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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
{T 1/2} 
 
5A_100/2015  
   
   
 
 
 
Sentenza del 29 ottobre 2015  
 
II Corte di diritto civile  
 
Composizione 
Giudici federali von Werdt, Presidente, 
Marazzi, Bovey, 
Cancelliera Antonini. 
 
Partecipanti al procedimento 
Società svizzera di radiotelevisione, 
patrocinata dall'avv. Maria Galliani, 
ricorrente, 
 
contro 
 
1. Boris Bignasca, 
per sé e come erede di Giuliano Bignasca, 
2. Meutel 2000 SA, 
3. Rotostampa Ticino SA, 
patrocinati dall'avv. Massimiliano Parli, 
opponenti. 
 
Oggetto 
protezione della personalità, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 29 dicembre 2014 dalla I Camera civile del Tribunale d'appello del 
Cantone Ticino. 
 
 
Fatti:  
 
A.  
 
A.a. In data 22 dicembre 2011 la Società svizzera di radiotelevisione (qui di seguito: SSR o ricorrente) ha chiesto al Pretore del Distretto di Lugano di accertare che Giuliano Bignasca, in quanto direttore responsabile del settimanale Il Mattino della Domenica, Boris Bignasca, direttore responsabile del sito www.mattinonline.ch e del periodico 10 Minuti, la società Meutel 2000 SA, editrice del Mattino della Domenica e del sito www.mattinonline.ch, infine la società Rotostampa Ticino SA, editrice di 10 Minuti, avevano leso la sua personalità con quattro articoli pubblicati sulle precitate testate fra il 25 novembre 2011 ed il 4 dicembre 2011. Oltre a tale accertamento, la SSR ha chiesto (anche in via cautelare) la rimozione degli articoli incriminati dal sito web citato nonché il divieto di pubblicare, sempre sulle testate menzionate, altri articoli lesivi della sua personalità in relazione con un servizio radiofonico di Renato Minoli andato in onda sulla "rete uno" il 25 novembre 2011 alle ore 12.00 e concernente il decesso del deputato leghista in Gran Consiglio Rodolfo Pantani.  
 
A.b. Con decreto supercautelare 23 dicembre 2011 il Pretore ha accolto l'istanza di SSR di vietare ai convenuti la pubblicazione di ulteriori articoli lesivi della sua personalità "in relazione con il pezzo giornalistico di Renato Minoli sul decesso di Rodolfo Pantani". Con decreto cautelare 30 gennaio 2012, il medesimo magistrato di prima istanza ha poi ordinato a Boris Bignasca e a Meutel 2000 SA di rimuovere gli articoli summenzionati dal sito web, confermando parimenti il divieto supercautelare di pubblicare ulteriori articoli lesivi; il tutto sotto la comminatoria della pena prevista all'art. 292 CP.  
 
A.c. Con sentenza 26 luglio 2012 il Pretore ha accolto la petizione, nel senso che ha accertato l'illiceità dei quattro articoli e confermato il divieto di pubblicarne ulteriori lesivi della personalità di SSR "in relazione con il pezzo giornalistico di Renato Minoli sul decesso di Rodolfo Pantani".  
 
B.   
Adito da Giuliano Bignasca (deceduto in pendenza di ricorso e succeduto dal figlio Boris), Boris Bignasca, Meutel 2000 SA e Rotostampa Ticino SA con appello 3 settembre 2012, il Tribunale di appello del Cantone Ticino ha accolto il gravame mediante sentenza 29 dicembre 2014, e di conseguenza respinto la petizione. 
 
 
C.   
Contro la sentenza di appello insorge avanti al Tribunale federale la SSR. Con ricorso in materia civile 4 febbraio 2015, essa postula in via principale l'annullamento di tale sentenza nonché il parziale accoglimento della petizione, limitatamente al divieto di pubblicazione di articoli lesivi della sua personalità "in relazione con il pezzo giornalistico di Renato Minoli sul decesso di Rodolfo Pantani", nonché all'accertamento dell'illiceità della lesione della sua personalità in tre dei quattro articoli originariamente incriminati. In via subordinata essa postula l'annullamento della sentenza di appello ed il rinvio della causa all'autorità cantonale per nuova decisione. 
 
Non sono state chieste osservazioni. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Il presente ricorso è stato proposto tempestivamente (art. 100 cpv. 1 LTF) contro una sentenza finale (art. 90 LTF) pronunciata su ricorso (art. 75 cpv. 2 LTF) dall'ultima istanza cantonale (art. 75 cpv. 1 LTF) in una vertenza in materia civile (art. 72 cpv. 1 LTF) di natura non pecuniaria (sentenze 5A_104/2015 del 10 agosto 2015 consid. 1; 5A_21/2011 del 10 febbraio 2012 consid. 1; 5A_57/2010 del 2 luglio 2010 consid. 1 con rinvii, non pubblicato in DTF 136 III 410). La parte ricorrente ha partecipato alla procedura in ultima istanza cantonale ed ha visto le proprie conclusioni respinte; la sua legittimazione a ricorrere non fa dubbio (art. 76 cpv. 1 LTF).  
 
