Wichtiger Hinweis:
Diese Website wird in älteren Versionen von Netscape ohne graphische Elemente dargestellt. Die Funktionalität der Website ist aber trotzdem gewährleistet. Wenn Sie diese Website regelmässig benutzen, empfehlen wir Ihnen, auf Ihrem Computer einen aktuellen Browser zu installieren.
Zurück zur Einstiegsseite Drucken
Grössere Schrift
 
 
Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
7B_8/2023  
 
 
Sentenza del 27 settembre 2023  
 
II Corte di diritto penale  
 
Composizione 
Giudici federali Abrecht, Presidente, 
Koch, Hurni, 
Cancelliere Caprara. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinata dall'avv. Luca Loser, 
ricorrente, 
 
contro 
 
1. Ministero pubblico del Cantone Ticino, palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano, 
2. B.________, 
patrocinato dall'avv. Emanuele Stauffer, 
opponenti. 
 
Oggetto 
Decreto di abbandono (omicidio intenzionale 
sub. colposo, abbandono, ecc.), 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 14 novembre 2022 dalla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello 
del Cantone Ticino (60.2022.47). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
C.________, nata nel 1924, il 13 ottobre 2016 è stata ricoverata presso la casa per anziani D.________ a X.________, in seguito a un precedente ricovero presso un ospedale. Vi è deceduta il 7 dicembre 2016. L'8 marzo 2018, la figlia della paziente deceduta, A.________, ha segnalato l'accaduto alla Commissione di vigilanza sanitaria; in data 11 aprile 2019, quest'ultima ha disposto l'archiviazione del procedimento. 
Il 18 febbraio 2019, A.________ ha presentato una denuncia penale al Ministero pubblico nei confronti del medico curante, dr. med. B.________, e di un'infermiera della casa per anziani, E.________, per titolo di esposizione a pericolo della vita o salute altrui e abbandono. 
Il Procuratore pubblico, aperta l'istruzione, ha fatto esperire dalla dr. med. F.________ una valutazione medico legale, allestita il 29 agosto 2019. Il medico legale ha concluso che, nell'impossibilità di accertare la causa del decesso della madre della denunciante, era impossibile indicare quali eventuali esami o terapie avrebbero potuto teoricamente procrastinarlo. Il 3 marzo 2020, la denunciante ha esteso la querela ai reati di omicidio intenzionale (subordinatamente colposo) e coazione. 
 
B.  
In data 28 aprile 2021, il Procuratore pubblico ha emanato un decreto di abbandono nei confronti di E.________. Il decreto di abbandono è stato confermato dalla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello con sentenza del 23 agosto 2021. Tale sentenza è cresciuta in giudicato. 
Il 1° febbraio 2022, il Procuratore pubblico ha emanato un decreto di abbandono nei confronti del dr. med. B.________ per i reati ipotizzati nella denuncia. Il 14 febbraio 2022, A.________ ha presentato reclamo contro il decreto di abbandono, chiedendone l'annullamento. 
Con sentenza del 14 novembre 2022, la Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello ha respinto il reclamo nella misura della sua ricevibilità. 
 
 
C.  
A.________ impugna questa sentenza con un ricorso in materia penale al Tribunale federale, chiedendo di annullare la sentenza impugnata e il decreto di abbandono. Chiede inoltre di ordinare al Procuratore pubblico di proseguire senza indugio l'inchiesta a carico del dr. med. B.________ per i reati di omicidio intenzionale (subordinatamente colposo), abbandono, coazione e responsabilità dell'impresa. 
Non sono state chieste osservazioni sul ricorso, ma è stato richiamato l'incarto cantonale. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Il Tribunale federale vaglia d'ufficio se e in che misura un ricorso può essere esaminato nel merito (DTF 149 IV 9 consid. 2; 146 IV 185 consid. 2).  
 
1.2. La sentenza impugnata conferma il decreto di abbandono e pone quindi fine al procedimento penale. Si tratta di una decisione finale pronunciata in materia penale da un'autorità cantonale di ultima istanza, contro la quale è ammissibile il ricorso in materia penale (art. 78 cpv. 1, art. 80 cpv. 1 e art. 90 LTF). Il ricorso è pertanto di massima ricevibile per i motivi esposti, essendo peraltro anche tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF) e presentato nelle forme richieste (art. 42 cpv. 1 LTF).  
 
1.3. Oggetto dell'impugnativa è unicamente la sentenza della Corte cantonale del 14 novembre 2022 (cfr. art. 80 cpv. 1 e art. 90 LTF). Conclusioni, censure o ulteriori allegazioni della parte ricorrente che esulano dall'oggetto del litigio risultano pertanto inammissibili (sentenze 7B_153/2022 del 20 luglio 2023 consid. 1.2; 6B_337/2023 del 4 maggio 2023 consid. 1.1). Ciò vale per quanto riguarda la critica ricorsuale concernente il presunto "mancato interesse" per il presente caso mostrato dalle "autorità" rispettivamente dalla Commissione di vigilanza sanitaria. Il ricorso risulta inammissibile anche nella misura in cui la ricorrente richiede l'annullamento del decreto di abbandono, rispettivamente critica una motivazione insufficiente dello stesso e censura una violazione del suo diritto d'essere sentita (art. 29 cpv. 2 Cost., art. 3 cpv. 2 lett. c CPP) La decisione del Procuratore pubblico, impugnata dalla ricorrente dinanzi alla Corte cantonale, non costituisce infatti una decisione dell'autorità cantonale di ultima istanza ai sensi dell'art. 80 cpv. 1 LTF; tale è solo la sentenza della Corte cantonale, che sostituisce quella del Procuratore pubblico per l'effetto devolutivo riconosciuto al reclamo. Un'impugnazione indipendente della stessa è quindi inammissibile (cfr. DTF 139 II 404 consid. 2.5; 136 II 539 consid. 1.2; 136 II 470 consid. 1.3; sentenza 1B_271/2018 del 15 giugno 2018 consid. 1.3).  
 
1.4.  
 
