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Eidgenössisches Versicherungsgericht 
Tribunale federale delle assicurazioni 
Tribunal federal d'assicuranzas 
 
Corte delle assicurazioni sociali 
del Tribunale federale 
 
Causa 
{T 7} 
H 93/01 
H 169/01 
 
Sentenza del 27 gennaio 2003 
IIIa Camera 
 
Composizione 
Giudici federali Borella, Presidente, Meyer, Gianella, supplente; Grisanti, cancelliere 
 
Parti 
H 93/01 
C.________, ricorrente, rappresentato dall'avv. dott. Arnaldo Bolla, Piazza Cioccaro 8, 6900 Lugano, 
 
 
H 169/01 
1. A.P.________, 
2. M.P.________, ricorrenti, 
rappresentati dall'avv. Silvio Pestelacci, Via Valdani 2, 6830 Chiasso, 
 
contro 
 
Cassa di compensazione PROMEA, Ifangstrasse 8, 8952 Schlieren, opponente, 
 
Istanza precedente 
Tribunale cantonale delle assicurazioni, Lugano 
 
(Giudizio del 22 marzo 2001) 
 
Fatti: 
A. 
La società X.________ di R.________, costituita il 21 marzo 1968, è stata dichiarata fallita il 14 luglio 1999, dopo che il Pretore di M.________, con decreto 22 giugno 1998, aveva concesso una moratoria concordataria, poi revocata in data 18 giugno 1999. Il consiglio di amministrazione era composto di M.P.________ - vicepresidente e vicedirettore dal 19 luglio 1996 al 10 dicembre 1997 quindi, successivamente, presidente e vicedirettore fino al 5 febbraio 1998 -, nonché - dal 19 luglio 1996 fino alla dichiarazione di fallimento - di A.P.________, amministratore delegato, e di B.________, membro del consiglio. Iscritto a Registro di commercio figurava infine C.________, direttore e membro di detto consiglio dal 19 luglio 1996 al 9 luglio 1998. 
 
Con tre distinte decisioni del 29 giugno 1999, la cassa di compensazione Promea, constatato di avere subito un danno di fr. 119'378.50 a causa del mancato pagamento dei contributi sociali da parte della X.________ per il periodo da dicembre 1997 a marzo 1998, ne ha postulato il risarcimento, in via solidale, da A.P.________, B.________ e C.________. La Cassa ha quindi, in data 20 agosto 1999, notificato una decisione di risarcimento danni, per il medesimo importo, pure a M.P.________. 
B. 
A seguito dell'opposizione interposta dagli interessati, la Cassa ha promosso nei loro confronti azione dinanzi al Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino, chiedendone la condanna al risarcimento del predetto importo con vincolo di solidarietà. 
 
Mediante pronuncia 22 marzo 2001, la Corte cantonale, congiunte le procedure, ha accolto le quattro petizioni condannando i convenuti, patrocinati dall'avv. Silvio Pestelacci, al pagamento del chiesto importo. 
C. 
Avverso il giudizio cantonale A.P.________ e M.P.________, sempre patrocinati dall'avv. Pestelacci, interpongono ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale delle assicurazioni, al quale chiedono, in accoglimento del gravame, l'annullamento del giudizio impugnato e la reiezione della petizione. 
 
Contro la pronuncia cantonale si è pure aggravato, con il patrocinio dell'avv. dott. Arnaldo Bolla, C.________, il quale, al pari degli altri insorgenti, postula l'annullamento del giudizio di prima istanza nonché la reiezione della petizione. 
 
Mentre la Cassa propone la conferma della pronuncia impugnata, l'Ufficio federale delle assicurazioni sociali ha rinunciato a determinarsi. 
 
