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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
                 
 
 
1C_509/2020  
 
 
Sentenza del 21 ottobre 2020  
 
I Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Chaix, Presidente, 
Jametti, Merz, 
Cancelliere Crameri. 
 
Partecipanti al procedimento 
1. A.________, 
2. B.________, 
patrocinati dall'avv. Milca Molteni, 
ricorrenti, 
 
contro 
 
Municipio di Porza, 
Consiglio di Stato della Repubblica e Cantone Ticino. 
 
Oggetto 
Licenza edilizia, misure di ripristino, 
 
ricorso contro la sentenza emanata l'11 agosto 2020 
dal Tribunale cantonale amministrativo (52.2018.547). 
 
 
Fatti:  
 
A.   
L'avv. B.________ e l'avv. A.________ sono comproprietari di una particella ubicata nel Comune di Porza, attribuita alla zona residenziale estensiva (R2). Sul fondo si trova una casa di abitazione e alcune opere accessorie. Il 17 giugno 2013 il Municipio ha rilasciato loro la licenza edilizia per costruire, tra l'altro, una piscina, un deposito per la legna e la copertura di parte dell'area esterna con due strutture (porticati-pergolati) aperte su due/tre lati. In corso d'opera gli istanti hanno rinunciato alla costruzione dei due accessori, realizzando al loro posto una veranda prefabbricata in alluminio e vetro, collegata all'edificio principale tramite una portafinestra. 
 
B.   
Dopo l'esperimento di un sopralluogo e preso atto del rifiuto dei comproprietari d'inoltrare una domanda di costruzione in sanatoria per la veranda, il Municipio ha avviato d'ufficio la relativa procedura, negandone il rilascio con decisione del 20 novembre 2017. L'ha ritenuta infatti un'opera principale e non accessoria a causa delle dimensioni e dell'idoneità all'abitazione, ordinandone la demolizione, decisione confermata dal Consiglio di Stato il 10 ottobre 2018. Adito dagli interessati, con giudizio dell'11 agosto 2020, il Tribunale cantonale amministrativo ne ha parzialmente accolto il ricorso, annullando la risoluzione municipale limitatamente alla chiusura della portafinestra, confermando per il resto l'ordine di ripristino. 
 
C.   
Avverso questa sentenza B.________ e A.________ presentano un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiedono, concesso al gravame l'effetto sospensivo, in via principale di annullarla, in via subordinata, di rinviare la causa alla Corte cantonale per nuovo giudizio dopo aver assunto le prove da essi richieste e, in via ancora più subordinata, di riformare la decisione impugnata nel senso di comminare una sanzione pecuniaria. 
 
Non è stato ordinato uno scambio di scritti. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Presentato tempestivamente contro una decisione finale dell'ultima istanza cantonale in ambito edilizio, il ricorso in materia di diritto pubblico è ammissibile sotto il profilo degli art. 82 lett. a, 86 cpv. 1 lett. d e 90 LTF (DTF 133 II 409 consid. 1.1 pag. 411). La legittimazione dei ricorrenti è pacifica.  
 
1.2. Secondo l'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, il gravame dev'essere motivato in modo sufficiente, spiegando nei motivi perché l'atto impugnato viola il diritto. Il Tribunale federale esamina in linea di principio solo le censure sollevate (DTF 142 I 99 consid. 1.7.1 pag. 106). Quando, come in concreto, è invocata la violazione di diritti costituzionali (diritto di essere sentito, buona fede), il Tribunale federale, in applicazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, esamina le censure soltanto se siano state esplicitamente sollevate e motivate in modo chiaro e preciso (DTF 143 I 377 consid. 1.2 e 1.3 pag. 380). Le stesse esigenze di motivazione valgono per le critiche d'accertamento arbitrario dei fatti (DTF 143 II 283 consid. 1.2.2 pag. 286). Il Tribunale federale fonda in effetti il suo ragionamento giuridico su quelli accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Può scostarsene solo se l'accertamento è stato eseguito in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario (art. 97 cpv. 1 e 105 cpv. 2 LTF; DTF 145 V 326 consid. 1 pag. 328, 188 consid. 2 pag. 190).  
 
