Wichtiger Hinweis:
Diese Website wird in älteren Versionen von Netscape ohne graphische Elemente dargestellt. Die Funktionalität der Website ist aber trotzdem gewährleistet. Wenn Sie diese Website regelmässig benutzen, empfehlen wir Ihnen, auf Ihrem Computer einen aktuellen Browser zu installieren.
Zurück zur Einstiegsseite Drucken
Grössere Schrift
 
 
Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
2C_967/2020  
 
 
Sentenza del 3 maggio 2023  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Aubry Girardin, Presidente, 
Donzallaz, Hänni, Hartmann, Ryter. 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
1. A.________, 
Partecipanti al procedimento 
2. B.________ SA, 
3. C.________ SA, 
4. D.________ SA, 
5. E.________ SA, 
6. F.________ SA, 
7. G.________ SA, 
8. H.________ SA, 
9. I.________ SA, 
10. J.________ SA, 
11. K.________ SA, 
12. L.________ SA, 
13. M.________ SA, 
14. N.________ AG, 
 
tutte patrocinate dall'avv. Ivo Wuthier, 
ricorrenti, 
 
contro 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
1. Sindacato Unia Ticino e Moesa, 
viale Stazione 33, casella postale 2599, 6501 Bellinzona, 
2. Organizzazione Cristiano-Sociale Ticinese (OCST), via G. Lanz 25, 6850 Mendrisio, 
3. Associazione Studi d'ingegneria e di architettura Ticinesi (ASIAT), 
via Lugano 23, 6500 Bellinzona, 
opponenti, 
 
Segreteria di Stato dell'economia (SECO), Holzikofenweg 36, 3003 Berna. 
 
Oggetto 
Conferimento dell'obbligatorietà generale a livello cantonale ad alcune disposizioni del contratto collettivo di lavoro per gli ingegneri, gli architetti e le professioni affini (valevole per il Cantone Ticino fino al 30 giugno 2023), 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro i decreti n. 5417 e n. 5419 emanati il 21 ottobre 2020 dal Consiglio di Stato del Cantone Ticino. 
 
 
Fatti:  
 
A.  
Il 20 settembre 2019, l'Associazione Studi d'Ingegneria e Architettura ticinesi, l'Organizzazione Cristiano-Sociale e il Sindacato UNIA, hanno chiesto al Consiglio di Stato ticinese di conferire obbligatorietà generale a livello cantonale, fino al 30 giugno 2023, ad alcune disposizioni del contratto collettivo di lavoro per gli ingegneri, gli architetti e le professioni affini, in base alla legge federale del 28 settembre 1956 concernente il conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro (LOCCL; RS 221.215.311). 
Contro questa domanda si sono tra l'altro opposti davanti al Consiglio di Stato ticinese A.________, B.________ SA, C.________ SA, D.________ SA, E.________ SA, F.________ SA, G.________ SA, H.________ SA, I.________ SA, J.________ SA, K.________ SA, L.________ SA, M.________ SA, N.________ AG. 
Il 21 ottobre 2020, il Governo cantonale ha accolto la richiesta di conferimento dell'obbligatorietà generale a parte del contratto, respingendo le opposizioni (decreti n. 5417 e n. 5419). Ottenuta l'approvazione del Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca (24 novembre 2020), l'esecutivo ticinese ha quindi pubblicato il decreto n. 5417 nel bollettino ufficiale delle leggi del Cantone Ticino 58/2020 del 4 dicembre 2020, con entrata in vigore stabilita per il 1° gennaio 2021 (decreto citato, p.to 7). 
 
B.  
Con ricorso in materia di diritto pubblico del 20 novembre 2020, gli opponenti indicati al p.to A hanno impugnato i decreti n. 5417 e n. 5419 davanti al Tribunale federale chiedendo: a) che sia accertato il loro contrasto con il diritto federale e internazionale; b) che siano abrogati. 
In parallelo, i ricorrenti sono insorti al Tribunale amministrativo ticinese, come previsto dai rimedi di diritto indicati dall'art. 25 della legge ticinese del 14 marzo 2011 sull'Ufficio cantonale di conciliazione e sul conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro (LA-LOCCL/TI; RL/TI 842.100). 
Con sentenza del 25 novembre 2020, che non è stata impugnata, il Tribunale amministrativo si è dichiarato incompetente a trattare il ricorso davanti ad esso interposto e lo ha dichiarato inammissibile. 
 
C.  
Ricevuto il ricorso del 20 novembre 2020 e considerato che lo stesso era prematuro, il 1° dicembre 2020 il Tribunale federale ha sospeso la procedura, in attesa della pubblicazione del decreto n. 5417 nel bollettino ufficiale delle leggi del Cantone Ticino. Constatato che la pubblicazione era avvenuta nel bollettino n. 58/2020 del 4 dicembre 2020, l'8 dicembre successivo il Tribunale federale ha riattivato la causa e il 18 gennaio 2021 ha respinto la domanda di conferimento dell'effetto sospensivo, siccome i pregiudizi irreparabili sostenuti dai ricorrenti non erano stati sostanziati. 
Chiamati ad esprimersi, il Consiglio di Stato e la SECO hanno chiesto il rigetto del gravame. Da parte loro, l'Organizzazione Cristiano-Sociale, il Sindacato UNIA e l'Associazione Studi d'ingegneria e di architettura Ticinesi hanno domandato: in via principale, che il ricorso sia dichiarato inammissibile; in via subordinata, che esso sia respinto. Le parti hanno ribadito le proprie richieste in replica e duplica. 
Con lettere del 15 marzo e del 23 marzo 2021 le ricorrenti hanno comunicato al Tribunale federale le dimissioni dall'Associazione Studi d'ingegneria e di architettura Ticinesi da parte della O.________ SA, con effetto al più tardi dalla fine del 2021, e dell'ing. P.________, risalenti al 14 maggio 2019, ma di cui le insorgenti sarebbero venute a conoscenza solo il 23 marzo 2021. In relazione alle stesse hanno fatto quindi valere una diminuzione del quorum dei datori di lavoro di due unità e una diminuzione dei lavoratori di almeno 123 unità. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione l'ammissibilità dei rimedi giuridici sottopostigli (DTF 143 III 140 consid. 1). 
 
1.1. Con ricorso in materia di diritto pubblico del 20 novembre 2020 sono impugnati due atti formalmente distinti, ma che hanno entrambi per oggetto il conferimento dell'obbligatorietà generale a livello cantonale, fino al 30 giugno 2023, ad alcune disposizioni contenute nel contratto collettivo di lavoro per gli ingegneri, gli architetti e le professioni affini.  
Nel decreto n. 5417, pubblicato anche nel bollettino ufficiale 58/2020, il Consiglio di Stato ticinese accoglie infatti la domanda formulata in tal senso il 20 settembre 2019. Nel decreto n. 5419, il Consiglio di Stato respinge dapprima le opposizioni formulate contro la domanda di conferimento del 20 settembre 2019, ribadendo in seguito che essa è accolta, conformemente al decreto n. 5417, che allega in copia. 
 
1.2. Per giurisprudenza, il provvedimento con il quale è conferita l'obbligatorietà generale a talune norme di un contratto collettivo di lavoro è parificato a un atto normativo cantonale (DTF 128 II 13 consid. 1; sentenze 2C_965/2019 del 6 ottobre 2020 consid. 1.1; 2C_850/2016 del 13 novembre 2017 consid. 2.1); quando non è possibile avvalersi di un rimedio giuridico cantonale, esso è direttamente impugnabile davanti al Tribunale federale (art. 87 cpv. 1 LTF).  
Ora, l'art. 25 della legge ticinese sull'Ufficio cantonale di conciliazione e sul conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro prevede che contro le decisioni rese in questa materia dal Consiglio di Stato sia possibile il ricorso davanti al Tribunale amministrativo ticinese. Siccome la Corte cantonale ha negato l'applicabilità di questa norma - benché ciò sorprenda, perché l'art. 25 LA-LOCCL/TI appare invero piuttosto chiaro - per motivi di economia procedurale va tuttavia considerato che le condizioni per una rinuncia all'esaurimento delle eventuali vie di ricorso cantonali sono date anche in casu, ed ammesso il ricorso diretto al Tribunale federale (DTF 125 I 412 consid. 1c; sentenza 2C_29/2018 del 13 maggio 2019 consid. 1.2).  
 
1.3. La pubblicazione del decreto n. 5417 nel bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi del Cantone Ticino, che costituisce l'azione determinante da cui comincia a decorrere il termine di 30 giorni stabilito dall'art. 101 LTF (sentenza 2C_661/2019 del 17 marzo 2021 consid. 1.3), ha avuto luogo il 4 dicembre 2020.  
Interposto addirittura prima di tale data, cioè il 20 novembre 2020, il gravame, oggetto di un decreto di sospensione della causa da parte del Tribunale federale fino alla pubblicazione sul bollettino ufficiale dell'atto impugnato (precedente consid. C), è quindi anche tempestivo. 
 
1.4. Le conclusioni con le quali i ricorrenti domandano di fare accertare che i decreti impugnati sono in contrasto con il diritto federale e internazionale, in aggiunta a quelle con le quali ne chiedono l'annullamento (precedente consid. C), sono tuttavia inammissibili.  
Domande che mirano ad un accertamento davanti al Tribunale federale hanno infatti carattere sussidiario e possono essere formulate solo se non è possibile presentare una conclusione condannatoria o formatrice, ciò che non è qui il caso (DTF 141 II 113 consid. 1.7). 
 
2.  
 
2.1. In materia di controllo astratto può insorgere in forza dell'art. 89 cpv. 1 LTF chi è toccato nei propri interessi dalla norma impugnata oppure potrà esserlo in futuro. In questo contesto, un interesse virtuale e di fatto è normalmente sufficiente; basta cioè che vi sia un minimo di verosimiglianza che chi ricorre possa prima o poi sottostare alle disposizioni contestate (DTF 138 I 435 consid. 1.6; 136 I 49 consid. 2.1; 135 II 243 consid. 1.2; sentenza 2C_29/2018 del 13 maggio 2019 consid. 2.1). D'altra parte, l'interesse degno di protezione non dev'essere giuridico, ma può essere anche di fatto (DTF 141 I 78 consid. 3.1).  
Un semplice interesse ad un'applicazione corretta del diritto non basta però (DTF 136 I 49 consid. 2.1); pure in relazione all'applicazione di atti normativi occorre infatti che siano minacciati interessi propri e degni di protezione del ricorrente medesimo, il quale dev'essere di conseguenza toccato dall'atto in questione in maniera maggiore di ogni altra persona (sentenza 2C_29/2018 del 13 maggio 2019 consid. 2.1, relativa al conferimento del carattere obbligatorio generale a un contratto collettivo di lavoro, quindi a un caso analogo a quello in esame). 
 
2.2. Una persona giuridica ha diritto di insorgere sia quando è toccata nei propri interessi come una persona fisica, sia quando interviene a salvaguardia degli interessi dei suoi membri.  
In questo secondo caso, occorre che la tutela degli interessi dei membri figuri tra gli obiettivi statutari, che tali interessi siano comuni alla maggioranza o almeno a un gran numero di associati e che ognuno di loro sarebbe legittimato a prevalersene a titolo personale (DTF 146 I 62 consid. 2.3; 137 II 40 consid. 2.6.4; sentenze 2C_661/2019 del 17 marzo 2021 consid. 1.4; 2C_428/2016 dell'11 luglio 2017 consid. 1.2). 
 
2.3. Ora, per quanto riguarda le ricorrenti 2-14 la legittimazione a ricorrere dev'essere ammessa. In effetti, si tratta di persone giuridiche la cui attività nei campi che sono indicati nel p.to 4A del decreto n. 5417 (studi, aziende o parti di aziende attivi nel settore dell'architettura, dell'ingegneria civile, dell'ingegneria edile e territoriale [urbanistica, trasporti e mobilità]) è incontestata ed altri motivi contrari all'ammissione della legittimazione a ricorrere non ne risultano.  
Stessa conclusione va però tratta per la ricorrente 1. Essa è infatti un'associazione affiliata a A1.________ ed ha tra l'altro quale scopo quello di difendere gli interessi padronali delle sue aziende associate (art. 3 degli statuti agli atti). Inoltre, trattandosi di un'associazione che riunisce i datori di lavoro del settore, si può partire anche dal principio che un gran numero di associati potrebbe insorgere personalmente, prevalendosi di un interesse virtuale proprio all'annullamento dei decreti in esame. 
 
3.  
 
3.1. Con ricorso in materia di diritto pubblico si possono lamentare violazioni del diritto svizzero ai sensi dell'art. 95 LTF. Le esigenze in materia di motivazione previste dall'art. 42 cpv. 2 LTF e quelle - accresciute - prescritte dall'art. 106 cpv. 2 LTF per la denuncia di lesioni dei diritti costituzionali, valgono anche per i ricorsi contro degli atti normativi cantonali. Questa Corte non è pertanto tenuta a vagliare tutte le questioni giuridiche che si pongono, se queste non sono presentate nella sede federale, ed esamina le censure relative alla violazione di diritti fondamentali solo se sono state motivate in modo chiaro e preciso (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 144 II 313 consid. 5.1).  
 
3.2. Quando deve esprimersi in prima istanza contro un atto normativo e si rendono necessari degli accertamenti di fatto, la procedura è retta dall'art. 55 seg. LTF e dai disposti della legge del 4 dicembre 1947 di procedura civile federale (PC; RS 273; DTF 143 I 137 consid. 2.3). Di principio, un obbligo di accertamento da parte del Tribunale federale non è tuttavia dato; spetta in primo luogo a chi partecipa alla procedura addurre i fatti e le prove che considera rilevanti, che saranno poi oggetto di un libero apprezzamento del Tribunale federale medesimo (art. 55 LTF in relazione con l'art. 37 e con l'art. 40 PC; sentenze 2C_605/2021 del 4 agosto 2022 consid. 2.3; 2C_302/2020 dell'11 novembre 2021 consid. 3.3; 2C_142/2019 del 18 maggio 2021 consid. 7.3; 2C_843/2017 dell'8 ottobre 2018 consid. 1.5). La procedura probatoria riguarda i fatti pertinenti e contestati (art. 36 cpv. 1 PC; sentenza 2C_183/2021 del 23 novembre 2021 consid. 6.1, non pubblicato in DTF 148 I 89); in questo ambito, il Tribunale federale si fonda segnatamente sui mezzi di prova offerti dalle parti e su comunicazioni ufficiali, tenendo nel contempo conto dei fatti notori (art. 40 PC; sentenze 2C_302/2020 dell'11 novembre 2021 consid. 3.3; 2C_843/2017 dell'8 ottobre 2018 consid. 1.5; 2C_1092/2017 del 28 agosto 2018 consid. 2; 2C_519/2016 del 4 settembre 2017 consid. 1.5.5).  
 
 
4.  
Come rammentato nei considerandi di fatto, la procedura ha origine nei decreti n. 5417 e n. 5419, con i quali il Consiglio di Stato ticinese ha respinto le opposizioni contro la domanda presentata in tal senso il 20 settembre 2019 e conferito obbligatorietà generale a livello cantonale, fino al 30 giugno 2023, ad alcune disposizioni del contratto collettivo di lavoro per gli ingegneri, gli architetti e le professioni affini. 
 
4.1. Giusta l'art. 1 cpv. 1 LOCCL, a domanda di tutte le parti contraenti, l'autorità competente può estendere il campo di applicazione di un contratto collettivo, concluso fra associazioni, ai datori di lavoro e ai lavoratori, del ramo o della professione, che non sono vincolati da tale contratto. Se l'estensione del campo d'applicazione tocca solo un Cantone o parte di esso il conferimento del carattere obbligatorio generale è di competenza dell'autorità designata dal Cantone medesimo (art. 7 cpv. 2 LOCCL). Nel Cantone Ticino, questa competenza rientra tra i compiti del Consiglio di Stato (art. 23 LCLOCCL/TI).  
Il conferimento del carattere obbligatorio generale di un contratto collettivo di lavoro mira a stabilire condizioni di lavoro minime uniformi per tutte le imprese attive sul medesimo mercato, impedendo che un'impresa che offre condizioni di lavoro peggiori risulti più concorrenziale a causa del suo comportamento sleale (DTF 146 II 335 consid. 3.1; 141 V 657 consid. 4.5.2.2; 139 III 165 consid. 4.3.3.2). 
 
4.2. Il conferimento del carattere obbligatorio generale ad un contratto collettivo di lavoro è subordinato al rispetto di un certo numero di presupposti, e segnatamente (art. 2 LOCCL) :  
esso dev'essere necessario, nel senso che se non fosse attuato i datori di lavoro e i lavoratori vincolati dal contratto collettivo sarebbero esposti a grave pregiudizio (art. 2 cifra 1 LOCCL); 
esso non deve contrastare l'interesse generale e non deve ledere gli interessi legittimi di altri rami economici o di altri circoli della popolazione; entro i rami economici direttamente toccati deve inoltre tenere adeguato conto degli interessi di minoranza che risultano dalle diverse condizioni regionali e aziendali (art. 2 cifra 2 LOCCL); 
i datori di lavoro e i lavoratori già vincolati dal contratto collettivo devono poter formare la maggioranza dei datori di lavoro e dei lavoratori che sarebbero vincolati dal contratto quando allo stesso fosse conferita l'obbligatorietà generale; i datori di lavoro vincolati devono inoltre impiegare la maggioranza di tutti i lavoratori; se circostanze particolari lo giustificano, si può eccezionalmente derogare all'esigenza che i lavoratori già vincolati abbiano a formare la maggioranza (art. 2 cifra 3 LOCCL); 
il contratto collettivo non deve violare l'eguaglianza davanti alla legge né essere contrario alle disposizioni imperative del diritto federale o cantonale, riservato l'articolo 323quater del codice delle obbligazioni (art. 2 cifra 4 LOCCL); 
il contratto collettivo non deve ledere la libertà d'associazione e in particolare il diritto di affiliarsi o no a un'associazione (art. 2 cifra 5 LOCCL). 
 
4.3. Sul piano procedurale, la legge federale prevede tra l'altro che chiunque dimostri di avervi interesse può fare opposizione alla domanda di conferimento del carattere obbligatorio generale mediante un atto scritto motivato, presentato all'autorità competente (art. 10 LOCCL).  
L'autorità competente domanda, prima di decidere, il parere di periti indipendenti, eccetto che ciò appaia senz'altro superfluo (art. 11 LOCCL; riguardo a tale aspetto, cfr. nel dettaglio quanto ancora indicato nel successivo consid. 9.5). Essa può istituire una commissione permanente di periti, in particolare, per accertare se le condizioni previste nell'articolo 2 numeri 1 e 2 sono adempiute (art. 11 LOCCL). 
L'autorità esamina se le condizioni per il conferimento del carattere obbligatorio generale sono adempiute e statuisce sulla domanda; quando conferisce l'obbligatorietà generale ne determina il campo di applicazione territoriale, professionale e aziendale, l'inizio e la durata di validità; la risoluzione, debitamente motivata, dev'essere notificata per iscritto alle parti e, per quanto le riguardi, alle persone che hanno fatto opposizione (art. 12 LOCCL). 
 
5.  
 
5.1. In primo luogo, le insorgenti sostengono che il Consiglio di Stato ticinese avrebbe leso gli art. 29 Cost. e 6 CEDU perché non ha permesso alla ricorrente 1 l'accesso agli atti relativi alla procedura, in particolar modo alla documentazione prodotta dalle parti durante la procedura cantonale in relazione ai quorum previsti dall'art. 2 cifra 3 LOCCL (ricorso, p.to 2). Chiedono quindi che i decreti impugnati siano annullati o, in subordine, che l'accesso agli atti sia concesso in questa sede.  
Nell'impugnativa si legge infatti che, benché il diritto di essere sentiti è generalmente impraticabile nell'ambito della procedura legislativa, esso è stato concesso alle associazioni parte del contratto collettivo di lavoro, che hanno potuto presentare all'autorità competente dati e documenti a sostegno della richiesta di conferimento dell'obbligatorietà generale e, pena una violazione del diritto alla parità di trattamento - che le insorgenti ritengono garantito sia dall'art. 8 che dall'art. 28 Cost. - andrebbe quindi riconosciuto anche alla ricorrente 1, che in quanto associazione patronale ha diritto di aderire in ogni tempo come parte al contratto collettivo di lavoro in esame (art. 2 cifra 6 LOCCL). 
 
5.2. Come indicato al p.to 2 della replica, l'incarto cantonale è però stato prodotto con la risposta del Consiglio di Stato e le ricorrenti, che hanno avuto piena facoltà di esprimersi su tutti i fatti sottoposti al libero apprezzamento di questo Tribunale (precedente consid. 3.2), non fanno nemmeno valere ulteriori interessi all'esame della loro critica, di modo che la stessa può essere considerata superata.  
Ottenuto l'accesso ai documenti richiesti, esse non insistono infatti più sul diniego all'accesso agli atti in sede cantonale, concentrandosi sul merito e quindi sulla contestazione dei contenuti dei documenti prodotti con la risposta dal Governo ticinese (al riguardo, cfr. il p.to 5 della replica, relativo alla contestazione dei quorum richiesti dall'art. 2 cifra 3 LOLCC per il conferimento dell'obbligatorietà generale). 
 
6.  
 
6.1. In secondo luogo, le insorgenti denunciano l'inesistenza di un valido contratto collettivo di lavoro, presupposto necessario per il conferimento allo stesso del carattere obbligatorio generale.  
Ritengono infatti che il contratto collettivo di lavoro del 24 aprile 2020 sulla base del quale è stato pronunciato il decreto n. 5417 che ne dichiara l'obbligatorietà generale non sia valido, perché non è stato approvato dall'assemblea dei membri dell'Associazione Studi d'ingegneria e di architettura Ticinesi, come richiesto dai suoi statuti, che non conferirebbero al comitato la competenza di concludere dei contratti collettivi di lavoro. In questo contesto, lamentano quindi sia una lesione dell'art. 55 cpv. 2 del codice civile svizzero (CC; RS 210) che del divieto d'arbitrio (art. 9 Cost.; ricorso, p.to 3). 
 
6.2. Anche in questo caso, la critica è però infondata e va respinta. In effetti, in base all'art. 55 cpv. 2 CC, gli organi (esecutivi) della persona giuridica la obbligano sia nella conclusione dei negozi giuridici che per effetto di altri atti od omissioni (sentenze 2C_257/2018 dell'11 novembre 2019 consid. 4.2; 2C_245/2018 del 21 novembre 2018 consid. 6.1). Fatta eccezione per i casi in cui la controparte è in malafede, ciò che non viene qui né sostenuto né provato, questa conclusione va inoltre tratta anche quando il comitato non avesse avuto (internamente) il diritto di procedere all'atto in discussione (CHRISTOPH REITZE, in BSK ZGB, 7a ed. 2022, n. 23 ad art. 54/55 CC; URS SCHERRER, in OSK/ZGB Kommentar, 4a ed. 2021, n. 5 ad art. 55 CC).  
Una diversa conclusione non si impone nemmeno alla luce dell'art. 69 CC, che completa l'art. 55 CC, prevedendo norme specifiche per le associazioni. In base all'art. 69 CC, l'organo dirigente è infatti la direzione ( in casu : il comitato), ed è proprio ad esso che spetta il diritto rispettivamente l'obbligo di rappresentare l'associazione verso terzi, secondo le facoltà concesse dagli statuti e in relazione a tutte le attività che possono rientrare nel perseguimento dello scopo sociale (sentenza 8C_102/2018 del 21 marzo 2018 consid. 7.1; URS SCHERRER/RAFAEL BRÄGGER, in BSK ZGB, op. cit., n. 17 e 32 ad art. 69 CC). Ora, e come osservato anche in risposta, tra i compiti del comitato dell'Associazione Studi d'ingegneria e di architettura Ticinesi risulta proprio anche quello di rappresentare l'associazione in ogni circostanza (art. 8 f degli statuti), attraverso la firma individuale del presidente o attraverso la firma collettiva a due degli altri membri del comitato (art. 9 degli statuti). Inoltre, la sottoscrizione di un contratto collettivo di lavoro non può essere nemmeno considerato in contrasto evidente con l'ampio scopo dell'associazione, che è quello di trattare tutte le questioni inerenti all'attività dei suoi membri nell'ambito dell'esercizio della loro professione (art. 1, p.to 2 degli statuti).  
 
6.3. Sempre in relazione al conferimento del carattere obbligatorio a disposizioni del contratto collettivo di lavoro del 24 aprile 2020, ad altro esito non può infine condurre il richiamo al divieto d'arbitrio.  
In effetti, la critica è solo abbozzata e non rispetta quindi l'art. 106 cpv. 2 LTF (precedente consid. 3.1). Per quanto indicato nel considerando 6.2, cioè per il fatto che il contratto collettivo è stato validamente concluso anche da parte dell'Associazione Studi d'ingegneria e di architettura Ticinesi, l'arbitrio non è ad ogni modo ravvisabile. 
 
7.  
 
7.1. In terzo luogo, le insorgenti sostengono che la condizione della "vincolatività" del contratto collettivo di lavoro non sarebbe data.  
Riferendosi all'art. 36 del contratto collettivo di lavoro, rilevano infatti che il conferimento dell'obbligatorietà generale a un contratto collettivo di lavoro presuppone che esso sia già in vigore, ciò che non sarebbe qui il caso, con conseguente lesione dell'art. 2 cifre 1 e 3 LOCCL e necessità di annullare entrambi i decreti impugnati (ricorso, p.to 4). 
 
7.2. L'art. 36 del contratto collettivo di lavoro in discussione, che porta il titolo "entrata in vigore, durata e disdetta", prevede quanto segue:  
 
36.1 Il presente contratto entra in vigore con il conferimento del decreto d'obbligatorietà generale emanato dal Consiglio di Stato e cresciuto in giudicato. 
36.2 Esso resterà in vigore per 3 anni dal momento del riconoscimento del carattere obbligatorio giungendo a termine con la fine dell'anno civile. 
36.3 Il contratto sarà ritenuto tacitamente rinnovato per un altro anno se non verrà disdetto, con lettera raccomandata, almeno 3 mesi prima della scadenza, e così di seguito. 
36.4 La parte che dà la disdetta si impegna a presentare contemporaneamente le proposte di modifica del contratto. 
 
7.3. Disposizioni come l'art. 36 del contratto collettivo di lavoro in questione, che non rientrano tra le clausole normative, volte a regolare direttamente i rapporti tra impiegato e lavoratore, vanno lette secondo i principi validi per l'interpretazione dei contratti (141 V 657 consid. 3.5.2; 140 III 391 consid. 2.3; 136 III 283 consid. 127 III 318 consid. 2a; sentenza 4C.76/2003 del 2 giugno 2003 consid. 3).  
I contenuti di un contratto si determinano secondo la vera e concorde volontà delle parti (art. 18 cpv. 1 CO; cosiddetta interpretazione soggettiva). Se questa non può essere stabilita, vale invece il principio dell'affidamento, e occorre determinare il senso che, secondo le regole della buona fede, ognuna delle parti poteva ragionevolmente dare alle dichiarazioni di volontà dell'altra, nonché all'insieme delle circostanze (DTF 145 III 365 consid. 3.2.1; 144 III 43 consid. 3.3; 142 III 239 consid. 5.2.1; cosiddetta interpretazione oggettiva). 
 
7.4. Ora, è vero che l'art. 36 cpv. 1 del contratto collettivo si richiama expressis verbis alla crescita in giudicato del decreto d'obbligatorietà generale, che subentra di principio solo con la pronuncia della sentenza del Tribunale federale (DTF 138 II 169 consid. 3.3, in cui viene indicato che la crescita in giudicato non è di regola influenzata neppure da una decisione relativa all'effetto sospensivo). Da una lettura del testo dell'art. 36 nel suo complesso e, in particolare, da quella dell'art. 36 cpv. 2, appare però chiaro che ciò a cui miravano le parti non era legare l'entrata in vigore del contratto collettivo di lavoro alla crescita in giudicato formale del decreto sulla sua obbligatorietà generale, che in caso di impugnazione sarebbe intervenuta solo dopo una pronuncia da parte del Tribunale federale, bensì all'entrata in vigore del decreto stesso, quale atto legislativo pubblicato come tale anche nel bollettino ufficiale delle leggi del Cantone Ticino (precedente consid. A).  
Del resto, in questo modo il citato art. 36 lo hanno in sostanza compreso anche le ricorrenti. Preso atto del fatto che il Consiglio di Stato aveva deciso l'entrata in vigore del decreto n. 5417 il 1° gennaio 2021 e la sua scadenza il 30 giugno 2023 (p.to 7 del decreto) esse hanno infatti chiesto al Tribunale federale che concedesse l'effetto sospensivo al ricorso e motivato la loro domanda con la necessità di evitare che i datori di lavoro ticinesi subissero "un'importante limitazione della libertà economica": ciò che ha senso solo se chi scrive ritiene determinante l'entrata in vigore del decreto, il 1° gennaio 2021, secondo quanto previsto per gli atti legislativi e ai quali esso è parificato (precedente consid. 1.2; DTF 128 II 13 consid. 1; sentenze 2C_965/2019 del 6 ottobre 2020 consid. 1.1; 2C_850/2016 del 13 novembre 2017 consid. 2.1). 
 
7.5. Contrariamente a quanto sostenuto nell'impugnativa, ad un'entrata in vigore simultanea del contratto collettivo e della dichiarazione di obbligatorietà generale di alcune sue parti non si oppone d'altro canto nemmeno la legge federale concernente il conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro e, in particolare, l'art. 2 cifra 1 e 3 LOCCL, che nella versione italiana contiene i termini "vincolati" (cifra 1) o "già vincolati" (cifra 3).  
In effetti, come indicato anche dal Tribunale federale proprio con riferimento all'art. 2 cifra 1 e ai materiali legislativi, il conferimento del carattere obbligatorio a disposizioni di un contratto collettivo di lavoro è ritenuto necessario quando, nel caso in cui non fosse pronunciato, il contratto collettivo di lavoro sarebbe totalmente o parzialmente inattuabile o si rivelerebbe economicamente insostenibile per i datori di lavoro e i lavoratori che vi sono sottoposti (sentenza 2C_965/2019 del 6 ottobre 2020 consid. 6.1.1; REMY WYLER/ BORIS HEINZER, Droit du travail, 4a ed. 2019, pag. 1079 seg.). Simili impedimenti non devono però per forza subentrare in un secondo tempo, ma possono sussistere già al momento della conclusione del contratto stesso, e possono quindi condurre le parti a prospettarne anche l'entrata in vigore contemporaneamente a un'eventuale dichiarazione di obbligatorietà generale di alcune sue disposizioni (in senso conforme, cfr. GIACOMO RONCORONI, Les art. 1 à 21 LECCT, in Droit collectif du travail, 2010, n. 219 pag. 397; JEAN-FRITZ STÖCKLI, BK Obligationenrecht, 1999, n. 59 ad art. 356b CO). 
 
8.  
 
8.1. Nel merito, le ricorrenti si lamentano dell'assenza dei quorum per il conferimento dell'obbligatorietà generale (art. 2 cifra 3 LOCCL).  
 
In questo contesto, le critiche formulate al p.to 5 della replica, dopo avere avuto accesso all'incarto del Consiglio di Stato ticinese (precedente consid. 5.2), concernono i dati nel loro complesso, che sarebbero inattendibili, la maggioranza dei datori di lavoro, la maggioranza dei lavoratori impiegati dai datori di lavoro, la maggioranza dei lavoratori rappresentati dalle associazioni sindacali. 
 
8.2. L'art. 2 cifra 3 LOCCL prevede che il conferimento del carattere obbligatorio generale è possibile solo se sono rispettati tre quorum distinti. In effetti, sull'insieme del territorio in discussione:  
(a) i datori di lavoro già vincolati dal contratto collettivo devono poter formare la maggioranza dei datori di lavoro che sarebbero vincolati dal contratto quando allo stesso fosse conferita l'obbligatorietà generale; 
(b) i lavoratori già vincolati dal contratto collettivo devono poter formare la maggioranza dei lavoratori che sarebbero vincolati dal contratto quando allo stesso fosse conferita l'obbligatorietà generale; 
(c) i datori di lavoro vincolati devono inoltre impiegare la maggioranza di tutti i lavoratori che sarebbero sottoposti al contratto collettivo quando allo stesso fosse conferita l'obbligatorietà generale. Se circostanze particolari lo giustificano, si può eccezionalmente derogare all'esigenza che i lavoratori già vincolati abbiano a formare la maggioranza. 
Giusta l'art. 8 cpv. 2 LOCCL, la dimostrazione del raggiungimento dei quorum spetta alle parti contraenti, che devono fornire le indicazioni necessarie in merito al numero di imprese e di lavoratori, affiliati e non, che esercitano sul territorio in questione (sentenza 2C_965/2019 del 6 ottobre 2020 consid. 6.3.1). 
 
8.3. Dal decreto n. 5419 (p.to 5) risulta che i datori di lavoro già vincolati dal contratto collettivo di lavoro costituiscono il 50,57% dei datori di lavoro (223 su 441) e che questi impiegano il 55,78% del personale attivo nel settore (1'361 lavoratori su 2'440). Su tali basi, il Consiglio di Stato ha ammesso il rispetto sia del primo che del terzo quorum richiesto dal diritto federale (art. 2 cifra 3 LOCCL).  
Detto ciò esso ha constatato che la percentuale dei lavoratori che aderiscono a un'associazione sindacale firmataria del contratto collettivo è pari soltanto al 6.84% (167 persone), ma ha ammesso una deroga al quorum dei lavoratori rilevando testualmente: 
 
"Le parti hanno chiesto una deroga al quorum dei lavoratori, sostenendo che l'affiliazione sindacale dei lavoratori impiegati nel settore qui in argomento è materialmente difficile: la presenza costante dei datori di lavoro complica la comunicazione e risulta problematico esporre le ragioni a favore dell'adesione ad un'organizzazione sindacale. Inoltre le dimensioni ridotte della maggioranza delle aziende porta all'instaurarsi di una relazione di vicinanza tra datore di lavoro e dipendente, tanto da far temere al dipendente che i rapporti personali potrebbero incrinarsi in caso di adesione ad un sindacato. Molti lavoratori non risiedono in Ticino (frontalieri) e non hanno nemmeno interesse ad affiliarsi ad un sindacato, per loro straniero, specialmente se temono di essere sostituiti con personale non affiliato". 
Nel suo decreto, il Consiglio di Stato ha infine aggiunto che le verifiche sul rispetto dei quorum sono state eseguite più volte, e che l'autorità ha ritenuto plausibili i dati forniti dalle parti, tenendo conto anche della fluttuazione del numero dei soci e delle adesioni individuali. 
 
8.4. Preso atto dei documenti prodotti dal Governo ticinese in risposta, che le insorgenti denunciavano nel ricorso di non avere mai potuto consultare, queste ultime lamentano rispettivamente continuano a lamentare: (a) l'inattendibilità dei dati; (b) il mancato rispetto del quorum dei datori di lavoro e dei lavoratori impiegati dai datori di lavoro previsto dall'art. 2 cifra 3 LOCCL; (c) l'assenza delle condizioni per la deroga sempre prevista dall'art. 2 cifra 3 LOCCL (replica, p.ti 5.1-5.3).  
 
8.5. Ora, per quanto riguarda quest'ultimo aspetto (deroga al quorum dei lavoratori) la critica è infondata.  
 
8.5.1. L'art. 2 cifra 3 LOCCL prevede la possibilità di derogare al quorum relativo alla maggioranza dei lavoratori già vincolati "se circostanze particolari lo giustificano". Non stabilisce però una percentuale minima al di sotto della quale non si potrebbe giustificare una deroga.  
Se le associazioni contraenti desiderano che l'autorità competente per il conferimento del carattere obbligatorio a un contratto collettivo di lavoro deroghi al quorum dei lavoratori, così come previsto dall'art. 2 cifra 3 LOCCL, esse devono giustificare la loro domanda. 
 
8.5.2. In base alla dottrina in materia, per ammettere la deroga si deve potere ritenere probabile che la grande maggioranza dei lavoratori non vincolati dal contratto collettivo di lavoro sia disposta ad approvare il conferimento dell'obbligatorietà generale (RONCORONI, op. cit., n. 110-112 pag. 424 seg.; STÖCKLI, op. cit., n. 59 ad art. 356b CO).  
 
Come indicato anche dalla SECO in risposta, questa condizione è però di regola soddisfatta in quanto i lavoratori hanno di principio interesse all'applicazione di un contratto collettivo di lavoro, dal quale ricavano vantaggi, perché migliora le condizioni di lavoro e garantisce loro dei diritti minimi (nel medesimo senso, cfr. il messaggio del Consiglio federale del 23 giugno 1999 concernente l'approvazione degli accordi settoriali tra la Svizzera e la CE, FF 1999 5092, 5350). 
 
8.5.3. D'altra parte, il parere della SECO deve essere condiviso anche nella misura in cui indica che le giustificazioni fornite permettevano al Consiglio di Stato ticinese di accordare la deroga, senza con ciò ledere il potere di apprezzamento che gli competeva.  
Come risulta dal messaggio del Consiglio federale del 29 gennaio 1954, l'eccezione in discussione era stata infatti prevista per casi nei quali circostanze specifiche portano i lavoratori ad astenersi dall'entrare in un'associazione di categoria e il Governo federale indicava in quella sede l'esempio delle professioni in cui la maggior parte dei lavoratori esercitano la propria attività in maniera intermittente (FF 1954 I 125, pag. 172). A giustificazione dell'astensione dall'affiliazione ad un'associazione di categoria, nella letteratura si trovano inoltre gli esempi dei lavoratori temporanei o a tempo parziale, che cambiano spesso impiego o che sono attivi in luoghi discosti (RONCORONI, op. cit., n. 110 pag. 424; REMIGIUS FENT, Begriff, Gegenstand, allgemeine Voraussetzungen und Wirkungen der AVE nach dem Bundesgesetz über die Allgemeinverbindlicherklärung von Gesamtarbeitsverträgen [AVEG], 1999, pag. 84 seg.; EDWIN SCHWEINGRUBER/FRIEDRICH WALTER BIGLER, Kommentar zum Gesamtarbeitsvertrag, 3a ed. 1985, pag. 107). 
 
8.5.4. Proprio perché la ratio legis è quella di tenere conto di circostanze specifiche, che portano i lavoratori ad astenersi dall'entrare in un'associazione di categoria, tutt'altro che "fantasiosa" - come a torto la definiscono le ricorrenti - è però anche l'argomentazione secondo cui una deroga possa essere ammessa pure nella fattispecie: da un lato, in considerazione del sempre maggior numero di lavoratori frontalieri impiegati, che non hanno interesse ad affiliarsi ad un sindacato straniero; d'altro lato, in considerazione del difficile accesso ai singoli luoghi di lavoro da parte delle associazioni contraenti.  
In accordo con quanto indicato dalla SECO, settore libera circolazione delle persone e relazioni di lavoro, nella sua risposta, si tratta infatti - nell'uno e nell'altro caso - di argomenti che rientrano nel campo di applicazione dell'art. 2 cifra 3 LOCCL e che il Consiglio di Stato ticinese poteva quindi anche validamente richiamare a giustificazione della concessione dell'eccezione prevista da questa norma. 
 
8.6. Oltre che per quanto attiene alla concessione della deroga prevista dall'art. 2 cifra 3 LOCCL, l'impugnativa è tuttavia infondata anche per quanto riguarda gli altri due quorum, che il Consiglio di Stato ha considerato rispettati e che sono stati in seguito verificati, con esito positivo, pure dalle autorità federali (art. 13 cpv. 2 LOCCL).  
 
8.6.1. Come detto, preso atto dei contenuti dell'incarto cantonale, le ricorrenti considerano che i dati sui quali si è basato il Consiglio di Stato siano inattendibili (replica, p.to 5.1). Le manchevolezze sarebbero molteplici (assenza della chiara indicazione della fonte dei dati, omissione di un loro aggiornamento con contestuale accertamento manifestamente inesatto della fattispecie, mancato accompagnamento dei dati con ulteriori documenti, omissione dell'esame separato del rispetto dei quorum per le varie categorie professionali, ecc.).  
Formulando le riserve di cui si è appena detto, non lamentano tuttavia nessuna specifica lesione della LOCCL ed essa non appare nemmeno immediatamente evidente. In effetti, l'art. 8 cpv. 2 LOCCL prevede certo che la domanda di conferimento del carattere obbligatorio di un contratto collettivo di lavoro fornisca "le indicazioni necessarie circa le condizioni di cui agli articoli 2 e 3", riguardo ad ulteriori dettagli però non si esprime, riconoscendo in sostanza alle autorità amministrative adite un ampio potere di apprezzamento di ogni singola fattispecie sulla quale sono chiamate a pronunciarsi. 
 
8.6.2. Per quanto riguarda i due quorum come tali, le critiche di replica si concentrano invece sulla tabella del 20 agosto 2019, prodotta con la risposta al ricorso (doc. 8). Esse si riferiscono quindi a molteplici dimissioni dall'Associazione Studi d'ingegneria e di architettura Ticinesi, così come a cambiamenti nel numero di impiegati di vari Studi, che sarebbero intervenuti nel corso del 2019, nel 2020 e successivamente (in proposito, cfr. anche il precedente consid. C in fine).  
Tuttavia, tutte queste critiche fanno a torto astrazione da più aspetti. In primo luogo, non considerano infatti che dal decreto n. 5419 (p.to 5) risulta che il Consiglio di Stato ha rigettato le contestazioni relative al rispetto dei quorum dopo avere proceduto non ad una bensì a più verifiche, approvate in sede federale (art. 13 cpv. 2 LOCCL), e che l'esecuzione delle stesse è stata ulteriormente confermata dalla SECO in risposta. In secondo luogo, nemmeno tengono in debito conto di quanto a ragione sottolineato sempre dalla SECO nella sua risposta, ovvero che la prova relativa ai quorum è spesso difficile da fornire e che - in assenza di censimenti aziendali o altre statistiche, nonché alla luce del fatto che la situazione da esaminare è soggetta a continue fluttuazioni - l'autorità amministrativa dispone in materia di una libertà di apprezzamento che, pure secondo la dottrina maggioritaria, le permette di fare eventualmente capo a delle stime (RONCORONI, op. cit., n. 107 pag. 422; FENT, op. cit., pag. 86; STÖCKLI, op. cit., n. 58 ad art. 356b CO; SCHWEINGRUBER/BIGLER, op. cit., pag. 108). 
 
8.6.3. D'altra parte, e come giustamente indicato in duplica, le insorgenti non possono essere seguite nemmeno nella misura in cui chiedono al Tribunale federale di tenere conto dei cambiamenti di fatto intervenuti dopo l'emanazione dei decreti n. 5417 e n. 5419.  
In questo caso, non considerano infatti che la procedura che ci occupa, che segue la logica dell'impugnazione di un atto normativo cantonale (controllo astratto delle norme; precedenti consid. 1 e 2), è limitata alla verifica della liceità degli atti impugnati - sulla base della situazione di fatto vigente al momento in cui essi sono stati adottati - e non può quindi estendersi all'esame di eventuali cambiamenti intervenuti in seguito. Di principio, i fatti verificatisi posteriormente al momento in cui è stata resa la decisione impugnata possono in effetti essere presi in considerazione per determinare la ricevibilità di un ricorso o per pronunciarsi su altri aspetti procedurali, non però per definirne l'esito nel merito (DTF 136 II 497 consid. 3.3; 136 II 123 consid. 4.4.3; GREGORY BOVEY, in: Commentaire de la LTF, 3a ed. 2022, n. 22 segg. ad art. 99). Di conseguenza, il luogo deputato per far valere eventuali modifiche della situazione sarà semmai quello della procedura di proroga della misura che, secondo quanto indicato dalle autorità cantonali con lettera del 2 maggio 2023, è per altro in corso (art. 16 LOCCL). 
 
8.7. Per quanto precede, anche le critiche con le quali viene lamentata la lesione dell'art. 2 cifra 3 LOCCL, devono essere respinte.  
 
9.  
 
9.1. Sempre nel merito, le insorgenti ritengono che l'estensione decisa leda sia l'art. 2 cifra 1 LOCCL che l'art. 2 cifra 2 LOCCL.  
Da un lato, considerano infatti che il conferimento dell'obbligatorietà generale al contratto collettivo di lavoro non sia necessario (art. 2 cifra 1 LOCCL). D'altro lato, sostengono che esso contrasti con l'interesse generale e con gli altri interessi tutelati dalla legge (art. 2 cifra 2 LOCCL). In questo contesto, lamentano quindi sia la mancata consultazione di periti indipendenti (art. 11 LOCCL) che il contrasto dei decreti impugnati con la legge federale del 6 ottobre 1995 sul mercato interno ([LMI; RS 943.02]; ricorso, p.to 6; replica, p.to 6). 
 
9.2. Giusta l'art. 2 LOCCL, il conferimento del carattere obbligatorio generale a disposizioni contenute in un contratto collettivo di lavoro è subordinato anche al fatto che esso sia necessario, nel senso che se non fosse attuato i datori di lavoro e i lavoratori vincolati dal contratto collettivo sarebbero esposti a grave pregiudizio (cifra 1).  
Il conferimento del carattere obbligatorio generale a un contratto collettivo di lavoro non deve inoltre contrastare con l'interesse generale e non deve ledere gli interessi legittimi di altri rami economici o di altri circoli della popolazione; entro i rami economici direttamente toccati deve tenere adeguato conto degli interessi di minoranza che risultano dalle diverse condizioni regionali e aziendali (cifra 2). 
 
9.3. La necessità prevista dall'art. 2 cifra 1 LOCCL mira a un bisogno oggettivo, nel senso che il conferimento deve essere ritenuto necessario quando, nel caso in cui non fosse pronunciato, il contratto collettivo di lavoro sarebbe del tutto o in parte inattuabile o si rivelerebbe economicamente insostenibile per i datori di lavoro e per i lavoratori che vincola (sentenza 2C_965/2019 del 6 ottobre 2020 consid. 6.1.1; FF 1956 I 125 pag. 171; RONCORONI, op. cit., n. 78 pag. 415; FRANK VISCHER/ANDREAS C. ALBRECHT, in ZK Obligationenrecht, 4a ed. 2006, n. 111 ad art. 356b CO; SCHWEINGRUBER/BIGLER, op. cit., pag. 103).  
L'assenza del conferimento del carattere obbligatorio dovrebbe condurre all'impossibilità di attuare il contratto collettivo, o a condannare gli impiegati a subire la pressione della concorrenza insopportabile dei dissidenti (sentenza 2C_965/2019 del 6 ottobre 2020 consid. 6.1.1; RONCORONI, op. cit., n. 78 pag. 415). L'interesse perseguito è quello del ramo, che deve essere valutato dal punto di vista dei datori di lavoro e dei lavoratori vincolati dal contratto (sentenza 2C_965/2019 del 6 ottobre 2020 consid. 6.1.1 RONCORONI, op. cit., n. 79 pag. 415 seg.; SCHWEINGRUBER/BIGLER, op. cit., pag. 103 seg.). 
Per determinare il bisogno e la necessità previsti dall'art. 2 cifra 1 LCCCL l'autorità che pronuncia il conferimento dispone di un ampio potere di apprezzamento (sentenza 2C_965/2019 del 6 ottobre 2020 consid. 6.1.1; FENT, op. cit., pag. 76). 
Si ammette che l'attuabilità di un contratto collettivo di lavoro non è in pericolo, se esso mira a stabilire un ordine che il ramo economico può instaurare anche senza l'aiuto dell'autorità, i datori di lavoro dissidenti sono rari e il loro impatto economico limitato (sentenza 2C_965/2019 del 6 ottobre 2020 consid. 6.1.1; RONCORONI, op. cit., n. 80 pag. 416; SCHWEINGRUBER/BIGLER, op. cit., pag. 103). 
 
9.4. Giusta l'art. 2 cifra 2 LOCCL, il conferimento del carattere obbligatorio può essere pronunciato solo se non è contrario all'interesse generale. Tuttavia non è richiesto che esso concordi con tale interesse perché, se così fosse, lo Stato potrebbe difficilmente lasciare l'iniziativa riguardo all'opzione di conferire o meno il carattere obbligatorio a disposizioni di un contratto collettivo di lavoro a delle associazioni e dovrebbe emanare motu proprio, come in ambito legislativo, la regolamentazione necessaria (sentenza 2C_965/2019 del 6 ottobre 2020 consid. 6.2.1, con riferimento al messaggio del Consiglio federale del 29 gennaio 1954). Nel messaggio, disponibile in tedesco e in francese, il Governo ha nel contempo osservato che "l'extension de clauses sur les salaires déroge en principe à la libre formation des salaires, elle constitue un risque particulièrement grand de troubler la formation des salaires et des prix et, partant, de porter atteinte à l'intérêt général. En outre, les clauses destinées à être étendues doivent rester dans les limites de la pratique observée en matière de conventions collectives et ne pas trop anticiper sur l'évolution" (FF 1954 I 125, pag. 171 seg.).  
Il conferimento del carattere obbligatorio a disposizioni di un contratto collettivo non deve ledere nemmeno gli interessi legittimi di altri ambiti economici o di altri gruppi della popolazione (sentenza 2C_965/2019 del 6 ottobre 2020 consid. 6.2.1; WYLER/HEINZER, op. cit. pag. 1082). 
 
9.5. In base al messaggio del Consiglio federale, la consultazione di periti ai sensi dell'art. 11 LOCCL serve innanzitutto a esaminare se le condizioni economiche della decisione di conferimento del carattere obbligatorio sono adempiute. A questo proposito, il Governo si riferisce espressamente all'art. 2 cifra 1 e 2 LOCCL, secondo cui il conferimento del carattere obbligatorio generale a disposizioni contenute in un contratto collettivo di lavoro è subordinato al fatto che esso sia necessario (cifra 1), non deve contrastare con l'interesse generale e non deve ledere gli interessi legittimi di altri rami economici o di altri circoli della popolazione (cifra 2). Per contro, il messaggio indica che le altre condizioni previste dall'art. 2 LOCCL necessitano dell'intervento di periti solo di rado (sentenza 2C_850/2016 del 13 novembre 2017 consid. 5.1; FF 1954 I 125, pag. 177 seg.; RONCORONI, op. cit., pag. 465).  
Secondo la dottrina, il ricorso a una perizia indipendente serve a esaminare le condizioni che l'autorità non è in grado di valutare d'ufficio. La consultazione di periti può risultare necessaria al momento di una prima decisione, ma superflua al momento di una decisione di rinnovo, sempre che la situazione non sia cambiata in modo sostanziale. La consultazione di periti è superflua anche se la domanda di conferimento del carattere obbligatorio è manifestamente infondata (2C_850/2016 del 13 novembre 2017 consid. 5.1; RONCORONI, op. cit., pag. 464 seg.; SCHWEINGRUBER/ BIGLER, op. cit., pag.128). Quando la mancata consultazione di esperti da parte dell'autorità va ricondotta a un abuso del potere di apprezzamento di quest'ultima la dichiarazione di estensione va annullata e l'incarto va rinviato all'istanza precedente, per lo svolgimento di una perizia indipendente (sentenza 2C_850/2016 del 13 novembre 2017 consid. 5.4 e 6; WYLER/HEINZER, op. cit. pag. 1084 in fine). 
 
10.  
 
10.1. Ora, dal p.to 7 del decreto n. 5419 risulta che la denuncia della violazione dell'art. 2 cifre 1 e 2 LOCCL è stata respinta osservando:  
 
"Tale censura non può però essere accolta in quanto del tutto generica oltre che non comprovata. La necessità di introdurre un CCL valevole sia per gli architetti, sia per gli ingegneri risulta invece concreta al fine di far fronte alle preoccupanti e notorie derive al ribasso dei salari vigenti non solo nel settore dell'architettura, ma anche in quello dell'ingegneria, dovute alla forte presenza di manodopera proveniente dall'Unione Europea disposta a lavorare in cambio di salari che alle nostre latitudini non risulterebbero appropriati. Occorre tra l'altro rilevare che le clausole salariali di un CCL con forza obbligatoria che si situano all'interno dei limiti usuali di un determinato ramo economico non sono contrarie all'interesse generale (Roncoroni Giacomo, op. cit., § Q, N. 85 e riferimenti citati). In questo senso, posto che gli opponenti che sostengono, genericamente, di essere attivi anche su scala intercantonale e internazionale, e che non sarebbero toccati dalla problematica del dumping salariale, non si vede come possa il CCL in questione, che prevede dei salari minimi contenuti, essere contrario all'interesse generale". 
In merito alla necessità richiesta dall'art. 2 cifra 1 LOCCL, nella risposta al ricorso il Governo ticinese ha quindi aggiunto che il rischio che il contratto collettivo di lavoro non possa essere applicato è concretizzato dall'art. 36 cpv. 1 del contratto medesimo e che l'intervento dell'autorità si è rivelato imprescindibile a causa del constante afflusso di impiegati frontalieri assunti a basso costo da datori di lavoro noncuranti degli effetti nefasti che un tale agire produce e "restii ad ogni tentativo di autoregolamentazione". Lo stesso tipo di riflessioni è d'altra parte contenuto nella risposta e nella duplica degli opponenti 1-3, che fanno al riguardo rinvio anche ad alcuni documenti da essi prodotti. 
 
10.2. Con una prima critica riferita al requisito della necessità (art. 2 cifra 1 LOCCL), le ricorrenti tornano sull'art. 36 del contratto collettivo di lavoro (precedente consid. 7). In effetti, considerano che già il fatto che l'entrata in vigore del contratto sia stata subordinata all'estensione della sua obbligatorietà generale permetta di escludere che i suoi firmatari possano essere sottoposti a qualsivoglia pregiudizio, che giustifichi un intervento dello Stato (ricorso, p.to 6.2; replica, p.to 6.1). Se lo ritenevano così importante per la categoria - osservano in sostanza le insorgenti - non si capisce infatti perché non lo abbiano posto in vigore subito, per lo meno per le parti che lo hanno voluto e concluso.  
Già perché fa confusione tra la necessità della conclusione di un contratto collettivo e quella della sua estensione, la censura è tuttavia infondata. Come osservato nei precedenti considerandi 7.5 e 9.3, con riferimenti a giurisprudenza e dottrina, il conferimento del carattere obbligatorio ai sensi della LOCCL è pensato per quelle fattispecie nelle quali, senza tale passo, il contratto collettivo risulti inattuabile, e ciò può essere il caso fin dalla sottoscrizione del contratto medesimo. 
 
10.3. Con una seconda critica relativa all'assenza del requisito della necessità ma anche a quello della presa in considerazione degli interessi di minoranza che risultano dalle diverse condizioni regionali e aziendali, le insorgenti sostengono che nel settore, che comprende più categorie di attività differenti tra loro, non vi è dumping salariale, che il mercato del lavoro è equilibrato e che il rapporto tra domanda e offerta non pone problemi. Sempre in questo contesto, lamentano la mancata consultazione di periti indipendenti (ricorso, p.ti 6.2 e 6.7; replica, p.to 6.1, con specifico riferimento alla relazione del Presidente dell'Associazione Studi d'ingegneria e di architettura Ticinesi del 23 agosto 2013, da cui non risulterebbe "alcun degrado del mercato del lavoro").  
 
10.3.1. Come indicato nel decreto n. 5419 - rispondendo a censure analoghe e facendo a ragione riferimento anche al vasto potere di apprezzamento di cui dispone l'autorità (sentenza 2C_965/2019 del 6 ottobre 2020 consid. 6.1.1) - simili osservazioni sono tuttavia solo di carattere generale e come tali non attestano nemmeno un contrasto con la giurisprudenza in materia (precedente consid. 9.3). In effetti, vero è che essa ammette che l'attuabilità di un contratto collettivo di lavoro non è in pericolo, quando mira a stabilire un ordine che il ramo economico in questione può instaurare anche senza aiuto dell'autorità (sentenza 2C_965/2019 del 6 ottobre 2020 consid. 6.1.1; RONCORONI, op. cit., n. 80 pag. 416; SCHWEINGRUBER/BIGLER, op. cit., pag. 103). Altrettanto vero è però che ciò è qui solo affermato, a fronte delle indicazioni opposte su cui si sono basate sia l'autorità cantonale sia l'autorità federale, che ha approvato il decreto n. 5419 (art. 13 cpv. 2 LOCCL).  
Nel contempo, nemmeno risulta che i datori di lavoro dissidenti siano rari e che il loro impatto economico sia limitato, quindi non di ostacolo per l'attuabilità del contratto collettivo senza un intervento da parte del Consiglio di Stato (precedente consid. 9.3; sentenza 2C_965/2019 del 6 ottobre 2020 consid. 6.1.1; RONCORONI, op. cit., n. 78 pag. 415). Al contrario, le stesse ricorrenti sostengono infatti che i dissidenti sarebbero molti, e ciò viene confermato anche dai dati sui quali si è basato il Governo ticinese (precedente consid. 8.3). 
 
10.3.2. Nella misura in cui le autorità cantonali giustificano la necessità dell'estensione del contratto collettivo facendo riferimento alla tendenza al ribasso dei salari "dovuta alla forte presenza di manodopera proveniente dall'Unione europea" mentre le ricorrenti sostengono un'assenza di dumping salariale, va d'altra parte rilevato:  
(a) che la dimostrazione di ripetuti abusi in ambito salariale (dumping) non era indispensabile perché, come indicato anche dalla SECO in risposta, per simili situazioni è prevista piuttosto la procedura agevolata di cui all'art. 1a LOCCL (messaggio del Consiglio federale del 23 giugno 1999 concernente l'approvazione degli accordi settoriali tra la Svizzera e la CE, FF 1999 5092, 5349 segg.; RONCORONI, op. cit., n. 53 segg. pag. 407 segg.), che non è stata qui però applicata perché la domanda di conferimento del carattere obbligatorio non è stata presentata dalla Commissione tripartita (come previsto dall'art. 1a LOCCL), bensì dagli opponenti 1-3, ed ha quindi seguito l'iter usuale; 
(b) che il riferimento a dati più concreti da parte dello stesso Consiglio di Stato ticinese sarebbe stata certo auspicabile, ma che il forte afflusso di lavoratori frontalieri nel Cantone Ticino e le problematiche salariali che esso genera, cui rinviano le autorità nella loro decisione, sono in definitiva degli aspetti notori, riguardo ai quali sono per altro reperibili dati ufficiali anche in rete (in merito, cfr. in particolare i siti dell'Ufficio federale rispettivamente dell'Ufficio cantonale di statistica) e che non occorreva quindi provare ulteriormente, né attraverso la consultazione di periti, come richiesto dalle ricorrenti, né in altro modo (art. 11 LOCCL; DTF 143 IV 380 consid. 1.2; 135 III 88 consid. 4.1; 134 III 224 consid. 5.2; sentenza 2C_714/2021 dell'8 giugno 2022 consid. 6.2); 
(c) che puntuali prove in merito alla situazione specifica, che poteva portare il Governo cantonale ad ammettere una necessità di intervento ai sensi dell'art. 2 cifra 1 LOCCL, emergono in ogni caso anche da alcuni documenti prodotti davanti al Tribunale federale con la domanda di conferimento dell'effetto sospensivo al ricorso e, più in particolare: dal doc. 3, che dà conto di salari estremamente bassi offerti sul mercato del lavoro ticinese ad architetti "con esperienza", nonché dal doc. 4, indirizzato da un ingegnere civile attivo nel Cantone Ticino al Dipartimento ticinese dell'economia e nel quale - il 3 giugno 2020, quindi in tempi molto più recenti di quelli cui si riferisce la relazione del 23 agosto 2013 citata dalle ricorrenti (precedente consid. 10.3) - è indicato: 
 
"il mercato del lavoro nel settore dell'ingegneria civile, architettura e professioni affini ha subito in Ticino un forte degrado e subisce tuttora una forte pressione sui salari. Queste professioni che erano ritenute fino a pochi anni fa esenti da dumping e casi di sostituzione sono ora toccati da questi fenomeni. La corsa al ribasso degli onorari ha dato il via ad una spirale negativa di ribassi e sotto costi sia nell'ambito privato, che negli appalti pubblici. In alcune realtà, complice anche la possibilità di reclutare all'estero personale, si è arrivati a pagare architetti e ingegneri con salari di 1'500-2'000.-/mensili. Se questa situazione forse può essere interessante o accettabile per il personale frontaliere, visto che rispecchia i salari oltre confine, è palesemente insostenibile per la popolazione residente. Tuttavia, questa situazione ha generato l'abbassamento dei salari dei residenti e per poter garantire la competitività sul mercato degli onorari alcuni studi preferiscono cercare personale oltre confine. La pressione sui salari di diplomati residenti e/o attivi oltralpe ha inoltre ridotto fortemente l'attrattiva del Ticino quale luogo di lavoro per i giovani diplomati partiti oltralpe a studiare". 
Nemmeno la seconda serie di critiche che si riferisce alle condizioni previste dall'art. 2 cifre 1 e 2 LOCCL può essere quindi condivisa. 
 
10.4. Nel contempo, infondata è pure una terza critica, con la quale le insorgenti lamentano una lesione degli art. 9 e 36 Cost.  
La violazione di queste due norme sarebbe data perché il Governo ticinese indicherebbe che, malgrado non vi sia una particolare necessità di estensione del contratto collettivo, la stessa va ammessa in quanto non ha nemmeno dei particolari effetti negativi (ricorso, p.to 6.6; replica, p.to 6.3). Contrariamente a quanto presuppone la censura, al p.to 6 del decreto n. 5419 il Consiglio di Stato non dice tuttavia di ritenere che non vi sia la necessità di dichiarare obbligatoria una parte del contratto collettivo, poiché altrimenti non avrebbe respinto le opposizioni. Piuttosto, formula un'ipotesi, rilevando che quand'anche fosse vero quanto sostengono gli opponenti alla domanda di estensione, e cioè che le condizioni salariali vigenti in tutti gli studi d'ingegneria ticinesi sono buone, non sarà il salario minimo fissato dal contratto collettivo di lavoro a compromettere la loro competitività. 
 
10.5. Con una quarta critica, le ricorrenti denunciano una violazione della legge federale del 6 ottobre 1995 sul mercato interno (LMI; RS 943.02). Richiamandosi in particolare agli art. 2-3 LMI, considerano infatti che gli obblighi che risultano dal p.to 6 del decreto n. 5417 - che indica che parte delle disposizioni dichiarate di obbligatorietà generale sono applicabili anche a imprese con sede in Svizzera, ma non nel Cantone Ticino, come pure ai loro lavoratori - limitino illecitamente l'accesso al mercato ticinese alle ditte svizzere che svolgono attività nel Cantone Ticino "allorché, come visto, l'imposizione del rispetto delle disposizioni del CCL non è indispensabile per preservare interessi pubblici preponderanti e non è neppure conforme al principio della proporzionalità (art. 3 cpv. 1 LMI) " (ricorso, p.to 6.6; replica p.to 6.3).  
 
10.5.1. La legge federale sul mercato interno garantisce a ogni persona con domicilio o sede in Svizzera l'accesso libero e non discriminato al mercato al fine di esercitare su tutto il territorio della Confederazione un'attività lucrativa (art. 1 cpv. 1 LMI). In questo contesto, a ognuno è riconosciuto il diritto di offrire merci, servizi e prestazioni di lavoro su tutto il territorio della Confederazione, se l'esercizio dell'attività lucrativa in questione è autorizzato nel suo Cantone o Comune di domicilio o di sede (art. 2 cpv. 1 LMI); l'offerta di merci, servizi e prestazioni di lavoro è retta dalle prescrizioni del Cantone o del Comune di domicilio o di sede dell'offerente (art. 2 cpv. 3 LMI); chi esercita legittimamente un'attività lucrativa ha il diritto di stabilirsi in qualsiasi parte del territorio della Confederazione per l'esercizio di tale attività e, fatto salvo l'articolo 3, di esercitare la stessa secondo le prescrizioni del luogo del primo domicilio (art. 2 cpv. 4 LMI). Agli offerenti esterni non può essere negato il libero accesso al mercato; le restrizioni devono rivestire la forma di oneri o condizioni e sono ammissibili soltanto se: (a) si applicano nella stessa misura agli offerenti locali; (b) sono indispensabili per preservare interessi pubblici preponderanti; (c) sono conformi al principio di proporzionalità (art. 3 cpv. 1 LMI).  
 
10.5.2. Sennonché, le ricorrenti non vanno di nuovo seguite. Pure questa critica parte infatti da un errato assunto, ovvero che il conferimento dell'obbligatorietà generale a talune disposizioni del contratto collettivo di lavoro non sia necessario, mentre le autorità cantonali e federali sono giunte a conclusioni opposte, qui confermate.  
Sia come sia, va rilevato che il conferimento del carattere obbligatorio generale a un contratto collettivo di lavoro non è di per sé contrario alla legge federale sul mercato interno (DTF 128 II 13 consid. 5 b bb). D'altro lato, va osservato che eventuali contrasti con la legge sul mercato interno, che dovessero presentarsi in fattispecie concrete, potranno essere oggetto di procedure ad hoc (sentenza 2C_302/2020 dell'11 novembre 2021 consid. 11.1, con altri riferimenti). 
 
10.6. Con un'ulteriore critica, presentata a due riprese nella loro impugnativa, le insorgenti mettono infine in evidenza il fatto che "il CCL non si limita a stabilire salari minimi, ma regolamenta in modo estremamente rigido tutta una serie di aspetti, come la durata del lavoro, incompatibili con una professione intellettuale e creativa, il cui prodotto è per lo più immateriale" (ricorso, p.ti 6.5 e 6.6; replica, p.ti 6.2 e 6.3).  
Già solo per il suo carattere estremamente generale, anch'essa non risulta però adatta né a mettere in discussione il requisito della necessità ai sensi dell'art. 2 cifra 1 LOCCL (precedente consid. 9.3) né a dimostrare la mancata presa in considerazione di interessi rilevanti giusta l'art. 2 cifra 2 LOCCL (precedenti consid. 9.4). 
 
10.7. Anche l'ultima serie di censure formulata dalle ricorrenti, volta a denunciare una violazione sia dell'art. 2 cifra 1 LOCCL che dell'art. 2 cifra 2 LOCCL, deve essere quindi respinta perché infondata.  
 
11.  
Per quanto precede, nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. Le spese giudiziarie di fr. 5'000.-- sono poste a carico delle ricorrenti, in solido (art. 66 cpv. 1 e 5 LTF). L'autorità cantonale non ha diritto a ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF) e lo stesso vale per le altre parti, intervenute senza far capo a un patrocinatore (art. 68 cpv. 1 e 2 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 5'000.-- sono poste a carico delle ricorrenti, in solido. 
 
3.  
Comunicazione al patrocinatore delle ricorrenti, al Sindacato Unia Ticino e Moesa, all'Organizzazione Cristiano-Sociale Ticinese, all'Associazione Studi d'ingegneria e di architettura Ticinesi, alla Segreteria di Stato dell'economia, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 3 maggio 2023 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: F. Aubry Girardin 
 
Il Cancelliere: Savoldelli