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[AZA 0] 
 
1P.76/1999 
 
I CORTE DI DIRITTO PUBBLICO 
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22 marzo 2000 
 
Composizione della Corte: giudici federali Aemisegger, presidente, 
Catenazzi e Scartazzini, supplente. 
Cancelliere: Albertini. 
 
_______ 
 
Visto il ricorso di diritto pubblico presentato il 1° febbraio 1999 da A.________, Minusio, patrocinato dagli avv. ti Brenno Brunoni e Fiorenzo Cotti, studio legale Cotti Spiess Brunoni Pedrazzini Molino, Locarno, contro la decisione emessa il 17 dicembre 1998 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nella causa che oppone il ricorrente a B.________ e C.________, rappresentati da Marco de Rossa, 
Minusio, al Consigliodi Stato del Cantone Ticino e al Comunedi Minusio, rappresentato dal Municipio, in materia di rifiuto di una licenza edilizia in variante; 
Ritenuto in fatto : 
 
A.- A.________ è promotore del complesso immobiliare denominato "Parco X.________", composto di quattro stabili (da A a D) situati alle particelle n. xxx, rispettivamente yyy, zzz e qqq RFD del Comune di Minusio, inserite nella zona residenziale semi-intensiva R5 del piano regolatore. 
I progetti di costruzione del complesso sono stati approvati dall'allora Dipartimento delle pubbliche costruzioni del Cantone Ticino (ora: Dipartimento del territorio) il 2 dicembre 1974 e dal Municipio di Minusio il 19 novembre 1975. Per lo stabile A, A.________ ha ottenuto il rilascio di licenze edilizie in variante il 5 gennaio e 7 dicembre 1988, l'11 aprile 1989 e il 9 marzo 1992. La costruzione degli stabili B, C e D è stata completata. Quella invece dell'edificio A è limitata alla struttura portante, all'autorimessa sotterranea e ai muri di ancoraggio verso via Y.________; i lavori sono fermi alla soletta di copertura delle autorimesse sotterranee dall'inizio del 1991. 
 
B.- Il 18 dicembre 1991 A.________ ha inoltrato al Municipio di Minusio una nuova domanda di licenza edilizia in variante concernente lo stabile A, a modifica dei progetti approvati l'11 aprile 1989. Egli si proponeva, segnatamente, di trasformare il primo piano interrato in piano semi-interrato attraverso un abbassamento del terrapieno lungo il lato sud dello stabile, di ricavare così un ulteriore piano abitabile e di aumentare la misura in luce del piano terra. Con questa variante, lo stabile si sarebbe innalzato di 0,35 m, passando da 254, 90 a 255, 25 m.s.m., e comportando un'ulteriore deroga all'altezza massima dell' edificio, autorizzata con variante dell'11 aprile 1989 per una quota di 19,25 m. Al rilascio del permesso si sono opposti, tra altri vicini, B.________ e C.________. 
 
Il 3 agosto 1993 il Dipartimento del territorio ha rilasciato l'autorizzazione cantonale a costruire. Il Municipio di Minusio ha invece comunicato all'istante, con lettera del 31 agosto 1993, che sospendeva la propria decisione fintanto che il Tribunale federale, adito da A.________, non si fosse pronunciato sul tema dell'innalzamento dello stabile D, segnatamente sull'applicabilità dell'art. 27 delle norme di attuazione del piano regolatore (NAPR), concernente le edificazioni su grandi superfici. Mediante sentenza del 3 febbraio 1994 il Tribunale federale ha ritenuto non arbitrario il rifiuto di una deroga per sopraelevare lo stabile D fino a 21 m di altezza. Con risoluzione del 30 maggio 1995 il Municipio ha quindi negato la licenza in variante, poiché la facciata sud dello stabile A avrebbe acquisito un'altezza di 21,28 m; la domanda veniva inoltre respinta perché l'edificio avrebbe invaso la linea d'arretramento su via Y.________ e poiché si rendeva necessario un nuovo accertamento della superficie boschiva del fondo. 
 