Dal punto di vista delle condizioni formali, il ricorso in materia civile è ricevibile. 
 
1.2. Con tale rimedio può, tra l'altro, essere censurata la violazione del diritto federale (art. 95 lett. a LTF). Il Tribunale federale è tenuto ad applicare d'ufficio il diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, in ragione dell'onere di allegazione e motivazione posto dall'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, la cui mancata ottemperanza conduce all'inammissibilità del gravame, il Tribunale federale esamina di regola solo le censure sollevate (DTF 140 III 86 consid. 2; 137 III 580 consid. 1.3; 134 III 102 consid. 1.1). Nell'atto di ricorso occorre pertanto spiegare in modo conciso, riferendosi all'oggetto del litigio, in cosa consiste la violazione del diritto e su quali punti il giudizio contestato viene impugnato (DTF 134 II 244 consid. 2.1).  
 
In linea di massima il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento dei fatti svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Può scostarsene o completarlo soltanto se è stato effettuato in modo manifestamente inesatto o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF (art. 105 cpv. 2 LTF). L'accertamento dei fatti contenuto nella sentenza impugnata può essere censurato alle stesse condizioni; occorre inoltre che l'eliminazione dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF). Se rimprovera all'autorità cantonale un accertamento dei fatti manifestamente inesatto - ossia arbitrario (DTF 137 III 268 consid. 1.2 con rinvii; 136 II 304 consid. 2.4 con rinvio) - il ricorrente deve motivare la censura conformemente alle esigenze poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 136 II 304 consid. 2.5). 
 
1.3. Non possono essere addotti nuovi fatti o nuovi mezzi di prova, a meno che non ne dia motivo la decisione impugnata, ciò che la parte ricorrente deve debitamente esporre nel proprio gravame (art. 99 cpv. 1 LTF; DTF 136 III 261 consid. 4.1).  
 
2.   
Chi è illecitamente leso nella sua personalità può, a sua tutela, chiedere l'intervento del giudice contro chiunque partecipi all'offesa (art. 28 cpv. 1 CC). Il giudice interviene per proibire una lesione imminente, far cessare una lesione attuale oppure accertare l'illiceità di una lesione che continua a produrre effetti molesti (art. 28a cpv. 1 n. 1-3 CC). Anche le persone giuridiche beneficiano della protezione garantita dal diritto civile (art. 53 CC; DTF 138 III 337 consid. 6.1; sentenza 5A_354/2012 del 26 giugno 2014 consid. 3). 
 
3.   
Contrariamente a quanto deciso in precedenza dal Pretore, in accoglimento del gravame cantonale il Tribunale di appello ha respinto le azioni proposte dalla ricorrente con la petizione 22 dicembre 2011. 
 
4.   
La Corte cantonale ha dapprima considerato l'azione volta a far cessare una lesione attuale ("azione di rimozione", art. 28a cpv. 1 n. 2 CC) mediante la rimozione dal sito web degli articoli incriminati. L'ha respinta, poiché i medesimi erano nel frattempo stati tolti dalla rete; una lesione della personalità non sussisteva ormai più al momento del giudizio di appello. 
 
Su questo punto, la ricorrente non solleva alcuna censura. Non vi è dunque motivo di tornare sulla - peraltro corretta (v. fra i tanti ANDREAS MEILI, in Basler Kommentar, Zivilgesetzbuch I, 5a ed. 2014, n. 4 ad art. 28a CC) - sentenza cantonale. 
 
5.   
Il Tribunale di appello ha indi trattato l'azione della ricorrente volta ad inibire una lesione imminente fondata sul rischio che gli opponenti rimettano gli articoli sul web o riprendano i medesimi attacchi ("azione inibitoria", art. 28a cpv. 1 n. 1 CC). 
 
5.1. L'azione inibitoria dell'art. 28a cpv. 1 n. 1 CC è volta a proibire una lesione imminente. Essa esige un sufficiente interesse da parte dell'attore. Tale interesse sussiste qualora il comportamento assunto dall'autore convenuto lasci seriamente temere una lesione della personalità in un prossimo futuro. Va da sé che non è possibile provare con certezza un comportamento futuro: si tratta allora di rendere verosimile una presunzione. È legittimo dedurre un tale pericolo dal comportamento tenuto dall'autore. Quanto serio, imminente e concreto sia un tale pericolo, è questione di diritto che il Tribunale federale riesamina liberamente; spetta alla parte attrice provare i fatti concreti dai quali emerge detto pericolo (sentenze 5A_286/2012 del 29 ottobre 2012 consid. 2.4.2, in sic! 3/2013 pag. 158; 5A_93/2010 del 16 dicembre 2010 consid. 6.1; 5A_228/2009 dell'8 luglio 2009 consid. 4.1, in sic! 12/2009 pag. 888).  
 
