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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
1C_489/2021  
 
 
Sentenza del 27 settembre 2022  
 
I Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Kneubühler, Presidente, 
Jametti, Merz, 
Cancelliere Crameri. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________ SA, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Ministero pubblico della Confederazione, Guisanplatz 1, 3003 Berna. 
 
Oggetto 
Assistenza giudiziaria internazionale in materia penale all'Italia; sequestro, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 18 agosto 2021 dalla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale (RR.2021.97). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
Il 12 settembre 2013 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano ha presentato alla Svizzera una domanda di assistenza giudiziaria nell'ambito di un procedimento penale avviato nei confronti di B.________, C.________ e altri per titolo di aggiotaggio, falsità in prospetto informativo, ostacolo all'esercizio delle funzioni di vigilanza della Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) nonché anche per bancarotta fraudolenta. L'autorità estera sospetta che alcuni aumenti di capitale riguardanti D.________ S.p.A., invece di permettere il suo risanamento, sarebbero serviti a risolvere problemi finanziari di altre società in difficoltà economiche riconducibili a C.________. Con complemento del 24 febbraio 2014 l'autorità rogante ha chiesto di trasmetterle la documentazione concernente la relazione xxx intestata a E.________ S.p.A. presso A.________ AG, e il blocco del conto. 
 
B.  
Con decisione di chiusura del 18 giugno 2014, il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha ordinato la trasmissione all'autorità italiana di svariata documentazione del citato conto, mantenendone il blocco. Tra il 2014 e il 2019 A.________ SA, invocando diritti acquisiti in buona fede, ha chiesto più volte senza successo il dissequestro del conto affinché E.________ S.p.A. potesse versare EUR 750'000.-- a F.________ Srl e EUR 250'000.-- a G.________ S.p.A. Queste operazioni erano volte a estinguere un contratto di pegno concluso il 7 dicembre 2012 da E.________ S.p.A. con A.________ SA a garanzia di due linee di credito concesse da A.________ SA a F.________ Srl e a G.________ S.p.A. Con decisione di chiusura del 16 dicembre 2019, il MPC ha respinto un'ulteriore richiesta di dissequestro. Con sentenza del 30 settembre 2020 (RR.2020.27), la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale (CRP) ha accolto ai sensi dei considerandi un ricorso di A.________ SA e ha rinviato la causa al MPC, mantenendo tuttavia il sequestro litigioso. Mediante decisione di chiusura del 19 maggio 2021, il MPC ha riconfermato il sequestro. Adita da A.________ SA, con giudizio del 18 agosto 2021 la CRP ne ha respinto il ricorso. 
 
C.  
Avverso questa decisione A.________ SA presenta un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiede di riformare la sentenza impugnata nel senso di annullare la decisione di chiusura e di dissequestrare il conto, in via subordinata, postula di rinviare la causa alla CRP per un nuovo giudizio. 
 
Nelle osservazioni il MPC propone di dichiarare irricevibile il ricorso, subordinatamente di respingerlo, la CRP rinuncia a formulare osservazioni confermandosi nella propria sentenza, mentre l'Ufficio federale di giustizia (UFG) si rimette al giudizio del Tribunale federale. La ricorrente ribadisce le proprie conclusioni. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
Contro le decisioni emanate nel campo dell'assistenza giudiziaria internazionale in materia penale il ricorso è ammissibile soltanto se concerne tra l'altro, come in concreto, un sequestro e, inoltre, si tratti di un caso particolarmente importante (art. 84 cpv. 1 LTF). Si è segnatamente in presenza di un siffatto caso laddove vi sono motivi per ritenere che sono stati violati elementari principi procedurali o che il procedimento all'estero presenta gravi lacune (cpv. 2). Questi motivi di entrata nel merito non sono tuttavia esaustivi e il Tribunale federale può essere chiamato a intervenire anche quando si tratti di dirimere una questione giuridica di principio o quando l'istanza precedente si è scostata dalla giurisprudenza costante (DTF 145 IV 99 consid. 1.1 e 1.2). 
L'art. 84 LTF persegue lo scopo di limitare efficacemente l'accesso al Tribunale federale in quest'ambito. Nella valutazione circa l'esistenza di un caso particolarmente importante, che dev'essere ammesso in maniera restrittiva, il Tribunale federale dispone di un ampio potere di apprezzamento (DTF 145 IV 99 consid. 1.2). Spetta alla ricorrente, pena l'inammissibilità del gravame, dimostrare che le condizioni di entrata in materia richieste dall'art. 84 LTF sono adempiute (art. 42 cpv. 2 LTF; DTF 145 IV 99 consid. 1.5). 
 