Diritto: 
1. 
I ricorsi di A.P.________ e M.P.________ nonché di C.________ concernono fatti di ugual natura e pongono gli stessi temi di diritto materiale, per cui si giustifica la congiunzione delle cause e la resa di una sola sentenza (DTF 123 V 215 consid. 1, 120 V 466 consid. 1 e riferimenti; Poudret, Commentaire de la loi fédérale d'organisation judiciaire, vol. I, pag. 343 seg.). 
2. 
2.1 Qualora la lite non verta sull'assegnazione o il rifiuto di prestazioni assicurative, il Tribunale federale delle assicurazioni deve limitarsi ad esaminare se il giudizio di primo grado abbia violato il diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere d'apprezzamento, oppure se l'accertamento dei fatti sia manifestamente inesatto, incompleto od avvenuto violando norme essenziali di procedura (art. 132 OG in relazione con gli art. 104 lett. a e b e 105 cpv. 2 OG). 
2.2 Oggetto della lite è il risarcimento di danni per il mancato pagamento di contributi AVS/AI/IPG/AD e AF. Ora per quel che attiene a quest'ultima categoria di contributi, essa è di diritto cantonale, per cui sfugge al controllo giudiziale del Tribunale federale delle assicurazioni (DTF 124 V 146 consid. 1 e riferimento). Nella misura in cui concerne danni addebitabili al non avvenuto versamento di simili contributi, il ricorso di diritto amministrativo è quindi irricevibile. 
3. Sul ricorso di A.P.________ e M.P.________ 
 
A.P.________ e M.P.________ censurano l'operato della Corte cantonale, oltre che per ragioni di merito, anche per motivi d'ordine formale. 
3.1 I ricorrenti fanno valere, in primo luogo, una violazione del diritto di essere sentito, non avendo i primi giudici né esaminato né valutato le argomentazioni esposte, in particolare quelle riferite al periodo entrante in linea di conto, compreso tra il 1° gennaio 1998 e il 31 marzo 1998. Gli interessati sostengono che il giudizio cantonale non avrebbe valutato correttamente il contesto concreto in cui si sono verificati i fatti, dimenticando segnatamente di considerare che la X.________ agli inizi del 1998 non si sarebbe trovata in una situazione di sovraindebitamento (circostanza comprovata dal rapporto di revisione 2 aprile 1998 annesso al bilancio 1997), che al momento dell'inoltro della moratoria concordataria (15 giugno 1998) vi sarebbe stata una riserva di commesse acquisite valutata in oltre dieci milioni di franchi, che il 6 aprile 1998 la società avrebbe stipulato un importante contratto con un ente pubblico (Casa T._________) e che la Banca dello Stato di M._________ non avrebbe prestato fede alla disponibilità di principio espressa il 3 febbraio 1998 in merito alla concessione di una garanzia bancaria di fr. 320'000.- relativa ad un'importante commessa in corso di esecuzione a B.________. 
3.2 Preliminarmente deve pertanto essere valutato se sia ravvisabile una violazione del diritto di essere sentito di cui all'art. 29 cpv. 2 Cost., come lo pretendono i ricorrenti laddove si aggravano del fatto che i primi giudici non si sarebbero confrontati con le argomentazioni ricorsuali, disattendendo così il diritto di ottenere una decisione motivata. 
 
Ai sensi dell'art. 29 cpv. 2 Cost. le parti hanno diritto d'essere sentite. Per costante giurisprudenza, dal diritto di essere sentito deve in particolare essere dedotto il diritto per l'interessato di esprimersi prima della resa di una decisione sfavorevole nei suoi confronti, quello di fornire prove circa i fatti suscettibili di influire sul provvedimento, quello di poter prendere visione dell'incarto, quello di partecipare all'assunzione delle prove, di prenderne conoscenza e di determinarsi al riguardo (DTF 127 I 56 consid. 2b, 127 III 578 consid. 2c, 126 V 130 consid. 2a; cfr., riguardo al previgente art. 4 cpv. 1 vCost., la cui giurisprudenza si applica anche alla nuova norma, DTF 126 I 16 consid. 2a/aa, 124 V 181 consid. 1a, 375 consid. 3b e sentenze ivi citate). 
 
Il diritto di essere sentito comprende pure il diritto di ottenere una decisione motivata, che impone all'autorità di pronunciarsi nei considerandi sulle allegazioni delle parti, riferendosi agli argomenti da esse addotti. Con siffatto obbligo si vuole evitare che l'autorità, nell'esercizio dei suoi poteri decisionali, si lasci guidare da ragioni non pertinenti e, d'altro canto, si intende mettere in grado il cittadino di farsi una chiara idea della portata della decisione che lo riguarda per poterla, se del caso, impugnare. A tal fine, ogni atto decisionale deve menzionare, anche se brevemente, le considerazioni che ne hanno determinato il convincimento, ritenuto comunque che l'autorità non è tenuta a prendere esplicitamente posizione su ogni allegazione di fatto o di diritto, ma può limitarsi ai punti essenziali e all'esame delle argomentazioni di parte atte a influire sul giudizio (DTF 121 III 331 consid. 3b; Albertini, Der verfassungsmässige Anspruch auf rechtliches Gehör im Verwaltungsverfahren des modernen Staates, Berna 2000, pag. 368 seg. con numerosi rinvii). 
 
