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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
{T 0/2} 
 
2C_412/2014  
   
   
 
 
 
Sentenza del 27 maggio 2014  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Zünd, Presidente, 
Aubry Girardin, Kneubühler, 
Cancelliera Ieronimo Perroud. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________e B.________, per sé e in rappresentanza dei figli  C.________, D.________, E.________, F.________e G.________,  
ricorrenti, 
 
contro  
 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, Sezione della popolazione, 6500 Bellinzona,  
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 6500 Bellinzona,  
opponenti. 
 
Oggetto 
Revoca, rispettivamente rifiuto del rinnovo del permesso di dimora CE/AELS, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 27 marzo 2014 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
 
Fatti:  
 
A.   
Con sentenza del 27 marzo 2014 il Tribunale amministrativo del Cantone Ticino ha respinto il ricorso esperito da A.________ (1975) e dalla moglie B.________ (1976), per sé e in rappresentanza dei figli C.________ (1995), D.________ (1998), E.________ (2001), F.________ (2004) e G.________ (2010), tutti cittadini italiani, contro la risoluzione governativa del 16 ottobre 2013 che confermava le decisioni 15 marzo 2013 con cui la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni aveva, da un lato, rifiutato di rilasciare un permesso di domicilio CE/AELS ad A.________ e ai figli E.________, F.________ e G.________, nonché negato loro il rinnovo dei loro permessi di dimora CE/AELS e, dall'altro, aveva revocato i permessi di dimora CE/AELS, con scadenza al 4 novembre 2017, di cui beneficiavano B.________ e i figli C.________ e D.________. 
In primo luogo la Corte cantonale ha rilevato che A.________ non poteva (più) prevalersi dell'Accordo del 21 giugno 1999 sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681) per potere continuare a risiedere nel nostro Paese: giuntovi nel mese di novembre 2007 e ottenuto un permesso di dimora CE/AELS valido fino al 4 novembre 2012, egli aveva dapprima lavorato come muratore e in seguito quale aiuto carpentiere e manovale, per poi cessare ogni attività nell'autunno 2008. In queste condizioni egli non poteva più essere considerato un "lavoratore" ai sensi del citato Accordo né poteva, visto il tempo trascorso da quando non era più attivo professionalmente, invocare il medesimo nell'ambito della ricerca di un impiego. Per quanto riguarda B.________ il Tribunale cantonale amministrativo ha osservato che, oltre al fatto che ella non lavorava più da fine luglio 2013, l'attività svolta (donna delle pulizie per due ore e mezzo alla settimana) era di natura marginale ed accessoria e del tutto insufficiente per mantenere l'intera famiglia, di modo che nemmeno ella poteva essere definita "lavoratrice" ai sensi dell'ALC. 
Lasciando irrisolta la questione della natura degli assegni famigliari integrativi e di quelli di prima infanzia ricevuti dalla famiglia dal novembre 2010 al gennaio 2013 (in seguito alla nascita dell'ultimo figlio), i giudici ticinesi hanno in seguito constatato che siccome la famiglia aveva percepito delle prestazioni assistenziali dal luglio 2008 all'ottobre 2010 e poi dal gennaio 2013 a tutt'oggi (per oltre fr. 210'000.--), i suoi membri non potevano beneficiare dello statuto di persona non esercitante un'attività lucrativa ai sensi dell'ALC (art. 6 ALC, 24 Allegato I ALC) né, per quanto riguarda i genitori, fruire del diritto di rimanere previsto dal medesimo (art. 4 cpv. 1 Allegato I ALC), non avendo maturato un diritto alla pensione né dimostrato di essere colpiti da inabilità permanente al lavoro. Premesse queste considerazioni, gli insorgenti e i loro figli non potevano pertanto prevalersi di un'autorizzazione di soggiorno sulla base dell'ALC né a titolo autonomo né in via derivata. 
La Corte cantonale ha poi aggiunto che anche dal profilo del diritto interno, ossia della legge sugli stranieri del 16 dicembre 2005 (LStr; RS 142.20), il rifiuto del rinnovo, rispettivamente la revoca dei permessi di dimora erano giustificati. Infine, pronunciandosi sulla proporzionalità dei provvedimenti, la Corte ticinese è giunta alla conclusione che, benché il soggiorno degli interessati nel nostro Paese era di media durata, essi non si erano integrati né dal profilo lavorativo né da quello economico. Un loro rientro in Italia, dove lingua, cultura e stile di vita erano pressoché identici a quelli del Ticino, appariva pertanto esigibile sia per quanto concerne i genitori, che vi erano nati e vi avevano vissuto per oltre 30 anni e dove avevano altri famigliari, sia nei confronti dei figli, in particolare per la maggiorenne la quale avrebbe potuto, se la famiglia si stabiliva nella fascia di confine e se ella otteneva un permesso per confinanti CE/AELS, continuare il proprio apprendistato di parrucchiera in Svizzera. 
Per concludere il Tribunale cantonale amministrativo ha osservato che siccome non poteva pretendere al rinnovo del proprio permesso di dimora, a maggior ragione A.________ non poteva esigere il rilascio di un permesso di domicilio. 
 