2.  
 
2.1. La CRP ha ritenuto che in concreto non si sarebbe di massima in presenza di una decisione incidentale anteriore alla decisione di chiusura, che può essere impugnata separatamente soltanto se causa un pregiudizio immediato e irreparabile mediante il sequestro di beni e valori (art. 80e cpv. 2 lett. a AIMP; RS 351.1). Ciò poiché, richiamando la sentenza 1A.335/2005 del 18 agosto 2006 consid. 1 (su questa sentenza e la relativa problematica vedi STEPHANIE EYMANN, Zur Frage der selbständigen Anfechtung von Zwischenverfügungen gemäss IRSG, in: AJP 2008 pag. 847 segg., pag. 849 seg.), ha ritenuto che i titolari di conti bancari sequestrati da lungo tempo dovrebbero poter fare riesaminare da un'autorità giudiziaria la legalità e la proporzionalità della misura coercitiva prima dell'emanazione di una decisione di dissequestro o di consegna. Ne ha concluso che in concreto la ricevibilità del ricorso non sarebbe quindi subordinata all'esistenza di un pregiudizio ai sensi dell'art. 80e cpv. 2 AIMP e che il termine di ricorso dinanzi ad essa non sarebbe quello di dieci giorni previsto dall'art. 80k AIMP per le decisioni incidentali, ma di trenta.  
 
2.2. Il ricorso è diretto contro una decisione con la quale è stato confermato il mantenimento del sequestro degli averi depositati sul conto della ricorrente, ma non la loro consegna a scopo di confisca o di restituzione allo Stato richiedente nel quadro dell'art. 74a AIMP. Si tratta quindi, di massima, di una decisione incidentale, impugnabile - dinanzi al Tribunale federale - conformemente all'art. 93 cpv. 2 secondo periodo LTF, qualora siano adempiute le condizioni di cui al suo capoverso 1. Secondo questa norma, il ricorso è ammissibile contro le decisioni pregiudiziali e incidentali notificate separatamente se possono causare un pregiudizio irreparabile (lett. a) o se l'accoglimento del ricorso comporterebbe immediatamente una decisione finale consentendo di evitare una procedura probatoria defatigante o dispendiosa (lett. b). Questa seconda condizione non è di massima applicabile a una procedura amministrativa di assistenza giudiziaria, di per sé non dispendiosa (sentenza 1C_152/2018 del 18 giugno 2018 consid. 1.2). D'altra parte, nella procedura di assistenza, le misure provvisionali di sequestro non sono considerate come implicanti un pregiudizio irreparabile, che dev'essere ammesso soltanto in maniera restrittiva, salvo dimostrazione del contrario da parte dell'insorgente (art. 42 cpv. 2 LTF; sentenze 1C_750/2021 del 20 dicembre 2021 consid. 2.1, 1C_2/2017 del 27 marzo 2017 consid. 1 e 1C_549/2014 dell'8 dicembre 2014 consid. 2.3 in fine; cfr. anche DTF 133 IV 215 consid. 1.1).  
Certo, in alcune sentenze relative a casi del tutto particolari, tra le quali quelle citate, il Tribunale federale, in considerazione delle durate dei sequestri, ha esaminato nel merito le cause, potendosi trattare di una violazione del principio di celerità (per un riepilogo vedi ROBERT ZIMMERMANN, La coopération judiciaire internationale en matière pénale, 5aed. 2019, n. 512 pag. 543, n. 513, n. 721b pag. 794 segg., che indica casi in cui sequestri della durata tra i cinque e 18 anni non sono stati ritenuti sproporzionati; MARTA STELZER-WIECKOWSKA, Die kleine Rechtshilfe in Strafsachen: grundrechtliche Stellung der betroffenen Person, 2022, pag. 378 segg., 383 seg.). 
 
