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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
                 
 
 
1C_138/2020  
 
 
Sentenza del 31 marzo 2020  
 
I Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Chaix, Presidente, 
Jametti, Haag, 
Cancelliere Crameri. 
 
Partecipanti al procedimento 
Corporazione patriziale A.________, 
patrocinata dall'avv. Romina Biaggi-Albrici, 
ricorrente, 
 
contro 
 
B.________, 
patrocinato dall'avv. Stefano Manetti, 
 
Consiglio di Stato della Repubblica e Cantone Ticino. 
 
Oggetto 
rifiuto di concedere lo stato di patrizio, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 31 gennaio 2020 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2019.127). 
 
 
Fatti:  
 
A.   
Il 1° marzo 2016 B.________, cittadino ticinese domiciliato a X.________, ha chiesto all'Assemblea della Corporazione patriziale A.________ di concedergli lo stato di patrizio. Ingegnere agronomo di formazione, l'istante gestisce un'azienda agricola nella frazione di Y.________. Il 29 novembre 2015 l'Assemblea patriziale gli ha negato lo stato di patrizio, risoluzione annullata il 15 marzo 2016 dal Consiglio di Stato. Con giudizio del 24 marzo 2017 (apparso in: RtiD II-2017 n. 5 pag. 22; incarto n. 52.2016.228), il Tribunale cantonale amministrativo, accertato che l'istante adempiva i requisiti per postulare tale stato, ha ritenuto che i motivi addotti per negarglielo, in particolare la difesa dei diritti di cui godono gli attuali patrizi, erano in contrasto con lo scopo dell'istituto e costituivano un abuso del potere di apprezzamento. 
 
B.   
Il 2 novembre 2017 B.________ ha nuovamente postulato la concessione dello stato di patrizio. L'Ufficio patriziale ha sottolineato come l'istante disponesse dei requisiti per poterlo ottenere. Raccolto il preavviso favorevole della Commissione della gestione, durante la seduta dell'8 aprile 2018 l'Assemblea patriziale ha nuovamente respinto, con votazione segreta, la domanda (15 voti favorevoli, 30 contrari e 4 astenuti). Adito dall'istante, con decisione del 6 febbraio 2019 il Consiglio di Stato ha annullato la delibera patriziale e ordinato all'Ufficio della corporazione di iscriverlo nel registro dei patrizi, risoluzione confermata dal Tribunale cantonale amministrativo con giudizio del 31 gennaio 2020. 
 
C.   
Avverso questa sentenza la Corporazione patriziale A.________ presenta un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiede, concesso al gravame l'effetto sospensivo, di annullarla unitamente a quella governativa e di rinviare la causa alla Corte cantonale per nuovo giudizio, subordinatamente di confermare la decisione dell'8 aprile 2018 dell'Assemblea patriziale. 
 
Non è stato ordinato uno scambio di scritti, ma è stato richiamato l'incarto cantonale. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. La ricorrente fonda la sua legittimazione a ricorrere sull'art. 89 cpv. 1 LTF. Ora, visto che il patriziato è una corporazione di diritto pubblico, autonoma nei limiti stabiliti dalla Costituzione e dalle leggi, proprietaria di beni d'uso comune da conservare e utilizzare con spirito viciniale a favore della comunità (art. 1 cpv. 1 della legge organica patriziale del 28 aprile 1992; LOP, RL 188.110), la legittimazione è data sulla base dell'art. 89 cpv. 2 lett. c LTF, ritenuto che la ricorrente fa valere una lesione della sua autonomia (cfr. sentenza 1C_337/2019 del 13 novembre 2019 consid. 1.2 e 2.1, destinata a pubblicazione; DTF 110 Ia 197 consid. 1; sulla costituzionalità della LOP, che riserva la fruizione dei beni patriziali e il diritto di pronunciarsi in affari patriziali ai soli appartenenti alla corporazione patriziale, vedi sentenza 2P.239/1992 del 13 maggio 1993 consid. 3a e b, apparsa in: RDAT I-1994 n. 16 pag. 29).  
 