1.4.1. Giusta l'art. 81 cpv. 1 lett. a e lett. b n. 5 LTF, l'accusatore privato che ha partecipato al procedimento dinanzi all'autorità inferiore ha diritto di interporre ricorso in materia penale se la decisione impugnata può influire sul giudizio delle sue pretese civili. Costituiscono tali pretese quelle desumibili direttamente dal reato, fondate sul diritto civile e che devono ordinariamente essere dedotte dinanzi ai tribunali civili. Si tratta principalmente delle pretese di risarcimento del danno e di riparazione del torto morale giusta gli art. 41 segg. CO (DTF 146 IV 76 consid. 3.1; 141 IV 1 consid. 1.1). Non costituiscono pretese civili ai sensi dell'art. 81 cpv. 1 lett. b n. 5 LTF quelle fondate sul diritto pubblico (DTF 146 IV 76 consid. 3.1; 125 IV 161 consid. 2b).  
L'accusatore privato è il danneggiato che dichiara espressamente di voler partecipare al procedimento penale con un'azione penale o civile (art. 118 cpv. 1 CPP). La nozione di danneggiato è definita dall'art. 115 cpv. 1 CPP: si tratta della persona i cui diritti sono stati direttamente lesi dal reato. Giusta l'art. 116 cpv. 1 CPP, la vittima è il danneggiato che a causa del reato è stato direttamente leso nella sua integrità fisica, sessuale o psichica. I congiunti della vittima sono, tra gli altri, i figli (art. 116 cpv. 2 CPP). Se fanno valere pretese civili, essi godono degli stessi diritti della vittima (art. 117 cpv. 3 e art. 122 cpv. 2 CPP). Secondo la giurisprudenza, i congiunti devono far valere pretese civili proprie (DTF 139 IV 89 consid. 2.2). 
 
1.4.2. In concreto, la ricorrente è la figlia della paziente deceduta e, in quanto tale, congiunta ai sensi dell'art. 116 cpv. 2 CPP. Essa ha partecipato in qualità di accusatrice privata alla procedura dinanzi all'autorità cantonale. Sostiene di aver subito un danno a seguito della morte della madre, consistente nel minor apporto nella comunione domestica precedentemente garantito dalle rendite di vecchiaia della madre convivente, per la spartizione di vitto e alloggio, per un totale di fr. 21'600.--. Fa inoltre valere pretese di riparazione del torto morale per decesso di un congiunto convivente, corrispondenti ad almeno fr. 80'000.--, per un danno totale complessivo di almeno fr. 100'000.--, oltre al danno ideale e materiale.  
Dai fatti accertati nella sentenza impugnata risulta che la madre della ricorrente il 13 ottobre 2016 è stata ricoverata presso la casa per anziani D.________ a X.________ e che l'opponente 2 era il suo medico curante dal 1° novembre 2016. Da tale accertamento tuttavia non risulta chiaramente se l'opponente 2 sia intervenuto in qualità di medico privato o in qualità di collaboratore della casa per anziani in questione. Pertanto, non vi sono elementi sufficienti per poter ritenere che le eventuali pretese di risarcimento della ricorrente nei confronti dell'opponente 2 siano soggette al diritto pubblico, segnatamente alla legge ticinese sulla responsabilità civile degli enti pubblici e degli agenti pubblici del 24 ottobre 1988 (LResp/TI; RL 166.100; cfr. sentenze 6B_796/2021 del 25 agosto 2021; 6B_606/2021 del 15 giugno 2021; 1B_528/2019 del 31 dicembre 2019 consid. 2.3.1). In concreto, la questione della legittimazione ricorsuale della ricorrente giusta l'art. 81 cpv. 1 lett. b n. 5 LTF può tuttavia restare indecisa, visto l'esito del ricorso. 
 
2.  
 
2.1. Conformemente a quanto stabilito dagli art. 95 e 96 LTF, il ricorso in materia penale al Tribunale federale può essere presentato per violazione del diritto. Giusta l'art. 42 cpv. 2 LTF, nel ricorso al Tribunale federale occorre illustrare in modo conciso per quali ragioni l'atto impugnato viola il diritto. Il ricorrente deve quindi confrontarsi con le considerazioni esposte nella sentenza impugnata, spiegando per quali motivi tale giudizio viola il diritto (DTF 148 IV 205 consid. 2.6; 146 IV 297 consid. 1.2). Il Tribunale federale, che non è un'istanza di appello, esamina in linea di principio solo le censure sollevate. Esso non è tenuto a vagliare, come lo farebbe un'autorità di prima istanza, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se quest'ultime non sono presentate nella sede federale (DTF 146 IV 297 consid. 1.2; 134 II 244 consid. 2.1; sentenza 6B_307/2023 del 13 luglio 2023 consid. 2.1).  
Le esigenze di motivazione sono accresciute laddove il ricorrente invoca la violazione di diritti costituzionali o lamenta l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove, dato che ciò equivale a sostenere che i fatti sono stati accertati in violazione dell'art. 9 Cost. Trattandosi di garanzie di rango costituzionale, il Tribunale federale esamina le relative censure soltanto se esse sono state motivate in modo chiaro e preciso (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 147 I 73 consid. 2.1; 146 IV 114 consid. 2.1; 143 IV 500 consid. 1.1). In quest'ottica, argomentazioni vaghe o meramente appellatorie e semplici rinvii agli atti cantonali non sono ammissibili (DTF 148 IV 205 consid. 2.6; 146 IV 88 consid. 1.3.1). 
 
2.2. L'atto di ricorso non adempie in larga misura queste esigenze di motivazione ed è quindi in gran parte inammissibile. La ricorrente si limita infatti prevalentemente a criticare in maniera appellatoria e generica la decisione impugnata, esponendo una propria opinione, diversa da quella della Corte cantonale, senza tuttavia confrontarsi con i considerandi del giudizio impugnato, spiegando puntualmente perché violerebbero il diritto o poggerebbero su accertamenti di fatto chiaramente in contrasto con gli atti (cfr. art. 42 cpv. 2, art. 106 cpv. 2 LTF). Ciò è segnatamente il caso nella misura in cui la ricorrente contesta che l'opponente 2 le avesse compiutamente spiegato i motivi per cui aveva deciso di accompagnare la madre al decesso, non ritenendo opportuna e utile una sua ospedalizzazione, rispettivamente sostiene che l'opponente 2 avrebbe ignorato la sua volontà e quella di sua madre per quanto concerne le cure richieste.  
Con questa argomentazione, di carattere meramente appellatorio e pertanto inammissibile, la ricorrente si limita in buona sostanza a esporre una propria versione dei fatti, contrapponendola a quella della sentenza impugnata, senza tuttavia dimostrarne l'arbitrarietà. Per motivare l'arbitrio, non basta infatti criticare semplicemente la decisione impugnata contrapponendole una versione propria. Occorre piuttosto dimostrare per quale motivo l'accertamento dei fatti o la valutazione delle prove sono manifestamente insostenibili, si trovano in chiaro contrasto con la fattispecie, si fondano su una svista manifesta o contraddicono in modo urtante il sentimento della giustizia e dell'equità. La decisione deve inoltre essere arbitraria nel suo risultato e non solo nella sua motivazione (DTF 148 IV 356 consid. 2.1, 39 consid. 2.3.5; 147 IV 73 consid. 4.1.2; 146 IV 88 consid. 1.3.1 e rinvii). 
 