5.2. I Giudici cantonali hanno adottato tre motivazioni: la prima in ordine cronologico poggia sul dubbio che il timore di reiterazione potesse fondarsi sull'articolo apparso l'11 dicembre 2011 sul Mattino della Domenica, nel quale lettori e protagonisti della vicenda venivano invitati a "restare sintonizzati [...] per la seconda parte della commedia che riprenderà le trasmissioni a partire da gennaio 2012"; ma hanno ritenuto di poter lasciare indecisa la questione. La terza motivazione in ordine cronologico, esplicitamente di natura abbondanziale, trae spunto dal fatto che i provvedimenti chiesti dalla ricorrente con l'azione inibitoria, segnatamente la domanda di fare obbligo agli opponenti di astenersi da "articoli lesivi della personalità della RSI in relazione con il pezzo giornalistico di Renato Minoli sul decesso di Rodolfo Pantani", non erano comunque sufficientemente precisi da poter formare oggetto di esecuzione diretta.  
 
Resta la seconda motivazione, quella principale, che conviene affrontare per prima. Sulle suesposte motivazioni si tornerà, se necessario, in un secondo tempo. 
 
5.3. Secondo il Tribunale di appello, l'azione inibitoria va principalmente respinta poiché nessuna delle affermazioni incriminate, esaminate in dettaglio, configurano un'offesa alla personalità della ricorrente.  
 
5.3.1. Una lesione della personalità si rivela illecita quando non è giustificata dal consenso della persona lesa, da un interesse preponderante pubblico o privato, oppure dalla legge (art. 28 cpv. 2 CC; DTF 138 III 641 consid. 3). Per preponderante si intende un interesse almeno pari a quello della vittima, per principio degno di protezione. Spetta al giudice soppesare gli interessi contrapposti, così come la finalità perseguita dall'autore ed i mezzi impiegati (sentenza 5A_489/2012 del 7 dicembre 2012 consid. 2.4); nel fare ciò, egli dispone di un ampio margine di apprezzamento (art. 4 CC; DTF 132 III 641 consid. 3.1), che il Tribunale federale rivede con riserbo (DTF 137 III 303 consid. 2.1.1; sentenze 5A_376/2013 del 29 ottobre 2013 consid. 3.3, in sic! 5/2014 pag. 290; 5A_489/2012 cit. consid. 2.5).  
Il compito informativo dei media non è un motivo giustificativo assoluto (DTF 138 III 641 consid. 4.1.1; 126 III 209 consid. 3a; sentenza 5A_170/2013 del 3 ottobre 2013 consid. 3.3, in sic! 1/2014 pag. 21 e SJ 2014 I pag. 165). La pubblicazione di fatti falsi è dunque e rimane di per sé illecita; un preponderante interesse alla loro divulgazione sussiste unicamente in casi eccezionali, ad esempio quando si riporti, senza commento e con indicazione della fonte, un comunicato di polizia (DTF 138 III 641 consid. 4.1.2; 126 III 209 consid. 3a; 126 III 305 consid. 4b/aa; sentenza 5A_170/2013 cit. consid. 3.4.1). Ma non ogni imprecisione giornalistica rende la notizia falsa nel suo insieme: l'articolo è suscettibile di ledere la personalità della vittima se è errato in punti essenziali, e se in conseguenza di ciò viene presentata un'immagine manifestamente falsata della vittima, tale da sminuirne notevolmente la considerazione agli occhi dei terzi (DTF 138 III 641 consid. 4.1.2; 126 III 305 consid. 4b/aa; sentenza 5A_170/2013 cit. consid. 3.4.1). 
 