B.   
Il 5 maggio 2014 A.________ e B.________ hanno presentato, a nome loro e dei loro cinque figli, un ricorso dinanzi al Tribunale federale con cui chiedono che siano rinnovati i loro permessi di dimora. Domandano inoltre che venga conferito effetto sospensivo al gravame e di essere dispensati dal versare un anticipo a titolo di garanzia delle spese processuali. 
Non sono state chieste osservazioni. 
 
 
Diritto:  
 
1.   
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione la sua competenza (art. 29 cpv. 1 LTF), rispettivamente l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 137 I 371 consid. 1 pag. 372 e rinvio). 
 
2.  
 
2.1. I ricorrenti hanno omesso di precisare per quale via di diritto volevano procedere. Tale imprecisione non comporta comunque alcun pregiudizio, nella misura in cui il loro allegato adempie alle esigenze formali del tipo di ricorso esperibile (DTF 134 III 379 consid. 1.2 pag. 382).  
 
2.2. L'impugnativa è stata presentata contro una decisione finale (art. 90 LTF) di ultima istanza cantonale in una causa di diritto pubblico (art. 82 lett. a e 86 cpv. 1 lett. d nonché cpv. 2 LTF); va quindi esaminato se la stessa sia ricevibile quale ricorso in materia di diritto pubblico. Giusta l'art. 83 lett. c n. 2 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti i permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto (DTF 133 I 185 consid. 2.2 pag. 189).  
 
2.3. I ricorrenti, cittadini italiani, possono, di regola, appellarsi all'ALC per far valere un diritto a soggiornare in Svizzera, per svolgervi o no un'attività lucrativa (cfr. art. 4 ALC e 6 Allegato I ALC, rispettivamente art. 6 ALC e 24 Allegato I ALC), senza che l'art. 83 lett. c n. 2 LTF sia loro opponibile (cfr. DTF 131 II 339 consid. 1.2 pag. 343; 130 II 493 consid. 1.1 pag. 496, 388 consid. 1.2 pag. 390). Inoltre, per quanto concerne la moglie e i figli più grandi, trattandosi della revoca di permessi già concessi, detto rimedio è ricevibile nei casi in cui, come in concreto, senza la revoca, le autorizzazioni avrebbero ancora effetti giuridici (DTF 135 II 1 consid. 1.2.1 pag. 4). Inoltrato tempestivamente (art. 100 cpv. 1 LTF), da persone legittimate ad agire (art. 89 cpv. 1 LTF) il gravame è, quindi, in linea di principio, ricevibile quale ricorso in materia di diritto pubblico.  
 
3.  
 
3.1. Il ricorrente non ridiscute la sentenza impugnata riguardo al fatto che egli non beneficia più dello statuto di lavoratore ai sensi dell'ALC. Egli rimprovera invece alla Corte cantonale di essersi fondata unicamente sulla sua situazione economica per confermare il rifiuto di rinnovare la sua autorizzazione di soggiorno allorché, dal profilo dell'ALC, la dipendenza dalla pubblica assistenza non dovrebbe rappresentare un motivo automatico di non rinnovo.  
 
3.2. Conformemente all'ALC e per prassi costante, il lavoratore dipendente al beneficio di un permesso di dimora CE/AELS in corso di validità per svolgere un'attività lucrativa in Svizzera non può essere privato della citata autorizzazione al motivo che percepisce prestazioni assistenziali. Fintanto che è considerato un lavoratore ai sensi dell'ALC questi fruisce infatti degli stessi vantaggi fiscali e sociali dei lavoratori nazionali (cfr. art. 9 cpv. 1 Allegato I ALC) e ha quindi il diritto, tra l'altro, di percepire prestazioni assistenziali (cfr. art. 9 cpv. 2 Allegato I ALC). Ciò è il caso quando il lavoratore straniero si ritrova in una situazione di disoccupazione involontaria debitamente constatata dall'ufficio del lavoro competente oppure quando lo stato di disoccupazione dipende da un'incapacità temporanea di lavoro dovuta a malattia o a infortunio (art. 6 cpv. 6 Allegato I ALC; causa 2C_390/2013 del 10 aprile 2014 consid. 3.1 e 3.2 con numerosi riferimenti dottrinali e giurisprudenziali).  
Come già giudicato da questa Corte, lo straniero può invece perdere lo statuto di lavoratore e, di riflesso, vedersi negare la proroga, rispettivamente revocare l'autorizzazione di soggiorno CE/AELS di cui è titolare (cfr. art. 23 cpv. 1 OLCP; RS 142.203) se a) si trova in una situazione di disoccupazione volontaria b) se dal suo comportamento può essere dedotto che non sussiste alcuna prospettiva reale di lavoro e c) in caso di abuso, ossia quando egli si sposta in un altro Stato contraente per esercitarvi un lavoro fittizio oppure di una durata estremamente limitata con l'unico scopo di beneficiare di determinati aiuti, ad esempio di prestazioni assistenziali migliori di quelle che percepirebbe nel proprio paese (DTF 131 II 339 consid. 3.4 pag. 347; causa 2C_390/2013, citata, consid. 3.2 e 4.3 e richiami). 
Nel caso concreto, vi sono numerosi indizi che lasciano pensare che si è in presenza di una situazione di disoccupazione volontaria, rispettivamente che non sussiste alcuna prospettiva reale di lavoro per il ricorrente: egli ha lavorato meno di un anno in Svizzera, non esercita più alcuna attività lucrativa da più di 4 anni, non ha diritto a indennità di disoccupazione, non ha addotto né dimostrato di avere intrapreso delle pratiche per ritrovare un impiego, limitandosi ad affermare che  "è dovuto alla contingenza economica se non trova lavoro"e percepisce da anni prestazioni assistenziali. Ma quand'anche si volesse ritenere che trattasi di disoccupazione involontaria, va osservato che ai sensi dell'art. 6 cpv. 1 Allegato I ALC, quando un lavoratore dipendente alla scadenza del proprio permesso di soggiorno (cioè dopo 5 anni) è disoccupato involontario da oltre 12 mesi consecutivi, la sua autorizzazione, invece di essere rinnovata per ulteriori cinque anni, viene rinnovata solo per un anno. Nel caso concreto alla scadenza del proprio permesso di dimora CE/AELS, ossia il 4 novembre 2012, il ricorrente non lavorava più da oltre 4 anni. La sua autorizzazione poteva pertanto essere rinnovata soltanto per un anno, ossia fino a fine novembre 2013. Dato che a tale scadenza la sua situazione non si è modificata, un'ulteriore proroga non entrava in linea di considerazione.  
 
