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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
1C_457/2021  
 
 
Sentenza del 25 marzo 2022  
 
I Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Kneubühler, Presidente, 
Chaix, Jametti, Müller, Merz, 
Cancelliere Gadoni. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Costantino Castelli, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Segreteria di Stato della migrazione SEM, Quellenweg 6, 3003 Berna. 
 
Oggetto 
Revoca della cittadinanza svizzera, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 31 maggio 2021 dalla Corte VI del 
Tribunale amministrativo federale (F-5427/2019). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
A.________ è nato in Turchia nel 1984. Di nazionalità turca e di confessione musulmana, egli è giunto in Svizzera nel 1989 con la sua famiglia. In seguito ha frequentato le scuole nel Cantone Ticino fino a conseguire la maturità professionale commerciale. 
 
B.  
Il 15 febbraio 2006 A.________ ha presentato all'allora Ufficio federale della migrazione (ora: Segreteria di Stato della migrazione [SEM]) una domanda di naturalizzazione ordinaria. Il 26 settembre 2007 l'autorità federale ha rilasciato l'autorizzazione federale di naturalizzazione e il 10 marzo 2008 gli è stata concessa la cittadinanza svizzera. 
 
C.  
Con sentenza del 18 agosto 2017, pronunciata con rito abbreviato, la Corte penale del Tribunale penale federale (TPF) lo ha riconosciuto colpevole di infrazione all'art. 2 cpv. 1 e 2 della legge federale che vieta i gruppi "Al-Qaïda" e "Stato islamico" nonché le organizzazioni associate, del 12 dicembre 2014 (RS 122), così come all'art. 2 cpv. 1 e 2 della previgente ordinanza dell'Assemblea federale che vieta il gruppo Al-Qaïda e le organizzazioni associate, del 23 dicembre 2011. Gli è stato rimproverato di avere, a partire dal gennaio del 2014 e fino al 22 febbraio 2017, organizzato azioni a sostegno del gruppo "Jabhat Al-Nusra", affiliato ad "Al-Qaïda", nonché di avere facilitato due combattenti ("foreign fighters") a raggiungere la zona di guerra siro-irachena. L'imputato è stato condannato alla pena detentiva di due anni e sei mesi, dedotto il carcere preventivo sofferto. L'esecuzione della pena è stata sospesa parzialmente per un periodo di prova di tre anni. La parte della pena da eseguire è stata fissata in sei mesi. 
 
D.  
Preso atto della sentenza del 18 agosto 2017 del TPF, la SEM ha comunicato il 15 febbraio 2019 a A.________ che riteneva realizzate le condizioni per revocargli la cittadinanza svizzera, concedendogli la possibilità di esprimersi al riguardo. L'interessato ha fatto uso di questa facoltà presentando il 26 aprile 2019 le sue osservazioni, con le quali ha contestato il prospettato provvedimento. Dopo avere ottenuto il consenso del Consiglio di Stato del Cantone Ticino, con decisione dell'11 settembre 2019, la SEM ha revocato a A.________ la cittadinanza svizzera. 
 
E.  
Contro la decisione di revoca della cittadinanza, l'interessato ha adito la Corte VI del Tribunale amministrativo federale (TAF) che, con sentenza del 31 maggio 2021, ha respinto il ricorso. 
 
F.  
A.________ impugna questa sentenza con un ricorso in materia di diritto pubblico dell'11 agosto 2021 al Tribunale federale, chiedendo di riformarla nel senso di annullare la decisione dell'11 settembre 2019 della SEM e di riconoscergli un'indennità di fr. 5'000.-- per la procedura di ricorso dinanzi al TAF. Il ricorrente chiede inoltre di conferire l'effetto sospensivo al gravame. Fa valere la violazione degli art. 42 LCit, 48 vLCit, 30 OCit, degli art. 5 cpv. 2, 8, 9, 10 cpv. 2, 24, 27, 34, 36 Cost., degli art. 8 e 14 CEDU e dell'art. 12 cpv. 4 Patto ONU II
 