Giudizi di valore sono per contro ammissibili, a patto che siano sostenibili sulla base del complesso di fatti sul quale si fondano; sono invece pure loro lesivi della personalità se portano a concludere alla veridicità di un complesso di fatto invero falso o se sono formulati in termini che travalicano i limiti della decenza (DTF 138 III 641 consid. 4.1.3; 126 III 305 consid. 4b/bb; sentenza 5A_170/2013 cit. consid. 3.4.2). 
Va deciso sulla base dell'impressione generale che suscita un articolo, e non di singole espressioni, se, ed eventualmente quali passi del medesimo siano illeciti (per la protezione dell'onore garantita dal diritto penale v. DTF 137 IV 313 consid. 2.1.3; come qui, sentenze 5A_489/2012 cit. consid. 2.3; 5A_354/2012 cit. consid. 3). Per tutti gli apprezzamenti fa stato non la sensibilità soggettiva della vittima, bensì la prospettiva del lettore medio (DTF 126 III 209 consid. 3a; sentenze 5A_376/2013 cit. consid. 3.2; 5A_354/2012 cit. consid. 3). Personaggi noti devono far prova di maggior tolleranza nei confronti di articoli di stampa che li riguardano, quantunque anche per loro deve essere salvaguardato e rispettato il principio di proporzionalità (DTF 127 III 481 consid. 2c; sentenza 5A_658/2014 del 6 maggio 2015 consid. 5.5, in sic! 10/2015 pag. 571). 
Da un punto di vista procedurale, incombe alla vittima della lesione addurre e provare l'offesa alla propria personalità e le circostanze nelle quali essa si è verificata, nonché la sua gravità; all'autore spetta invece addurre e provare i motivi giustificativi (DTF 136 III 410 consid. 2.3; sentenze 5A_553/2012 del 14 aprile 2014 consid. 3, in sic! 7-8/2014 pag. 456 e EuGRZ 2014 pag. 549; 5A_489/2012 cit. consid. 2.7). L'esame avviene in due passi successivi: prima si accerta l'esistenza di una lesione della personalità, in un secondo tempo l'esistenza di motivi giustificativi (DTF 136 III 410 consid. 2.2.1; sentenze 5A_553/2012 cit. consid. 3; 5A_489/2012 cit. consid. 2.2). Determinare come un lettore medio comprenda un testo e le espressioni che esso contiene è una questione di diritto (DTF 131 IV 160 consid. 3.3.3; sentenze 5A_376/2013 cit. consid. 3.2; 5A_489/2012 cit. consid. 2.7). 
 
5.3.2. A proposito dell'articolo "Renato Minoli: l'imbecillità fatta uomo", apparso sul sito www.mattinonline.ch il 25 novembre 2011 e firmato da Giuliano Bignasca, il Pretore ha considerato lesivo della personalità della qui ricorrente l'essere essa stata definita "meschina". Il Tribunale di appello ha tuttavia rilevato che l'aggettivo incriminato si riferiva al giornalista e non alla ricorrente. Quest'ultima sarebbe stata toccata solo indirettamente dall'eventuale lesione della personalità del giornalista, suo dipendente; ciò le preclude la possibilità di avvalersi dei mezzi legali di difesa. L'unica altra qualifica riferita direttamente alla ricorrente è di essere "tendenziosa", ciò che i Giudici cantonali non hanno reputato costituire un'affermazione offensiva.  
 
5.3.2.1. La ricorrente obietta per l'essenziale che il senso generale dell'articolo è quello di attaccare l'onore professionale della SSR, rea di mettere un microfono a disposizione di personaggi "abietti, livorosi e meschini". Parlare poi di "tendenziosa RSI" darebbe al lettore medio un'immagine di chiara parzialità dell'azienda.  
 
5.3.2.2. La critica ricorsuale non convince.  
 
Si impone una premessa. Il settimanale Il Mattino della Domenica è notoriamente l'organo di stampa della Lega dei Ticinesi. Esso è distribuito da 25 anni nella sua forma cartacea, e dal 2007 è stato affiancato dal sito www.mattinonline.ch (sul quale il passaggio incriminato è apparso). Al lettore medio del Mattino della Domenica sono noti lo stile - sempre provocatorio, sovente volgare e sopra le righe, e più di una volta diffamante - nonché l'atteggiamento politico delle persone responsabili della sua edizione. Parimenti notoria può dirsi l'ostilità che la Lega dei Ticinesi nutre nei confronti dell'ente radiotelevisivo pubblico, reo - secondo il movimento politico - di non trattarla alla pari degli altri partiti politici. È su questo sfondo di un dibattito fortemente politico - o politicizzato - che le affermazioni incriminate vanno lette. 
 
Ora, che nell'articolo in questione, l'aggettivo "meschino" vada riferito ai giornalisti - in particolare al citato Renato Minoli - e non all'ente come tale, è evidente. Ineccepibile è allora la deduzione dei Giudici di appello, secondo i quali la ricorrente sarebbe toccata dall'affermazione semmai soltanto in modo indiretto. Si cerca invano una confutazione di tale assunto; in particolare, la ricorrente non contesta che la giurisprudenza alla quale fa riferimento il Tribunale di appello (sentenza 5A_641/2011 del 23 febbraio 2012 consid. 5.1) non conceda l'utilizzo dei mezzi difensivi dell'art. 28a CC a colui che è toccato dall'affermazione incriminata soltanto in modo indiretto, segnatamente al datore di lavoro della persona direttamente attaccata. Su questo punto, la censura appare insufficientemente motivata e va dichiarata inammissibile. 
Dire che la ricorrente è "tendenziosa", poi, costituisce manifestamente un giudizio di valore e non un'affermazione fattuale. Quale giudizio di valore, gode in maniera accresciuta della libertà di espressione, e va dunque apprezzato con ancora maggiore ritegno. Certo l'aggettivo utilizzato sottende mancanza di obiettività (DEVOTO/OLI, Vocabolario della lingua italiana, 2014, pag. 2904); ma la verifica dell'obiettività di una trasmissione radiotelevisiva è demandata all'autorità di controllo, che può intervenire ex officio oppure su segnalazione. Ed anche una constatata violazione del dovere di obiettività non deve assurgere necessariamente ad una lesione della personalità della parte lesa. 
 