1.2. Secondo l'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, il gravame dev'essere motivato in modo sufficiente, spiegando nei motivi perché l'atto impugnato viola il diritto. Il Tribunale federale esamina in linea di principio solo le censure sollevate (DTF 142 I 99 consid. 1.7.1 pag. 106). Quando la ricorrente, come in concreto, invoca la violazione di diritti costituzionali (diritto di essere sentito), il Tribunale federale, in applicazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, esamina le censure soltanto se siano state esplicitamente sollevate e motivate in modo chiaro e preciso (DTF 143 I 377 consid. 1.2 e 1.3 pag. 380). La stessa conclusione vale anche quando la ricorrente invoca l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove (DTF 143 II 283 consid. 1.2.2 pag. 286).  
 
1.3. La vertenza concerne l'interpretazione e l'applicazione di norme del diritto cantonale e patriziale, esaminate sotto il ristretto profilo dell'arbitrio (DTF 145 II 70 consid. 3.5 pag. 77, 32 consid. 5.1 pag. 41). Non basta quindi che la decisione impugnata sia insostenibile nella motivazione, ma occorre che lo sia anche nel risultato (DTF 143 I 321 consid. 6.1 pag. 324; 140 I 201 consid. 6.1), ciò che spetta alla ricorrente dimostrare (DTF 144 III 145 consid. 2 pag. 146). Non risulta per contro arbitrio dal semplice fatto che anche un'altra soluzione potrebbe entrare in linea di conto o sarebbe addirittura preferibile (DTF 144 I 113 consid. 7.1 pag. 124). Per poter essere ritenuta come arbitraria, la violazione del diritto dev'essere manifesta ed essere accertabile di primo acchito (DTF 144 III 145 consid. 2 pag. 146).  
 
1.4. La ricorrente fa valere una violazione del diritto di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost.), nonché una valutazione delle prove e un accertamento dei fatti arbitrari. Sostiene inoltre che la Corte cantonale si sarebbe arrogata un potere di cognizione che violerebbe il principio dell'autonomia patriziale.  
 
1.5. Il Tribunale federale esamina liberamente se l'autorità cantonale di ricorso ha rispettato il margine di apprezzamento che rientra nel campo di applicazione dell'autonomia comunale (DTF 145 I 52 consid. 3.1 in fine pag. 56; 143 II 553 consid. 6.3.1 pag. 558), ciò che vale, per analogia, anche per l'autonomia patriziale. Secondo la giurisprudenza, un abuso del potere di cognizione da parte dell'istanza di ricorso realizza di massima gli estremi dell'arbitrio (DTF 136 I 395 consid. 2 pag. 397; sentenza 1C_155/2018 del 3 ottobre 2018 consid. 3.2, in: RtiD I-2019 n. 7 pag. 39). La Corte cantonale, richiamata la sua precedente decisione, che faceva riferimento a un'altra relativa all'autonomia comunale, ha stabilito che ove non sia fatta valere una violazione del diritto secondo l'art. 150 LPO, essa non può mettere in discussione una decisione del legislativo senza esporsi al rimprovero d'essersi arrogata un potere di cognizione che disattende il principio dell'autonomia patriziale, visto che in linea di principio essa non dispone del sindacato dell'adeguatezza. Può quindi censurare l'esercizio del potere di apprezzamento solo nella misura in cui integri gli estremi dell'eccesso o dell'abuso, giacché fondato su valutazioni prive di giustificazioni oggettive, basate su considerazioni estranee alla materia o altrimenti contrarie ai principi fondamentali del diritto (DTF 143 II 120 consid. 7.2 pag. 134; 141 II 353 consid. 3 pag. 362).  
 
2.  
 
2.1. L'art. 150 LOP dispone che le singole decisioni degli organi patriziali sono annullabili se contrarie a norme della Costituzione, di legge o di regolamenti (lett. a), quando fossero state ammesse a votare persone non aventi diritto, e quando ciò abbia potuto influire sulle deliberazioni (lett. b), se la votazione non sia stata eseguita secondo le norme della legge (lett. c), se conseguenti a pratiche illecite, oppure quando vi fossero stati disordini o intimidazioni tali da presumere che i patrizi non abbiano potuto esprimere liberamente il voto (lett. d) e, infine, quando fossero violate formalità essenziali prescritte da leggi o da regolamenti (lett. e).  
 