C.- Il 15 ottobre 1997 il Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha respinto nel senso dei considerandi un ricorso di A.________. Esso ha disatteso le argomentazioni dell'autorità comunale in quanto riferite alla violazione del piano degli arretramenti ed alla necessità di eseguire un accertamento forestale, ma tutelato il rifiuto della licenza edilizia in variante dal profilo dell'applicazione della normativa di piano regolatore e confermato il diniego della deroga in altezza. 
 
Adito da A.________, il Tribunale amministrativo del Cantone Ticino ne ha respinto il gravame con sentenza del 17 dicembre 1998. Ha ritenuto legittime le decisioni precedenti e ha negato l'adempimento delle condizioni per concedere una deroga per l'innalzamento dello stabile. 
 
D.- Con ricorso di diritto pubblico del 1° febbraio 1999 A.________ insorge dinanzi al Tribunale federale contro questo giudizio, postulando sia il suo annullamento sia quello della risoluzione governativa e della decisione municipale che l'hanno preceduta. Il ricorrente chiede innanzitutto la ricusazione dei Giudici federali che hanno partecipato alla pronuncia delle sentenze del 3 febbraio 1994 e del 5 gennaio 1998, concernenti lui medesimo e lo stesso complesso edilizio. Adduce poi la violazione dell' art. 4 vCost. sotto vari aspetti (diniego di giustizia formale, rispettivamente lesione del diritto di essere sentito, arbitrio nell'accertamento dei fatti e nell'applicazione del diritto, violazione del principio della buona fede, disparità di trattamento), nonché la lesione dell'autonomia comunale e della garanzia della proprietà. 
 
Il 1° marzo 1999 il ricorrente ha esibito un ulteriore atto, inteso a rettificare alcuni punti del gravame. 
 
E.- B.________ e C.________ postulano la reiezione del gravame. Il Tribunale cantonale amministrativo si riconferma nelle tesi, allegazioni e conclusioni del proprio giudizio. Il Consiglio di Stato chiede la conferma della sentenza cantonale. Il Municipio di Minusio si riconferma nelle proprie allegazioni e conclusioni addotte davanti alle istanze cantonali. 
 
In sede di replica e di duplica le parti hanno ribadito le loro posizioni. 
 
Considerando in diritto : 
 
1.-a) Il ricorrente chiede la ricusazione dei Giudici federali tuttora in carica che parteciparono alla pronuncia delle sentenze del 3 febbraio 1994 e del 5 gennaio 1998, riguardanti lo stabile D del complesso immobiliare "Parco X.________". Secondo lui vi sarebbe in effetti la possibilità che talune loro valutazioni e impressioni soggettive, ricavate in quelle cause, influenzino negativamente l'esito della presente vertenza e quindi impediscano un esame globale del ricorso scevro di ogni eventuale preconcetto. 
 
b) Conformemente all'art. 23 lett. c OG, i giudici o supplenti del Tribunale federale possono essere ricusati dalle parti o dichiarare essi stessi che si astengono se vi sono circostanze tali da dar loro l'apparenza di prevenzione nella causa. Qualora sia litigioso un motivo di ricusazione, la questione dev'essere vagliata sotto esclusione dei giudici toccati dalla richiesta (art. 26 cpv. 1 OG). 
Ciò presuppone tuttavia che il motivo invocato sia idoneo ai sensi della legge. Se non è il caso, è sufficiente che la Corte competente constati che non sono stati fatti valere tali motivi e che, pertanto, non esistono i presupposti per un'entrata in materia; nella composizione della Corte possono figurare anche i giudici colpiti dalla domanda di ricusazione (DTF 105 Ib 301 consid. 1c e d). 
 
Il Tribunale federale ha ripetutamente stabilito che la partecipazione di un giudice a procedure anteriori o il fatto che un giudice abbia in precedenza dato torto ad una parte non è motivo giustificante la sua ricusazione in una causa successiva (DTF 114 Ia 278 consid. 1, 105 Ib 301 consid. 1c). Poiché il ricorrente, cui spetta di far valere circostanze obiettivamente idonee a suscitare l'apparenza di una prevenzione e a far sorgere un rischio di parzialità, non si avvale, secondo i criteri richiesti dalla natura dell'istituto, di motivi pertinenti a sostegno della sua domanda, quest'ultima - in quanto menziona i giudici che hanno partecipato all'emanazione delle precedenti sentenze (in concreto il presidente Aemisegger e il giudice supplente Scartazzini) - è inammissibile e non può quindi essere presa in considerazione (DTF 114 Ia 278 consid. 1, 105 Ib 301 consid. 1c e d). 
 