3.  
 
3.1. La ricorrente contesta i pareri del dr. med. G.________ del 14 febbraio 2017 e della dr. med. F.________ del 29 agosto 2019.  
Per quanto concerne il primo parere, la ricorrente sostiene che il medico in questione sarebbe già stato oggetto di inchiesta per "reati analoghi" a quelli rimproverati all'opponente 2, motivo per cui egli sarebbe coinvolto emotivamente; pertanto, il suo parere sarebbe inattendibile e dovrebbe essere estromesso dagli atti. 
Per quanto concerne il secondo parere, la ricorrente lamenta ch'esso non sarebbe mai stato oggetto di contraddittorio, non avrebbe il valore di una perizia, avrebbe omesso di indagare la causa della morte della paziente e di stabilire il comportamento che avrebbe dovuto tenere un medico diligente, non avrebbe preso in esame parametri indispensabili e sarebbe quindi incompleto. 
 
3.2.  
 
3.2.1. Per quanto concerne il parere del dr. med. G.________ del 14 febbraio 2017, si tratta di una valutazione medica dell'accuratezza delle cure prestate dall'opponente 2 alla paziente deceduta, redatta su mandato del primo studio legale al quale si era rivolta la ricorrente.  
Nel caso concreto, non si tratta quindi del parere di un perito nominato formalmente dal Procuratore pubblico nell'ambito del procedimento penale in virtù degli art. 182 segg. CPP, al quale troverebbero applicazione i motivi di ricusazione di cui all'art. 56 CPP (art. 183 cpv. 3 CPP), ma bensì del parere di un perito di parte. In quanto tale, il parere in questione deve essere considerato alla stregua di un'allegazione di parte, sottoposta alla libera valutazione delle prove (art. 10 cpv. 2 CPP; cfr. DTF 141 IV 369 consid. 6.1 seg.; sentenza 1B_496/2022 del 2 novembre 2022 consid. 6.3; MARIANNE HEER, in: Basler Kommentar, Strafprozessordnung/Jugendstrafprozessordnung, 3a ed. 2023, n. 10a ad art. 182 CPP; HENRIETTE KÜFFER, in: Basler Kommentar, Strafprozessordnung/Jugendstrafprozessordnung, 3a ed. 2023, n. 23 ad art. 105 CPP). Pertanto, nella misura in cui la ricorrente censura una presunta parzialità del dr. med. G.________ a causa del suo precedente coinvolgimento in un procedimento penale per "reati analoghi", la censura ricorsuale non merita accoglimento. Inammissibile risulta la richiesta di estromissione di tale parere dagli atti, che non risulta essere stata formulata in sede cantonale (cfr. art. 99 cpv. 2 LTF). 
 
3.2.2. Nella misura in cui la ricorrente sostiene che il parere medico legale della dr. med. F.________ del 29 agosto 2019 non avrebbe il valore di una perizia, la censura appare contraria alla buona fede processuale e in quanto tale non giustifica un esame di merito. Il principio della buona fede (art. 5 cpv. 3 Cost., art. 3 cpv. 2 lett. a CPP), quale principio del diritto penale processuale ed esigenza costituzionale dell'azione dello Stato di diritto, impone sia alle autorità sia alle parti un comportamento leale e affidabile (DTF 146 IV 297 consid. 2.2.6; sentenza 6B_874/2021 del 24 agosto 2022 consid. 5.1). Dal principio della buona fede deriva il divieto di comportamenti contraddittori (DTF 143 IV 397 consid. 3.4.2, 117 consid. 3.2).  
Nello specifico, il Procuratore pubblico con scritto del 5 marzo 2019 ha richiesto all'allora patrocinatore della ricorrente il consenso di quest'ultima a far esperire un parere medico legale alla dr. med. F.________. Il patrocinatore della ricorrente, con scritto datato 11 marzo 2019, ha comunicato al Procuratore pubblico il consenso della ricorrente a far esperire tale parere. Con scritto datato 14 marzo 2019, il Procuratore pubblico ha richiesto al medico legale un parere sulle cause del decesso della paziente e sul nesso causale con eventuali ritardi nell'intervento terapeutico o con altre ravvisabili negligenze o inadempienze da parte del personale sanitario. Una copia di tale scritto è stata trasmessa per conoscenza al patrocinatore della ricorrente. La ricorrente, patrocinata da un legale, in sede cantonale non ha sollevato alcuna obiezione in merito alla mancata nomina formale del medico legale quale perito ai sensi degli art. 182 segg. CPP. E questo benché emergesse sia per lei che per il suo patrocinatore in maniera chiara, dai citati scritti del Procuratore pubblico, che egli avesse richiesto un parere medico legale e non una perizia. Nella misura in cui la ricorrente sostiene, nell'ambito della presente procedura ricorsuale, che il citato parere medico legale non avrebbe il valore di una perizia, ella adotta quindi un comportamento contraddittorio e contrario alla buona fede processuale che non merita tutela. 
Nella misura in cui la ricorrente critica che il parere medico legale della dr. med. F.________ del 29 agosto 2019 non sia mai stato oggetto di contraddittorio, la censura ricorsuale risulta infondata. Dagli atti risulta infatti che il parere medico legale in questione è stato trasmesso alla ricorrente in data 18 ottobre 2019 e che la stessa si è espressa (criticamente) al riguardo, senza peraltro contestare la mancata nomina formale di un perito ai sensi degli art. 182 segg. CPP. 
Infine, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la dr. med. F.________ non ha "omesso" di indagare la causa della morte della paziente. Il medico legale ha invece ritenuto che, sulla scorta della documentazione esaminata e, soprattutto, in assenza di un'autopsia, la causa che ha determinato il decesso della paziente non potesse essere in alcun modo stabilita. Pertanto, contrariamente alla tesi ricorsuale, non può essere nemmeno rimproverato al medico legale di non essersi espressa sul comportamento corretto che avrebbe dovuto tenere un medico diligente. In assenza di un chiaro accertamento concernente la causa del decesso, infatti, il medico legale non era tenuto a esaminare la questione, ritenuto che un nesso causale tra un eventuale comportamento negligente del personale curante e il decesso della paziente non avrebbe in ogni caso potuto essere accertato con il necessario grado di verosimiglianza (cfr. sentenza 7B_153/2022 del 20 luglio 2023 consid. 3.7.4; cfr. infra consid. 4.5.7). 
 
