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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
6B_94/2022  
 
 
Sentenza dell'11 ottobre 2022  
 
Corte di diritto penale  
 
Composizione 
Giudici federali Jacquemoud-Rossari, Presidente, 
Muschietti, Koch, 
Cancelliere Gadoni. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Flavio Amadò, 
e dall'avv. Sabrina Aldi, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano, 
opponente. 
 
Oggetto 
Indennità, 
 
ricorso in materia penale contro la sentenza emanata il 1° dicembre 2021 dalla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino (incarto n. 17.2020.30+369). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
Nel corso del 2016 il Ministero pubblico del Cantone Ticino ha aperto nei confronti di A.________ e di altre persone un procedimento penale in relazione ad asseriti reati commessi a danno dei dipendenti della B.________ SA, impresa attiva nel settore edilizio. 
 
B.  
Dopo una serie di atti che non occorre qui evocare, con atto di accusa del 24 ottobre 2017 la Procuratrice pubblica (PP) ha promosso l'accusa nei confronti di A.________ per i reati di usura aggravata e di falsità in documenti. Contestualmente, con un decreto di abbandono di stessa data, la PP ha abbandonato il procedimento penale contro l'imputato per i reati di coazione, di estorsione aggravata e di inganno aggravato nei confronti delle autorità. Il decreto di abbandono non è stato impugnato dalle parti ed è passato in giudicato. 
 
C.  
Statuendo sulle imputazioni di cui all'atto di accusa, con sentenza del 21 ottobre 2019 la Corte delle assise criminali ha pronunciato, in applicazione del principio "ne bis in idem", l'abbandono del procedimento penale nei confronti di A.________ per i fatti relativi all'imputazione di usura aggravata e lo ha prosciolto dall'accusa di falsità in documenti. La Corte di primo grado gli ha tuttavia negato un'indennità ai sensi dell'art. 429 cpv. 1 CPP
 
D.  
La sentenza della Corte delle assise criminali è stata impugnata dinanzi alla Corte di appello e di revisione penale (CARP) da A.________, dalla PP e dagli accusatori privati. Nel suo appello, A.________ ha in particolare contestato il diniego dell'indennità. 
 
D.a. Statuendo su un'istanza di non entrata nel merito degli appelli della PP e degli accusatori privati, presentata da A.________, con decisione del 7 settembre 2020 la CARP l'ha accolta ed ha abbandonato il procedimento penale nei confronti dell'imputato per il reato di usura (rispettivamente di usura aggravata). Ha rilevato che i fatti per i quali la PP aveva abbandonato il procedimento penale per i reati di estorsione e di coazione erano gli stessi di quelli per cui aveva promosso l'accusa per il reato di usura, ciò che costituiva un impedimento a procedere in applicazione del principio "ne bis in idem". La Corte cantonale ha riconosciuto a A.________ un'indennità di fr. 4'928.-- a titolo di indennità per le spese sostenute relativamente a detta istanza.  
 
D.b. Con sentenza del 1° dicembre 2021 la CARP ha parzialmente accolto, in quanto ammissibile, l'appello di A.________ e gli ha riconosciuto un'indennità ai sensi dell'art. 429 CPP di complessivi fr. 30'432.70 per la procedura di primo grado, a carico dello Stato del Cantone Ticino. La Corte cantonale ha posto gli oneri processuali relativi al procedimento di appello, di complessivi fr. 2'700.--, nella misura di 9/10 a carico di A.________, riconoscendogli un importo di fr. 657.-- a titolo di ripetibili ridotte.  
 
E.  
A.________ impugna i dispositivi di questa sentenza relativi all'ammontare dell'indennità giusta l'art. 429 CPP, agli oneri processuali e alle ripetibili d'appello con un ricorso in materia penale del 21 gennaio 2022 al Tribunale federale. Chiede, in via principale, di riformarla nel senso di riconoscergli un'indennità complessiva di fr. 448'066.80, di cui fr. 25'853.55 a titolo di ripetibili per la procedura di appello. In via subordinata, chiede che i dispositivi impugnati siano annullati e la causa rinviata alla CARP per l'emanazione di un nuovo giudizio nel senso dei considerandi e per la fissazione dell'ammontare delle ripetibili d'appello. Il ricorrente fa valere la violazione dell'art. 9 Cost. e dell'art. 429 CPP
 