2.-a) Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione l'ammissibilità del rimedio esperito, senza essere vincolato dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 125 I 253 consid. 1a e rinvii). 
 
b) Il ricorso di diritto pubblico, fondato sulla pretesa violazione dei diritti costituzionali del cittadino e presentato tempestivamente contro una decisione emanata da un'autorità di ultima istanza cantonale (art. 21 della legge edilizia del Cantone Ticino, del 13 marzo 1991; LE), è, di principio, ammissibile conformemente agli art. 84 cpv. 1 lett. a, nonché 86 segg. OG. Al ricorrente, proprietario del fondo oggetto del litigio, deve senz'altro essere riconosciuta la legittimazione ricorsuale (art. 88 OG). 
 
c) L'allegato esibito dal ricorrente a titolo di rettifica dell'impugnativa, senza esserne stato invitato, non va considerato, in quanto inoltrato dopo la scadenza del termine di ricorso (art. 89 OG; v. anche DTF 126 III 30 consid. 1b). 
 
d) Tranne in casi qui non ricorrenti, nella procedura di ricorso di diritto pubblico non si possono fare valere nuove allegazioni né nuovi argomenti di fatto o di diritto (DTF 118 Ia 20 consid. 5a, III 37 consid. 2a e rinvii; Walter Kälin, Das Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde, 2a ed., Berna 1994, pag. 369 e segg. ; art. 93 OG). Gli atti prodotti con il ricorso non sono stati quindi inviati alle controparti, nonostante la loro richiesta. 
 
e) L'assunzione dei mezzi di prova proposti dal ricorrente, segnatamente l'allestimento di una perizia, la completazione dell'incarto e l'esperimento di un sopralluogo, è superflua: la causa, sufficientemente chiara, può essere risolta sulla base della documentazione agli atti (art. 95 OG; DTF 122 II 274 consid. 1d). Non si giustifica pertanto di dare seguito alla richiesta. 
 
f) Salvo eccezioni non realizzate in concreto, il ricorso di diritto pubblico ha funzione puramente cassatoria: le conclusioni ricorsuali che vanno oltre la domanda di annullamento della sentenza impugnata sono irricevibili (DTF 124 I 327 consid. 4a, 122 I 120 consid. 2a e rinvii). 
In quanto il ricorrente postula anche l'annullamento della risoluzione governativa e quello della decisione municipale, il gravame è inammissibile. 
 
g) Secondo l'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, l'atto di ricorso deve soddisfare rigorosamente determinati requisiti di forma: esso deve contenere, segnatamente, un'esposizione concisa dei diritti costituzionali o delle norme giuridiche che si pretendono violati, specificando in che cosa consista la violazione. Il Tribunale federale statuisce sulle censure sollevate nel ricorso alla condizione che siano sufficientemente sostanziate: in altri termini, il gravame deve sempre contenere un'esauriente motivazione giuridica dalla quale si possa dedurre se, ed in quale misura, la decisione impugnata leda i diritti costituzionali della parte ricorrente; le critiche di carattere appellatorio sono inammissibili (DTF 125 I 71 consid. 1c, 117 Ia 393 consid. 1c e rinvii). Nella misura in cui, come si vedrà in seguito, l'impugnativa - prolissa e talvolta confusa - non adempie queste esigenze, essa sfugge ad un esame di merito. 
3.- Nella sentenza impugnata, i Giudici cantonali hanno rilevato che il ricorrente, con la domanda di variante, si proponeva, segnatamente, di ricavare un ulteriore piano abitabile, trasformando il piano interrato dell'edificio in un piano destinato all'abitazione e al lavoro, mentre lavanderia, stenditoi e cantine sarebbero stati spostati ad un nuovo piano sottostante, ove avrebbero trovato posto altri locali. I Giudici cantonali hanno aggiunto che l'aumento dell'altezza dello stabile rispetto ai progetti precedentemente approvati si concretizzava, in misura preponderante, con un abbassamento di 1,90 m del terrapieno previsto lungo il lato sud dello stabile e che, mentre l'altezza effettiva dell'edificio passava da 19,25 m a 21,28 m, l'altezza assoluta sarebbe invece aumentata di soli 0,35 m, principalmente per l'aumento dell'altezza del pianterreno. La Corte cantonale ha poi rilevato che se fosse stata approvata la variante litigiosa, lo stabile A avrebbe presentato una superficie utile lorda di 5247 m2, di fronte ai 4253 m2 concessi l'11 aprile 1989; l'indice di sfruttamento dell'intero complesso edilizio sarebbe così aumentato da 0,992 a 1,088, circostanza, passata sotto silenzio innanzi alle autorità inferiori, che avrebbe reso necessaria la concessione anche di una deroga all'indice di sfruttamento. 
 