Secondo l'art. 43 cpv. 1 LOP, lo stato di patrizio, oltre ad essere acquistato per filiazione o matrimonio (art. 41 e 42 LOP), può essere concesso dall'assemblea o dal consiglio patriziale se il richiedente è cittadino ticinese attinente del comune in cui ha sede il patriziato (lett. a), se il richiedente è cittadino ticinese domiciliato nel comune da almeno dieci anni (lett. b), oppure se egli, già membro di altro patriziato, ne domanda lo svincolo, che può essere condizionato all'acquisto del nuovo patriziato (lett. c). La procedura per l'acquisto dello stato di patrizio è stabilita dal regolamento d'applicazione della legge (art. 45 LOP). Secondo l'art. 151 cpv. 3 LOP, nell'ambito dei ricorsi contro le decisioni degli organi patriziali è applicabile la legge sulla procedura amministrativa del 24 settembre 2013 (LPAmm; RL 165.100), riservate le disposizioni di altre leggi speciali. 
 
2.2. La Corte cantonale ha accertato che, come già stabilito nel suo precedente giudizio, l'istante adempie i requisiti per postulare lo stato di patrizio, ciò che la ricorrente non contesta, litigiosa essendo la questione di sapere se l'Assemblea patriziale ha o no esercitato correttamente il potere di apprezzamento conferitole dall'art. 43 cpv. 1 LOP. Ha ritenuto che, analogamente alla procedura di naturalizzazione, limitatamente ai suoi soli aspetti formali, anche quella in esame si conclude con un atto amministrativo che definisce lo stato giuridico dell'individuo. Ne ha concluso che, sebbene la LOP affidi al legislativo del patriziato la competenza a decidere in materia, le parti interessate devono poter beneficiare in quest'ambito di tutte le garanzie derivanti dalla Costituzione federale. Gli organi del patriziato devono inoltre agire in modo non arbitrario e non discriminatorio, ragione per cui devono fare uso del vasto margine di apprezzamento di cui dispongono rispettando i principi del diritto e considerando il senso e lo scopo perseguiti dalla legislazione in materia; dev'essere inoltre garantito il diritto di essere sentito previsto dall'art. 34 LPAmm e, sussidiariamente, dall'art. 29 cpv. 2 Cost., motivo per cui la decisione dev'essere motivata, soprattutto quando è negativa.  
 
Certo, la ricorrente accenna al fatto che la questione della cittadinanza e lo stato di patrizio costituiscono due fattispecie differenti, disciplinate da normative diverse. Essa non tenta tuttavia di dimostrare che la Corte cantonale, limitando l'analogia ai soli aspetti formali e non ai requisiti materiali per la concessione delle rispettive cittadinanze, sarebbe caduta nell'arbitrio. 
 
