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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
6B_871/2010 
 
Sentenza del 30 giugno 2011 
Corte di diritto penale 
 
Composizione 
Giudici federali Mathys, Presidente, 
Schneider, Denys, 
Cancelliera Ortolano Ribordy. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
ricorrente, 
 
contro 
 
1. Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano, 
2. B.________, 
opponenti. 
 
Oggetto 
Decreto di non luogo a procedere (abuso di autorità e corruzione passiva), 
 
ricorso in materia penale contro la sentenza emanata 
il 6 settembre 2010 dalla Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
 
A. 
Il 25 gennaio 2010 il Procuratore generale aggiunto ha decretato il non luogo a procedere in ordine alla denuncia presentata da A.________ nei confronti di B.________ per titolo di corruzione passiva e abuso di autorità. 
 
B. 
Con sentenza del 6 settembre 2010 la Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (CRP; dal 1° gennaio 2011 Camera dei reclami penali) ha dichiarato irricevibile l'istanza di promozione dell'accusa formulata da A.________. 
 
C. 
Avverso questo giudizio A.________ si aggrava al Tribunale federale con ricorso in materia penale, postulando l'annullamento della decisione della CRP. 
 
Non sono state chieste osservazioni sul gravame. 
 
Diritto: 
 
1. 
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con pieno potere la propria competenza e l'ammissibilità del rimedio esperito (art. 29 cpv. 1 LTF; DTF 136 II 470 consid. 1). 
 
1.1 La decisione impugnata è stata emanata il 6 settembre 2010 e ricevuta il 14 settembre 2010 dal ricorrente. Il ricorso in materia penale è stato inoltrato in data 14 ottobre 2010. Di conseguenza la legittimazione ricorsuale di A.________ va esaminata alla luce dell'art. 81 LTF nel suo tenore in vigore sino al 31 dicembre 2010 (v. art. 132 cpv. 1 LTF; Niklaus Schmid, Übergangsrecht der Schweizerischen Strafprozessordnung, 2010, n. 352 pag. 98). 
 