2.3. Nella fattispecie, l'ammontare dei valori sequestrati (EUR 997'251 al dire della ricorrente) non giustifica di scostarsi dal principio della sussistenza di un pregiudizio irreparabile (sentenza 1C_455/2014 del 2 ottobre 2014 consid. 1.3 in fine). In concreto nemmeno la durata del contestato sequestro, ordinato dal MPC il 25 febbraio 2014, impone di ritenere che si sarebbe senz'altro in presenza di un tale pregiudizio o di una violazione del principio di proporzionalità, motivi che non prevalgono in concreto sul dovere della Svizzera di adempiere i suoi obblighi internazionali (sentenze 1C_222/2020 del 10 giugno 2020 consid. 1.1 e 3.2, 1C_152/2018, citata, consid. 1.2 e 1.6, 1C_239/2014 del 18 agosto 2014 consid. 1.2 e 1C_139/2013 del 7 febbraio 2013 consid. 1.2). Per di più, la ricorrente non critica di per sé la durata del sequestro, per lo meno con una motivazione conforme all'art. 42 LTF, incentrando bensì il gravame sull'asserita mancanza di fondatezza della rogatoria riguardo al rimprovero ch'essa, sotto il profilo dell'art. 70 cpv. 2 CP, per negligenza e non con dolo eventuale, non avrebbe verificato l'esistenza di una controprestazione in favore di E.________ S.p.A.  
 
Inoltre, anche qualora dovesse trattarsi di una questione di principio, in difetto di un pregiudizio irreparabile ai sensi dell'art. 93 cpv. 1 LTF concretamente dimostrato, il ricorso dovrebbe comunque essere dichiarato inammissibile (sentenza 1C_602/2015 del 23 novembre 2015 consid. 1 e 2; MARC FORSTER, in: Basler Kommentar Bundesgerichtsgesetz, 3aed. 2018, n. 25 ad art. 84). 
 
2.4. D'altra parte, visto il chiaro tenore dell'art. 93 cpv. 2 LTF, il ricorso interposto contro la misura del sequestro non può limitarsi a riproporre le questioni che concernono unicamente la decisione di entrata nel merito. Il gravame sarebbe quindi ammissibile soltanto nella misura in cui concerne i principi di celerità e di proporzionalità in relazione al criticato provvedimento di sequestro, nonché alla sua ampiezza. Le altre questioni, segnatamente la contestata fondatezza della rogatoria e la conferma del sequestro sulla base dell'art. 70 cpv. 2 CP per assenza di una controprestazione adeguata, non devono pertanto essere riesaminate (sentenza 1C_239/2014, citata, consid. 1.3). Inoltre, la questione della buona fede significa la non conoscenza dei motivi di sequestro: ora, nella procedura di assistenza giudiziaria, un esame materiale dei presupposti giuridici è escluso (DTF 145 IV 99 consid. 3.2 e rinvii). In altre parole, i motivi del sequestro non devono essere esaminati nella procedura di assistenza (sentenza 1C_342/2022 del 15 giugno 2022 consid. 1.2). Il ricorso è quindi di massima inammissibile.  
 
2.5. Occorre rilevare che, ciò nondimeno, la presente causa solleva comunque alcune questioni problematiche sotto il profilo dell'ammissibilità di principio della rogatoria complementare, visto che il sequestro potrebbe rivestire una natura civile e non penale, oltre a una sua possibile durata futura non proporzionale. Per di più neppure la possibilità di un'eventuale confisca nell'ambito del procedimento italiano è chiara, motivo per cui si giustifica di accennare, eccezionalmente, a determinati quesiti che dovranno essere chiariti dal MPC. D'altra parte, come si vedrà, la CRP parrebbe non avere spiegato, con una motivazione conforme all'art. 112 cpv. 1 lett. b LTF (DTF 141 IV 244 consid. 1.2.1; sentenza 1B_470/2020 del 22 dicembre 2020 consid. 4.3) se, come adduce la ricorrente, essa abbia effettivamente voluto discostarsi dalla giurisprudenza inerente all'art. 70 cpv. 2 CP, ritenendo che una confisca nei confronti di un terzo sarebbe possibile non solo quando questi ha una conoscenza, corrispondente al dolo eventuale, dei fatti che giustificano una confisca, ma anche qualora egli avesse agito per semplice negligenza (sui presupposti per un cambiamento di giurisprudenza vedi DTF 148 V 84 consid. 7.1.1 pag. 96; 148 V 2 consid. 5.4; 148 III 1 consid. 2.4.1).  
 
3.  
Riguardo alla sussistenza di un caso particolarmente importante, la ricorrente adduce che si sarebbe in presenza di un "nuovo" e diverso procedimento penale fondato su una fattispecie totalmente distinta da quella oggetto della rogatoria originaria e che l'autorità estera non avrebbe postulato il sequestro litigioso nell'ambito del procedimento penale italiano. 
 