1.3. La vertenza concerne l'interpretazione e l'applicazione di norme del diritto cantonale e comunale, esaminate sotto il ristretto profilo dell'arbitrio (DTF 145 II 32 consid. 5.1 pag. 41). Non basta quindi che la decisione impugnata sia insostenibile nella motivazione, ma occorre che lo sia anche nel risultato (DTF 143 I 321 consid. 6.1 pag. 324), ciò che spetta ai ricorrenti dimostrare (DTF 144 III 145 consid. 2 pag. 146). Non risulta per contro arbitrio dal semplice fatto che anche un'altra soluzione potrebbe entrare in linea di conto o sarebbe addirittura preferibile (DTF 144 I 113 consid. 7.1 pag. 124). Per poter essere ritenuta arbitraria, la violazione del diritto dev'essere manifesta e accertabile di primo acchito (DTF 144 III 145 consid. 2 pag. 146).  
 
2.  
 
2.1. I ricorrenti osservano che la licenza edilizia rilasciata loro nel 2013 autorizzava tra l'altro due porticati: il primo, facente corpo unico con l'abitazione e accessibile alla stessa da una porta, creando quindi una veranda aperta su due lati; il secondo, situato al confine est del fondo, era aperto su tre lati. Sostengono che in seguito avrebbero sostituito in pratica il primo porticato, previsto in calcestruzzo e plexiglas, con una copertura prefabbricata in alluminio e vetro, decisamente meno costosa, sebbene più lunga di quella approvata; parallelamente, essi hanno rinunciato alla seconda copertura prevista. Il ricorso è incentrato in sostanza sull'assunto secondo cui l'opera, della quale è ordinata la demolizione, sarebbe stata, "di fatto", autorizzata con la licenza edilizia del 2013. Le differenze tra i due manufatti sarebbero state accertate in maniera arbitraria e lesive del diritto di essere sentito, visto che le autorità inferiori non avrebbero assunto i mezzi di prova proposti dai comproprietari.  
 
2.2. I ricorrenti adducono, a torto, che la conclusione dei giudici cantonali, secondo cui si è in presenza di un nuovo manufatto che necessita di un'autorizzazione a posteriori, sarebbe insostenibile e quindi arbitraria. L'art. 16 della legge edilizia cantonale del 13 marzo 1991 (LE) dispone infatti che la pubblicazione dev'essere ripetuta se, come nella fattispecie, i progetti vengono modificati nel corso della procedura d'approvazione o successivamente (cpv. 1), mentre soltanto qualora essi rimangano immutati nelle loro caratteristiche essenziali, è applicabile la procedura della notifica; differenze che non superano un grado di tolleranza ragionevolmente ammissibile non soggiacciono a nessuna formalità (cpv. 2).  
Al riguardo, contrariamente all'assunto ricorsuale, le motivazioni poste a fondamento dell'impugnata decisione adempiono l'obbligo di motivare le sentenze, poiché spiegano i motivi sui quali si basano le criticate scelte (DTF 145 IV 99 consid. 3.1 pag. 109; 142 II 154 consid. 4.2 pag. 157). La Corte ha ritenuto infatti priva di fondamento la tesi ricorsuale secondo cui la veranda realizzata non si discosterebbe sostanzialmente dal progetto approvato nel 2013. Riguardo ai differenti materiali utilizzati, essa ha stabilito che il fatto ch'essi non fossero stati menzionati nella licenza edilizia del 2013 nulla muta alla circostanza che il Municipio aveva autorizzato solo quello ch'era stato effettivamente richiesto. Inoltre, la pergola doveva essere aperta almeno su due lati, mentre la veranda litigiosa, ciò che è decisivo, è totalmente chiusa. Ha ritenuto poi che, sebbene le loro superfici non divergano sensibilmente, argomento sul quale insistono i ricorrenti, nemmeno le dimensioni dei due manufatti corrispondono (ca. 5,30 x 4,12 m per quello approvato, contro 7,50 x 3,00 m per quello poi realizzato, ossia 22,50 m2). Per di più, anche l'aspetto dei due manufatti è profondamente diverso. 
 