Nel quadro di discorso politico schizzato sopra, e richiamato il riserbo con il quale il Tribunale federale rivede l'esercizio del potere di apprezzamento del giudice del merito, la conclusione dei Giudici cantonali non configura un'applicazione errata del diritto federale. 
 
5.3.3. Il secondo articolo controverso è apparso - sempre sul sito www.mattinonline.ch - il giorno successivo, 26 novembre 2011, a titolo "Giornalisti RSI: gli avvoltoi sono più educati!" ed a firma di Boris Bignasca. Il Pretore, seguendo la tesi di parte attrice (e qui ricorrente), ha ritenuto lesivi della personalità il titolo e due espressioni: "gli sciacalli RSI" nonché "il sito RSI costa uno sproposito ed è anche parzialmente illegale". Il Tribunale di appello è giunto al convincimento opposto: basta, a suo dire, la lettura dell'articolo nella sua interezza per comprendere che "sciacalli" e "avvoltoi" sarebbero i giornalisti, non l'ente radiotelevisivo. I pretesi "costi spropositati" del sito internet della RSI, così come la sua pretesa parziale illegalità, sono a dire dei Giudici cantonali un'opinione personale dell'articolista sui limiti che il mandato pubblico impone alla ricorrente: opinione opinabile forse, probabilmente imprecisa, ma non fondata su fatti completamente incompleti o inveritieri.  
 
5.3.3.1. La ricorrente ammette che i termini "avvoltoi" e "sciacalli" sono diretti ai giornalisti; ma, come già sopra, vi ravvede anche un attacco alla SSR, che li ha assunti. A suo dire, il vero scopo dell'articolista consiste nel "pesantemente denigrare il servizio pubblico reso dalla SSR", e dunque "l'onorabilità professionale di quest'ultima". Inoltre, l'affermazione di parziale illegalità del sito internet della SSR sarebbe non una semplice opinione, bensì costituirebbe un'affermazione falsa. Peraltro, affermando che per essere ritenute lesive della personalità della ricorrente, le affermazioni incriminate dovrebbero raggiungere "ben altro livello", il Tribunale di appello avrebbe omesso di indicare appunto il livello da raggiungere, ledendo il proprio obbligo di motivazione.  
 
5.3.3.2. Sia in primo luogo sgomberato il campo dalla censura, mossa al Tribunale di appello, di aver violato l'obbligo di motivazione che gli incombe (quale manifestazione del diritto di essere sentito, art. 29 cpv. 2 Cost.; in merito DTF 136 I 229 consid. 5.2; 124 I 49 consid. 3a; 112 Ia 107 consid. 2b). Dicendo che "[p]er ledere la personalità dell'attrice l'offesa dovrebbe raggiungere ben altro livello", i Giudici cantonali non hanno inteso riferirsi ad un preciso - ma appunto non definito - livello superiore, bensì hanno semplicemente utilizzato una formula atta a far comprendere che a loro giudizio, i termini utilizzati non raggiungono quella gravità suscettibile di ledere la personalità della ricorrente. La censura è infondata.  
Come già detto per il primo articolo (supra consid. 5.3.2.2), la presente vertenza va letta sullo sfondo (politico) della differente visione che hanno le parti sulla portata del mandato pubblico in capo all'ente radiotelevisivo pubblico. Ma non è certo compito del giudice civile esprimersi in proposito. Né l'accusa di non rispettare i limiti del mandato pubblico va senz'altro letta quale affermazione lesiva della personalità. Ora, sembra che sia proprio ciò che la ricorrente invece tenta di ottenere, quando essa parla di pesante denigrazione. 
Con riferimento all'affermazione di gestire un sito internet " parzialmente illegale ", la ricorrente afferma trattarsi non di un'opinione, bensì di un'affermazione falsa. Ora, dalla sentenza impugnata emerge chiaramente che gli opponenti spiegano l'affermazione incriminata con il fatto che, a loro giudizio, tale sito " dovrebbe servire solo da archivio per le trasmissioni". Tale assunto è l'espressione di una precisa visione, appunto, del mandato pubblico dell'ente radiotelevisivo. Non pretende - né ciò può sfuggire al lettore medio - di assurgere ad un'interpretazione giuridica delle norme in proposito. Non può, di conseguenza, essere considerata alla stregua di una precisa affermazione, oltretutto scientemente falsa; al più, si può parlare di semplificazione ancora scusabile nel contesto più ampio della discussione. 
 