L'assunto, come ancora si vedrà, regge solo parzialmente visto che, come ritenuto nella decisione impugnata, il 16 ottobre 2020 la Procura estera ha chiesto l'autorizzazione per estendere l'utilizzo della documentazione bancaria già trasmessa anche al sospettato reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale commessa da C.________ e altri nei confronti di E.________ S.p.A., ipotesi che sarebbe asseritamente emersa solo successivamente alla rogatoria del 2014. Con questa domanda complementare essa sottolinea l'interesse a mantenere il sequestro del conto in vista di una confisca. Il procedimento penale estero non è quindi ancora definitivamente concluso (DTF 113 Ib 157 consid. 5a pag. 166), la domanda complementare litigiosa non è divenuta senza oggetto, né la ricorrente sostiene ch'essa sarebbe abusiva. Inoltre, contrariamente all'assunto ricorsuale, si tratta in sostanza degli stessi fatti, ma limitati all'ipotesi del reato di bancarotta fraudolenta. In effetti, come ancora si vedrà, la Procura estera aveva già chiesto l'assistenza tra l'altro anche per questo reato, ma per motivi non specificati lo stesso non è stato poi oggetto della sentenza di condanna italiana dell'8 febbraio 2018. La ricorrente non si confronta con questi fatti e i citati complementi rogatoriali posti a fondamento della decisione della CRP, dei quali si dirà in seguito. 
 
4.  
 
4.1. La CRP ha ritenuto, rettamente, che secondo la prassi anche i terzi al beneficio di un diritto reale o di un diritto reale limitato su beni destinati a essere consegnati allo Stato richiedente possono opporsi al sequestro o contestarne la durata, se rendono verosimile di aver acquisito in buona fede diritti su tali oggetti o beni in Svizzera (sentenza 6S.298/2005 del 24 febbraio 2006 consid. 4.1, in: SJ 2006 I pag. 461 segg.; cfr. anche sentenza 1C_166/2009 del 3 luglio 2009 consid. 2.3.4; STEFAN TRECHSEL/MARC JEAN-RICHARD-DIT-BRESSEL, Praxiskommentar Schweizerisches Strafgesetzbuch, 4aed. 2021, n. 11 in fine ad art. 70).  
 
Ha poi stabilito che la ricorrente, la quale ha la sua sede in Svizzera e non è implicata nell'inchiesta penale estera, dev'essere considerata come un terzo estraneo al reato, motivo per cui occorre verificare, rapportandosi in concreto al momento della costituzione del diritto di pegno, la sua buona fede; ossia se sapeva o avrebbe dovuto presumere che i beni litigiosi sui quali ha acquisito un diritto reale potessero essere collegati a un reato penale, in concreto costituito dall'ipotetica sottrazione fraudolenta di risorse di E.________ S.p.A. nella procedura fallimentare. 
 
4.2. La ricorrente richiama l'art. VIII cpv. 2 dell'Accordo tra la Svizzera e l'Italia che completa la Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 e ne agevola l'applicazione, concluso il 10 settembre 1998 (RS 0.351.945.41). Questa norma, in relazione alla consegna di beni provenienti da un reato, dispone che è riservata qualsiasi pretesa, che non sia stata soddisfatta o garantita, avanzata su tali beni da una persona estranea al reato, norma concretata in Svizzera dall'art. 74a AIMP.  
 
4.3. Secondo l'art. 74a AIMP, gli oggetti o i beni sequestrati a scopo conservativo possono essere consegnati su richiesta all'autorità estera competente a scopo di confisca o di restituzione agli aventi diritto dopo la chiusura della procedura d'assistenza giudiziaria (cpv. 1); la consegna può avvenire in ogni stadio del procedimento estero, di regola su decisione passata in giudicato ed esecutiva dello Stato richiedente (cpv. 3). Secondo il capoverso 4, gli oggetti o i beni possono tuttavia essere trattenuti in Svizzera tra l'altro se il danneggiato cui devono essere restituiti dimora abitualmente in Svizzera (lett. a), se un'autorità fa valere diritti su di essi (lett. b) o se una persona estranea al reato, le cui pretese non sono garantite dallo Stato richiedente, rende verosimile di aver acquisito in buona fede diritti su tali oggetti o beni in Svizzera o, in quanto dimorante abitualmente in Svizzera, all'estero (lett. c); se un avente diritto fa valere pretese su oggetti o beni giusta il capoverso 4, la loro consegna allo Stato richiedente viene rimandata fino a quando la situazione giuridica sia chiarita (cpv. 5). L'art. 74a cpv. 4 lett. c AIMP non esige che l'autorità o il giudice dell'assistenza determinino se l'acquirente sia effettivamente in buona fede, come lo farebbe il giudice civile, o quello penale, chiamato a trattare il merito della causa; non gli spetta inoltre di esaminare in dettaglio l'applicazione nel caso concreto di norme del CC e del diritto bancario sulla costituzione di un contratto di pegno (DTF 123 II 134 consid. 6b).  
 