La licenza in variante chiesta è subordinata, secondo il Tribunale ticinese, ad una deroga al limite posto dall'art. 36 NAPR - che prevede un'altezza massima degli edifici di 16,50 m - in applicazione dell'art. 27 cpv. 4 NAPR. La Corte cantonale si è poi soffermata su quest'ultimo disposto, il quale stabilisce, tra l'altro, che allo scopo di ottenere un miglioramento delle caratteristiche degli edifici, sia per le qualità abitative, sia per la sistemazione ambientale, sia per l'aumento delle attrezzature esterne (posteggi, aree di svago, aree verdi), il Municipio - con l'accordo delle autorità cantonali - può concedere deroghe riferite all'indice di sfruttamento, alle altezze e alle distanze tra edifici all'interno dell'edificazione. 
Per completezza, la Corte cantonale ha poi rilevato che la possibilità per il Municipio di concedere deroghe circa l'altezza degli edifici, senza che non sia più posto alcun limite a tale facoltà, era stata introdotta tramite la variante di piano regolatore approvata dal Governo ed entrata in vigore il 28 novembre 1989. Ricordando che l'applicabilità dell'art. 27 NAPR al complesso edilizio "Parco 
X.________" è stata ammessa dal Tribunale federale con la citata sentenza del 3 febbraio 1994, la Corte ticinese ha verificato se in concreto esistono gli estremi per concedere una deroga in applicazione dell'art. 27 cpv. 4 NAPR, ciò che tanto il Municipio, senza essere incorso in un diniego di giustizia formale, che il Consiglio di Stato, adito su ricorso, avevano negato. Ancorché l'art. 27 cpv. 4 NAPR soffra di un vizio fondamentale nella misura in cui non fissa più l'abbuono massimo concernente le altezze degli edifici - a differenza del corrispondente art. 26 vNAPR, in vigore fino al 28 novembre 1989 (che prevedeva per le costruzioni su grandi superfici la possibilità di concedere deroghe in altezza limitatamente a un solo piano e a determinate zone, tra le quali la R5) - il gravame andava respinto: 
in effetti, la controversa variante è volta, secondo la Corte cantonale, a perseguire uno scopo di natura meramente quantitativa, e non, invece, qualitativa. Ha poi aggiunto che il rilascio di una deroga - da intendersi piuttosto nel senso di un abbuono o di un'agevolazione accordata al proprietario allo scopo di promuovere la realizzazione di un insediamento qualificato dal profilo architettonico ed urbanistico - è di natura discrezionale. La decisione di merito compete in primo luogo al Municipio, che fruisce al riguardo di un certo potere d'apprezzamento, censurabile dal Tribunale cantonale amministrativo ai soli casi di abuso o eccesso nel suo impiego. In concreto, la decisione del Municipio di non concedere un'ulteriore deroga non discendeva, a parere dei Giudici ticinesi, da un esercizio abusivo od eccessivo del potere di apprezzamento conferito all'Esecutivo comunale dall'art. 27 cpv. 4 NAPR. 
Anzi, tale decisione sarebbe da ritenere pienamente legittima anche se il tema fosse stato da esaminare con pieno potere cognitivo. Il fatto infine, che il maggior superamento delle altezze sia sostanzialmente circoscritto a un solo lato dell'edificio non permette, secondo i Giudici cantonali, di mutare la conclusione cui sono addivenute le istanze precedenti, dato che i progetti sui quali si innesta la variante in rassegna beneficiano della concessione di una consistente deroga in altezza su ciascun lato dell' edificio. 
 