1.2 Ha diritto di interporre ricorso in materia penale chi ha partecipato al procedimento dinanzi all'autorità inferiore o è stato privato della possibilità di farlo (art. 81 cpv. 1 lett. a LTF) e ha un interesse giuridicamente protetto all'annullamento o alla modifica della decisione impugnata (art. 81 cpv. 1 lett. b LTF). 
1.2.1 Il ricorrente ha partecipato al procedimento dinanzi alla CRP, resta dunque da stabilire se disponga di un interesse giuridico all'annullamento della sentenza impugnata. 
1.2.2 Alquanto apoditticamente il ricorrente si definisce vittima, richiamandosi al previgente art. 81 cpv. 1 lett. b n. 5 LTF che per l'appunto riconosce alla vittima un interesse giuridicamente protetto nella misura in cui la decisione impugnata può influire sul giudizio delle sue pretese civili. Sennonché la nozione di vittima ai sensi del vecchio art. 81 cpv. 1 lett. b n. 5 LTF corrisponde a quella dell'art. 1 LAV (RS 312.5). Considerata la natura dei reati denunciati (abuso di autorità e corruzione passiva), appare evidente che l'insorgente non possa essere considerato vittima, ma (eventualmente) danneggiato oltre che denunciante. 
1.2.3 Orbene, secondo costante giurisprudenza, la via del ricorso in materia penale è preclusa al semplice denunciante, ossia a colui che non è né accusatore privato, né vittima LAV, né querelante giusta il vecchio art. 81 cpv. 1 lett. b n. 4-6 LTF (DTF 133 IV 228). Il denunciante, così come il danneggiato, la parte lesa o la parte civile, non sono legittimati a impugnare nel merito decisioni con cui è stato pronunciato l'abbandono di un procedimento penale o è stata respinta la loro istanza di promozione dell'accusa. La pretesa punitiva spetta infatti unicamente allo Stato ed essi non possono quindi prevalersi di un interesse giuridico ai sensi dell'art. 81 cpv. 1 lett. b LTF (v. DTF 136 IV 41 consid. 1.1). Le citate persone non possono pertanto rimproverare all'autorità cantonale di aver violato la Costituzione, segnatamente il divieto dell'arbitrio nell'applicare la legge, nell'accertare i fatti, nel valutare le prove o nell'apprezzarne la rilevanza (v. DTF 125 I 253 consid. 1b). 
1.2.4 Malgrado l'assenza di una legittimazione ricorsuale nel merito, esse possono presentare ricorso per diniego di giustizia formale, ossia per violazione di norme di procedura che accordano loro determinati diritti di parte. Il leso o il denunciante può pertanto far valere, ad esempio, che il ricorso non sarebbe stato esaminato a torto nel merito, ch'egli non sarebbe stato sentito, che gli sarebbe stata negata la possibilità di consultare gli atti o che non gli sarebbe stata riconosciuta, a torto, la qualità di danneggiato (DTF 136 IV 29 consid. 1.9; 128 I 218 consid. 1.1). In tal caso, un interesse giuridicamente protetto secondo l'art. 81 cpv. 1 lett. b LTF non si fonda su aspetti di merito, bensì sul diritto di essere parte nella procedura conformemente alle norme processuali cantonali o a quelle sgorganti dalla Costituzione federale. Il denunciante, la parte lesa o la parte civile possono allora insorgere contro la violazione di tali diritti di parte. Il diritto di invocare le garanzie procedurali non permette tuttavia al ricorrente di rimettere in discussione, nemmeno indirettamente, il giudizio di merito; il ricorso in materia penale non può quindi riguardare questioni strettamente connesse con il merito della vertenza, quali in particolare il rifiuto di assumere una prova in base alla sua irrilevanza o al suo apprezzamento anticipato o l'obbligo dell'autorità di motivare sufficientemente la decisione (DTF 136 IV 41 consid. 1.4; 120 Ia 227 consid. 1). Il giudizio su tali quesiti non può infatti essere distinto da quello sul merito che tuttavia il leso o denunciante non è legittimato a impugnare (v. DTF 120 Ia 157 consid. 2a/bb e rinvii). 
1.2.5 Nella misura in cui l'insorgente lamenta arbitrio nell'accertamento dei fatti e la violazione del diritto di essere sentito nella forma del diritto a una decisione motivata, il ricorso si rivela inammissibile, trattandosi di censure che, in quanto denunciante, non è legittimato a sollevare in questa sede perché strettamente connesse con il merito del giudizio. 
 
Il ricorrente si duole pure della violazione del diritto di essere sentito nella forma del diritto di partecipare all'assunzione delle prove e del diritto a un tribunale indipendente e imparziale. In relazione a queste critiche, che concernono i suoi diritti di parte alla procedura, egli dispone di un interesse giuridicamente protetto ai sensi dell'art. 81 cpv. 1 lett. b LTF
 
2. 
A mente dell'insorgente, sarebbe stato violato il suo diritto di essere sentito garantito dall'art. 29 cpv. 2 Cost. Non gli sarebbe infatti stata data la possibilità di partecipare all'interrogatorio del denunciato, né di porre domande e di fornire ulteriori prove. 
 
2.1 Il diritto di essere sentito, sancito dall'art. 29 cpv. 2 Cost., comprende il diritto per l'interessato di consultare l'incarto, di offrire mezzi di prova su punti rilevanti e di esigerne l'assunzione, di partecipare alla stessa e di potersi esprimere sulle relative risultanze nella misura in cui possano influire sulla decisione (DTF 135 II 286 consid. 5.1). Tale diritto non impedisce tuttavia all'autorità di procedere a un apprezzamento anticipato delle prove richieste, se è convinta che non potrebbero condurla a modificare la sua opinione. Nell'ambito di questa valutazione, all'autorità compete un vasto margine di apprezzamento e il Tribunale federale interviene solo in caso di arbitrio (DTF 136 I 229 consid. 5.3; 134 I 140 consid. 5.3). 
Va precisato che dal diritto di essere sentito dell'art. 29 cpv. 2 Cost. non scaturisce alcun diritto della parte lesa di partecipare, durante la procedura d'istruzione, all'interrogatorio dell'imputato o dei testimoni né di prendere posizione sulle loro dichiarazioni. È sufficiente infatti che abbia potuto esporre in modo approfondito il suo punto di vista nella denuncia penale e che abbia potuto esprimersi sulle argomentazioni rispettivamente sulle dichiarazioni dell'imputato e dei testimoni nel gravame all'istanza cantonale di ricorso che fruiva di pieno potere d'esame in fatto e in diritto. Il diritto di partecipare agli interrogatori non può essere dedotto neppure dall'art. 6 CEDU (v. sentenza 6B_41/2010 del 25 marzo 2010 consid. 2.3.1). 
 