Secondo l'art. 70 cpv. 2 CP, la confisca non può essere ordinata se un terzo ha acquisito i valori patrimoniali ignorando i fatti che l'avrebbero giustificata, nella misura in cui abbia fornito una controprestazione adeguata o la confisca costituisca nei suoi confronti una misura eccessivamente severa. 
 
4.4. La ricorrente rileva che il 13 dicembre 2012 ha concesso a F.________ Srl una linea di credito pari a EUR 1'500'000.--, garantita in parte da E.________ S.p.A. che in data 7 dicembre 2012 aveva costituito in pegno i propri averi presso A.________ SA limitatamente a EUR 750'000.-- in favore della relazione intestata a F.________ Srl. Il 18 luglio 2013 A.________ SA ha concesso a G.________ S.p.A. una linea di credito di EUR 250'000.--. Questa facilitazione di credito è stata garantita da E.________ S.p.A., che il giorno prima aveva dato in pegno i propri averi limitatamente a tale somma.  
La ricorrente asserisce che si sarebbe in presenza di un cambiamento di prassi in relazione all'art. 74a AIMP. Osserva che il rimprovero mossole consiste nel fatto di non aver verificato, all'atto della concessione dei prestiti, se il terzo garante, ossia E.________ S.p.A., avesse un interesse e pertanto una pretesa a una "contropartita" per le garanzie concesse. Le si rimprovererebbe quindi non un dolo eventuale, ma un'omissione negligente per non aver verificato l'esistenza di un'eventuale controprestazione. Ciò si discosterebbe dalla prassi secondo cui solo il dolo eventuale potrebbe implicare l'assenza di buona fede. Al suo dire non vi sarebbe infatti nulla di anomalo nel concedere un prestito garantito dalla società madre, senza accennare tuttavia al caso di rinuncia a una controprestazione. Critica poi che la CRP ha ritenuto che F.________ Srl, G.________ S.p.A. e E.________ S.p.A. avrebbero interessi economici "distinti" e che sarebbero tre entità giuridiche a sé stanti con propri interessi economici. Sostiene che sarebbe prassi corrente che le società di un medesimo gruppo ottengano prestiti da società controllanti senza che la banca debba verificare se siano oggetto o no di controprestazioni. Insiste sulla pretesa rilevanza che la criticata interpretazione della buona fede ai sensi della citata norma rivestirebbe in generale per gli istituti di credito e per la prassi bancaria. Ora, non spetta al Tribunale federale esprimersi su questioni teoriche, ma solo su quelle inerenti alla fattispecie oggetto del litigio concreto. 
 
Accenna poi al fatto che gli averi litigiosi non potrebbero essere oggetto di sequestro, perché l'interesse al mantenimento del blocco avrebbe natura civilistica e non penale, né vi sarebbe un nesso causale sufficiente. Gli averi litigiosi non potrebbero costituire inoltre provento di reato, visto che l'autorità estera vorrebbe confiscarli per restituirli a E.________ S.p.A., proprietaria di tali beni, ancorché gravati da un diritto di pegno. Si sarebbe quindi in presenza di un blocco di beni già appartenenti alla vittima in vista di restituirli alla vittima stessa. 
 
5.  
 
5.1. La fattispecie penale posta a fondamento del sequestro litigioso non è chiara. In effetti, nella precedente sentenza del 30 settembre 2020 (RR.2020.27), la CRP aveva invitato il MPC a interpellare l'autorità rogante affinché fornisse ulteriori chiarimenti, indicando precisamente nell'ambito di quale procedimento penale il sequestro potesse ancora essere giustificato. Ciò poiché, qualora si trattasse di una vertenza civile, la massa fallimentare dovrebbe far valere le proprie eventuali pretese civili in Svizzera sulla base degli art. 166 segg. della legge federale sul diritto internazionale privato del 18 dicembre 1987 (RS 291).  
La CRP aveva infatti ritenuto, rettamente come risulta dagli atti, che nella sentenza del 31 marzo 2014 del Tribunale del riesame di Milano, inerente alla rogatoria in discussione, è stato accertato che non vi era alcuna richiesta di sequestro da parte dell'autorità italiana a quella svizzera, evidenziando, ciò che è decisivo, che il sequestro non era avvenuto nell'ambito della procedura penale di bancarotta indicata nella rogatoria iniziale e che in tale ambito non è stato emesso alcun provvedimento di sequestro probatorio o preventivo, neppure implicito. Si precisa che anche le rogatorie non contenevano nessuna richiesta di sequestro disposta dall'autorità giudiziaria italiana. Si sottolinea che l'autorità elvetica, prendendo spunto dalla rogatoria, ha adottato, sulla base del diritto procedurale svizzero, un "ordine di edizione e di blocco" autonomo, che anche per l'ampiezza dell'oggetto è significativamente difforme da quello configurato nell'ordinamento italiano. Il Tribunale estero ne ha concluso che lo scopo della misura chiesta dalla Procura in relazione al conto della ricorrente non era quindi né probatorio né confiscatorio, ma unicamente "conoscitivo" e avrebbe carattere civilistico-amministrativo, ma non costituirebbe un sequestro preventivo ai sensi dell'art. 321 CPP italiano. La CRP ha poi rilevato che con scritto del 26 febbraio 2019 l'autorità rogante si era limitata a confermare il suo interesse al mantenimento del sequestro. 
 