4.-a) Il ricorrente ravvisa nella sentenza impugnata, in primo luogo, una violazione del diritto di essere sentito, rispettivamente un diniego di giustizia formale. 
Sostiene che il Municipio di Minusio ha omesso di esaminare la fattispecie alla luce dell'art. 27 cpv. 4 NAPR, rispettivamente di fare uso dell'esteso margine d'apprezzamento conferitogli da tale disposto, ponendo invece acriticamente alla base della sua decisione quanto sancito dal Tribunale federale nella sentenza del 3 febbraio 1994. Il ricorrente è dell'avviso che se l'autorità comunale intende rifiutare una deroga alle altezze degli edifici, essa è tenuta a motivare tale diniego in modo circostanziato, a dimostrare cioè per quali motivi l'abbuono in altezza debba nel caso specifico essere limitato ad una certa misura, ciò che non è avvenuto in concreto. Non avendo rilevato questo aspetto, benché censurato, né proceduto a maggiori rilievi, e non avendo sostanziato maggiormente le rispettive decisioni, sia il Consiglio di Stato che il Tribunale amministrativo avrebbero violato le garanzie in parola, incorrendo in un accertamento arbitrario della fattispecie. 
b) Il ricorrente non sostiene che una norma di diritto cantonale sia stata disattesa, bensì ravvisa nella sentenza impugnata una violazione dell'art. 4 vCost. , ancora applicabile alla fattispecie (v. ora art. 29 cpv. 1 e 2 Cost. ). Ai fini del giudizio va quindi esaminato se siano stati lesi i principi minimi che la giurisprudenza ha dedotto da questo disposto costituzionale, sul cui rispetto il Tribunale federale si pronuncia con piena cognizione (DTF 121 I 54 consid. 2 con rinvii). Il potere d'esame del Tribunale federale è invece limitato all'arbitrio quando è contestato l'accertamento dei fatti: esso interviene in tale ambito soltanto se gli elementi di fatto posti a fondamento del giudizio impugnato, connessi con la valutazione delle prove, sono manifestamente errati o incompleti, oppure se sono dovuti a una svista manifesta o sono in palese contraddizione con la situazione reale (DTF 119 Ia 362 consid. 3a pag. 366, RDAT 1999 II n. 15 pag. 50 consid. 2b, 1998 II n. 38 pag. 141 consid. 2 e relativi rinvii). 
 
c) Per quanto attiene all'asserito rifiuto delle autorità cantonali di assumere ulteriori prove, rispettivamente di vagliare tutti gli elementi agli atti, da cui deriverebbe un arbitrario accertamento della fattispecie, va preliminarmente osservato che il ricorrente non sostanzia - perlomeno non in modo conforme all'art. 90 cpv. 1 lett. b OG - dove sia ravvisabile l'arbitrio, ovvero quali accertamenti o apprezzamenti sarebbero non solo erronei, ma del tutto insostenibili (in merito all'apprezzamento anticipato delle prove: DTF 124 I 208 consid. 4a, 122 II 464 consid. 4a, 122 V 157 consid. 1d e relativi richiami). Questo aspetto della critica sfugge pertanto ad un esame di merito. 
 