Orbene, seppur in maniera molto sintetica e senza esprimersi su tutti gli elementi addotti - che, per quanto si dirà ancora in seguito, non necessitavano comunque di particolare disamina non essendo atti a stravolgere la valutazione in oggetto -, i primi giudici, fondando in sostanza la responsabilità dei ricorrenti sul fatto che, in qualità di organi della società, non avrebbero potuto, a dipendenza della grave situazione finanziaria che attanagliava da tempo la fallita, differire (per troppo tempo) il pagamento degli oneri sociali e oggettivamente presumere di soddisfare entro breve le pretese della Cassa, hanno sufficientemente motivato il giudizio senza con ciò ledere il diritto di essere sentito degli insorgenti. 
3.3 Nel merito si tratta ora di esaminare se A.P.________ e M.P.________ siano da considerare responsabili giusta l'art. 52 LAVS per il danno occorso alla Cassa in seguito al mancato pagamento dei contributi sociali. 
 
Nei considerandi del querelato giudizio, cui si rinvia, la Corte cantonale ha già correttamente ricordato che i presupposti a fondamento dell'obbligo di risarcimento ai sensi dell'art. 52 LAVS sono, oltre all'esistenza di un danno, la violazione delle prescrizioni vigenti in materia di contributi paritetici da parte del datore di lavoro e l'intenzionalità o la negligenza grave di quest'ultimo. In sostanza, l'obbligo di conteggiare e versare i contributi da parte del datore di lavoro - nella cui nozione sono compresi pure gli organi di una società anonima - è un compito prescritto dal diritto pubblico. A questo riguardo il Tribunale federale delle assicurazioni ha più volte rilevato che il venir meno a detto compito costituisce una violazione di prescrizioni ai sensi dell'art. 52 LAVS e comporta il risarcimento integrale del danno (DTF 118 V 195 consid. 2a e sentenze ivi citate). 
 
Occorre però esaminare se speciali circostanze legittimassero il datore lavoro a non versare i contributi o potessero scusarlo dal procedervi (DTF 108 V 186 consid. 1b e 193 consid. 2b; cfr. pure DTF 121 V 244 consid. 4b). L'obbligo del datore di lavoro e dei suoi organi responsabili di risarcire il danno alla cassa sarà negato, e di conseguenza decadrà, se questi sostiene e prova motivi di giustificazione, rispettivamente di discolpa (DTF 108 V 187 consid. 1b). 
3.4 Gli insorgenti invocano tutta una serie di motivi di giustificazione e di discolpa che li scagionerebbe dalle proprie responsabilità e dimostrerebbe la possibilità, per gli stessi, di effettuare, nel corso del primo semestre 1998, il pagamento dei contributi sociali, il cui differimento sarebbe avvenuto solo provvisoriamente. Essi fanno inoltre valere un abuso o comunque un eccesso nel potere di apprezzamento, in quanto il Tribunale cantonale, pur essendo a conoscenza di circostanze oggettive e comprovate, avrebbe addebitato agli interessati un unico elemento, ossia il ritardo nel pagamento degli oneri sociali. In particolare, A.P.________ e M.P.________ asseriscono che si sia dato eccessivo rilievo all'aspetto di natura temporale, dimenticando per contro di considerare altri elementi che meritavano di essere approfonditi. 
3.4.1 In primo luogo, i ricorrenti equivocano quando ritengono che i primi giudici avrebbero rimproverato alla X.________ di aver differito, con la domanda di moratoria concordataria, una fine ormai divenuta inevitabile. In realtà, la Corte cantonale non ha considerato la moratoria come un fatto di per sé negativo, essendosi limitata ad osservare che "neanche la concessione della moratoria concordataria poteva indurre a pensare che il pagamento degli oneri sociali potesse avvenire entro breve tempo". Per il resto va rilevato che i tre versamenti avvenuti nel corso del primo trimestre del 1998, ai quali si appellano i ricorrenti nel tentativo di mettere in evidenza una situazione finanziaria in fase di risanamento, sono di fatto serviti a pagare gli scoperti preesistenti relativi ai mesi settembre-novembre 1997, per i quali la società era già in mora da tempo (cfr. art. 34 cpv. 1, 3 e 4 OAVS nella versione applicabile in concreto, in vigore fino al 31 dicembre 2000). 
3.4.2 Né i ricorrenti possono fare valere quale valido motivo di giustificazione o di discolpa l'invocata prospettiva di risolvere l'operazione immobiliare relativa al Consorzio P.________, nella quale la società si sarebbe lasciata coinvolgere insieme ad altri tre promotori. 
 