4.  
 
4.1. Secondo la ricorrente, l'abbandono del procedimento penale nei confronti dell'opponente 2 in virtù dell'art. 319 CPP non sarebbe ammissibile, in quanto gli indizi di reato a suo carico sarebbero "chiari e lampanti", come pure "chiara e lampante" sarebbe la realizzazione degli elementi costitutivi dei reati oggetto della denuncia. Secondo la ricorrente, inoltre, il decreto di abbandono risulterebbe in netto contrasto con lo stato attuale delle prove, palesemente incompleto. A suo dire, sarebbe indispensabile procedere a ulteriori atti d'inchiesta, indicati nel ricorso.  
 
4.2.  
 
4.2.1. Si rende colpevole di coazione giusta l'art. 181 CP chiunque, usando violenza o minaccia di grave danno contro una persona, o intralciando in altro modo la libertà di agire di lei, la costringe a fare, omettere o tollerare un atto. La norma tutela la libertà di azione e di decisione (DTF 141 IV 437 consid. 3.2.1; 134 IV 216 consid. 4.4.3).  
Mentre la violenza consiste nell'uso di una forza fisica di una certa importanza nei confronti della vittima (DTF 101 IV 42 consid. 3a), la minaccia è uno strumento di pressione psicologica consistente nel prospettare un danno, lasciando intendere che la sua realizzazione dipenda dalla volontà dell'autore. Non è tuttavia necessario che questi possa effettivamente condizionare il verificarsi del danno né che abbia la reale facoltà di mettere in pratica la sua minaccia (DTF 122 IV 322 consid. 1a; 120 IV 17 consid. 2a; sentenza 6B_1254/2022 del 16 giugno 2023 consid. 5.1 e rinvii). 
Oltre che usando la violenza o la minaccia di grave danno, la coazione può essere commessa "intralciando in altro modo la libertà di agire" di una persona. Questa formulazione generale del comportamento punibile dev'essere interpretata in modo restrittivo. Non è sufficiente una pressione qualsiasi di poco conto. Come per la violenza e la minaccia di grave danno, il mezzo coercitivo utilizzato dev'essere idoneo a impressionare una persona di media sensibilità e a intralciarla in modo sostanziale nella sua libertà di decisione o d'azione. In altre parole, deve trattarsi di mezzi coercitivi che, per la loro intensità e il loro effetto, sono analoghi a quelli espressamente menzionati dalla legge (DTF 141 IV 437 consid. 3.2.1; 137 IV 326 consid. 3.3.1; 134 IV 216 consid. 4.1; sentenza 6B_122/2021 del 5 dicembre 2022 consid. 6.1). 
Il reato di coazione giusta l'art. 181 CP presuppone che l'autore abbia agito intenzionalmente (v. art. 12 cpv. 2 CP), vale a dire che egli, consapevole dell'illiceità del proprio comportamento, abbia voluto costringere la vittima a fare, omettere o tollerare un atto. Il dolo eventuale è sufficiente (DTF 120 IV 17 consid. 2c; 96 IV 58 consid. 5; sentenze 6B_42/2022 del 9 dicembre 2022 consid. 2.1.1; 6B_941/2022 del 23 novembre 2022 consid. 4.1). 
Secondo la giurisprudenza, la coazione dev'essere inoltre illecita. Ciò è il caso laddove il mezzo o lo scopo è contrario al diritto, il mezzo è sproporzionato rispetto al fine perseguito oppure ancora laddove un mezzo coercitivo di per sé legale per conseguire uno scopo legittimo costituisce, date le circostanze, un mezzo di pressione abusivo o contrario ai buoni costumi (DTF 141 IV 437 consid. 3.2.1; 137 IV 326 consid. 3.3.1; sentenza 6B_1254/2022 del 16 giugno 2023 consid. 5.1 e rinvii). Sapere se la limitazione della libertà d'agire altrui configura una coazione illecita dipende dunque dall'importanza dell'intralcio, dai mezzi utilizzati e dagli scopi perseguiti (DTF 129 IV 262 consid. 2.1; 108 IV 165 consid. 3; sentenza 6B_705/2020 del 12 agosto 2020 consid. 2.1). 
 
4.2.2. Giusta l'art. 127 CP, chi espone a pericolo di morte od a grave imminente pericolo di perdita della salute una persona incapace di provvedere a se stessa e della quale egli ha la custodia o deve aver cura, ovvero l'abbandona in siffatto pericolo, è punito con una pena detentiva sino a cinque anni o con una pena pecuniaria.  
L'autore deve avere una posizione di garante con determinati e precisi doveri quali la custodia e la cura della vittima (sentenze 6B_1055/2020 del 13 giugno 2022 consid. 4.3.5; 6B_77/2011 del 12 dicembre 2011 consid. 4.2). La vittima dal canto suo, deve essere incapace di proteggersi da sola o di provvedere a sé stessa. Secondo la giurisprudenza, è incapace di provvedere a se stesso chi, in una situazione concreta, non è da solo in grado di salvaguardare o recuperare la propria salute o integrità fisica (sentenze 6B_1055/2020 del 13 giugno 2022 consid. 4.3.5; 6B_1109/2020 del 19 gennaio 2022 consid. 2.3.1). Il comportamento delittuoso consiste sia nell'esposizione della vittima in una situazione di pericolo per l'azione o l'omissione dell'autore, sia nell'abbandono, ove la vittima già si trova in una situazione pericolosa, non colpevolmente creata dall'autore, il quale tuttavia nulla mette in atto per sviare il pericolo. Deve trattarsi di un pericolo concreto (sentenze 6B_1055/2020 del 13 giugno 2022 consid. 4.3.5; 6B_1109/2020 del 19 gennaio 2022 consid. 2.3.1). 
L'autore deve aver agito con consapevolezza e volontà (art. 12 cpv. 2 prima frase CP), ovvero sapendo e volendo cagionare, con le sue azioni o omissioni, un concreto e imminente pericolo di morte o perdita della salute altrui. L'intenzione è data anche nella forma del dolo eventuale (art. 12 cpv. 2 seconda frase CP). Esso sussiste laddove l'autore ritiene possibile che l'evento o il reato si produca e, cionondimeno, agisce, poiché prende in considerazione l'evento nel caso in cui si realizzi, lo accetta pur non desiderandolo (DTF 147 IV 439 consid. 7.3.1; 137 IV 1 consid. 4.2.3; 134 IV 26 consid. 3.2.2). 
 