5.2. Sempre nella precedente decisione del 2020, la CRP ha richiamato anche la sentenza dell'8 febbraio 2018 del Tribunale ordinario di Milano, Sezione terza penale, relativa alla condanna degli imputati per i reati di falso in prospetto informativo, ostacolo all'esercizio delle funzioni di vigilanza della Consob e aggiotaggio, ma non per quello di bancarotta fraudolenta, indicato nella rogatoria iniziale. Nell'ambito di quella sentenza, la Procura estera aveva chiesto di confiscare solo la somma di EUR 63'557.-- quale equivalente del profitto del reato di una manipolazione del 2010. Sempre in quella sentenza, la CRP ha accertato che la rogatoria era stata presentata nell'ambito della procedura sfociata nella sentenza del 2018 appena citata, nel quadro della quale la Procura estera non aveva richiesto la confisca dei valori depositati sul conto della ricorrente, la cui esistenza non è neppure stata menzionata in quella sentenza. La CRP si è quindi chiesta per quale ragione la Procura estera, il 26 febbraio 2019, avesse nondimeno dichiarato il proprio interesse al mantenimento del sequestro, visto che per sua stessa ammissione tale sequestro non si inserirebbe neppure nel procedimento tuttora pendente concernente il reato di bancarotta fraudolenta. In tali circostanze la punibilità penale all'estero dei fatti rimproverati alla ricorrente non è palese.  
 
5.3. Certo, nella decisione qui impugnata la CRP fonda il sequestro litigioso sul complemento rogatoriale del 24 febbraio 2014. Nello stesso la Procura estera ha chiesto il blocco del conto litigioso alla Svizzera, indicando la sua volontà di chiedere la dichiarazione di fallimento di E.________ S.p.A. al Tribunale fallimentare e di voler aprire un'inchiesta per il reato di bancarotta fraudolenta nei confronti di E.________ S.p.A. Ciò poiché una parte di un prestito obbligazionario per circa EUR 5 mio è stato trasferito in data 21 marzo 2013 sul conto della ricorrente (EUR 2'100'000); tuttavia, con tre bonifici successivi avvenuti nel 2013 su questo conto, E.________ S.p.A. ha fatto rientrare in Italia la somma complessiva di EUR 1'550'000.--. La Procura estera ritiene che potrebbe trattarsi di una sottrazione di risorse di E.________ S.p.A. nell'ambito della procedura fallimentare. Ora, come visto, nella successiva sentenza penale di condanna del 2018 non vi è traccia di una richiesta di sequestro, né dell'annunciato reato di bancarotta fraudolenta, già indicato nella rogatoria iniziale. Ne segue che il fondamento del sequestro litigioso non è evidente.  
 
5.4. In seguito, con commissione rogatoria complementare del 12 dicembre 2020, la Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Milano ha chiesto al MPC l'autorizzazione di estendere l'utilizzazione della documentazione bancaria già trasmessa anche al prospettato reato di bancarotta fraudolenta ai danni di E.________ S.p.A. Tali sospetti sarebbero emersi successivamente al complemento rogatoriale del 24 febbraio 2014. La Procura estera ha quindi aperto il procedimento penale n. 4523/2015 per il reato di bancarotta fraudolenta, emanando un avviso di conclusione delle indagini preliminari il 30 novembre 2020. Ha poi semplicemente rilevato il suo interesse a mantenere il sequestro del conto litigioso, asserendo che gli averi depositativi rappresenterebbero profitti di attività distrattive e/o dissipatorie, che potrebbero essere confiscati nel quadro di tale procedimento ch'essa si accingeva ad avviare. Il conto litigioso sarebbe infatti stato illecitamente utilizzato per prestare garanzie a favore di terze società senza alcuna contropartita per E.________ S.p.A., nonché per erogare un finanziamento di EUR 1'018'347.04 a favore di una controllante al solo scopo di soddisfare creditori di quest'ultima. Ritiene quindi che il saldo del conto spetti a E.________ S.p.A.  
 