Nemmeno l'apodittica affermazione della ricorrente che un comportamento contrario alla legge debba necessariamente ledere la sua onorabilità professionale può essere, nel presente contesto, condivisa: il comportamento "parzialmente illegale" che l'articolista le imputa è chiaramente connesso con l'interpretazione del mandato pubblico; ma si è già detto di quest'ultimo ch'esso è precisamente il punto politico di discordia fra le parti. Ne discende che anche l'affermazione di comportamento "parzialmente illegale" dipende manifestamente dalla (contestabile) visione dell'articolista circa il mandato pubblico dell'ente radiotelevisivo. 
Anche con riferimento al secondo articolo incriminato, e ricordati i principi giurisprudenziali suesposti, la conclusione dei Giudici cantonali non configura un'applicazione errata del diritto federale. 
 
5.3.4. Ultimo articolo incriminato, quello apparso senza firma in data 4 dicembre 2011 sul sito www.mattinonline.ch a titolo: "Non pagate il canone RadioTV e disdite l'abbonamento alla Regione". Due le frasi che il Pretore ha ritenuto lesive della personalità della ricorrente: "la R$I e [...] laRegione sono ormai diventati organi ufficiali dei radiko$ocialisti" e "il dirigenti del Terrario sono riusciti nell'exploit di pagare con i soldi del canone più alto d'Europa, estorto a tutti gli utenti, le spese legali (uella) del verme Renato Minoli". Dette espressioni, secondo il Pretore, susciterebbero nel lettore medio l'impressione di grave violazione dei doveri di informazione imparziale dell'ente radiotelevisivo pubblico, reo di schierarsi "spudoratamente" a favore di una corrente politica, per di più a spese dei contribuenti. Per contro, il Tribunale di appello ha ritenuto, ancora una volta, essere alla presenza di apprezzamenti politici; che la ricorrente, poi, sia ormai un organo ufficiale dei "radiko$ocialisti", sarebbe manifestamente un convincimento soggettivo dell'articolista, per di più riconoscibile come provocatorio da chicchessia. I Giudici cantonali mettono in seguito in evidenza che la ricorrente non ha contestato che il canone radiotelevisivo svizzero sia il più elevato d'Europa, né di sostenere finanziariamente il patrocinio legale del giornalista. Affermano, infine, che la ricorrente "non può pretendere di detenere il monopolio dell'informazione oggettiva e imparziale solo per essere chiamata ad assolvere un mandato pubblico".  
 
5.3.4.1. La ricorrente censura in primo luogo l'utilizzo del termine "estorto", dal quale, secondo lei, il lettore medio deriverebbe l'impressione che essa si macchia del reato di estorsione, minacciando l'utenza. Il costo del canone radiotelevisivo ed il sostegno finanziario offerto al proprio dipendente, rimasti incontestati come tali, non giustificherebbero l'accusa di estorsione, gratuitamente ingiuriosa e denigratoria. Essa contesta poi che l'accusa mossale di essere un organo ufficiale dei "radiko$ocialisti" sia riducibile a mero apprezzamento di natura politica: un'informazione oggettiva e imparziale non è forse suo monopolio, ma fornirla è un suo obiettivo, in adempimento del mandato pubblico. Essa ricorda infine di non essere un partito politico né un personaggio politico; non deve dunque far prova di quella tolleranza richiesta a quelli. Può tollerare critiche, ma non offese alla sua personalità ed alla sua reputazione personale che superano chiaramente il limite del sostenibile.  
 
5.3.4.2. Non risulta, alla lettura della sentenza impugnata, che la ricorrente abbia censurato in istanza cantonale l'utilizzo del termine "estorto", né che lo abbia equiparato ad affermazione ingiuriosa e denigratoria. Essa non si premura di indicare se e dove l'abbia fatto; nemmeno pretende che tale sua censura sia stata trascurata dal Tribunale di appello. Nuova, essa è irricevibile (art. 99 cpv. 1 LTF; supra consid. 1.3). Peraltro, essa sarebbe manifestamente infondata: per il lettore medio, che è a conoscenza dei retroscena politici della diatriba, appare immediatamente evidente che il riferimento riguarda l'obbligo di pagare il canone per la ricezione dei programmi radiotelevisivi svizzeri. Quanto all'affermazione ricorsuale di sentirsi accusata di minacciare l'utenza, va detto che non emerge dall'articolo incriminato, né la ricorrente spiega, da quale passaggio il lettore medio dovrebbe dedurre l'esercizio di una qualsiasi minaccia.  
 
