio 2010, il Tribunale amministrativo federale ha, in violazione del diritto, tenuto conto di un testo inesatto.  
 
5.2. La legge è da interpretare in primo luogo procedendo dalla sua lettera (interpretazione letterale). Tuttavia, se il testo non è perfettamente chiaro, se più interpretazioni del medesimo sono possibili, deve essere ricercata la vera portata della norma, prendendo in considerazione tutti gli elementi d'interpretazione, in particolare lo scopo della disposizione, il suo spirito, nonché i valori su cui essa prende fondamento (interpretazione teleologica). Pure di rilievo è il senso che essa assume nel suo contesto (interpretazione sistematica; DTF 135 II 78 consid. 2.2 pag. 81; 135 V 153 consid. 4.1 pag. 157, 249 consid. 4.1 pag. 252; 134 I 184 consid. 5.1 pag. 193; 134 II 249 consid. 2.3 pag. 252). I lavori preparatori, segnatamente laddove una disposizione non è chiara oppure si presta a diverse interpretazioni, costituiscono un mezzo valido per determinarne il senso ed evitare così di incorrere in interpretazioni erronee (interpretazione storica). Soprattutto nel caso di disposizioni recenti, la volontà storica dell'autore della norma non può essere ignorata se ha trovato espressione nel testo oggetto d'interpretazione (DTF 134 V 170 consid. 4.1 pag. 174 con riferimenti). Occorre prendere la decisione materialmente corretta nel contesto normativo, orientandosi verso un risultato soddisfacente sotto il profilo della ratio legis. Il Tribunale federale non privilegia un criterio d'interpretazione in particolare; per accedere al senso di una norma preferisce, pragmaticamente, ispirarsi a un pluralismo interpretativo (DTF 135 III 483 consid. 5.1 pag. 486). Se sono possibili più interpretazioni, dà la preferenza a quella che meglio si concilia con la Costituzione. In effetti, a meno che il contrario non risulti chiaramente dal testo o dal senso della disposizione, il Tribunale federale, pur non potendo esaminare la costituzionalità delle leggi federali (art. 190 Cost.), parte dall'idea che il legislatore federale non propone soluzioni contrarie alla Costituzione (DTF 131 II 562 consid. 3.5 pag. 567, 710 consid. 4.1 pag. 716; 130 II 65 consid. 4.2 pag. 71).  
 
5.3. Le direttive amministrative non sono vincolanti per il giudice delle assicurazioni sociali, quest'ultimo dovendo tenerne conto solo nella misura in cui esse consentano nel caso di specie una corretta interpretazione delle disposizioni di legge. Viceversa, egli deve scostarsene, in quanto esse non siano compatibili con le norme legali (DTF 133 V 587 consid. 6.1 pag. 591, 130 V 163 consid. 4.3.1 pag. 171 e sentenze ivi citate).  
 
5.4. Già si è visto che la norma d'ordinanza nella versione determinante applicabile in concreto si esprime in termini di "lasciare", e non di "dimettersi" da una delle funzioni svolte. Il tenore letterale non è quindi chiaro, perlomeno non nel senso inteso dal Tribunale amministrativo federale, secondo cui, ai fini dell'ottenimento dell'indennità, sarebbe necessaria una disdetta da parte del dipendente.  
 
5.4.1. Se infatti è vero che il termine "dimettersi" non dà adito a particolari discussioni, in quanto solo il dipendente lo può fare, non anche il datore di lavoro, è altrettanto vero che la formulazione "lasciare" la funzione non implica necessariamente una disdetta da parte del lavoratore, bensì, come del resto ripetutamente dichiarato dall'amministrazione interessata nelle proprie circolari, anche l'ipotesi in cui il datore di lavoro provochi lo scioglimento del rapporto lavorativo. Il testo permette quindi un'interpretazione più ampia di quella indicata dai primi giudici. Essa è applicabile anche alle disposizioni in lingua tedesca ("ausscheiden") e francese ("quitter") e non è contraria al diritto, ma anzi tien conto dei disagi che il dipendente è costretto a sopportare laddove sia obbligato ad abbandonare l'impiego contro la sua volontà. Infine, non vi è motivo di ritenere che l'interpretazione non corrisponda alla volontà del legislatore. Al contrario. Come visto sopra (v. sub Fatti A.d), tramite le circolari del giugno 2008 e del gennaio 2010, l'AFD - che propone di regola le modifiche d'ordinanza - ha ripetutamente affermato che il diritto all'indennità unica d'uscita era dato anche quando il contratto di lavoro veniva disdetto dal datore di lavoro.  
 