4.2.3. L'art. 111 CP prevede che chiunque intenzionalmente uccide una persona è punito con una pena detentiva non inferiore a cinque anni, in quanto non ricorrano le condizioni previste negli articoli seguenti, che qualificano particolari azioni.  
 
4.2.4. Si rende colpevole di omicidio colposo giusta l'art. 117 CP chiunque per negligenza cagiona la morte di una persona. Il reato presuppone il decesso di una persona, una negligenza e un nesso causale tra la negligenza e la morte (v. DTF 148 IV 39 consid. 2.3.3; 145 IV 154 consid. 2.1; sentenza 7B_153/2022 del 20 luglio 2023 consid. 3.2 e rinvii). Commette per negligenza un crimine o un delitto colui che, per un'imprevidenza colpevole, non ha scorto le conseguenze del suo comportamento o non ne ha tenuto conto. L'imprevidenza è colpevole se l'autore non ha usato le precauzioni alle quali era tenuto secondo le circostanze e le sue condizioni personali (art. 12 cpv. 3 CP).  
 
4.3.  
 
4.3.1. Giusta l'art. 319 cpv. 1 CPP, il pubblico ministero dispone l'abbandono del procedimento penale in particolare se non si sono corroborati indizi di reato tali da giustificare la promozione dell'accusa (lett. a) o se non sono adempiuti gli elementi costitutivi di un reato (lett. b).  
 
4.3.2. La questione di sapere se un procedimento penale possa essere abbandonato deve essere vagliata sulla base del principio "in dubio pro duriore", che deriva dal principio della legalità (art. 5 cpv. 1 Cost. e art. 2 cpv. 1 CPP in relazione con gli art. 319 cpv. 1 e 324 cpv. 1 CPP; DTF 138 IV 186 consid. 4.1, 86 consid. 4.2). Secondo tale principio, di massima, un non luogo a procedere o un abbandono non possono essere decretati dal pubblico ministero se non quando appaia chiaramente che i fatti non sono punibili o che le condizioni per il perseguimento penale non sono adempiute. In quest'ambito, il pubblico ministero e l'autorità di ricorso dispongono di un potere di apprezzamento che il Tribunale federale esamina con riserbo. Per contro, l'accusa dev'essere di principio promossa, nella misura in cui non entri in linea di conto l'emanazione di un decreto d'accusa, quando una condanna appaia più verosimile di un'assoluzione o quando le probabilità di assoluzione e di condanna appaiono equivalenti, in particolare in presenza di un reato grave. Questo principio vale anche per l'autorità giudiziaria incaricata di esaminare la decisione di abbandono del procedimento penale (DTF 146 IV 68 consid. 2.1 seg.; 143 IV 241 consid. 2.2.1; sentenza 7B_153/2022 del 20 luglio 2023 consid. 3.3.2).  
 
4.3.3. Il Tribunale federale fonda la sua sentenza sui fatti accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Secondo l'art. 97 LTF, la parte ricorrente può censurare l'accertamento dei fatti solo se è stato svolto in modo manifestamente inesatto, vale a dire arbitrario (DTF 148 IV 409 consid. 2.2; 147 IV 73 consid. 4.1.2), o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF, e se l'eliminazione del vizio può essere determinante per l'esito del procedimento (art. 97 cpv. 1 LTF; 148 IV 356 consid. 2.1). Le censure di arbitrio nell'accertamento dei fatti ai sensi dell'art. 97 cpv. 1 LTF possono essere sollevate anche nei ricorsi contro decreti di abbandono. In tale contesto, tuttavia, l'esame del Tribunale federale non consiste nel determinare se i fatti accertati nella sentenza impugnata siano arbitrari, come ad esempio in caso di un giudizio di condanna, ma piuttosto se l'autorità precedente abbia arbitrariamente ritenuto sussistere delle prove chiare oppure abbia arbitrariamente considerato determinati fatti come chiaramente accertati (DTF 143 IV 241 consid. 2.3.2 seg.; sentenza 7B_153/2022 del 20 luglio 2023 consid. 3.3.3).  
 
4.3.4. Nel procedimento penale vige il principio della verità materiale: le autorità penali accertano d'ufficio tutti i fatti rilevanti per il giudizio, sia riguardo al reato sia riguardo all'imputato (art. 6 cpv. 1 CPP). Questo principio non obbliga l'autorità penale ad assumere delle prove, d'ufficio o ad istanza di parte, ove il materiale probatorio agli atti le abbia permesso di raggiungere una convinzione e la stessa abbia la certezza, procedendo a una valutazione anticipata delle prove, che queste non siano suscettibili di modificare la sua opinione (art. 139 cpv. 2 CPP; v. DTF 147 IV 534 consid. 2.5.1; sentenza 6B_917/2018 del 13 gennaio 2022 consid. 3.1.1). Nell'ambito di tale valutazione, l'autorità penale dispone di un vasto margine di apprezzamento; il Tribunale federale interviene solo in caso di arbitrio (DTF 147 IV 534 consid. 2.5.1; 144 II 427 consid. 3.1.3; cfr. sulla nozione di arbitrio consid. 2.2 supra).  
 