2.3. La Corte cantonale, sottolineato lo scopo del patriziato di cui all'art. 1 cpv. 1 LOP, ha rilevato che sulla base dei materiali, esso non può in nessun caso essere inteso come un'associazione di comproprietari. È infatti improntato all'antica vicinia e svolge quindi funzioni politiche e sociali e i suoi beni devono servire tutti, patrizi o non, lo scopo finale essendo il bene comune. Occorre inoltre tener conto che con la nuova LOP il legislatore ha inteso rendere più agevole l'ottenimento della cittadinanza patriziale, anche ai fini di evitare l'indebolimento demografico. Ne ha dedotto che la natura potestativa dell'art. 43 cpv. 1 LOP dev'essere valutata alla luce di queste considerazioni, in particolare del fatto che, sebbene il legislatore cantonale non ha inteso imporre al patriziato di concedere lo stato di patrizio prescindendo dalla sua volontà, è altrettanto vero che ciò non significa ch'esso possa decidere a piacimento. Ciò poiché il parlamento cantonale ha inteso allargare la popolazione patriziale, ai fini di garantire la sopravvivenza di questo istituto. Di conseguenza, i motivi addotti per negare una candidatura devono essere pertinenti agli scopi perseguiti dalla legge e gli argomenti devono essere dibattuti in sede di plenum, sulla base dei messaggi, dei rapporti e delle discussioni. Se un cittadino ritiene d'essere a conoscenza di motivi che osterebbero alla concessione dello stato di patrizio, egli non può limitarsi a vaghe affermazioni, ma deve debitamente circostanziare i fatti che ritiene decisivi, in modo da permettere all'assemblea di decidere con cognizione di causa ed esercitare correttamente il suo potere di apprezzamento. Dal verbale delle discussioni devono pertanto essere desumibili con chiarezza i motivi che hanno condotto alla decisione assembleare, soprattutto se negativa. Ne ha concluso che solo questi sono determinanti: ragioni fornite soltanto in un secondo momento e che non risultano dal verbale non possono essere considerate, giacché non valutate dal plenum.  
 
2.4. La Corte cantonale ha rilevato che né il messaggio dell'Ufficio né il rapporto della Commissione indicano motivi a sostegno della decisione negativa poi adottata dall'Assemblea; al contrario, la Commissione ha raccomandato di concedere lo stato di patrizio all'istante. Anche dall'esame del verbale della discussione del plenum emerge che, laddove se ne comprendono le intenzioni, gli interventi sono in sostanza a favore del rilascio della cittadinanza richiesta. L'unico patrizio che ha indicato le ragioni che al suo dire osterebbero all'accoglimento dell'istanza si è limitato a indicare in modo vago che l'accettazione del richiedente avrebbe comportato "difficoltà nella gestione dell'alpe", imputandogli di "aver portato via il proprio bestiame quando nevicava" e di "aver assunto un altro alpeggio". La Corte cantonale ha stabilito che simili generiche dichiarazioni non sono per nulla idonee a giustificare il diniego della cittadinanza patriziale. Ha ritenuto quindi che dall'andamento della seduta, in particolare laddove è indicato che si è accesa una discussione, tuttavia non verbalizzata, emerge come la preoccupazione dei partecipanti era, nuovamente, indirizzata piuttosto alla tutela dei diritti degli attuali patrizi, ciò che, come illustrato nel suo precedente giudizio, è inconferente.  
I giudici cantonali hanno aggiunto che, senza che occorra esaminarne il fondamento, l'unico rimprovero mosso in modo comprensibile all'istante durante l'Assemblea, è riferito a un episodio lontano nel tempo, accaduto addirittura nel 1995, motivo per cui sarebbe comunque insuscettibile di giustificare il diniego in discussione. Hanno accertato che dagli atti non risulta che la Corporazione avrebbe mosso tempestivi rimproveri per comportamenti ritenuti contrari agli interessi del patriziato, né ciò è stato tematizzato in Assemblea. Considerato che non sono state addotte valide motivazioni per respingere la richiesta, determinante risulta quindi essere l'interesse a mantenere una sufficiente popolazione patrizia. Ne hanno concluso che l'Assemblea ha adottato una decisione lesiva del diritto, siccome fondata su un esercizio abusivo del potere di apprezzamento. 
 
3.  
 
3.1. La ricorrente fa valere che la Corte cantonale avrebbe accertato i fatti in modo manifestamente inesatto, in violazione del diritto di essere sentito e del divieto dell'arbitrio, motivo per cui il Tribunale federale dovrebbe rettificarli o completarli d'ufficio, visto che l'eliminazione di questo vizio sarebbe determinante per l'esito del procedimento (art. 105 cpv. 2 in relazione con l'art. 97 cpv. 1 LTF; DTF 142 II 355 consid. 6 pag. 358). Le critiche si incentrano in sostanza sulla circostanza che il Tribunale cantonale amministrativo ha considerato unicamente le argomentazioni verbalizzate durante l'Assemblea, senza valutare i motivi ulteriormente addotti e documentati nell'ambito della susseguente procedura ricorsuale.  
 