5.4.2. Del resto, se il legislatore avesse inteso introdurre la soluzione ventilata dal Tribunale amministrativo federale, avrebbe potuto utilizzare sin dall'inizio il verbo "dimettersi" nelle tre lingue nazionali, mentre lo ha fatto - per motivi ignoti, forse per una svista o per un'imprecisione riconducibile alla traduzione - soltanto nella nuova versione del disposto valida dal 1° gennaio 2010, e unicamente nel testo di lingua italiana. I testi in lingua tedesca e francese sono infatti rimasti invariati.  
 
5.4.3. Che questa interpretazione corrisponda alla volontà del legislatore emerge anche dalla proposta di modifica dell'AFD, dalla quale si deduce che uno dei motivi per cui l'indennità andava soppressa non era tanto il fatto che non si voleva versarla in caso di scioglimento del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro, bensì la circostanza specifica che l'importo andava pagato anche ai collaboratori cui veniva data la disdetta per motivi di carattere disciplinare o penale (e quindi per propria colpa).  
 
5.4.4. Si soggiunga inoltre che l'amministrazione non aveva finora mai messo in discussione la pretesa in parola in virtù del vecchio diritto, ma ha sempre sostenuto - a motivazione del proprio rifiuto - che al ricorrente andava applicata la nuova versione della norma, in vigore dal 1° luglio 2010.  
 
5.5. In conclusione si deve affermare che la suesposta interpretazione, espressamente e ripetutamente confermata dalla stessa AFD nelle proprie direttive, è conforme al diritto. L'insorgente può quindi pretendere il versamento di un'indennità d'uscita ai sensi del vecchio art. 34a cpv. 3 OPers nel tenore in vigore dal 1° luglio 2008 al 31 dicembre 2009, in seguito allo scioglimento del rapporto lavorativo da parte del datore di lavoro in virtù della disdetta pronunciata nell'ottobre 2008. Il giudizio impugnato, fondato su una interpretazione della legge erronea, dev'essere invece annullato, congiuntamente alla decisione (su opposizione) dell'amministrazione opponente.  
 
6.  
 
6.1. Per quanto riguarda l'entità dell'indennità in parola, l'amministrazione non contesta l'importo di fr. 168'014.70 a suo tempo versato, mentre l'insorgente chiede il pagamento di fr. 176'417.80 (importo poi corretto in sede di replica in fr. 177'897.91), adducendo di aver semplicemente aggiunto quanto maturato tra il termine ordinario (30 aprile 2009) e il termine effettivo del rapporto di lavoro (31 agosto 2010).  
 
6.2. Dal momento che l'istanza precedente e le autorità amministrative interessate non si sono finora pronunciate sull'importo dell'indennità, questa Corte non è autorizzata a farlo. Gli atti vengono pertanto rinviati all'AFD affinché si pronunci mediante decisione formale sull'ammontare della pretesa - cui andranno aggiunti gli interessi dovuti conformemente ai precetti legali - tenendo conto del fatto che l'importo di fr. 168'014.70 a suo tempo versato non è contestato.  
 
7.   
Le spese seguono la soccombenza e sono poste a carico dell'amministrazione opponente (art. 66 cpv. 1 LTF), la quale rifonderà al ricorrente, patrocinato da una legale, ripetibili di ultima istanza federale (art. 68 cpv. 1 e 2 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
In accoglimento del ricorso, il giudizio impugnato 26 marzo 2012 del Tribunale amministrativo federale e la decisione su opposizione 21 febbraio 2011 dell'AFD sono annullati, al ricorrente essendo riconosciuto il diritto a una indennità unica per uscita anticipata dalla funzione. Gli atti sono rinviati all'AFD affinché determini, mediante nuovo provvedimento, l'importo dell'indennità di partenza spettante a V.________. 
 
2.   
Le spese giudiziarie di fr. 3'000.- sono poste a carico dell'opponente. 
 
3.   
L'opponente verserà al ricorrente la somma di fr. 2'800.- a titolo di ripetibili per la procedura innanzi al Tribunale federale. 
 
4.   
La causa viene rinviata al Tribunale amministrativo federale per nuova decisione sulle ripetibili nella procedura precedente. 
 
5.   
Comunicazione alle parti e al Tribunale amministrativo federale, Corte I. 
 
 
Lucerna, 29 ottobre 2013 
 
In nome della I Corte di diritto sociale 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: Leuzinger 
 
Il Cancelliere: Schäuble