G.  
Il TAF chiede di dichiarare inammissibile il ricorso, alternativamente di respingerlo. La SEM postula la reiezione del ricorso. Il 10 settembre 2021 il ricorrente si è espresso sulla risposta del TAF confermandosi nelle sue conclusioni. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
Diretto contro una decisione finale del TAF che conferma la revoca della cittadinanza svizzera, il ricorso in materia di diritto pubblico è ammissibile sotto il profilo degli art. 82 lett. a, 86 cpv. 1 lett. a e 90 LTF. Il motivo di esclusione dell'art. 83 lett. b LTF non entra in considerazione in concreto, non trattandosi di una decisione in materia di naturalizzazione ordinaria (cfr. THOMAS HÄBERLI, in: Basler Kommentar BGG, 3a ed. 2018, n. 50 all'art. 83 LTF; FLORENCE AUBRY GIRADIN, Commentaire de la LTF, 2a ed. 2014, n. 34 all'art. 83 LTF; HANSJÖRG SEILER, in: Stämpflis Handkommentar BGG, 2a ed. 2015, n. 19 all'art. 83 LTF). Il ricorrente ha partecipato al procedimento dinanzi all'autorità inferiore (art. 89 cpv. 1 lett. a LTF), è particolarmente toccato dalla decisione impugnata ed ha un interesse degno di protezione all'annullamento della stessa (art. 89 cpv. 1 lett. b e c LTF) : è quindi legittimato a ricorrere. Il gravame è tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF in relazione con gli art. 44 cpv. 2 e 46 cpv. 1 lett. b LTF), ed è pertanto sotto i citati aspetti ammissibile. 
 
2.  
 
2.1. Conformemente a quanto stabilito dall'art. 95 lett. a LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale può essere presentato per violazione del diritto federale, nel quale rientra pure il diritto costituzionale (DTF 136 II 101 consid. 3; 134 IV 36 consid. 1.4.1). Secondo l'art. 42 cpv. 2 LTF, nel ricorso occorre spiegare per quali ragioni l'atto impugnato viola il diritto. Il ricorrente deve quindi confrontarsi con le considerazioni esposte nella sentenza impugnata, spiegando per quali motivi tale giudizio lede il diritto (DTF 142 I 99 consid. 1.7.1). II Tribunale federale esamina inoltre le censure di violazione di diritti costituzionali solo se adempiono le rigorose esigenze di motivazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF. Ciò significa che, con riferimento ai motivi della decisione impugnata, il ricorrente deve indicare in modo chiaro e dettagliato in che modo sarebbero stati violati i suoi diritti costituzionali (DTF 147 I 73 consid. 2.1; 143 II 283 consid. 1.2.2; 142 III 364 consid. 2.4).  
 
2.2. Nella misura in cui il ricorrente si limita ad addurre in modo generico la violazione di una serie di norme costituzionali e convenzionali (art. 5 cpv. 2, 8, 9, 10 cpv. 2, 24, 27, 34, 36 Cost., art. 8 e 14 CEDU, art. 12 cpv. 4 Patto ONU II), senza tuttavia confrontarsi con i considerandi del giudizio impugnato, spiegando puntualmente per quali ragioni le violerebbero, il gravame non adempie gli esposti requisiti di motivazione e non può quindi essere vagliato nel merito.  
 
3.  
 
3.1. In concreto, la SEM ha revocato la cittadinanza svizzera del ricorrente in applicazione dell'art. 42 della legge federale sulla cittadinanza svizzera, del 20 giugno 2014 (LCit; RS 141.0) e dell'art. 30 dell'ordinanza sulla cittadinanza svizzera, del 17 giugno 2016 (OCit; RS 141.01), entrate in vigore il 1° gennaio 2018. L'autorità federale ha in particolare considerato il fatto che l'apertura della procedura di revoca è stata comunicata il 15 febbraio 2019 al ricorrente e che il nuovo diritto gli sarebbe più favorevole, siccome l'art. 30 OCit prevederebbe delle condizioni restrittive riguardo alla revoca della cittadinanza. La SEM ha al riguardo rilevato che l'art. 48 della previgente legge federale su l'acquisto e la perdita della cittadinanza svizzera, del 29 settembre 1952 (vLCit; RU 1952 1119) non era concretizzato da una regolamentazione a livello di ordinanza.  
Il TAF ha per contro ritenuto applicabile alla fattispecie la vLCit, costituendo "fatto determinante" la sentenza di condanna del 18 agosto 2017 del TPF.  
 