L'apparentamento della ricorrente con l'area politica "radiko$ocialista", che suggeriscono gli opponenti con la prima frase incriminata, può effettivamente suscitare l'impressione di un'informazione tendenziosa. Tuttavia, per il lettore medio sono ovvie e scontate due considerazioni. In primo luogo, un'informazione perfettamente indipendente, equidistante da tutte le forze politiche e sociali, è una chimera, un obiettivo che al più si cerca di perseguire. E sul risultato, le opinioni possono legittimamente divergere: per gli uni e per gli altri, una determinata considerazione sarà sempre più o meno tendenziosa rispettivamente oggettiva. In secondo luogo, e quale conseguenza di quanto precede, appare insostenibile considerare - come ha fatto il Pretore - che dall'affermazione di un'informazione tendenziosa debba necessariamente scaturire l'impressione di una "spudorata" presa di posizione politica, nonché di una grave violazione dei doveri d'informazione dell'ente radiotelevisivo pubblico. È, ancora una volta, insito del dibattito politico - al quale l'ente radiotelevisivo partecipa quale intermediario - il dipingere quale tendenziosa l'opinione che si intende osteggiare. A ragione, dunque, il Tribunale di appello ha qualificato le corrispondenti affermazioni quali apprezzamenti politici provocatori e malevoli, ma comunque frutto dell'apprezzamento personale dell'articolista, e come tali non costitutivi di una lesione della personalità della ricorrente. 
 
L'ente radiotelevisivo partecipa indubbiamente al dibattito politico. Non in qualità di protagonista attivo, bensì di intermediario, medium appunto (DTF 137 I 8 consid. 2.5). In questo ruolo, esso esercita notoriamente un mandato pubblico, in virtù del quale deve contribuire "alla libera formazione delle opinioni del pubblico mediante un'informazione completa, diversificata e corretta, in particolare sulla realtà politica, economica e sociale" (art. 24 cpv. 4 lett. a della legge federale del 24 marzo 2006 sulla radiotelevisione [LRTV; RS 784.40]; v. art. 93 cpv. 2 Cost.; art. 2 cpv. 4 e art. 3 della concessione del 28 novembre 2007 rilasciata alla SRG SSR idée suisse). Le trasmissioni redazionali con un contenuto informativo devono in particolare presentare correttamente fatti e avvenimenti, in modo da consentire al pubblico di formarsi una propria opinione. I pareri personali e i commenti devono essere riconoscibili come tali (art. 4 cpv. 2 LRTV). Violazioni (presunte) del mandato pubblico possono essere sottoposte alle autorità di vigilanza (art. 91-99 LRTV), alle quali non spetta tuttavia di giudicare la fattispecie dal punto di vista del diritto della protezione della personalità (DTF 134 II 260 consid. 6 e 7). 
Questo accresciuto obbligo di oggettività, accompagnato da un meccanismo giurisdizionale di verifica del rispetto del mandato pubblico, attribuisce all'ente radiotelevisivo ricorrente un ruolo di regista del dibattito politico e lo pone in una posizione esposta almeno tanto quanto quella dell'uomo politico che interviene sulla scena. È pertanto più che sostenibile esigere dall'ente pubblico (per il singolo collaboratore, il discorso può essere diverso) un più alto livello di sopportazione degli attacchi che gli vengono mossi. 
 
Quanto precede impone ulteriore riserbo nell'ammettere una violazione della personalità. Nel caso specifico, le affermazioni censurate cadono ancora fra quelle che la ricorrente deve accettare quali critiche politicamente motivate. 
 
5.4. Ne discende che il Tribunale di appello non ha violato il diritto federale respingendo l'azione inibitoria della ricorrente. È allora superfluo esaminare le ulteriori argomentazioni della Corte cantonale (supra consid. 5.2). L'argomentazione ricorsuale dev'essere respinta nella misura della sua ammissibilità.  
 
6.   
Da ultimo, il Tribunale di appello ha considerato che la petizione è volta ad ottenere (anche) l'accertamento dell'avvenuta lesione della personalità della ricorrente ai sensi dell'art. 28a cpv. 1 n. 3 CC. In questa accezione, l'azione (sussidiaria rispetto alle azioni di rimozione e inibitoria) riguarda due articoli: quello apparso in data 4 dicembre 2011 sul sito www.mattinonline.ch a titolo: "Non pagate il canone RadioTV e disdite l'abbonamento alla Regione" (supra consid. 5.3.4), ma nella versione più estesa apparsa sul Mattino della Domenica del 4 dicembre 2011, nonché un quarto testo dal titolo: "R$I: un verme di nome Renato Minoli", apparso su 10 Minuti del 30 novembre 2011. 
 