d) Il diritto di essere sentito comprende tutte le facoltà che devono essere riconosciute alla parte, perché possa far valere efficacemente il proprio punto di vista in un procedimento: questo diritto di partecipazione alla procedura ha il suo correlato nell'obbligo dell'autorità di tenere conto e di esaminare le domande e le argomentazioni, rilevanti per la decisione, esposte dalla parte (DTF 117 Ia 262 consid. 4b e rinvii). L'autorità è inoltre tenuta ad esaurire la propria cognizione, in conformità ai principi che reggono la procedura amministrativa applicabile nel caso specifico, tra i quali figurano generalmente - nel quadro della procedura di prima istanza - l'obbligo di accertare d'ufficio la fattispecie giuridicamente rilevante e di applicare d'ufficio il diritto (cfr. art. 18 LPAmm). 
L'esercizio del margine d'apprezzamento, talvolta ampio, come quello conferito in concreto all'Esecutivo comunale dall'art. 27 cpv. 4 NAPR, deve poi trovare adeguato riscontro nella motivazione della decisione (DTF 123 I 31 consid. 2c, 121 III 331 consid. 3b, RDAT 1995 I n. 21 pag. 43 consid. 2a e relativi rinvii). Dal profilo dell'obbligo di motivazione, ciò non significa tuttavia che l'autorità di prima istanza, così come le autorità adite su ricorso, siano tenute a pronunciarsi in modo esplicito ed esaustivo su tutte le argomentazioni esposte o su tutti gli elementi agli atti; è invece sufficiente che dall'insieme della motivazione l'interessato possa capire per quali ragioni le autorità abbiano deciso in un modo piuttosto che in un altro. In altri termini, la motivazione deve essere redatta in modo tale che l'interessato possa comprendere la portata della decisione, per poi eventualmente impugnarla (DTF 124 V 180 consid. 1a, 123 I 31 consid. 2c, BVR 1987 pag. 134 consid. 2 e rispettivi riferimenti). 
 
I Giudici cantonali hanno correttamente rilevato che il Municipio di Minusio non era incorso in un diniego formale di giustizia. Certo, la motivazione della decisione municipale - ove ci si limitava ad asserire che "con la citata sentenza 3 febbraio 1994 il Tribunale federale ha stabilito che una deroga concessa in precedenza per un'altezza di facciata di m 21 è inammissibile" - poteva suscitare l'impressione che il Municipio avesse acriticamente posto alla base del suo rifiuto della licenza quanto stabilito dalle autorità superiori relativamente all'altezza dello stabile D. Tuttavia, risulta che l'autorità comunale aveva dimostrato nelle osservazioni al Consiglio di Stato, come sottolineato nella sentenza impugnata, di avere debitamente esaminato, a titolo indipendente, la presente, diversa fattispecie. 
In effetti, il Municipio ha richiamato i principi generali giustificanti una deroga ed ha affermato che considerazioni d'ordine economico o intese a un'utilizzazione intensiva e ottimale delle costruzioni, come in concreto, non potevano giustificare automaticamente una deroga. Il fatto che abbia ritenuto improponibile l'innalzamento della facciata sud dello stabile a 21,28 m, non significa che abbia rinunciato ad esercitare il suo potere decisionale. Anzi, come correttamente affermato dal Consiglio di Stato, il diniego era semmai la conseguenza di un'attenta valutazione, ai fini della propria decisione, di quanto precedentemente sancito dalle istanze di ricorso, segnatamente dal Tribunale federale nel giudizio del 3 febbraio 1994, concernente il complesso immobiliare in parola: decidere in un altro senso avrebbe significato, nel caso specifico, creare un'insicurezza giuridica presso le autorità decisionali inferiori, togliendo alle sentenze cresciute in giudicato qualsiasi valore di riferimento. 
 
A prescindere dal fatto che la motivazione non deve, per forza, essere contenuta nella decisione medesima e che l'eventuale vizio ravvisato nel semplice richiamo della sentenza del Tribunale federale da parte dell'Esecutivo comunale sarebbe stato comunque sanato nel contesto della successiva procedura ricorsuale innanzi al Consiglio di Stato (DTF 98 Ia 460 consid. 5a; v. anche 117 Ib 64 consid. 4, 116 V 28 consid. 4b, 111 Ia 2 consid. 4a, RDAT 1993 II n. 53 pag. 128 consid. e, con richiami), le motivazioni addotte sia dal Comune che dal Consiglio di Stato in sede di ricorso permettevano senz'altro al ricorrente di comprendere che la fattispecie litigiosa era stata convenientemente esaminata alla luce delle modalità dell'art. 27 cpv. 4 NAPR. Del resto, se è vero che le altezze sono da definirsi caso per caso, secondo i criteri fissati dall'art. 27 cpv. 4 NAPR, in base ad un corretto accertamento della fattispecie, è vero pure che, nonostante la diversità delle vertenze, l'analogia della fattispecie per quanto riguarda gli stabili A e D, contemplata dal medesimo disposto, non può effettivamente essere negata. In assenza di elementi atti a differenziare sostanzialmente il disciplinamento delle deroghe per quanto concerne i due edifici - cosa che il ricorrente peraltro non contesta - non può dirsi che l'autorità competente, decidendo in questo senso, abbia limitato la propria cognizione tanto da incorrere nell'arbitrio, rispettivamente in un diniego di giustizia formale. Avendo avallato queste argomentazioni, le autorità ricorsuali non hanno violato la Costituzione federale, né si sono arrogate competenze spettanti al solo Municipio. Inoltre, il rispettivo punto di vista è stato sostanziato in modo conforme alle suesposte esigenze costituzionali in materia di motivazione. 
 