3.2. L'entrata in vigore, il 1° gennaio 2018, della nuova LCit, ha comportato l'abrogazione della vLCit conformemente all'art. 49 LCit (in relazione con la cifra I del suo allegato). In virtù della disposizione transitoria dell'art. 50 cpv. 1 LCit, l'acquisizione e la perdita della cittadinanza svizzera sono rette dal diritto vigente nel momento in cui è avvenuto il fatto determinante. Nella causa in esame, i fatti pertinenti per la revoca della cittadinanza svizzera sono quelli oggetto della sentenza di condanna del 18 agosto 2017, passata in giudicato, avvenuti quando era vigente la vLCit, che è quindi in concreto applicabile (cfr. sentenza 1C_618/2020 del 19 maggio 2021 consid. 2).  
La questione di sapere se la nuova normativa in vigore dal 1° gennaio 2018, in particolare l'art. 30 OCit, sia più favorevole al ricorrente, non è determinante, non essendo detta disposizione applicabile al presente caso. Contrariamente all'opinione della SEM, il principio della "lex mitior", disciplinato dall'art. 2 cpv. 2 CP, non è applicabile alla revoca litigiosa, non trattandosi di una sanzione di carattere penale, ma di un provvedimento di diritto amministrativo (cfr. sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo Ghoumid e altri contro Francia del 25 giugno 2020, § 71). Nella fattispecie, l'applicazione del nuovo diritto non è esplicitamente prevista dalla legge e disattenderebbe l'irretroattività sancita dall'art. 50 cpv. 1 LCit, corrispondente all'art. 57 vLCit (cfr. sentenza 2A.82/1996 dell'8 maggio 1998 consid. 1).  
 
4.  
 
4.1. Il ricorrente sostiene che la precedente istanza avrebbe accertato in modo arbitrario ch'egli ha partecipato ad un'organizzazione terroristica. Ritiene che non vi sarebbero elementi agli atti per concludere ad una sua appartenenza al gruppo "Jabhat Al-Nusra" o ad un qualsiasi altro gruppo terroristico.  
 
4.2. I fatti accertati dal TAF sono di principio vincolanti per il Tribunale federale (cfr. art. 105 cpv. 1 LTF), tranne quando sono stati accertati in modo manifestamente inesatto, vale a dire arbitrario (DTF 147 I 73 consid. 2.2; 145 IV 154 consid. 1.1; 143 I 310 consid. 2.2), o in violazione del diritto. Spetta al ricorrente sostanziare la censura con una motivazione conforme alle esigenze poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 147 I 73 consid. 2.2; 146 IV 88 consid. 1.3.1).  
 