3.2. La ricorrente insiste a torto sul fatto che il Tribunale cantonale amministrativo non ha tenuto conto delle sue affermazioni e delle prove da essa prodotte nel ricorso e nell'ambito della replica e triplica, con le quali sarebbero stati debitamente evidenziati gli asseriti comportamenti scorretti ai quali avrebbe fatto riferimento la persona intervenuta durante l'Assemblea e che, al suo dire, avrebbe portato la maggioranza dei partecipanti a rifiutare l'istanza. La Corte cantonale avrebbe accertato in maniera arbitraria il contenuto del verbale dell'Assemblea, che indicherebbe i rimproveri mossi all'istante, poi ripresi, con maggiori dettagli, nell'ambito della procedura ricorsuale. Sostiene che sarebbe eccessivo pretendere che durante un'assemblea fatti ed episodi non dovrebbero solo essere discussi, ma anche verbalizzati in maniera circostanziata, ritenuto del resto che nel caso in esame i partecipanti conoscono l'istante. La Corte cantonale avrebbe quindi dovuto esaminare nel merito le asserzioni contenute negli allegati ricorsuali, dove sono riferiti episodi che dimostrerebbero come l'istante non avrebbe mai perseguito gli scopi di collaborazione comune e di solidarietà prescritti dalla LOP; non facendolo, essa avrebbe adottato una decisione arbitraria, non solo nella motivazione, ma anche nel risultato.  
 
3.3. La tesi, sulla quale è incentrato il gravame, è priva di fondamento. Certo, il diritto di essere sentito comprende il diritto dell'interessato di offrire prove pertinenti e di ottenerne l'assunzione (DTF 145 I 167 consid. 4.1 pag. 170 seg.; 140 I 99 consid. 3.4 pag. 102 seg.).  
 
Il Tribunale cantonale amministrativo, senza violare l'invocato diritto, sulla base di un apprezzamento anticipato delle prove per nulla arbitrario, poteva tuttavia rinunciare a esaminare quelle prodotte dalla ricorrente durante la procedura giudiziaria (DTF 144 II 427 consid. 3.1.3 pag. 435; 142 I 86 consid. 2.2 pag. 89); né si è, pertanto, in presenza di un accertamento incompleto e quindi arbitrario dei fatti. La Corte cantonale non era neppure tenuta a sottoporre in anticipo alle parti le considerazioni giuridiche ch'essa avrebbe poi posto a fondamento del suo futuro giudizio, delle quali la ricorrente poteva aspettarsi la pertinenza (DTF 145 I 167 consid. 4.1 pag. 171). 
 
La ricorrente sostiene del resto a torto che la decisione impugnata non sarebbe sufficientemente motivata, ritenuto che nella stessa è chiaramente spiegato perché le prove prodotte durante la procedura ricorsuale, non possono essere considerate, visto che il plenum non ha potuto esaminarle e, se del caso, condividerle. Questa motivazione adempie l'obbligo di motivare le sentenze, poiché spiega compiutamente perché i nuovi mezzi di prova non sono pertinenti (DTF 142 II 154 consid. 4.2 pag. 157). 
 
3.4. Ora, accertato che, contravvenendo al suo obbligo di motivazione (art. 42 LTF), la ricorrente non dimostra del tutto che l'accertamento, secondo cui dal verbale assembleare non risultano rimproveri concreti, sarebbe arbitrario, questa constatazione essendo peraltro corretta, mal si comprende, né la ricorrente tenta di spiegarlo, perché quelli mossi all'istante, asseritamente fondati su fatti intervenuti anni or sono, non avrebbero potuto essere indicati tempestivamente, se del caso nel messaggio dell'Ufficio o nel rapporto della Commissione e poi discussi nel plenum, e non addotti soltanto in seguito in maniera dilatoria (cfr. DTF 138 I 97 consid. 4.1.5 pag. 101 e rinvii), ciò anche allo scopo di evitare eludibili susseguenti procedure giudiziarie. Tali fatti si riferiscono in effetti al preteso numero di bovini in affitto alpeggiati dall'istante negli anni 2013-2018, e a bestiame asseritamente caricato sull'Alpe dall'istante senza preventivamente avvisare l'Ufficio negli anni 2010 e 2015, quindi noti da anni alla ricorrente.  
 