Le generiche critiche appellatorie mosse dai ricorrenti a questi accertamenti fattuali, segnatamente che si tratterrebbe di due coperture che consentirebbero di poter usufruire di uno spazio coperto, non dimostrano affatto che l'obbligo di chiedere il rilascio di una licenza edilizia a posteriori sarebbe lesivo dell'art. 16 cpv. 1 e 2 LE. Le modifiche litigiose sono infatti notevoli e il fatto d'aver ritenuto la sussistenza di differenze significative non è arbitrario. 
 
2.3. La Corte cantonale, in applicazione dell'art. 7 cpv. 6 delle norme di attuazione del piano regolatore (NAPR), secondo cui le costruzioni accessorie non devono essere destinate all'abitazione o al lavoro (lett. a) e non possono superare la lunghezza di 6,00 m per ogni facciata (lett. b), ha ritenuto che la veranda litigiosa dev'essere considerata quale costruzione principale. Ciò poiché le sue facciate principali, che raggiungono i 7,50 m, superano abbondantemente la citata soglia di 6,00 m. Limitandosi ad accennare al fatto che la veranda presenta effettivamente una lunghezza maggiore rispetto al progetto approvato, ma sarebbe meno larga e che pertanto la superficie coperta sarebbe praticamente identica, i ricorrenti non dimostrano affatto che la Corte cantonale avrebbe interpretato in maniera arbitraria la citata norma; la stessa è stata peraltro applicata in maniera corretta.  
 
2.4. Essa ha ritenuto inoltre che, per di più, la veranda è utilizzabile a fini abitativi, visto che permette di risiedervi, temporaneamente o in modo durevole, soggiornando al suo interno al riparo dalle intemperie, non essendo necessario ch'essa soddisfi tutte le esigenze che caratterizzano la funzione residenziale, essendo sufficiente che risponda all'una o all'altra, secondo la prassi segnatamente la consumazione di pasti (come in concreto dimostrato dalla presenza di un tavolo da pranzo, quattro sedie, ecc.), la lettura, l'ascolto di musica o il semplice riposo. In effetti, contrariamente al progetto approvato, la veranda litigiosa può essere chiusa completamente grazie alle pareti vetrate scorrevoli e risulta quindi sufficientemente protetta dalle intemperie e fruibile per tempi prolungati, sebbene tali pareti non siano isolate termicamente e non sia allacciata al sistema di riscaldamento principale, visto ch'essa dispone nondimeno di due corpi mobili riscaldanti che ne garantiscono l'utilizzo anche durante i mesi invernali, tranne semmai durante i periodi climatici più rigidi. A torto i ricorrenti sostengono che queste conclusioni sarebbero addirittura insostenibili e quindi arbitrarie, soltanto perché i vetri delle vetrate non sono isolati e la veranda non è collegata a un impianto di riscaldamento. Anche il loro assunto, secondo cui essa potrebbe essere utilizzata allo stesso modo del manufatto autorizzato nel 2013 è privo di fondamento, ritenuto ch'esso era aperto su due lati. La tesi ricorsuale, secondo cui la veranda costituirebbe soltanto una "terrazza" esterna sotto cui sostare all'ombra, motivo per cui non sarebbe utilizzabile a fini abitativi o lavorativi, in particolare nei momenti di maggiori variazioni termiche, chiaramente non regge.  
 