4.3. In concreto il TAF non ha accertato che il ricorrente faceva parte di un'organizzazione terroristica né ha stabilito ch'egli era membro del gruppo "Jabhat Al-Nusra". Ha per contro accertato ch'egli ha sostenuto tale gruppo mediante gli atti per i quali egli è stato condannato con la sentenza del 18 agosto 2017 del TPF. Il TAF si è al riguardo rettamente fondato sul contenuto del giudizio di condanna. Detto giudizio ha segnatamente riconosciuto il ricorrente autore colpevole di infrazione all'art. 2 cpv. 1 della legge federale che vieta i gruppi "Al-Qaïda" e "Stato islamico" nonché le organizzazioni associate, del 12 dicembre 2014. Questa legge, come la previgente ordinanza presa in considerazione dai giudici del TPF, non punisce soltanto la partecipazione a uno dei gruppi o a una delle organizzazioni vietate, ma pure la messa a disposizione di risorse umane o materiale, l'organizzazione di azioni propagandistiche a loro sostegno, il reclutamento di adepti o la promozione in altro modo delle loro attività (cfr. sentenze 6B_169/2019 del 26 febbraio 2020 consid. 2.1; 6B_948/2016 del 22 febbraio 2017 consid. 4.1 e 4.2.2). Il ricorrente non è stato condannato per appartenenza al gruppo "Jabhat Al-Nusra", ma per i suoi atti di propaganda e di sostegno allo stesso. Limitandosi ad addurre di non appartenere e di non avere partecipato ad una simile organizzazione, il ricorrente non sostanzia quindi arbitrio alcuno.  
 
5.  
 
5.1. Il ricorrente sostiene di non avere commesso "un grave crimine nel quadro di attività terroristiche, di estremismo violento o di criminalità organizzata" ai sensi dell'art. 30 cpv. 1 lett. b OCit. Adduce che la pena detentiva inflittagli (due anni e sei mesi con la condizionale parziale) non permetterebbe di ritenere particolarmente grave il reato commesso. Ritiene che i fatti per i quali è stato condannato sarebbero "piuttosto banali ed addirittura innocui", essendosi in sostanza limitato ad esprimere in privato la propria opinione sul gruppo "Jabhat Al-Nusra".  
 
5.2. Il nuovo art. 30 cpv. 1 lett. b OCit non è tuttavia applicabile alla fattispecie, essendo come visto determinante il diritto previgente (cfr. consid. 3.2). In concreto, la revoca della cittadinanza deve quindi essere esaminata unicamente sotto il profilo dell'art. 48 vLCit, che presuppone (esclusivamente) una condotta di grave pregiudizio agli interessi o alla buona reputazione della Svizzera. Questa disposizione, formulata in modo relativamente aperto, lascia all'autorità amministrativa un ampio margine di apprezzamento (cfr. JÜRG MARCEL TIEFENTHAL, Ausbürgerung terroristischer Kämpfer, in: AJP 1/2017, pag. 82).  
Riguardo ai fatti per i quali è stato condannato dal TPF, il ricorrente si limita ad esporre genericamente la sua versione, rimettendo in discussione la sentenza di condanna penale e tentando di sminuirne la gravità. Già si è detto che tali fatti, ripresi dal TAF nel giudizio impugnato, sono stati ammessi e riconosciuti dal ricorrente al dibattimento penale: in questa sede egli si scosta dagli stessi, ma non sostanzia una violazione del diritto con una motivazione conforme alle esigenze degli art. 42 cpv. 2 e 106 cpv. 2 LTF. Il ricorrente nega inoltre la gravità del reato richiamando l'entità della pena inflittagli. L'infrazione all'art. 2 della legge federale che vieta i gruppi "Al-Qaïda" e "Stato islamico" nonché le organizzazioni associate, del 12 dicembre 2014, per la quale il ricorrente è stato condannato, costituisce nondimeno un crimine (cfr. art. 2 cpv. 1 della stessa in relazione con l'art. 10 cpv. 2 CP). La Corte penale del TPF ha del resto ritenuto grave la sua colpa, trattandosi di fattispecie ripetute e protrattesi nel tempo. 
 
6.  
 