6.1. L'azione di accertamento dell'avvenuta lesione persegue lo scopo di far cessare una lesione della personalità già intervenuta, eliminandone gli effetti nocivi. La vittima che chiede sia accertata l'illiceità di una lesione i cui effetti molesti perdurano nel tempo deve dimostrare che l'immagine negativa scaturita da una pubblicazione avvenuta in passato continua a manifestarsi, sicché il fatto stesso che un articolo lesivo continui ad essere consultabile equivale ad un continuato disturbo (DTF 127 III 481 consid. 1c/aa; 123 III 385 consid. 4a; sentenza 5A_93/2010 cit. consid. 6.1). In ciò risiede il legittimo interesse che la parte attrice deve provare; ed un tale interesse può venir meno, qualora le circostanze siano mutate al punto che l'affermazione lesiva non sia più attuale o abbia perso ogni rilevanza nell'immaginario del lettore medio, ragione per cui una nuova diffusione ne appare esclusa (DTF 127 III 481 consid. 1c/aa; sentenza 5A_286/2012 cit. consid. 2.2). In caso di gravi lesioni della personalità, la generale esperienza della vita permette di prescindere dalla prova del perdurare degli effetti di una lesione (DTF 123 III 385 consid. 4a; sentenza 5A_93/2010 cit. consid. 6.1).  
 
6.2. Premesso che condizione per l'accoglimento dell'azione di accertamento è il persistere di strascichi molesti della lesione, il Tribunale di appello ha constatato che la ricorrente non ha, fra l'altro, mai allegato che il pubblico avrebbe sempre potuto rinvenire in archivi cartacei o digitali l'articolo apparso su 10 Minuti o sul Mattino della Domenica: il sito www.mattinonline.ch non vi dà accesso, mentre un altro sito che potrebbe ricondurre ai detti articoli appare accessibile unicamente mediante un'identificazione ed una parola chiave che la ricorrente non ha spiegato come il pubblico potrebbe ottenere. Non sussistono pertanto strascichi concreti e duraturi dell'asserita lesione della personalità. Una situazione pregiudizievole per la ricorrente non è (più) data, sicché pure tale azione va respinta. Questa conclusione ha permesso al Tribunale di appello di non determinarsi sul carattere lesivo delle affermazioni contenute segnatamente nel primo dei due articoli avversati.  
 
6.3. La ricorrente obietta che la pubblicazione di dichiarazioni lesive nei media ha carattere di continuità poiché può essere continuamente rievocata mantenendo inalterato il pregiudizio alla personalità della vittima. I siti internet e le relative tecniche di archiviazione permettono di sempre rintracciare le notizie pubblicate, che possono essere lette anche a distanza di tempo. Pertanto, le pubblicazioni incriminate effettuate sul sito internet www.mattinonline.ch sono a suo dire di per sé sempre riattivabili; lo stesso vale per il domenicale Il Mattino della Domenica, al cui archivio ogni abbonato può accedere. Quanto all'attualità delle censurate affermazioni, la ricorrente rinvia alla votazione federale del giugno 2015 sul canone radiotelevisivo.  
 
6.4. Il principio secondo il quale le pubblicazioni su internet sono genericamente sempre consultabili necessita concretizzazione nel caso di specie: non basta, detto altrimenti, affermarne l'avvenuta pubblicazione sulla rete. Il Tribunale di appello ha tuttavia constatato che la ricorrente non ha mai allegato, nonostante il relativo onere incombesse su di lei, che il pubblico avrebbe sempre potuto rinvenire in archivi cartacei o digitali l'articolo apparso su 10 Minuti o sul Mattino della Domenica. Le indicazioni che fornisce la ricorrente avanti al Tribunale federale sono pertanto nuove, e come tali inammissibili (art. 99 cpv. 1 LTF; supra consid. 1.3). Abbondanzialmente, si rileverà che la ricorrente si riferisce ad un sito riservato agli abbonati e non di libero accesso per il pubblico, che parrebbe invece determinante per i Giudici cantonali.  
 
Per l'attualità, la ricorrente fa riferimento alla votazione federale dello scorso giugno sul canone radiotelevisivo. Ciò dimostra, semmai, che il tema del servizio pubblico dell'ente radiotelevisivo pubblico e del canone percepito è rimasto d'attualità (come peraltro i dibatti precedenti quella votazione hanno ampiamente confermato); tuttavia, mal si comprende - né la ricorrente dimostra - in quale maniera la presente vicenda potesse inserirsi in questa discussione. 
 
6.5. Ne discende che la censura si appalesa inammissibile.  
 
7.   
Il Tribunale di appello ha respinto la petizione della ricorrente sulla base di motivazioni che, come esaminato in precedenza, risultano conformi al diritto federale - anche considerato il riserbo con cui il Tribunale federale interviene sulle decisioni che l'ultima istanza cantonale ha preso nell'esercizio del proprio potere discrezionale (art. 4 CC; supra consid. 5.3.1). 
In conclusione, il ricorso va respinto nella misura della sua ricevibilità. Tassa e spese di giustizia sono a carico della ricorrente soccombente (art. 66 cpv. 1 LTF). Non sono dovute ripetibili agli opponenti, che non sono stati invitati ad esprimersi in sede federale e non sono pertanto incorsi in spese ripetibili. 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.   
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico della ricorrente. 
 
3.   
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla I Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 29 ottobre 2015 
 
In nome della II Corte di diritto civile 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: von Werdt 
 
La Cancelliera: Antonini