Gli insorgenti accennano all'esistenza di un potenziale acquirente delle quote immobiliari spettanti alla X.________ e alla conseguente immissione di liquidità che avrebbe consentito di risollevare le sorti della società. Siffatta argomentazione non è però di pregio. Va infatti evidenziato che i ricorrenti non indicano elementi decisivi a sostegno della loro tesi, ad eccezione del riferimento a un doc. R, in forza del quale intenderebbero dimostrare che la X.________ disponeva di una quota di proprietà per piani del valore di fr. 2'360'000.- attribuitale sulla base di un riparto, peraltro evanescente. Orbene, a prescindere da tale elemento e dall'indicazione a "bilancio provvisorio" - allegato dal commissario alla domanda 17 dicembre 1998 di "proroga della moratoria concordataria e istanza di trasformazione in moratoria per l'ottenimento di un concordato con abbandono dell'attivo" -, gli atti all'inserto sono ben lungi dal dimostrare il reale valore (se non addirittura l'esistenza) di una quota di proprietà per piani di pertinenza della X.________. E nemmeno vi è indicazione alcuna sull'identità e sulla solvibilità dei potenziali acquirenti. Quanto fosse aleatoria l'operazione risulta poi anche dalle dichiarazioni formulate dallo stesso avv. Pestelacci in sede di istanza di moratoria concordataria 15 giugno 1998, in occasione della quale il patrocinatore di A.P.________ e M.P.________ aveva riferito come, contrariamente alle aspettative, non fosse stato possibile realizzare una celere chiusura dell'operazione con conseguente vendita dello stabile al momento della sua ultimazione e come la partecipazione in questione gravasse ancora pesantemente sui bilanci della società per oltre fr. 1'500'000.-. Ancora più eloquente appare quindi l'istanza di revoca della moratoria concordataria, da cui risulta che la trattativa per la cessione della partecipazione P.________ si era "immediatamente interrotta in quanto la banca aveva preteso che qualsiasi introito derivante da tale partecipazione andasse in via prioritaria a decurtare il debito ipotecario, fatto questo che non avrebbe portato alcun beneficio alla società". 
 
Già solo per quanto esposto, è evidente che i ricorrenti non potevano ragionevolmente riporre fondate speranze nel buon esito dell'operazione e nel pagamento, entro breve, degli scoperti contributivi. 
3.4.3 Tanto meno può essere seguita la tesi dei ricorrenti nella misura in cui, facendo notare come la società gestisse una cifra d'affari annua di oltre 15 milioni di franchi, una massa salariale di oltre 4 milioni di franchi e una spesa per oneri alle assicurazioni sociali di circa fr. 681'000.-, tendono a minimizzare, per rapporto all'attività globale della X.________, lo scoperto di fr. 119'378.50 (pari a circa il 2,5% della massa salariale e contributiva annua) rivendicato dalla Cassa e cercano così di dimostrare gli sforzi intrapresi e la volontà di contenere lo scoperto nei confronti della Cassa. 
 