Ora, sebbene il nuovo procedimento n. 4523/2015 sarebbe stato aperto nel 2015, esso non è accennato nella sentenza di condanna del 2018. Nel complemento del 9 dicembre 2020 la Procura estera si limita poi a sostenere che si accingerebbe ad avviarlo, motivo per cui la fondatezza e la durata del sequestro non sono chiari. In effetti, già nel complemento rogatoriale del 24 febbraio 2014 la Procura estera, riferendosi alla procedura fallimentare, indicava il bonifico in data 21 marzo 2013 di EUR 2'100'000 avvenuto sul conto litigioso. Il fallimento di E.________ S.p.A. è inoltre stato dichiarato già il 9 gennaio 2015. 
 
5.5. Nella decisione di chiusura il MPC adduce, senza ulteriori precisazioni, che lo stato d'indebitamento di E.________ S.p.A. avrebbe dovuto essere noto a A.________ SA al momento dell'apertura della relazione bancaria nel maggio 2012. Ne desume che al momento della sottoscrizione dei pegni il 7 dicembre 2012 e il 17 luglio 2013 e della costituzione della garanzia essa avrebbe dovuto esperire ricerche sullo stato d'insolvenza di E.________ S.p.A. e raccogliere informazioni supplementari.  
La nozione di buona fede ai sensi dell'art. 74a cpv. 4 AIMP equivale a quella dell'art. 70 cpv. 2 CP. Quest'ultima norma, che riprende il testo del previgente art. 59 n. 1 cpv. 2 CP, dispone che la confisca non può essere ordinata se un terzo ha acquisito i valori patrimoniali ignorando i fatti che l'avrebbero giustificata, nella misura in cui abbia fornito una controprestazione adeguata. Se il terzo sa o non può ignorare che i valori sono il risultato di un'infrazione, non è più protetto. La norma è analogamente applicabile anche ai terzi possessori titolari di un diritto reale limitato, come può essere il caso quando i valori patrimoniali fossero stati forniti in pegno a titolo di garanzia per un credito. Al riguardo devono essere prese in considerazione tutte le circostanze, segnatamente la possibilità che aveva il terzo di ottenere informazioni. 
Nella fattispecie, la sussistenza di una tale conoscenza è tutt'altro che evidente. La giurisprudenza esige infatti l'applicazione restrittiva delle regole sulla confisca nei confronti di terzi non arricchitisi (sentenze 1B_59/2019 del 21 giugno 2019 consid. 3.2 e 1B_365/2012 del 10 settembre 2012 consid. 3.3, in: SJ 2013 I pag. 13 segg. e 6S.298/2005 del 24 febbraio 2006 consid. 4.2). Lo spirito e lo scopo della confisca escludono infatti che la misura possa portare pregiudizio a valori acquisiti in buona fede nell'ambito di un negozio giuridico conforme alla legge (DTF 115 IV 175 consid. 2b/bb). Non basta quindi che il terzo sapeva semplicemente dell'apertura di un procedimento penale contro la controparte contrattuale, fattispecie peraltro non resa verosimile in concreto, ma occorre che disponesse almeno di seri indizi riguardo all'esistenza dei fatti giustificanti la confisca, vale a dire che ne avesse una conoscenza in misura corrispondente al dolo eventuale (sentenza 1B_299/2014 del 21 novembre 2014 consid. 2.2; TRECHSEL/JEAN-RICHARD-DIT-BRESSEL, op. cit., n. 12 seg. ad art. 70; MADELEINE HIRSIG-VOUILLOZ, in: Commentaire romand, Code pénal I, 2aed., 2021, n. 41 e 42a ad art. 70; MOREILLON/PAREIN-REYMOND, Petit commentaire, Code de procédure pénale, 2aed. 2017, n. 20 segg. ad art. 70; MARCEL SCHOLL, in: Jürg-Beat Ackermann (ed.), Kommentar Kriminelles Vermögen, Kriminelle Organisationen, vol. I, 2018, n. 347-349). 
 