 
4.4.  
 
4.4.1. In merito al reato di coazione (art. 181 CP), la Corte cantonale ha ritenuto, in relazione al primo episodio nel quale la paziente sarebbe stata fatta sdraiare con forza e contro la sua volontà, che l'opponente 2 non era presente all'asserito episodio. Circostanza questa che non viene contestata dalla ricorrente nel suo ricorso. Secondo la Corte cantonale, le fattispecie relative al rifiuto di curare la paziente, all'imposizione di omettere di curarla, alla decisione di non ricoverarla nonché al divieto di chiamare l'ambulanza non possono adempiere il reato di coazione in capo all'opponente 2. Dagli atti non risulta che l'opponente 2 abbia minacciato la paziente di un grave danno. A mente della Corte cantonale, quanto rimproverato all'opponente 2 deriva da una sua valutazione medica, segnatamente il fatto di accompagnare la paziente al decesso senza predisporne il ricovero. Tale circostanza è stata spiegata alla ricorrente e non può essere ritenuta né un mezzo di coazione illecito né uno scopo illecito.  
 
4.4.2. In merito ai reati di abbandono (art. 127 CP) e di omicidio intenzionale (art. 111 CP) rispettivamente colposo (art. 117 CP), la Corte cantonale ha rilevato come il Procuratore pubblico abbia ritenuto, a ragione, che dall'inchiesta non sarebbe emerso alcun elemento atto a comprovare un comportamento negligente dell'opponente 2 né sarebbe emerso un suo comportamento volto a cagionare intenzionalmente il decesso della paziente o ad accettarlo come conseguenza di atti o omissioni che configuri uno dei reati ipotizzati.  
La Corte cantonale ha anzitutto accertato che, dal 3 dicembre 2016, le condizioni di salute della paziente erano peggiorate, come emerge dall'incarto del Ministero pubblico. L'opponente 2, il 4 dicembre 2016, ha spiegato alla ricorrente che, vista l'età e le condizioni di salute precarie della paziente, non sarebbe stato opportuno procedere con l'ospedalizzazione. Per giungere a tale conclusione, l'opponente 2 si è consultato con altri due medici, i quali hanno condiviso il suo parere. Egli ha inoltre precisato alla ricorrente che nelle condizioni della paziente non sarebbe stato pensabile un ricovero in cure intense, con un'eventuale intubazione in caso di arresto cardiaco, in quanto le condizioni della paziente avrebbero portato al decesso per le gravi patologie presenti. L'opponente 2, in data 7 dicembre 2016, ha constatato il decesso della paziente, certificandolo per cause naturali. 
La Corte cantonale ha inoltre accertato che l'opponente 2, prima dell'avvio del presente procedimento penale, aveva già confermato in uno scritto alla CAP Protezione giuridica che le condizioni di salute della paziente erano gravi e che anche i medici con i quali si era confrontato concordavano nel ritenere che un ricovero non fosse opportuno. La circostanza di essere stata informata dall'opponente 2 è stata confermata dalla stessa ricorrente. 
Secondo la Corte cantonale, dalla cartella sanitaria della casa per anziani relativa alla paziente, in particolare dal decorso infermieristico, risulta che la stessa, in data 5 dicembre 2016, non lamentava dolori particolari, ma era ansiosa e si lamentava chiamando aiuto. Per quanto concerne il 7 dicembre 2016, risulta invece che ad inizio turno la paziente era ancora lamentosa e angosciante, per poi tranquillizzarsi verso la mezzanotte e addormentarsi con un respiro normale. Alle 5 di notte la paziente è deceduta. 
Nella sentenza impugnata, la Corte cantonale ha rinviato al parere del dr. med. G.________ del 14 febbraio 2017, incaricato di valutare le cure prestate dall'opponente 2 alla paziente. Il medico ha concluso che si trattava "di un progressivo decadimento delle funzioni cerebrali cognitive e motorie, non altrimenti terapizzabile né dal punto di vista farmacologico né da quello neurochirurgico, che fece giustamente ritenere al curante Dr. [med.] B.________ [ossia all'opponente 2] di non procedere a ulteriori accertamenti stazionari acuti o consulti neurochirurgici, che non avrebbero apportato favorevoli conseguenze terapeutiche". 
Il capo infermiere H.________ ha dal canto suo confermato che all'arrivo presso la struttura la paziente era fragile e compromessa e che con il passare del tempo le sue condizioni si sono aggravate. La Corte cantonale ha inoltre richiamato la valutazione medico legale della dr. med. F.________ del 29 agosto 2019. Il medico legale, non potendo accertare la causa del decesso della paziente, non è riuscita a indicare quali eventuali esami o terapie avrebbero teoricamente potuto procrastinarlo. 
La Corte cantonale ha rinviato alla testimonianza del dr. med. I.________, capoclinica neurochirurgia presso J.________. Il medico menzionato ha precisato che la paziente non potesse essere considerata una malata terminale. Tuttavia, lo stesso ha affermato di averla visitata per un breve periodo (meno di 30 minuti), ciò che non poteva essere paragonato al controllo costante che aveva l'opponente 2 sulla stessa. Secondo la Corte cantonale, il dr. med. I.________ ha altresì affermato che "se le condizioni che ho constatato io fossero state gravate da un ulteriore problema medico facilmente diagnosticabile e facilmente trattabile, sicuramente sarei andato nella direzione di ulteriori approfondimenti medici o terapeutici. Completamente diverso è tuttavia l'ambito di un paziente, comunque anziano, le cui funzioni globali peggiorano in modo progressivo in un periodo lungo e in questo caso ci possono essere benissimo gli elementi per non fare ulteriori indagini o trattamenti. Questo nell'ambito di cercare di scegliere la strada migliore per la paziente, che non sempre è quella della terapia". 
Secondo la Corte cantonale, a sostegno della tesi della ricorrente vi è unicamente il parere del dott. K.________, secondo il quale la paziente sarebbe "stata deprivata degli elementari provvedimenti diagnostici e degli adeguati supporti terapeutico-assistenziali che avrebbero ragionevolmente consentito un prolungamento e, comunque, una migliore qualità della vita residua". A mente della Corte cantonale, tuttavia, anche tale conclusione non muta l'esito del procedimento, in quanto non vi sono elementi che possano far ritenere, con alto grado di verosimiglianza, che eventuali altre terapie o un eventuale ricovero avrebbero procrastinato il decesso della paziente. Infatti, nell'impossibilità di eseguire l'autopsia, non potrebbero essere determinate le cause del decesso della paziente, né sarebbe possibile accertare se altre cure, rispettivamente un eventuale ricovero della paziente, ne avrebbero impedito il decesso. 
La Corte cantonale ha accertato che l'opponente 2, a conoscenza delle condizioni di salute precarie e in costante peggioramento della madre della ricorrente e dopo essersi consultato con altri due medici, ha compiutamente comunicato a quest'ultima che la di lei madre sarebbe stata accompagnata verso il decesso, non essendo opportuna e utile la sua ospedalizzazione. 
Inoltre, anche se la ricorrente sostiene di aver chiesto la visita, rispettivamente l'ospedalizzazione della madre il 6 dicembre 2016, dagli atti risulta che durante tale giornata la degente era apparsa meno agitata. Anche durante la notte, la stessa era risultata tranquilla e con respiro normale. Per tale motivo, gli infermieri non hanno ritenuto di dover avvisare il medico curante, con il quale era già prevista una visita medica il 7 dicembre 2016. 
Per questi motivi, la Corte cantonale ha concluso per l'assenza di concreti indizi per i reati ipotizzati in capo all'opponente 2 e ha confermato il decreto di abbandono. 
 