Dalla documentazione agli atti si evince che la Cassa, a partire dal 1996, ha sempre dovuto sollecitare la X.________, siccome in mora nel pagamento, e adire le vie esecutive per potere incassare i contributi paritetici. Dagli atti risulta inoltre che la fallita aveva importanti problemi di liquidità, anche riconducibili al fatto che negli anni 1995-1997 erano state registrate perdite d'esercizio non indifferenti, superiori a fr. 200'000.-. I dati contabili sono al proposito incontrovertibili. Il capitale proprio è passato da fr. 1'199'654.72 nel 1996 a fr. 915'147.19 nel 1997, la liquidità da fr. 50'294.32 nel 1996 a fr. 34'613.17 nel 1997, gli averi presso le banche da fr. 800'065.95 nel 1996 sono diminuiti a fr. 142'869.16 nel 1997, la posta passiva per creditori è passata da fr. 3'944'501.17 nel 1996 a fr. 4'652'077.36 nel 1997, mentre quella attiva per debitori da fr. 1'816'153.89 nel 1996 è scesa a fr. 964'293.55 nel 1997. 
 
Tutto ciò evidenzia con chiarezza che la società, già da tempo, denotava problemi di liquidità e non poteva più attingere alle riserve accumulate in precedenza. La società non era pertanto più legittimata a versare ai dipendenti salari d'entità tale da non più consentire la copertura delle pretese contributive dovute per legge sui medesimi (SVR 1995 AHV no. 70 pag. 214 consid. 5). Già solo per avere disatteso questo principio, il comportamento degli organi della fallita doveva essere considerato gravemente negligente. 
 
Ma vi è di più. Il fatto che a partire dal 1996 la mora nel pagamento dei contributi paritetici sia divenuta cronica e non riconducibile a difficoltà finanziarie o di liquidità momentanee, fa sì che la scelta di differire il versamento dei contributi paritetici non poteva considerarsi - secondo una valutazione ragionevole - obiettivamente indispensabile per la sopravvivenza della società, né la X.________ poteva oggettivamente presumere di soddisfare entro breve termine la Cassa (DTF 108 V 188; RCC 1992 pag. 261 consid. 4b). Per convincersi di ciò, basta la lettura del verbale di riunione del comitato direttivo della fallita del 23 ottobre 1997, dal quale risulta in tutta evidenza che non poteva darsi alcuna seria ipotesi di prosecuzione dell'attività aziendale, ritenuto che le commesse acquisite non sarebbero comunque state remunerative. Di rilievo è pure l'affermazione resa in quella sede da P.________ (allora presidente del consiglio di amministrazione), il quale sottolineava come non si potesse protrarre una situazione come quella venuta a crearsi a meno che non intervenissero fattori esterni ormai però da tempo vanamente attesi. 
 
Avendo per troppo tempo - e in cognizione delle gravi e perduranti difficoltà di ordine finanziario che affliggevano la società - tollerato il differimento del pagamento degli oneri sociali, quando invece esso sarebbe eccezionalmente stato possibile solo per un periodo di breve durata (DTF 108 V 188; RCC 1992 pag. 261 consid. 4b), i ricorrenti non possono respingere l'addebito di grave negligenza mosso loro dai primi giudici, il cui operato può senz'altro essere ritenuto conforme ai principi legali e giurisprudenziali sviluppati da questo Tribunale (cfr. per es. sentenze del 13 novembre 2001 in re M., H 210/01, consid. 3, 1° giugno 2001 in re V., H 51/01, consid. 2b; da non confondere con quanto formulato in DTF 121 V 244 consid. 4b, nel cui ambito questa Corte ha avuto modo di stabilire che, da sola, la breve durata del mancato pagamento dei contributi sociali non è sufficiente per negare una grave negligenza del datore di lavoro). 
3.5 Accertato l'obbligo di risarcimento, deve ora essere esaminato l'ammontare del danno. 
 