6.1. Il ricorrente contesta la legittimità della revoca della cittadinanza negando che il suo comportamento sia stato di grave pregiudizio per gli interessi della Svizzera, non essendosi reso colpevole di crimini contro lo Stato e la difesa nazionale (cfr. art. 265 segg. CP), né di atti di ostilità o di servizio straniero giusta gli art. 92 e 94 del Codice penale militare, del 13 giugno 1927 (RS 321.0). Il ricorrente adduce di essersi tutt'al più limitato a diffondere i principi dell'islam radicale in relazione con l'ideologia del gruppo "Jabhat Al-Nusra" e sostiene ch'egli non rappresenterebbe una possibile minaccia per la sicurezza nazionale in futuro, non avendo più interessato le autorità penali ed essendo escluso un rischio di recidiva. Contesta inoltre di avere arrecato un grave pregiudizio alla buona reputazione della Svizzera, giacché il suo comportamento non avrebbe mai assunto una rilevanza pubblica e non avrebbe quindi richiamato l'attenzione a livello internazionale. Né la buona reputazione della Svizzera potrebbe essere compromessa in futuro, considerata anche sotto questo profilo l'assenza di un rischio di recidiva. Il ricorrente evidenzia altresì di non avere commesso reati che pregiudicano le relazioni con gli Stati esteri, quali la violazione della sovranità territoriale di uno Stato estero (art. 299 CP) o atti di ostilità contro un belligerante o contro truppe straniere (art. 300 CP).  
 
6.2. Secondo l'art. 48 vLCit, l'Ufficio federale può, con il consenso dell'autorità del Cantone d'origine, revocare la cittadinanza svizzera, la cittadinanza cantonale e l'attinenza comunale a una persona che possiede anche un'altra cittadinanza, se la sua condotta è di grave pregiudizio agli interessi o alla buona reputazione della Svizzera. Questa disposizione è stata concepita innanzitutto in caso di guerra, qualora una persona con la doppia cittadinanza si fosse resa colpevole di crimini di guerra o di alto tradimento. Essa è stata mantenuta e sostanzialmente ripresa dal vigente art. 42 LCit, potendo attualmente essere applicata per esempio a cittadini svizzeri che si rendono colpevoli di atti terroristici. Di questa interpretazione adeguata alla situazione attuale, deve essere tenuto conto anche nell'ambito dell'applicazione dell'art. 48 vLCit. La revoca della cittadinanza svizzera presuppone esigenze restrittive, occorrendo che i comportamenti incriminati siano gravemente pregiudizievoli agli interessi o alla buona reputazione della Svizzera (messaggio del Consiglio federale del 4 marzo 2011 concernente la revisione totale della legge federale sulla cittadinanza svizzera, in: FF 2011 2567, pag. 2606 seg.). La formulazione dell'art. 48 vLCit lascia un ampio margine di apprezzamento all'autorità amministrativa (cfr. consid. 5.2). Non ogni reato, per quanto grave, può comunque giustificare un simile provvedimento, bensì soltanto delle fattispecie determinate che toccano in modo specifico gli interessi della Svizzera, segnatamente sotto il profilo della sua sicurezza e della sua buona reputazione.  
 
6.3. Come detto, il ricorrente è stato riconosciuto colpevole di infrazione all'art. 2 cpv. 1 e 2 della legge federale che vieta i gruppi "Al-Qaïda" e "Stato islamico" nonché le organizzazioni associate, del 12 dicembre 2014 (RS 122), così come all'art. 2 cpv. 1 e 2 della previgente ordinanza dell'Assemblea federale che vieta il gruppo Al-Qaïda e le organizzazioni associate, del 23 dicembre 2011. Gli è stato rimproverato di avere, a partire dal gennaio del 2014 e fino al 22 febbraio 2017, in diverse località del Ticino e dell'Italia, organizzato azioni propagandistiche e di proselitismo assumendo il ruolo di indottrinatore e di radicalizzatore a sostegno del gruppo "Jabhat Al-Nusra" e dei suoi obiettivi. Il ricorrente si identificava in questo gruppo, affiliato ad "Al-Qaïda", ed ha propugnato nei confronti di diverse persone l'islam radicale e la jihad armata, guadagnandosi in determinati casi la loro fiducia in qualità di insegnante e rendendosi un punto di riferimento per la fede islamica radicale e, in parte, per la decisione di partire per combattere in territorio siro-iracheno. Il ricorrente è inoltre stato condannato per avere nel corso del 2015, con coscienza e volontà, facilitato due combattenti ("foreign fighters") a raggiungere le zone di guerra in territorio siro-iracheno, fornendo loro indicazioni e aiuto per il viaggio, come pure, in una circostanza, ospitato uno dei combattenti presso la sua casa in Turchia prima di riprendere la trasferta verso la Siria. Questi fatti, oggetto di condanna, sono stati ammessi dal ricorrente dinanzi alle autorità penali.  
 