e) Discende da queste considerazioni che il ricorrente lamenta a torto che il Municipio di Minusio avrebbe rifiutato di statuire in applicazione dell'art. 27 cpv. 4 NAPR. In sostanza, egli rimette in discussione un tema invero definitivamente vagliato sia dalle autorità cantonali che da questa Corte, ossia quello concernente l'applicabilità di tale norma al complesso edilizio "Parco X.________". In realtà, il ricorrente sembra piuttosto confondere tra l'incontestata applicabilità della norma di attuazione ed il fatto che tale disposto, oltre a doversi inserire nel contesto del caso e a rivestire carattere discrezionale, prevede precise condizioni che devono comunque essere realizzate affinché possa essere concessa una deroga volta a incrementare l'altezza massima di uno stabile. La censura si esaurisce pertanto nella verifica se il Tribunale cantonale sia incorso nell'arbitrio tutelando l'opinione delle istanze inferiori, secondo cui i requisiti posti dall'art. 27 cpv. 4 NAPR non sarebbero adempiuti. 
Questo aspetto riguarda però l'esame materiale del litigio. 
 
5.- Nel giudizio del 17 dicembre 1998 il Tribunale amministrativo ha rammentato che deroghe, riferite segnatamente alle altezze, potevano essere concesse giusta l'art. 27 cpv. 4 NAPR allo scopo di ottenere un miglioramento delle caratteristiche degli edifici, sia per le qualità abitative, sia per la sistemazione ambientale, sia per l'aumento delle attrezzature esterne. Secondo la Corte cantonale, la controversa variante era invece volta a perseguire uno scopo di natura meramente quantitativa, senza essere sorretta da alcuna legittimazione di carattere urbanistico e quindi qualitativo. Già per questo motivo, la concessione della deroga richiesta avrebbe dovuto, a suo avviso, essere negata dal Municipio. 
 
Il ricorrente si oppone a questa tesi, accennando semplicemente a scambi di corrispondenza avuti a suo tempo con il Municipio, e facendo valere che le caratteristiche del progetto in variante sarebbero atte a incrementare le qualità abitative e adempirebbero il presupposto necessario per promuovere le attività commerciali. Si limita in sostanza a rimproverare al Tribunale cantonale e al Consiglio di Stato di non essersi astenuti dall'apprezzare concretamente le qualità del progetto, violando così l'autonomia del Comune di Minusio. Queste critiche sono sostanzialmente appellatorie, come tali insufficienti a motivare il rimprovero d'arbitrio. Poiché non conformi ai requisiti dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, esse sfuggono ad un esame di merito. 
6.-a) Il ricorrente sostiene poi che il rifiuto di concedergli un'ulteriore deroga in altezza per lo stabile A violerebbe altri diritti costituzionali. Egli adduce che la Corte cantonale non avrebbe applicato l'art. 27 cpv. 4 NAPR, in considerazione di un asserito vizio contenuto nella norma medesima, riferito all'assenza di una limitazione massima dell'altezza edificabile in caso di concessione di una deroga. L'autorità avrebbe quindi leso il principio della protezione della buona fede, avendo egli riposto nel legislatore comunale e nelle autorità giudicanti l'affidamento che il disposto in questione trovasse applicazione nell'ambito del complesso immobiliare in parola. In quanto avrebbe dichiarato inapplicabile l'art. 27 cpv. 4 NAPR, il Tribunale cantonale amministrativo avrebbe anche violato la competenza del Comune e quindi la sua autonomia, nonché la garanzia della proprietà. 
 