2.2 Nella fattispecie il denunciato non è stato interrogato. A questo riguardo la CRP ha precisato che non ogni denuncia implica necessariamente misure di indagine. Da un lato, il Procuratore pubblico può infatti emettere un decreto di non luogo a procedere senza effettuare approfondimenti allorquando la denuncia è, come in concreto, manifestamente infondata, ripetitiva o simili. Dall'altro, egli non è obbligato ad assumere tutte le prove offerte, essendo ammesso un apprezzamento anticipato, in particolare quando la prova è chiaramente irrilevante, inutile o inidonea a dimostrare fatti pertinenti o a modificare la convinzione del giudice. 
 
In simili circostanze, non si ravvede alcuna violazione del diritto di essere sentito dell'insorgente. Questi ha potuto esporre la propria posizione dapprima nella sua denuncia penale e poi nella sua istanza di promozione dell'accusa inoltrata davanti alla CRP, autorità dotata di pieno potere d'esame (v. art. 286 cpv. 4 CPP/TI). L'interrogatorio del denunciato, a cui peraltro il ricorrente non aveva diritto di partecipare, è stato ritenuto superfluo sulla base di una valutazione anticipata delle prove. Con la sua censura in realtà l'insorgente tende a contestare quest'ultima, ciò che però, in quanto denunciante, non è legittimato a fare in questa sede (v. supra consid. 1.2.4). Su questo punto il gravame risulta pertanto infondato. 
 
3. 
Il ricorrente si duole infine della violazione del diritto a un tribunale indipendente e imparziale giusta l'art. 6 n. 1 CEDU. Sostiene che il semplice fatto che il Procuratore pubblico e la CRP si pronuncino sul merito della fattispecie senza menzionare la mancata audizione dei testimoni diretti dei fatti, senza dire che tale circostanza rappresenta una violazione dei doveri di servizio del magistrato denunciato e senza pretendere da quest'ultimo la benché minima spiegazione, permette di mettere in dubbio l'imparzialità dei suddetti magistrati. Sia il Procuratore pubblico sia la CRP riducono a semplici allegazioni di parte fatti provati da sentenze cresciute in giudicato, nonché da chiara e inconfutabile documentazione. Ne risulta un'evidente apparenza di prevenzione nei confronti del ricorrente. Respingendo qualsiasi ipotesi di reato, essi sembrano animati unicamente da una decisione presa a priori, in base alla quale qualsiasi tesi in fatto e in diritto formulata dall'insorgente non merita approfondimento alcuno, perché frutto di interpretazioni o ragionamenti soggettivi privi di fondamento oggettivo. Per il ricorrente, tutto ciò dimostra l'esistenza di sufficienti motivi oggettivi e soggettivi atti a mettere in dubbio l'imparzialità e l'indipendenza del Procuratore pubblico come pure della CRP. 
 
3.1 Giusta l'art. 6 n. 1 CEDU, ogni persona ha diritto ad un'equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge, al fine della determinazione sia dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta. Il diritto a un tribunale indipendente e imparziale è ancorato anche nell'art. 30 cpv. 1 Cost. secondo cui nelle cause giudiziarie ognuno ha diritto d'essere giudicato da un tribunale fondato sulla legge, competente nel merito, indipendente e imparziale. 
 