A.P.________ e M.P.________ ritengono che la ricostruzione contabile eseguita dai primi giudici alla ricerca dell'esatto quantum dovuto alla Cassa - i dati forniti da quest'ultima essendo confusi, contraddittori e inattendibili - sarebbe viziata da un errore essenziale perché si fonderebbe su cifre teoriche e non terrebbe minimamente conto del conguaglio di fine 1998. Facendo notare come le somme richieste a titolo di acconto per i primi tre mesi del 1998, calcolate sulla base della massa salariale dell'anno precedente, eccederebbero senz'altro l'importo effettivamente dovuto, i ricorrenti si oppongono alla determinazione del danno effettuata dalle precedenti istanze, riconoscendo tutt'al più l'importo di fr. 21'990.20, corrispondente al totale dei contributi effettivamente rimasti scoperti per l'anno 1997. 
3.5.1 Con riferimento a M.P.________, va osservato che egli è rimasto nel consiglio di amministrazione della X.________ solo fino al 5 febbraio 1998, di modo che la sua responsabilità nei confronti della Cassa deve essere limitata agli scoperti relativi al 1997. Infatti, ritenuto che la fallita doveva procedere a pagamenti mensili e che i contributi divenivano esigibili entro dieci giorni dalla scadenza del periodo di pagamento (art. 34 cpv. 4 OAVS nella versione, applicabile in concreto, in vigore fino al 31 dicembre 2000), i contributi di gennaio 1998 dovevano essere versati entro il 10 febbraio 1998, quando però M.P.________ non era più in grado di influenzare le deliberazioni societarie. Ne consegue che egli dovrà risarcire alla Cassa, con vincolo di solidarietà, solo l'importo di fr. 21'990.20, come peraltro da lui ammesso. In questa misura, il ricorso di diritto amministrativo di M.P.________ deve essere accolto. 
3.5.2 Per quanto attiene alla determinazione del danno dovuto da A.P.________, accertato - pacificamente - che esso ammonta a fr. 21'990.20 per il 1997, si tratta di determinare quello riferito ai mesi gennaio - marzo 1998. 
 
Dalla copiosa documentazione contabile agli atti risulta che, mediante decisione ("tassazione d'ufficio") del 18 maggio 1998, cresciuta in giudicato, la Cassa ha fissato in fr. 42'538.15 i contributi paritetici per il mese di gennaio 1998. In seguito - una prima volta l'8 marzo 2000 e successivamente il 26 settembre 2000 - essa ha rivisto tale importo, determinandolo in fr. 45'673.40, rispettivamente in fr. 43'344.85 in considerazione delle spese d'intimazione, di tassazione e di esecuzione, nonché di una deduzione di fr. 2'345.25 per un corrispondente importo di indennità per perdita di guadagno che inizialmente, erroneamente, non era stato computato per l'anno 1998. Ritenuto come il provvedimento del 18 maggio 1998 faccia riferimento, per le spese, a due distinti periodi di tassazione (dicembre 1997 e gennaio 1998) senza specificare il dettaglio relativo a ciascun periodo, si giustifica di considerare l'importo, maggiormente favorevole per il ricorrente, di fr. 40'192.90 (42'538.15 - 2'345.25). 
 
Per febbraio 1998 si registra per contro convergenza numerica sull'importo complessivo di fr. 45'573.40, così come risulta dalla tassazione d'ufficio del 29 maggio 1998, anch'essa cresciuta in giudicato. Tale dato può essere ripreso, non essendo ravvisabili elementi che facciano concludere per una determinazione dei contributi indubbiamente erronea (RCC 1991 pag. 132). 
 
Per il mese di marzo 1998 vi è pure una decisione di tassazione d'ufficio del 24 giugno 1998 di fr. 45'573.40, comprensiva delle spese. Manca tuttavia la prova della sua crescita in giudicato. Per contro, sia l'atto 8 marzo 2000 che quello del 26 settembre 2000 attestano una pretesa della Cassa limitata a fr. 28'157.50. In tali condizioni, questa Corte deve dipartirsi da quest'ultimo dato, maggiormente favorevole per il ricorrente. Non può per contro essere seguita la tesi di A.P.________ secondo cui il danno vantato dalla Cassa non sarebbe "effettivo e reale ma del tutto ipotetico in quanto fondato su semplici acconti". Tenuto conto della sensibile diminuzione dell'importo ritualmente dedotto in giudizio - fr. 28'157.50 a fronte di fr. 45'573.40 precedentemente fatto valere - incombeva al ricorrente dimostrare l'intervento di una diminuzione di dipendenti della X.________ ancora superiore rispetto a quanto già riconducibile alla differenza tra i due importi citati. 
 