2.5. Riguardo al computo della superficie della veranda nella superficie utile lorda (SUL), la Corte cantonale ha rilevato che secondo la normativa cantonale (art. 38 cpv. 1 LE), dal suo computo sono escluse le superfici non utilizzate o non utilizzabili per l'abitazione o il lavoro (cantine, solai, lavanderie, locali per il riscaldamento, per i serbatoi, i corridoi, le scale, i posteggi, ecc.), come pure i porticati aperti, le terrazze dei tetti coperte ma non chiuse lateralmente, i balconi, le logge aperte che non servono come ballatoi. Ne ha dedotto, richiamando la prassi, con la quale i ricorrenti non si confrontano (vedi sentenza 1C_158/ 2010 del 3 agosto 2010 consid. 2 e 3, apparsa in: RtiD I-2011 n. 18 pag. 70), che devono essere conteggiate solo le superfici di locali e spazi chiusi verso l'esterno, utilizzati o utilizzabili per l'abitazione o il lavoro, decisiva non essendo l'indicazione fornita dai piani circa la loro destinazione, ma la possibilità oggettiva di utilizzarle a detti scopi. Dai calcoli effettuati dalla Corte cantonale, non criticati dai ricorrenti, risulta che, tenuto conto degli ulteriori 22,50 m2 della veranda, il superamento del limite legale della SUL è pari a 18,86 m2, come chiaramente superato è pure l'indice di sfruttamento, motivo per cui ha confermato il rifiuto municipale di rilasciare una licenza edilizia in sanatoria.  
 
Al riguardo i ricorrenti adducono semplicemente, in maniera generica, che la veranda non sarebbe utilizzabile per l'abitazione o il lavoro, poiché costituirebbe soltanto una "terrazza" esterna sotto la quale sostare all'ombra, inutilizzabile nei momenti di maggiore escursione termica, motivo per cui non potrebbe essere computata nella SUL. Con questi rilievi appellatori essi non dimostrano che i citati accertamenti e la valutazione delle prove, come pure le conclusioni dei giudici cantonali, fondate peraltro correttamente sulla richiamata, consolidata prassi, sarebbero addirittura insostenibili e quindi arbitrari (DTF 146 IV 88 consid. 1.3.1 pag. 91). Le critiche ricorsuali non dimostrano neppure che l'interpretazione e l'applicazione delle citate norme cantonali sarebbero manifestamente contrarie al loro senso e scopo e quindi arbitrarie (DTF 143 I 321 consid. 6.1 pag. 324), essendo peraltro corrette. Il fatto che le conclusioni poste a fondamento del giudizio impugnato, fondate per di più su valutazioni condivisibili, non concordino con quelle ricorsuali non ne dimostra l'arbitrarietà (DTF 144 II 281 consid. 3.6.2 pag. 287). 
 
2.6. I comproprietari contestano infine la proporzionalità delle imposte misure di ripristino, al loro dire lesive dell'art. 43 cpv. 1 LE, secondo cui il Municipio ordina la demolizione o la rettifica delle opere eseguite in contrasto con la legge, i regolamenti edilizi o i piani regolatori, tranne il caso in cui le differenze siano minime e senza importanza per l'interesse pubblico; adducono che queste due ultime condizioni sarebbero adempiute in concreto, visto che l'opera realizzata non presenterebbe sostanziali differenze dal progetto approvato. Come visto questo assunto non regge. I ricorrenti medesimi ammettono del resto che le criticate misure di ripristino rendono il manufatto litigioso uguale a quello previsto originariamente.  
 
Adducono poi che la postulata audizione di collaboratori della società fornitrice della veranda avrebbe potuto confermare la loro buona fede, fondata su asserite rassicurazioni ricevute dal fornitore riguardo alla "qualifica" del manufatto e alla sua conformità alle norme edilizie, in particolare sull'asserita circostanza che la sua superficie, in altri comuni, non sarebbe stata computata come SUL. 
 