3.5. Del resto, la conclusione dei giudici cantonali secondo cui, qualora siano adempiuti i requisiti per la concessione dello stato di patrizio, la natura potestativa dell'art. 43 cpv. 1 LOP permetterebbe di adottare un rifiuto soltanto qualora i relativi motivi siano stati discussi in sede di plenum, non è insostenibile e quindi arbitraria. Spetta infatti all'assemblea valutare nel merito e pronunciarsi sull'istanza e sui fatti addotti, decidendo poi con cognizione di causa sulla loro portata: non compete infatti al Consiglio di Stato né, come a torto sostenuto dalla ricorrente, ai giudici cantonali pronunciarsi sulla base di fatti sui quali i patrizi non hanno potuto esprimersi durante l'assemblea. Proprio la sovranità di decisione spettante all'Assemblea patriziale, sulla quale insiste rettamente la ricorrente, imponeva ch'essa potesse e dovesse esprimersi sui fatti ed episodi addotti dinanzi alla Corte cantonale, dai quali risulterebbe l'asserita carenza di spirito corporativo, collaborativo e solidale dell'istante. In effetti, i giudici cantonali hanno rettamente stabilito che dal verbale in esame non risultano motivi che potrebbero giustificare il diniego litigioso (sull'obbligo dell'autorità, desumibile dal diritto di essere sentito, di allestire un incarto, rispettivamente di verbalizzazione cfr. DTF 142 I 86 consid. 2.2 pag. 89; 141 I 60 consid. 4.3 pag. 67; sentenza 1D_1/2019 del 18 dicembre 2019 consid. 2-4, destinata a pubblicazione).  
 
Certo, il Tribunale federale non esclude, di massima, che la motivazione possa essere precisata a posteriori: esso reputa nondimeno inammissibile soggiungere in un secondo tempo motivi del tutto nuovi. La questione di sapere se si tratti di una precisazione a posteriori, nel senso di un chiarimento o di un'inammissibile aggiunta di motivi, non può essere decisa in maniera astratta, ma soltanto sulla base degli elementi fattuali concreti (DTF 138 I 305 consid. 2.3 pag. 314 seg.). Visto che nel caso in esame i partecipanti non hanno potuto esprimersi sugli asseriti fatti ed episodi addotti dalla ricorrente nel quadro della procedura giudiziaria, non si può ritenere ch'essi, non discussi e non sottoposti al voto dell'assemblea, siano stati condivisi e approvati dalla maggioranza dei presenti. La ricorrente parrebbe disattendere che la sua richiesta, secondo cui il Tribunale cantonale amministrativo dovrebbe esaminare la pertinenza delle nuove prove documentali prodotte e decidere quindi sulla concessione o no dello stato di patrizio, è contraddittoria. Qualora la Corte cantonale, per di più quale prima e unica istanza cantonale, decidesse liberamente, e quindi irritamente, sulla concessione dello stato di patrizio, sostituendo il suo limitato potere discrezionale a quello dell'assemblea patriziale competente, essa violerebbe infatti la libertà di decisione rientrante nell'autonomia patriziale (cfr. DTF 145 I 52 consid. 3.6 pag. 57; sentenza 1C_639/2018 del 23 settembre 2019 consid. 3.1.3). 
 
4.   
Ne segue che, in quanto ammissibile, il ricorso dev'essere respinto. Non si prelevano spese (art. 66 cpv. 4 LTF). Non si attribuiscono ripetibili della sede federale a B.________, che non è stato invitato a esprimersi sul ricorso. 
 
L'emanazione del presente giudizio rende priva d'oggetto la domanda di effetto sospensivo. 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.   
Non si prelevano spese giudiziarie. 
 
3.   
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 31 marzo 2020 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Chaix 
 
Il Cancelliere: Crameri