 
4.5.  
 
4.5.1. In concreto, la Corte cantonale poteva negare la sussistenza di sufficienti indizi in relazione ai reati oggetto della denuncia senza violare il principio "in dubio pro duriore", anche se i fatti non potevano (più) essere interamente accertati con sufficiente chiarezza. È infatti compatibile con questo principio il fatto che la Corte cantonale, a seguito della mancata autopsia, abbia concluso che la causa del decesso della paziente non potesse essere definitivamente accertata oltre ogni ragionevole dubbio, ciò che giustificava l'abbandono del procedimento penale. Sulla scorta dei fatti accertati dalla Corte cantonale, infatti, una condanna dell'opponente 2 risulta significativamente meno probabile di un'assoluzione.  
 
4.5.2. Premesso che la ricorrente non censura puntualmente una violazione del suo diritto d'essere sentita (art. 29 cpv. 2 Cost.) per quanto concerne il respingimento delle sue richieste probatorie presentate in sede cantonale, la citata garanzia non impediva comunque alla Corte cantonale di procedere a un apprezzamento anticipato delle prove richieste e di rinunciare ad assumerle, se era convinta che esse non potevano condurla a modificare il suo giudizio. Nell'ambito di questa valutazione, le spettava un vasto margine di apprezzamento (v. consid. 4.3.4 supra). La ricorrente si limita a criticare l'incompletezza dell'inchiesta svolta, senza tuttavia censurare l'arbitrio nell'apprezzamento anticipato delle prove svolto dalla Corte cantonale.  
La Corte cantonale ha ritenuto che nessuna delle prove indicate dalla ricorrente sarebbe in grado di mutare l'esito del procedimento. In particolare, nemmeno una perizia giudiziaria potrebbe mutare tale esito, ritenuto che, nell'impossibilità di eseguire l'autopsia, non potrebbero essere determinate le cause del decesso della paziente, né tale perizia sarebbe atta ad accertare se altre cure, rispettivamente un eventuale ricovero della paziente, ne avrebbero impedito il decesso. In concreto, la ricorrente a ragione non contesta la necessità di eseguire un'autopsia per determinare la causa del decesso della paziente. Ella non mette inoltre in discussione che l'autopsia della paziente, non eseguita nel caso di specie, non possa essere recuperata. 
Nella misura in cui la ricorrente sostiene che la perizia giudiziaria non necessiterebbe lo svolgimento di un'autopsia, il ricorso risulta infondato. La ricorrente non si confronta infatti con la valutazione del medico legale, secondo cui in assenza di un'autopsia non sarebbe possibile esprimersi sulla causa del decesso e quindi determinare se e quali ulteriori cure avrebbero potuto procrastinarlo. Anche la ricorrente riconosce che una perizia giudiziaria, nel caso concreto, permetterebbe unicamente di fare delle "ipotesi" riguardo alle cause del decesso della paziente. 
Lo stesso perito di parte, il dott. K.________, dal canto suo, ha riconosciuto che nella cartella clinica della paziente deceduta non fosse indicata la causa del decesso né che siano stati eseguiti accertamenti necroscopici per indagarla. Il perito di parte non sostiene, in concreto, che nonostante l'assenza di un'autopsia sarebbe possibile determinare con chiarezza la causa del decesso della paziente. Egli stesso, contrariamente a quanto sembra suggerire la ricorrente, formula delle mere ipotesi al riguardo (cfr. parere del 4 dicembre 2017 pag. 6, parere del 12 ottobre 2018 pag. 6: "complicanze cardio-circolatorie" o "insufficienza respiratoria acuta"). Mal si comprende quindi come, in assenza di un accertamento chiaro relativo alla causa del decesso, il perito di parte possa sostenere la sussistenza di un "ruolo concausale" del comportamento "non certo diligente" di chi aveva in cura la paziente con il suo decesso. Infatti, in assenza di un chiaro accertamento concernente la causa del decesso della paziente non è possibile stabilire con il necessario grado di verosimiglianza un nesso causale tra un'eventuale comportamento negligente dell'opponente 2 e il decesso della paziente (cfr. sentenza 7B_153/2022 del 20 luglio 2023 consid. 3.7.4). Premesso che i pareri dei consulenti di parte devo essere considerati alla stregua di allegazioni di parte, sottoposte alla libera valutazione delle prove, e che in concreto il dott. K.________ muove delle critiche all'operato del personale curante della paziente, senza tuttavia addurre la causa del decesso della paziente né indicare quali cure avrebbero permesso di procrastinarlo, la ricorrente non adduce serie ragioni oggettive che avrebbero imposto alla Corte cantonale di scostarsi dai pareri della dr. med. F.________ e del dr. med. G.________ (cfr. DTF 141 IV 369 consid. 6.1 seg.; sentenze 1B_496/2022 del 2 novembre 2022 consid. 6.3; 6B_1012/2015 del 25 ottobre 2016 consid. 11.1.3). 
Questi accertamenti non sono censurati d'arbitrio conformemente all'art. 106 cpv. 2 LTF e risultano pertanto vincolanti per il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF). Nemmeno il documento prodotto in questa sede dalla ricorrente, a prescindere da un esame della sua ammissibilità sotto il profilo dell'art. 99 cpv. 1 LTF, risulta idoneo a metterli in dubbio. Non sono quindi seriamente addotti motivi oggettivi per ritenere che l'assunzione delle prove richieste potrebbe modificare l'esito del giudizio. La Corte cantonale poteva quindi ritenere, senza arbitrio, che l'assunzione delle ulteriori prove richieste dalla ricorrente, segnatamente una perizia giudiziaria, fosse superflua al fine di determinare la causa del decesso della paziente. 
 