La garanzia del diritto a un giudice imparziale vieta l'influsso sulla decisione di circostanze estranee al processo, che potrebbero privarla della necessaria oggettività, a favore o a pregiudizio di una parte; al giudice sottoposto a simili influenze verrebbe meno la qualità di "giusto mediatore" (DTF 136 III 605 consid. 3.2.1). La giurisprudenza riconosce una violazione di questa garanzia quando nel caso concreto, alla luce di tutte le circostanze di fatto e procedurali, sussistono elementi oggettivi che fanno dubitare dell'imparzialità del giudice. Sebbene la semplice affermazione della parzialità basata sui sentimenti soggettivi di una parte non sia sufficiente per fondare un dubbio legittimo, non occorre che il giudice sia effettivamente prevenuto: bastano circostanze concrete idonee a suscitare l'apparenza di una prevenzione e a far sorgere un rischio di parzialità, per giustificare la sua ricusazione (DTF 136 I 207 consid. 3.1; 135 I 14 consid. 1). 
 
3.2 Nella misura in cui il ricorrente lamenta la prevenzione del Procuratore pubblico, la sua censura si rivela inammissibile. In urto con quanto esatto dall'art. 42 cpv. 2 LTF, non spiega infatti perché la decisione della CRP (ossia l'atto impugnato in questa sede, v. art. 80 cpv. 1 LTF) che dichiara infondata la critica di parzialità rivolta al magistrato in questione viola il diritto. Non si confronta minimamente con le ragioni addotte dall'autorità cantonale per negare la violazione del diritto a un tribunale indipendente e imparziale riferita al Procuratore pubblico. Non occorre dunque vagliare oltre questo punto. 
 
3.3 Per quanto concerne invece la CRP, attraverso la sua doglianza il ricorrente tenta di rimettere in discussione il merito della decisione sulla sua istanza di promozione dell'accusa, ponendo seri dubbi sulla sua ammissibilità (v. supra consid. 1.2.3). Egli infatti non adduce specifici motivi di parzialità e di mancanza di indipendenza, né sostiene che in base alle pertinenti disposizioni di procedura i membri della CRP avrebbero dovuto ricusarsi o essere esclusi. E d'altronde nemmeno ha chiesto la loro ricusa. Intravede prevenzione nella sorte riservata alla sua istanza, segnatamente nel fatto che la CRP ha definito semplici allegazioni di parte fatti che poggiano su solide basi oggettive e non ha menzionato le manchevolezze imputabili al denunciato o preteso da quest'ultimo la benché minima spiegazione. Ora i sospetti di prevenzione nutriti dall'insorgente si fondano esclusivamente sulla motivazione abbondanziale addotta dalla CRP. Il ricorrente dimentica così che in realtà la sua istanza di promozione dell'accusa è stata dichiarata irricevibile perché non rispettava le esigenze poste dall'art. 186 CPP/TI e dalla relativa giurisprudenza (v. sentenza impugnata pag. 4-6) e solo in un secondo tempo la stessa è stata ritenuta infondata (v. sentenza impugnata pag. 6-8). È opportuno quindi rammentare che eventuali errori di procedura o di apprezzamento possono e devono essere contestati seguendo il normale corso d'impugnazione. Unicamente errori particolarmente grossolani o ripetuti, tali da essere considerati come violazioni gravi dei doveri del magistrato, possono se del caso giustificare un sospetto oggettivo di prevenzione (DTF 125 I 119 consid. 3a e 3e; 116 Ia 135 consid. 3a). In questa sede il ricorrente non sostiene di aver rispettato i presupposti di ricevibilità dell'istanza di promozione dell'accusa e di riflesso non imputa alcuna violazione del diritto alla CRP per aver dichiarato quest'ultima irricevibile. Ciò posto, non sussistono in concreto elementi oggettivi che spingono a dubitare dell'imparzialità della CRP a cui non è possibile addebitare errori grossolani o ripetuti. La censura risulta quindi infondata. 
 
4. 
In conclusione, nella misura in cui è ammissibile, il ricorso si appalesa infondato e va pertanto respinto. 
 
Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Non essendo stati invitati a determinarsi, agli opponenti non spetta nessuna indennità per ripetibili della sede federale (art. 68 cpv. 1 e 3 LTF). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2. 
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3. 
Non si accordano ripetibili. 
 
4. 
Comunicazione alle parti e alla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
Losanna, 30 giugno 2011 
 
In nome della Corte di diritto penale 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Mathys 
 
La Cancelliera: Ortolano Ribordy