Certo, il diritto di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost.) comprende, tra l'altro, il diritto dell'interessato di offrire prove pertinenti e di ottenerne l'assunzione (DTF 145 I 167 consid. 4.1 pag. 170 seg.; 144 I 11 consid. 5.3 pag. 17). Il Tribunale cantonale amministrativo, senza violare l'invocato diritto, sulla base di un apprezzamento anticipato delle prove per nulla arbitrario (DTF 146 III 73 consid. 5.2.2 pag. 80; 144 II 427 consid. 3.1.3 pag. 435), poteva tuttavia rinunciare ad assumere quelle proposte dai ricorrenti, ininfluenti per dirimere la vertenza. Non si tratta in effetti di elementi essenziali per l'accertamento dei fatti e l'applicazione della citata norma cantonale, della quale i ricorrenti, cogniti del diritto, potevano aspettarsi la pertinenza e l'applicazione (DTF 145 I 167 consid. 4.1 pag. 170 seg.; 145 IV 99 consid. 3.1 pag. 109). Riguardo alle pretese assicurazioni fornite dalla ditta fornitrice della veranda, la Corte cantonale non ha, rettamente, ritenuto una violazione del principio della buona fede e dell'affidamento, non essendone manifestamente adempiuti i presupposti, visto che la ditta non era chiaramente competente per fornire garanzie vincolanti (DTF 146 I 105 consid. 5.1.1 pag. 110). 
 
Come rettamente ritenuto dai giudici cantonali, un'eventuale diversa prassi applicata in altri comuni, non vincolerebbe in nessun modo il Municipio di Porza, né sarebbe costitutiva di una disparità di trattamento nell'illegalità. In effetti, il diritto all'uguaglianza di trattamento nell'illegalità può essere ammesso in via eccezionale soltanto quando non in un caso isolato e neppure in alcuni casi, bensì secondo una prassi costante, un'autorità, in concreto il Municipio di Porza, avrebbe derogato alla legge e darebbe a vedere che anche in futuro non deciderà in modo conforme alla stessa, condizione non addotta dai ricorrenti né ravvisabile nella fattispecie (DTF 139 II 49 consid. 7.1 pag. 61; 132 II 485 consid. 8.6 pag. 510). 
 
3.  
La Corte cantonale ha negato infine, a ragione, di sostituire la misura del ripristino con una sanzione pecuniaria, ritenuto che tale provvedimento, come visto, non è impossibile né sproporzionato (art. 44 cpv. 1 LE). 
L'accenno ricorsuale agli svantaggi non indifferenti derivanti dal contestato provvedimento di ripristino, segnatamente i costi per la demolizione dell'opera abusiva e per la costruzione di una nuova, nonché non meglio precisati inconvenienti di natura pratica che ne deriverebbero, non violano il principio di proporzionalità (DTF 144 I 126 consid. 8.3 pag. 144). 
 
Il principio della legalità e quello dell'uguaglianza esigono infatti che le costruzioni, come quella litigiosa, realizzate senza autorizzazione e che sono in contrasto col diritto materiale, devono essere rettificate o demolite, poiché altrimenti sarebbe premiata l'inosservanza della legge: chi pone l'autorità di fronte al fatto compiuto deve quindi aspettarsi che, di fronte agli inconvenienti derivanti all'interessato da un ordine di demolizione, prevalga il ripristino di una situazione conforme al diritto, ciò che non viola il principio di proporzionalità (DTF 132 II 21 consid. 6.4 pag. 39 seg.; sentenza 1C_619/2014 del 24 febbraio 2015 consid. 4, in: RtiD II-2015 n. 14 pag. 53). 
 
4.   
Il ricorso, in quanto ammissibile, dev'essere respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). 
 
L'emanazione del presente giudizio rende priva d'oggetto la domanda di effetto sospensivo. 
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.   
Le spese giudiziarie di fr. 4'000.-- sono poste a carico dei ricorrenti. 
 
3.   
Comunicazione ai ricorrenti, al Municipio di Porza, al Consiglio di Stato della Repubblica e Cantone Ticino e al Tribunale cantonale amministrativo. 
 
 
Losanna, 21 ottobre 2020 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Chaix 
 
Il Cancelliere: Crameri