Riassumendo, la pretesa complessiva di risarcimento danni relativa ai contributi paritetici insoluti per il periodo dicembre 1997 - marzo 1998 ammonterebbe a fr. 135'914.- (fr. 21'990.20 + fr. 40'192.90 + fr. 45'573.40 + fr. 28'157.5). Avendo tuttavia la Cassa limitato l'importo fatto valere complessivamente in sede di petizione a fr. 119'378.50, corrispondente peraltro a quanto richiesto nella pregressa decisione amministrativa del 29 giugno 1999, A.P.________ dovrà versare solo l'importo chiesto in sede di petizione (cfr. art. 81 cpv. 3 OAVS; DTF 108 V 198 consid. 6; cfr. pure DTF 122 V 69 consid. 4c). 
4. 
Sul ricorso di C.________. 
4.1 C.________, oltre a contestare l'ammontare del danno, fa notare di avere inoltrato in data 11 agosto 1997 le dimissioni quale membro e segretario del consiglio d'amministrazione della X.________, come pure di avere disdetto il rapporto di lavoro per fine novembre 1997. Rileva infine che a partire dal 23 ottobre 1997 sarebbe stato A.P.________ a stabilire i pagamenti da effettuare. Il ricorrente sostiene pertanto di non essere responsabile del danno occorso a seguito del mancato versamento dei contributi per il quadrimestre dicembre 1997 - marzo 1998. Per quanto concerne il periodo successivo al 31 ottobre 1997, egli contesta che sia intervenuto un aggravamento del danno e rileva la mancanza del necessario nesso di causalità fra eventuali sue azioni o omissioni in quel periodo e il danno (preesistente), quest'ultimo essendosi già manifestato in precedenza e lo scoperto contributivo essendosi anzi ridotto da fr. 230'800.90 (fine ottobre 1997) a fr. 173'535.60 (fine novembre 1997). 
4.2 Va in primo luogo osservato che se è vero che C.________ ha inoltrato le dimissioni l'11 agosto 1997 da membro e segretario del consiglio di amministrazione della X.________ nonché da direttore amministrativo della società, è altrettanto vero che le stesse erano state "provvisoriamente congelate in attesa di ulteriori decisioni" e che solo il 10 aprile 1998 l'interessato aveva confermato la sua volontà di rinunciare - irrevocabilmente e con effetto immediato - alle cariche presso la società. Ora, ritenuto che la dichiarazione di dimissione da membro del consiglio di amministrazione di una società anonima, quale atto formatore risolutivo e ricettizio (Wernli, in: Commentario basilese, 2a ed., n. 5 all'art. 711 CO), esplica i propri effetti nel momento in cui giunge nelle sfera d'influenza del destinatario (cfr. DTF 113 II 259) e che, nel caso di specie, in assenza di altre indicazioni, nella migliore delle ipotesi per il ricorrente, tale scritto può essere pervenuto a destinazione al più presto l'11 aprile 1998, quando, in virtù del disposto di cui all'art. 34 cpv. 4 OAVS, anche i contributi per il mese di marzo 1998 erano divenuti esigibili, se ne deve dedurre che C.________, dovessero realizzarsi gli ulteriori presupposti (cfr. consid. 3.3), resta responsabile per il loro pagamento. 
4.3 Gli argomenti addotti da C.________ a giustificazione o a discolpa del proprio operato non sono invocabili quali esimenti. Accettando, a partire dal 19 luglio 1996, la carica di membro del consiglio di amministrazione e di direttore amministrativo - con una rimunerazione di fr. 11'779.- lordi mensili - l'interessato, dal quale si poteva pretendere che disponesse di sufficienti conoscenze gestionali e contabili tali da consentirgli di comprendere tempestivamente e in termini agevoli l'evolversi della situazione finanziaria e di agire di conseguenza, si è assunto anche i relativi obblighi. Ora, i periodi di prolungata illiquidità della società dovevano indurlo a seguire con maggiore attenzione l'andamento societario, tanto più che, come risulta dal verbale 23 ottobre 1997 del comitato direttivo, egli stesso aveva riconosciuto la gravità della situazione finanziaria della ditta. Per quanto esposto, se l'interessato non avesse voluto incorrere nei rischi correlati alla responsabilità di cui all'art. 52 LAVS - di cui doveva conoscerne l'esistenza -, avrebbe dovuto rendere effettive le dimissioni inoltrate l'11 agosto 1997 e non lasciarsi convincere a "congelarle" (e pertanto a ritirarle) fino al 10 aprile 1998. 
 