6.4. La precedente istanza ha accertato, in modo vincolante per il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF), che nel periodo incriminato il gruppo "Jabhat Al-Nusra" era affiliato ad "Al-Qaïda", ed era parimenti dedito al terrorismo. Il Tribunale federale ha d'altra parte già avuto modo di rilevare che la rete internazionale terroristica "Al-Qaïda" costituisce un'organizzazione criminale giusta l'art. 260ter CP (DTF 145 IV 470 consid. 4.1; 142 IV 175 consid. 5.8; 133 IV 58 consid. 5.3.1; 132 IV 132 consid. 4.1.2 e riferimenti). La legge federale che vieta i gruppi "Al-Qaïda" e "Stato islamico" nonché le organizzazioni associate, del 12 dicembre 2014 proibisce tali gruppi ed organizzazioni (art. 1). Punisce inoltre chiunque vi partecipa sul territorio svizzero, mette a disposizione risorse umane o materiale, organizza azioni propagandistiche a loro sostegno o a sostegno dei loro obiettivi, recluta adepti o promuove in altro modo le loro attività (art. 2 cpv. 1). Il ricorrente sostiene essenzialmente di non avere partecipato ad atti di violenza. Tuttavia, egli ha organizzato azioni propagandistiche a sostegno del gruppo "Jabhat Al-Nusra" e dei suoi obiettivi, identificandosi negli stessi. Ha sostenuto l'islam radicale e la jihad armata sia di persona sia tramite le reti sociali elettroniche, svolgendo attivamente azioni di propaganda a favore di un gruppo votato anche al terrorismo. In questo contesto, il ricorrente ha altresì prestato un aiuto fattivo a due combattenti nel loro viaggio per raggiungere la zona di guerra in Siria. Si tratta di fatti gravi, che pregiudicano in modo specifico gli interessi della Svizzera per quanto concerne la sua sicurezza e la considerazione di cui beneficia nell'ambito delle relazioni internazionali. Con il suo comportamento, egli ha infatti sostenuto un gruppo che rappresenta una minaccia sia per la sicurezza della Svizzera sia per la comunità internazionale, inducendo altre persone a radicalizzarsi e ad aderire a gruppi terroristici. Le azioni del ricorrente hanno comportato e aumentato il rischio di possibili atti terroristici, mettendo seriamente a repentaglio gli interessi della Svizzera, segnatamente sotto il profilo della sicurezza, come pure la sua immagine nel contesto internazionale. Le attività di propaganda a favore del fondamentalismo islamico e di sostegno ad organizzazioni legate al terrorismo di matrice jihadista svolte dal ricorrente quale cittadino svizzero, sono tali da pregiudicare gravemente gli interessi e la buona reputazione della Svizzera nell'ambito delle sue relazioni con gli altri Stati. Sono in particolare di pregiudizio per i buoni rapporti con i Paesi europei vicini, che sono già stati colpiti da gravi attentati terroristici di questa natura e che sono parimenti impegnati a contrastare questo fenomeno. Nelle esposte circostanze, la decisione di revocare al ricorrente la cittadinanza svizzera è quindi conforme all'art. 48 vLCit.  
 
6.5. Contrariamente all'opinione del ricorrente, la sentenza impugnata è sufficientemente motivata al riguardo, avendo il TAF ampiamente esposto le ragioni per cui ha ritenuto giustificata la revoca della cittadinanza. Il ricorrente ha d'altra parte potuto comprenderne la portata, avendola contestata in questa sede in modo argomentato e con cognizione di causa (DTF 144 IV 386 consid. 2.2.3; 142 IV 245 consid. 4.3).  
 