3.3. Per quanto concerne la moglie del ricorrente occorre ricordare che, per consolidata prassi, per potere beneficiare dello statuto di lavoratore ai sensi dell'ALC, l'attività lavorativa svolta dev'essere effettiva e reale, non essendo invece presa in considerazione un'attività marginale ed accessoria (DTF 131 II 334 consid. 3.3 e 3.4 pag. 346 seg.; sentenza 2C_390/2013, citata, consid. 3.1 § 3; vedasi anche la sentenza impugnata consid. 3.2 pag. 10, con richiami dottrinali e di giurisprudenza europea ove viene precisato che la durata deve corrispondere almeno a 12 ore settimanali). Nella presente fattispecie emerge dalla sentenza cantonale che la ricorrente ha lavorato quale donna delle pulizie per due ore alla settimana, dal 1° gennaio 2009 al 31 luglio 2013. Trattasi però di un'attività ridotta e marginale che non le permette di essere considerata una lavoratrice ai sensi dell'ALC. In queste condizioni e visto che ella nulla ha intrapreso al fine di trovarsi un lavoro che le permettesse di beneficiare dello suddetto statuto, è quindi a ragione che è stata pronunciata la revoca del suo permesso, non essendo adempiute le condizioni poste al suo rilascio (art. 23 cpv. 1 OLCP).  
 
3.4. Infine, dato che non dispongono di mezzi finanziari sufficienti per il loro sostentamento, essendo tuttora a carico della pubblica assistenza, i ricorrenti non adempiono nemmeno le condizioni che permetterebbero loro di continuare a soggiornare nel nostro Paese senza esercitare un'attività economica giusta l'art. 24 Allegato I ALC (causa 2C_390/2013, citata, consid. 6).  
Da quel che precede discende che, su questi aspetti e sebbene per motivi in parte diversi da quelli ritenuti dai giudici cantonali, la sentenza impugnata va confermata nel suo risultato. In proposito il ricorso, infondato, dev'essere respinto. 
 
4.   
I ricorrenti considerano eccessivi e sproporzionati i provvedimenti in esame, perché si ripercuoterebbero in maniera esorbitante sui loro figli più grandi. Essi tuttavia non fanno valere che i figli fruirebbero di un diritto di soggiorno proprio. Anche su questo punto il ricorso si rivela pertanto privo di pertinenza e, come tale, dev'essere respinto. 
 
5.  
 
5.1. Per i motivi illustrati, il ricorso si avvera pertanto infondato e va quindi respinto.  
 
5.2. Con l'evasione del ricorso, la domanda di conferimento dell'effetto sospensivo è divenuta priva d'oggetto.  
 
5.3. L'implicita istanza di assistenza giudiziaria contenuta nel gravame dev'essere parimenti respinta in quanto il ricorso appariva sin dall'inizio privo di probabilità di successo (art. 64 cpv. 1 LTF). Nell'addossare le spese giudiziarie ai ricorrenti soccombenti in solido (art. 65 e 66 cpv. 1 e 5 LTF) viene comunque considerata la loro particolare situazione finanziaria, fissando un importo ridotto. Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF).  
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Il ricorso è respinto. 
 
2.   
La domanda di assistenza giudiziaria è respinta. 
 
3.   
Le spese giudiziarie ridotte di fr. 1'500.-- sono poste a carico dei ricorrenti, con vincolo di solidarietà. 
 
4.   
Comunicazione ai ricorrenti, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché all'Ufficio federale della migrazione. 
 
 
 Losanna, 27 maggio 2014 
 
 In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
 Il Presidente:       La Cancelliera: 
 
Zünd              Ieronimo Perroud