Certo, alla base dell'art. 70 cpv. 2 CP vi è l'assunto che non soltanto l'autore, ma anche terzi non debbano poter trarre profitto dal reato. Una confisca deve quindi rimanere possibile, nel caso di disposizioni a titolo gratuito, anche qualora il terzo sia stato in buona fede, visto che le due condizioni sono cumulative (sentenza 1B_59/2019, citata, consid. 3.2). Per contro, la confisca è esclusa presso un terzo in buona fede se ha fornito una controprestazione adeguata per i valori patrimoniali ricevuti (cfr. sentenza 6B_398/2012 del 28 gennaio 2013 consid. 3.2 e rinvii; sulla questione della controprestazione vedi TRECHSEL/JEAN-RICHARD-DIT-BRESSEL, op. cit., n. 13 ad art. 70; HIRSIG-VOUILLOZ, op. cit., n. 33-35 ad art. 70). 
 
5.6. La CRP ha ritenuto che non sarebbe decisivo sapere se la ricorrente fosse al corrente o meno della reale situazione finanziaria di E.________ S.p.A., sottolineando nondimeno, rettamente, che gli elementi da essa invocati non sembrerebbero evidenziare una situazione economica precaria al momento della costituzione dei due pegni. Ha rilevato infatti che E.________ S.p.A. si sarebbe resa garante dei prestiti concessi da A.________ SA a F.________ Srl e a G.________ S.p.A. senza contropartita. Ha aggiunto che se le operazioni di credito e di finanziamento si inseriscono nella normale attività bancaria, più "problematiche e inusuali" sarebbero le garanzie di prestiti fornite a titolo gratuito, segnatamente in ambito societario e commerciale. La circostanza che E.________ S.p.A., F.________ Srl e G.________ S.p.A. avrebbero fatto parte del medesimo gruppo non sarebbe determinante. Ha considerato che la costituzione di pegni da parte di E.________ S.p.A. in favore di F.________ Srl e G.________ S.p.A., senza controprestazioni da parte di questi ultimi, avrebbe impoverito E.________ S.p.A. e i suoi azionisti e, sebbene le tre società facessero parte di un medesimo gruppo, la ricorrente avrebbe comunque dovuto approfondire i motivi legati a tale operazione gratuita. Ciò per verificare la possibile esistenza di conflitti di interessi tra i rappresentanti delle tre società ed escludere eventuali atti distrattivi a scapito di E.________ S.p.A. Ha ritenuto in definitiva che non avendo la ricorrente, di fronte a un'operazione asseritamente palesemente svantaggiosa per E.________ S.p.A., proceduto ad "approfondimenti" e a "verifiche", sia presso E.________ S.p.A. che in seno a F.________ Srl e G.________ S.p.A., volti a chiarire il quadro e le motivazioni alla base dei contratti di pegno e di prestito, chiedendosi perché E.________ S.p.A. non avesse essa stessa prestato direttamente denaro a F.________ Srl e G.________ S.p.A. invece di far capo a A.________ SA, la buona fede di quest'ultima non sarebbe stata resa verosimile ai sensi dell'art. 74a cpv. 4 lett. c AIMP. Ora, di massima la violazione di un obbligo di diligenza o d'informarsi non è sufficiente per escludere la buona fede del terzo (sentenze 1B_59/2019, citata, consid. 3.2 e 1B_269/2018 del 26 settembre 2018 consid. 4.2; cfr. sulla negligenza FLORIAN BAUMANN, in: Basler Kommentar Strafrecht, 4aed. 2019, n. 57 e 58 ad art.70/71).  
 
5.7. Secondo la prassi del Tribunale federale, trattandosi di un sequestro confiscatorio, il provvedimento si fonda sulla verosimiglianza e può essere mantenuto fintanto che sussiste la probabilità di una confisca (DTF 140 IV 57 consid. 4.1.1 e rinvii). Nelle descritte circostanze il MPC dovrebbe nondimeno accertare se, effettivamente, in Italia è stato chiesto il sequestro del conto litigioso nell'ambito di un procedimento penale e non di natura civile e, a dipendenza dello stato della procedura estera, verificare semmai la proporzionalità della possibile durata del suo blocco. Fino all'adozione di un'eventuale decisione di consegna, ulteriori ricorsi al Tribunale federale non saranno di massima ammissibili.  
 
6.  
Visto che le condizioni dell'art. 93 cpv. 2 LTF non sono adempiute, il ricorso dev'essere dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso è inammissibile. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 4'000.-- sono poste a carico della ricorrente. 
 
3.  
Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, al Ministero pubblico della Confederazione, alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale e all'Ufficio federale di giustizia, Settore Assistenza giudiziaria. 
 
 
Losanna, 27 settembre 2022 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Kneubühler 
 
Il Cancelliere: Crameri