L'atteggiamento del ricorrente denota una grave disattenzione dell'art. 52 LAVS che, per quanto già evidenziato in precedenza (consid. 3.4.3), lo rende responsabile, in solido con A.P.________ e M.P.________, del danno subito dalla Cassa nei termini stabiliti al consid. 3.5.2. Irrilevante è quindi l'argomento secondo cui sarebbe stato A.P.________ a stabilire, a partire dal 23 ottobre 1997, quali pagamenti effettuare. Quale direttore amministrativo e membro del consiglio di amministrazione, C.________ doveva dare prova di tutta la diligenza necessaria alla corretta gestione degli affari sociali, non essendo per contro sufficiente il solo ossequio della diligentia quam in suis (DTF 112 V 3 consid. 2b; cfr. anche DTF 122 III 198 consid. 3a). L'interessato avrebbe pertanto dovuto vigilare e sollecitare con (maggiore) attenzione il pagamento regolare e compiuto, da parte della società, dei contributi sociali, per i quali continuava comunque ad essere responsabile, indipendentemente dai rapporti interni vincolanti solo inter partes (cfr. sentenza del 16 settembre 2002 in re Z., H 10/01, consid. 10.2). 
 
In via abbondanziale va rilevato che il miglioramento della posizione debitoria nei confronti della Cassa evocato dall'insorgente non giustifica comunque l'operato dello stesso. La forte esposizione debitoria altro non dimostra se non che la fallita aveva ritardi non indifferenti e difficilmente colmabili e che la ditta si è in parte finanziata, almeno nella sua fase terminale, grazie al differimento del pagamento dei contributi paritetici, alla fine rimasti insoluti. 
 
Da quanto precede, si deve concludere che a ragione la pronuncia cantonale ha ritenuto C.________ responsabile per il danno occorso alla Cassa, stabilito in fr. 119'378.50. 
5. 
Non trattandosi in concreto di una lite avente per oggetto l'assegnazione o il rifiuto di prestazioni assicurative, la procedura non è gratuita (art. 134 OG a contrario). Le spese processuali, che seguono la soccombenza, devono pertanto essere poste a carico di A.P.________ e C.________ nella misura di fr. 3'500.- ciascuno siccome interamente soccombenti, di M.P.________, soccombente solo in parte, nella misura di fr. 500.- e della Cassa per fr. 2'500.-, la quale rifonderà inoltre a M.P.________, assistito da un legale, un'indennità ridotta di fr. 2'000.- per le spese ripetibili della sede federale (art. 156 e 159 in relazione con l'art. 135 OG). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale delle assicurazioni pronuncia: 
 
1. 
In quanto ricevibili, i ricorsi di diritto amministrativo di A.P.________ e di C.________ sono respinti. 
2. 
In quanto ricevibile, il ricorso di diritto amministrativo di M.P.________ è parzialmente accolto nel senso che, in riforma del giudizio querelato 22 marzo 2001, egli dovrà versare alla Cassa di compensazione Promea l'importo di fr. 21'990.20 con vincolo di solidarietà con A.P.________, C.________ e B.________. 
3. 
Le spese giudiziarie, fissate in complessivi fr. 10'000.-, sono poste a carico di A.P.________ e C.________ per fr. 3'500.- ciascuno, di M.P.________ per fr. 500.- e della Cassa di compensazione Promea per fr. 2'500.-. Le spese a carico dei ricorrenti saranno compensate con le garanzie prestate, mentre l'importo eccedente verrà loro retrocesso. 
4. 
La Cassa di compensazione Promea verserà a M.P.________ la somma di fr. 2'000.- (comprensiva dell'imposta sul valore aggiunto) a titolo di indennità di parte ridotta per la procedura federale. 
5. 
Il Tribunale cantonale delle assicurazioni statuirà sulla questione delle spese ripetibili di prima istanza spettanti a M.P.________, tenuto conto dell'esito del processo in sede federale. 
6. 
La presente sentenza sarà intimata alle parti, al Tribunale cantonale delle assicurazioni, all'Ufficio federale delle assicurazioni sociali nonché a B.________. 
Lucerna, 27 gennaio 2003 
In nome del Tribunale federale delle assicurazioni 
Il Presidente della IIIa Camera: Il Cancelliere: