Wichtiger Hinweis:
Diese Website wird in älteren Versionen von Netscape ohne graphische Elemente dargestellt. Die Funktionalität der Website ist aber trotzdem gewährleistet. Wenn Sie diese Website regelmässig benutzen, empfehlen wir Ihnen, auf Ihrem Computer einen aktuellen Browser zu installieren.
Zurück zur Einstiegsseite Drucken
Grössere Schrift
 
[AZA 0/4] 
2P.145/1999 
2A.216/1999 
II CORTE DI DIRITTO PUBBLICO 
****************************************************** 
31 gennaio 2000 
 
Composizione della Corte: giudici federali Wurzburger, presidente, Hartmann, Hungerbühler, Müller e Yersin. 
Cancelliere: Cassina. 
 
Visti i ricorsi di diritto amministrativo e di diritto pubblico inoltrati con un unico atto il 4 maggio 1999 da A.________, rappresentato dall'Organizzazione Cristiano Sociale Ticinese, Mendrisio, contro la sentenza emanata il 7 aprile 1999 dalla Camera di diritto tributario del Tribunale d'appello del Cantone Ticino nella causa, in materia di imposta federale diretta e imposta cantonale (imposte alla fonte), che oppone il ricorrente alla Divisione delle contribuzioni del Cantone Ticino; 
 
Dai fatti: 
 
A.- A.________, cittadino italiano domiciliato a X.________, provincia di Como (I), lavora in Svizzera alle dipendenze della ditta B.________ SA di Castel San Pietro. In quanto titolare di un permesso di lavoro per confinanti, egli è tassato alla fonte per quanto riguarda l'imposta federale diretta e l'imposta cantonale. 
Il 30 settembre 1998 A.________ ha chiesto all'Ufficio imposte alla fonte del Cantone Ticino che fossero ammessi in deduzione dal suo reddito lavorativo gli alimenti che egli, da quando è separato dalla moglie C.________, versa regolarmente a quest'ultima per il mantenimento dei figli D.________ e E.________ Il 6 ottobre 1998 l'autorità fiscale ticinese ha respinto tale richiesta. La decisione è poi stata confermata su reclamo il 20 ottobre 1998. Con sentenza del 7 aprile 1999 la Camera di diritto tributario del Tribunale d'appello del Cantone Ticino ha risolto di respingere il ricorso inoltrato dal contribuente avverso quest'ultima pronuncia. 
B.- Il 4 maggio 1999 A.________ ha inoltrato davanti al Tribunale federale un ricorso di diritto pubblico con cui chiede che il citato giudizio cantonale venga annullato e che, ai fini dell'imposta federale diretta e dell'imposta cantonale, gli sia riconosciuto il diritto di dedurre dal reddito imponibile gli alimenti versati in favore dei figli. Lamenta la violazione dell'art. 4 della Costituzione federale del 29 maggio 1874 [vCost. ]), nonché dell'art. 25 cpv. 1 della Convenzione del 9 marzo 1976 tra la Repubblica Italiana e la Confederazione Svizzera per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio (CDI-I; RS 0.672. 945.41). 
Il gravame, trattato dal Tribunale federale sia come un ricorso di diritto amministrativo che come un ricorso di diritto pubblico, per quanto ammissibile, è stato integralmente respinto. 
 
Dai considerandi: 
 
2.- a) Il ricorso di diritto amministrativo, presentato in tempo utile da una persona legittimata ad agire (art. 103 lett. a OG) contro una decisione in materia d'imposta federale alla fonte che emana da un'autorità ticinese di ultima istanza (art. 4 cpv. 6 del regolamento di applicazione della legge federale sull'imposta federale diretta, del 18 ottobre 1994), è, in linea di principio, ammissibile (art. 146 della legge federale sull'imposta federale diretta del 14 dicembre 1990 [LIFD, RS 642. 11], in vigore dal 1o gennaio 1995 e, quindi, applicabile al caso di specie, visto che il medesimo concerne l'imposizione del ricorrente successiva a tale data). 
b) Con questo rimedio, il contribuente può fare valere la violazione del diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere di apprezzamento, e la lesione dei suoi diritti costituzionali; in quest'ultimo caso il ricorso di diritto amministrativo assume la funzione del ricorso di diritto pubblico (art. 104 lett. a OG; DTF 122 IV 8 consid. 1b con rinvii). La nozione di diritto federale, a cui fa riferimento la disposizione appena menzionata, dev'essere intesa in senso lato e comprende pure i trattati internazionali conclusi dalla Confederazione Svizzera, tra cui, in particolare, le convenzioni sottoscritte con Stati esteri al fine di evitare la doppia imposizione in materia fiscale. In alcune sue recenti decisioni il Tribunale federale si è posto il quesito di sapere se le censure concernenti la pretesa lesione di simili convenzioni internazionali in relazione all'applicazione del diritto cantonale debbano essere fatte valere tramite il rimedio in parola o mediante un ricorso di diritto pubblico, lasciando comunque la questione aperta (sentenza non pubblicata del 21 aprile 1999 in re W.-S., consid. 1a; sentenza non pubblicata del 17 maggio 1995 in re B. consid. 3). Anche nel presente caso tale problema può restare irrisolto. In effetti su questo punto le censure sollevate dal ricorrente adempiono in linea di massima i requisiti di forma previsti dalla legge per entrambi i rimedi; inoltre il Tribunale federale esamina liberamente l'interpretazione e l'applicazione delle disposizioni convenzionali di cui viene invocata la lesione, indipendentemente dal fatto che ciò avvenga nell'ambito di un ricorso di diritto amministrativo oppure nel contesto di un ricorso di diritto pubblico per violazione di trattati internazionali (art. 84 cpv. 1 lett. c OG). 
Quale organo della giustizia amministrativa, il Tribunale federale esamina d'ufficio l'applicazione del diritto federale, senza essere vincolato dai considerandi della decisione impugnata o dai motivi invocati dalle parti. In materia di contribuzioni pubbliche esso può scostarsi dalle conclusioni delle parti, sia a loro vantaggio che a loro pregiudizio (art. 114 cpv. 1 OG). 
 
3.- a) Il ricorrente sostiene che la decisione con cui le autorità cantonali gli hanno negato la possibilità di dedurre dal reddito soggetto all'imposta federale alla fonte gli alimenti versati in favore dei propri figli minorenni non rispetta le norme di diritto federale interno applicabili, e in particolare disattende quanto sancito dall'art. 33 cpv. 1 lett. c LIFD. Rimprovera inoltre alla precedente istanza di giudizio di avere interpretato in modo arbitrario tale normativa. 
b) aa) La legge sull'imposta federale diretta sottopone al prelievo d'imposta alla fonte sul reddito lordo da attività dipendente determinate categorie di persone fisiche e giuridiche senza domicilio o dimora fiscale in Svizzera (art. 91 e segg. LIFD), come ad esempio i lavoratori che nel nostro Paese esercitano un'attività lucrativa dipendente durante brevi periodi, durante la settimana oppure come frontalieri (art. 91 LIFD). Tale è il caso nella fattispecie concreta per il ricorrente, il quale, pur essendo domiciliato in Italia, lavora come frontaliero nel Cantone Ticino, dove - in virtù anche di quanto prescritto dall'art. 1 dell'Accordo del 3 ottobre 1974 tra la Svizzera e l'Italia relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri ed alla compensazione finanziaria a favore dei Comuni italiani di confine (RS 0.642. 045.43) - è tassato sui proventi derivanti dalla sua attività lavorativa. 
Per questa categoria di contribuenti l'ammontare della trattenuta d'imposta alla fonte è determinato in base alla tariffa allestita dall'Amministrazione federale delle contribuzioni, secondo le aliquote d'imposta sul reddito delle persone fisiche (art. 85 LIFD applicabile su rinvio dell'art. 91 LIFD). Detta tariffa è strutturata in modo da prendere in considerazione le condizioni del contribuente suscettibili di influire sulla sua imposizione. In questo senso la legge stabilisce che le aliquote devono tenere conto di importi forfetari per le spese professionali e per i premi assicurativi, delle deduzioni per oneri familiari, nonché del cumulo dei redditi per i coniugi entrambi esercitanti un'attività lucrativa (art. 86 LIFD, pure applicabile in virtù del rinvio di cui all'art. 91 LIFD). 
Il sistema appena illustrato si differenzia dunque in modo piuttosto marcato da quello vigente in materia di tassazione ordinaria del reddito e del patrimonio. Nell'ambito dell'imposta alla fonte vengono infatti colpiti soltanto alcuni singoli redditi in quanto tali. Inoltre, evidenti ragioni di praticabilità impongono di procedere a delle semplificazioni, motivo per cui le particolarità individuali del contribuente, rilevanti dal punto di vista fiscale, possono essere considerate soltanto in maniera limitata (Reiner Zigerlig, Quellensteuer, in Höhn/Athanas [a cura di], Das neue Bundesrecht über die direkten Bundessteuern, Berna 1993, pag. 376-377; Agner/Jun/Steinmann, Kommentar zum Gesetz über di direkte Bundessteuer, Zurigo 1995, ad art. 86 n. 1; Zigerlig/Rufener, in Zweifel/Athanas [a cura di], Kommentar zum schweizerischen Steuerrecht I/1, Basilea e Francoforte s.M. 1997, Vorbemerkungen zu Art. 32-38 n. 5). 
bb) Come correttamente sottolineato dai giudici cantonali, per i contribuenti senza domicilio o dimora fiscale in Svizzera e, quindi, assoggettati in forma limitata alla sovranità fiscale del nostro Paese in virtù della loro appartenenza economica (art. 5 cpv. 1 lett. a LIFD), vige la presunzione secondo la quale essi dispongono di ulteriori redditi e valori patrimoniali, imponibili esclusivamente all'estero, per cui il diritto di tassarli spetta primariamente al loro Stato di domicilio. Ciò fa sì, che ai fini della loro imposizione alla fonte, essi possono fare valere soltanto quelle deduzioni che presentano una relazione diretta con gli introiti tassati in Svizzera (Zigerlig, op.cit. , pag. 393-394). Ora, diversamente dalle spese professionali, gli alimenti versati al coniuge separato o divorziato non presentano alcuna relazione particolare con il reddito del lavoro, ma gravano l'intero patrimonio del contribuente (sentenza del Tribunale federale dell'8 novembre 1985 in re B. consid. 4c all'inizio pubblicata in StE 1987 A 24.42.6). La decisione delle autorità cantonali di non dedurre dal reddito imponibile in Svizzera del ricorrente gli importi di denaro che questi ha versato a tale titolo alla moglie separata per il mantenimento dei figli, risulta dunque rispettosa dei principi appena esposti, che disciplinano a livello federale il prelievo delle imposte alla fonte per quei contribuenti sprovvisti di domicilio o dimora fiscale nel nostro Paese. 
Certo, le regole sviluppate dalla prassi in materia di doppia imposizione intercantonale ed internazionale, prevedono che, in mancanza di disposizioni convenzionali contrarie, le deduzioni generali vengano di principio prese in considerazione dalle varie sovranità fiscali interessate, in misura proporzionale ai fattori di reddito imponibili del contribuente (cfr. StE 1994 B 11.3 n. 7 consid. 1 concernente l'imposta zurighese sul reddito). Tuttavia, le semplificazioni che stanno alla base dell'imposta alla fonte non permettono di applicare in questo ambito simili regole di riparto, proprie unicamente della procedura ordinaria di tassazione (Konferenz Staatlicher Steuerbeamter, Steuerharmonisierung - Band I: Harmonisierte kantonale Quellensteuerordnung, Muri/Berna 1994, pag. 50 ad 2.4). A questo proposito occorre rilevare che la legge federale sull'imposta federale diretta non contiene nessuna norma corrispondente all'ormai abrogato art. 24 del decreto concernente l'imposta federale diretta, del 9 dicembre 1940 (DIFD), giusta il quale, nei casi di assoggettamento parziale, le deduzioni dal reddito lordo previste dall'art. 22 DIFD, erano ammissibili nella proporzione esistente tra la parte del reddito soggetta all'imposta federale diretta e l'intero reddito del contribuente (ritenuto comunque che sotto il regime del decreto federale le pensioni alimentari non erano deducibili dal reddito lordo del contribuente). Inoltre, va ancora aggiunto che l'art. 7 LIFD, inerente al calcolo dell'imposta in caso di assoggettamento parziale, non trova alcuna applicazione all'imposta alla fonte, la quale, secondo l'ordinamento vigente, è concepita nella maggior parte dei casi d'applicazione come un tributo definitivo e a sé stante, e non più alla stregua di un acconto sull'imposta ordinaria. 
È pertanto a giusta ragione che il Tribunale cantonale ha concluso che la rendita in parola dev'essere fatta valere esclusivamente nello Stato estero nel quale il ricorrente ha il proprio domicilio fiscale, ossia in Italia. La decisione impugnata risulta dunque fondata su di una corretta interpretazione e applicazione della legislazione fiscale federale. Già per questo motivo si può senz'altro escludere che la stessa sia arbitraria, come preteso dal ricorrente (cfr. sul concetto d'arbitrio DTF 122 I 61 consid. 3a, 122 II 130 consid. 2, 121 I 113 consid. 3a e rinvii). 
 
4.- Il ricorrente fa poi ancora valere la disattenzione dell'art. 25 cpv. 1 CDI-I. 
a) A tale proposito va innanzitutto rilevato come detta disposizione si limiti a sancire il divieto di operare in materia fiscale delle discriminazioni fondate unicamente sulla cittadinanza del contribuente. Pertanto, per rapporto alla vertenza in esame, tale censura sarebbe da accogliere soltanto qualora si dovesse giungere alla conclusione che il diritto svizzero riconosce ad un cittadino elvetico domiciliato in Italia, ma attivo a livello professionale quale dipendente nel suo Paese d'origine, il diritto di dedurre dal proprio reddito da lavoro gli alimenti versati al coniuge separato o divorziato per il mantenimento dei figli minorenni. Ciò è tuttavia da escludere, dal momento che anche il contribuente che si trova nella situazione appena descritta è assoggettato alle medesime regole che sono state applicate nel caso concreto nei confronti dell'insorgente per quanto concerne l'imposizione alla fonte del suo reddito del lavoro e la conseguente impossibilità di dedurre, in un simile ambito, il citato genere di onere. L'art. 91 LIFD sottopone in effetti al regime della trattenuta alla fonte tutti i lavoratori senza domicilio o dimora fiscale in Svizzera, indipendentemente dalla loro nazionalità. Nella misura in cui la decisione impugnata non dà luogo a nessuna disparità di trattamento fondata sulla cittadinanza del contribuente, la stessa non risulta lesiva dei principi stabiliti dall'art. 25 cpv. 1 CDI-I 
b) Per quanto concerne l'imposta cantonale alla fonte, va detto che il diritto ticinese (art. 104 e segg. della legge tributaria del 21 giugno 1994 [LT]) risulta già essere conforme ai dettami degli art. da 32 a 38 della legge federale sull'armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni, del 31 agosto 1992 (LAID; RS 642. 14). Tali disposizioni riprendono a loro volta la regolamentazione prevista a livello federale dagli art. 91 e segg. LIFD (cfr. Zigerlig/Rufener, op.cit. , Vorbemerkungen zu Art. 32-38 n. 10). Ne discende dunque che, in materia di imposte alla fonte, l'ordinamento cantonale contempla in pratica le medesime regole stabilite dal diritto federale (cfr. Messaggio n. 4169 del Consiglio di Stato ticinese del 13 ottobre 1993 concernente il progetto di una nuova legge tributaria, pag. 62-63 e pag. 71 [detto in seguito Messaggio]). Di conseguenza, occorre necessariamente concludere che, anche per quanto attiene all'imposta cantonale, la decisione impugnata non è lesiva del principio di non discriminazione, di cui all'art. 25 cpv. 1 CDI-I, visto che, analogamente a quanto avviene per l'imposta federale (cfr. consid. 4a), l'ordinamento ticinese non introduce nessuna disparità di trattamento fondata sulla cittadinanza dei contribuenti che hanno il loro domicilio o la loro dimora fiscale all'estero e che conseguono nel Cantone un reddito imponibile alla fonte, in seguito allo svolgimento di un'attività lavorativa dipendente (cfr. Messaggio pag. 71). Ne discende che, anche su questo punto, il gravame risulta infondato. 
 
Losanna, il 31 gennaio 2000