4.5.3. Nella misura in cui la ricorrente ipotizza la responsabilità della casa per anziani in virtù dell'art. 102 cpv. 1 CP, il ricorso risulta infondato. Infatti, come rettamente rilevato dalla Corte cantonale, tale responsabilità è sussidiaria ed entra in considerazione solo quando, a causa di una carente organizzazione interna, non è possibile attribuire un reato a una persona fisica all'interno dell'impresa (v. DTF 142 IV 333 consid. 4.1). La ricorrente non contesta il carattere sussidiario della responsabilità dell'impresa sancita dall'art. 102 cpv. 1 CP. Nella misura in cui tenta di motivare l'applicazione di tale norma con la sua critica rivolta a una "direttiva" della casa per anziani, la censura ricorsuale non merita accoglimento. Ritenuto che il procedimento penale era rivolto sin dal principio contro due imputati, ovvero l'infermiera E.________ e l'opponente 2, la responsabilità sussidiaria dell'impresa giusta l'art. 102 cpv. 1 CP non entra in considerazione. Pertanto, la questione di un'eventuale carente organizzazione interna della casa per anziani non deve essere esaminata oltre. Per di più, date le ipotesi di reato perseguite, una responsabilità concorrente dell'impresa ai sensi dell'art. 102 cpv. 2 CP è esclusa.  
 
4.5.4. Per quanto concerne il reato di coazione (art. 181 CP), la ricorrente non si confronta con l'esposto accertamento dei fatti svolto dalla Corte cantonale (cfr. consid. 4.4.1 supra), spiegando con una motivazione conforme alle severe esigenze di motivazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF per quali motivi sarebbe manifestamente insostenibile o in chiaro contrasto con gli atti sostenere che il comportamento dell'opponente 2 fosse il risultato di una sua valutazione medica. Anche con la sua critica rivolta contro la direttiva della casa per anziani, secondo la quale l'ambulanza avrebbe potuto essere chiamata unicamente dal medico, la ricorrente non dimostra la sussistenza di una coercizione in capo all'opponente 2, ritenuto che lo stesso non risulta essere responsabile per il contenuto della citata direttiva, ciò che la ricorrente comunque non sostiene.  
 
4.5.5. Le fattispecie di omicidio intenzionale (art. 111 CP), abbandono (art. 127 CP) e coazione (art. 181 CP) sono reati intenzionali. Giusta l'art. 12 cpv. 2 CP, commette con intenzione un crimine o un delitto chi lo compie consapevolmente e volontariamente. L'intenzione è data anche nella forma del dolo eventuale (art. 12 cpv. 2 seconda frase CP). Ciò che l'autore sa, vuole o prende in considerazione sono questioni di fatto (DTF 147 IV 439 consid. 7.3.1; 141 IV 369 consid. 6.3) che vincolano di principio il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF), a meno che la parte ricorrente dimostri che il relativo accertamento è stato svolto in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario (cfr. sulla nozione di arbitrio consid. 2.2 supra), o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF e che l'eliminazione del vizio può essere determinante per l'esito del procedimento (art. 97 cpv. 1 LTF). È per contro una questione di diritto quella di sapere se, sulla base dei fatti accertati, la conclusione circa l'esistenza del dolo sia giustificata (DTF 147 IV 439 consid. 7.3.1; 137 IV 1 consid. 4.2.3; sentenza 6B_83/2022 dell'8 agosto 2023 consid. 3.4).  
 
4.5.6. La Corte cantonale ha confermato il decreto di abbandono essenzialmente per difetto dell'aspetto soggettivo dei reati intenzionali oggetto della denuncia. Ha ritenuto che il comportamento rimproverato all'opponente 2 derivava da una sua valutazione medica, segnatamente il fatto di accompagnare la paziente al decesso senza predisporne il ricovero. Le censure ricorsuali concernenti la volontà dell'opponente 2 risultano meramente appellatorie e quindi inammissibili (cfr. consid. 2.2 supra).  
 
4.5.7. Per quanto concerne il reato di omicidio colposo (art. 117 CP), la Corte cantonale ha accertato che dall'inchiesta non è emerso alcun elemento atto a comprovare un comportamento negligente dell'opponente 2. La sentenza impugnata resiste anche su questo punto alle critiche ricorsuali. In assenza di un'autopsia e quindi di un accertamento chiaro concernente la causa di decesso della paziente, infatti, non risulta possibile accertare con il sufficiente grado di verosimiglianza un nesso causale tra un'eventuale comportamento negligente dell'opponente 2 e il decesso della paziente (cfr. sentenza 7B_153/2022 del 20 luglio 2023 consid. 3.7.4; cfr. consid. 4.5.2 supra).  
 
4.6. Alla luce di quanto precede, una condanna dell'opponente 2 appare inverosimile. Di conseguenza, confermando l'abbandono del procedimento, la Corte cantonale non ha violato il principio "in dubio pro duriore".  
 
5.  
In quanto ammissibile, il ricorso deve essere quindi respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e vanno quindi poste a carico della ricorrente (art. 66 cpv. 1 LTF). 
 
Non si accordano ripetibili alle autorità vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF). Non si giustifica assegnare ripetibili all'opponente 2, che non è stato invitato a determinarsi sul ricorso (art. 68 cpv. 1 e 2 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 3'000.-- sono poste a carico della ricorrente. 
 
3.  
Comunicazione alle parti e alla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 27 settembre 2023 
 
In nome della II Corte di diritto penale 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Abrecht 
 
Il Cancelliere: Caprara