7.  
 
7.1. Il ricorrente sostiene che il provvedimento litigioso non rispetterebbe il principio della proporzionalità. Adduce che la revoca della cittadinanza non sarebbe idonea allo scopo di proteggere preventivamente la società e lo Stato dalla minaccia terroristica. Rileva al riguardo di non avere mai svolto alcuna attività terroristica. Secondo il ricorrente, il caso in esame sarebbe di scarsa rilevanza, non avendo avuto particolare eco a livello internazionale ed essendo comunque già sfociato nella sua condanna penale. Ritiene che la sanzione penale inflittagli sarebbe sufficiente per dimostrare l'impegno della Svizzera nella lotta contro il terrorismo, obiettivo che potrebbe peraltro essere perseguito mediante altre misure di natura preventiva. Il ricorrente sostiene inoltre, in modo generico, che il provvedimento litigioso non starebbe in un rapporto ragionevole con lo scopo di sicurezza e di tutela dell'immagine della Svizzera, limitando eccessivamente i suoi diritti fondamentali.  
 
7.2. Lamentando in tali termini una violazione del principio della proporzionalità, il ricorrente critica in sostanza la legittimità del provvedimento della revoca della cittadinanza quale misura per combattere il terrorismo. Il provvedimento è tuttavia esplicitamente previsto dalla legge federale (48 vLCit, art. 42 LCit) che, in virtù dell'art. 190 Cost., è determinante per il Tribunale federale e per le altre autorità incaricate dell'applicazione del diritto. Questa Corte è quindi tenuta in ogni caso ad applicare la citata disposizione a prescindere dall'esame della sua costituzionalità (cfr. DTF 144 I 340 consid. 3.2; 144 I 126 consid. 3; 141 II 338 consid. 3.1; 141 II 280 consid. 9.2). Laddove sostiene che la revoca della cittadinanza non sarebbe idonea né necessaria per impedire atti di terrorismo, egli disattende che il provvedimento è volto a colpire le persone che possiedono anche un'altra cittadinanza e che hanno avuto un comportamento di grave pregiudizio agli interessi o alla buona reputazione della Svizzera. La disposizione non è quindi destinata principalmente ad impedire eventuali reati futuri, ma a tutelare la neutralità e la sovranità della Svizzera (cfr. TIEFENTHAL, loc. cit., pag. 83). Quanto al fatto che il ricorrente è già stato sanzionato penalmente con il giudizio di condanna del 18 agosto 2017 del TPF, egli non considera che la revoca della cittadinanza costituisce una misura di diritto amministrativo distinta dalla pena (cfr. TIEFENTHAL, loc. cit., pag. 83). La condanna penale non osta quindi di per sé al provvedimento amministrativo della revoca della cittadinanza, applicabile unicamente alle persone con doppia cittadinanza che hanno agito in modo gravemente pregiudizievole per gli interessi dello Stato (cfr. sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo Ghoumid e altri contro Francia del 25 giugno 2020, § 71 seg.). Per il resto, la censura di violazione del principio della proporzionalità deve essere respinta, ove si consideri che il ricorrente mantiene la sua cittadinanza turca e non diviene pertanto apolide e che la questione della sua eventuale ulteriore permanenza in Svizzera esula dall'oggetto della causa in esame (DTF 140 II 65 consid. 4.2).  
 
8.  
Ne segue che il ricorso deve essere respinto nella misura della sua ammissibilità. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e sono pertanto poste a carico del ricorrente (art. 66 cpv. 1 LTF). 
L'emanazione del presente giudizio rende priva d'oggetto la domanda di effetto sospensivo contenuta nel ricorso. 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste carico del ricorrente. 
 
3.  
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, alla Segreteria di Stato della migrazione SEM e alla Corte VI del Tribunale amministrativo federale. 
 
 
Losanna, 25 marzo 2022 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Kneubühler 
 
Il Cancelliere: Gadoni