b) In sostanza, limitandosi anche su questo punto ad una critica generica e in considerazioni di carattere appellatorio, egli fonda le suindicate censure essenzialmente sull'errato concetto che l'art. 27 cpv. 4 NAPR non sarebbe stato applicato in concreto. Ora, come si è visto, una simile censura è inconferente, ritenuto che sia il Municipio che il Consiglio di Stato così come la Corte cantonale hanno affermato che tale disposto è applicabile alla fattispecie, ritenendo però non adempiuti i presupposti ivi contenuti. In tali circostanze, data l'inconsistenza delle critiche sollevate, insufficienti ai termini dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, il gravame risulta inammissibile. 
 
Per quanto riguarda specificamente il rimprovero di violazione dell'autonomia comunale, giova rilevare che il Tribunale federale riconosce ai privati la facoltà di invocare tale motivo di ricorso solo a titolo ausiliario, ossia a sostegno di altre censure, e nella misura in cui il Comune non abbia espressamente o per atti concludenti rinunciato a sollevarlo (DTF 107 Ia 96 consid. 1c; RDAT 1997 II n. 20 pag. 59 consid. 3). Nel caso specifico, visto che il Comune, postulando la reiezione del presente gravame, ha rinunciato a prevalersi dell'asserita lesione dell'autonomia comunale, il ricorrente non è legittimato ad invocare, a titolo accessorio, questa censura. A prescindere dalla carenza di motivazione, essa sfugge, anche da questo profilo, ad un esame di merito. 
7.- Infine, il ricorrente ravvisa una disparità di trattamento lesiva dell'art. 4 vCost. nel fatto che altri Comuni, applicando norme analoghe o identiche all'art. 27 cpv. 4 NAPR, avrebbero concesso deroghe all'altezza massima consentita, per edificare ad un'altezza superiore a 21 m. 
Anzitutto va rilevata la compatibilità con il principio della parità di trattamento del fatto che, all'interno di un Cantone, autorità diverse (siano esse legislative o preposte all'applicazione del diritto) adottino, come in concreto, soluzioni differenti nella propria prassi concernente questioni d'apprezzamento (cfr. Jörg Paul Müller, Grundrechte in der Schweiz, 3a ed., Berna 1999, pag. 404; René A. Rhinow/Beat Krähenmann, Schweizerische Verwaltungsrechtsprechung, Ergänzungsband, Basilea/Francoforte 1990, n. 69 B/V pag. 217 seg. con richiami). La Corte cantonale ha correttamente rilevato che il ricorrente non può prevalersi di pretesi casi analoghi, vagliati in altri Comuni, per fondare il proprio diritto alla concessione di una licenza in variante nel senso da lui richiesta. Per di più, egli non può richiamare un asserito privilegio, lesivo del principio della parità di trattamento, accordato dalla medesima autorità ad altre persone, se non si trova in uno stato equiparabile alla situazione di quest'ultimi: ora, il ricorrente - nella misura in cui facesse valere che il Comune di Minusio in altri casi avrebbe approvato deroghe in applicazione dell'art. 27 cpv. 4 NAPR - non ha nemmeno reso verosimile che tali situazioni siano paragonabili alla sua (cfr. DTF 115 Ia 81 consid. 3c). Anche quest'ultima censura è pertanto infondata. 
 
8.- Ne deriva che il ricorso dev'essere respinto, nella misura in cui è ammissibile. Le spese processuali seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG). Alle controparti private e al Comune di Minusio, che non si sono avvalsi del patrocinio di un legale, non si accordano ripetibili per la sede federale (art. 159 cpv. 1 e 2 OG). 
 
Per questi motivi 
 
il Tribunale federale 
 
pronuncia : 
 
1. Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2. La tassa di giustizia di fr. 4000. -- è posta a carico del ricorrente. 
 
3. Comunicazione alle parti, rispettivamente ai loro patrocinatori, al Municipio di Minusio, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
Losanna, 22 marzo 2000 
VIZ 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del TRIBUNALE FEDERALE SVIZZERO: 
Il Presidente, 
 
Il Cancelliere,