F.  
La Corte cantonale rinuncia a presentare una risposta al ricorso, confermandosi nel suo giudizio. Il Ministero pubblico non si è espresso sul gravame. 
Con decreto presidenziale del 31 gennaio 2022 è stata respinta la domanda di effetto sospensivo contenuta nel ricorso. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
Le pretese d'indennità previste dall'art. 429 cpv. 1 lett. a-c CPP fanno parte del giudizio penale e rientrano quindi nelle decisioni pronunciate in materia penale giusta l'art. 78 cpv. 1 LTF (DTF 139 IV 206 consid. 1). Rivolto contro una sentenza finale (art. 90 LTF), emanata da un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 80 cpv. 1 LTF), il gravame è tempestivo (art. 100 cpv. 1 in relazione con l'art. 46 cpv. 1 lett. c LTF) e di principio ammissibile. La legittimazione a ricorrere giusta l'art. 81 cpv. 1 lett. a e b n. 1 LTF è data. 
 
2.  
 
2.1. Il ricorrente rimprovera alla Corte cantonale una violazione dell'art. 429 CPP per avergli negato un'indennità per le spese legali sostenute prima del 24 ottobre 2017, siccome non le aveva fatte valere al momento dell'emanazione del decreto di abbandono da parte della PP. Sostiene che in quella fase della procedura egli non aveva esplicitamente rinunciato a un indennizzo, ma si era riservato di quantificarlo al processo, circostanza che la Corte cantonale avrebbe arbitrariamente omesso di considerare. Secondo il ricorrente, il procedimento penale nei suoi confronti non sarebbe terminato con l'emanazione del decreto di abbandono, ma sarebbe continuato dinanzi al giudice di merito per quanto concerne le imputazioni di usura (aggravata) e di falsità in documenti. Adduce inoltre che il magistrato inquirente non avrebbe eseguito accertamenti indipendenti riguardo ai reati di coazione e di estorsione oggetto del decreto di abbandono del 24 ottobre 2017. Rileva altresì che l'imputazione principale di usura aggravata non rientrava in tale decreto e rimaneva pendente. Il ricorrente accenna pure ad una violazione del principio dell'uguaglianza giuridica, adducendo che gli altri imputati, nei confronti dei quali il procedimento penale era stato parimenti parzialmente abbandonato con il decreto del 24 ottobre 2007, si sarebbero visti riconoscere dalla prima istanza le prestazioni eseguite dai loro difensori nella fase precedente l'emanazione del decreto di abbandono.  
 
2.2. Giusta l'art. 429 cpv. 1 CPP, se è pienamente o parzialmente assolto o se il procedimento nei suoi confronti è abbandonato, l'imputato ha diritto a un'indennità per le spese sostenute ai fini di un adeguato esercizio dei suoi diritti procedurali (lett. a); un'indennità per il danno economico risultante dalla partecipazione necessaria al procedimento penale (lett. b); una riparazione del torto morale per lesioni particolarmente gravi dei suoi interessi personali, segnatamente in caso di privazione della libertà (lett. c).  
L'art. 429 cpv. 2 CPP prevede che l'autorità penale esamini d'ufficio le pretese dell'imputato e possa invitarlo a quantificarle ed a comprovarle. Risulta da questa disposizione che l'autorità è tenuta a trattare con il giudizio penale la questione dell'indennità e deve quantomeno interpellare l'imputato al riguardo, al fine di consentirgli di esporre le sue pretese (cfr. DTF 144 IV 207 consid. 1.3.1). Ciò vale anche per quanto concerne l'indennizzo in caso di abbandono del procedimento penale (DTF 146 IV 332 consid. 1.3; 144 IV 207 consid. 1.3.2 e 1.7). L'autorità penale non è comunque obbligata, nel senso del principio inquisitorio secondo l'art. 6 CPP, a chiarire d'ufficio tutti i fatti rilevanti per il giudizio sulle pretese d'indennizzo (DTF 146 IV 332 consid. 1.3; 142 IV 237 consid. 1.3.1). Spetta all'imputato, pienamente o parzialmente assolto, motivare e dimostrare le sue pretese, conformemente alla regola generale del diritto della responsabilità civile secondo cui chi pretende il risarcimento di un danno ne deve fornire la prova (art. 42 cpv. 1 CO; DTF 142 IV 237 consid. 1.3.1; sentenze 6B_1273/2019 dell'11 marzo 2020 consid. 2.4.3; 6B_4/2019 del 19 dicembre 2019 consid. 5.2.5). 
È possibile rinunciare all'indennizzo, di principio mediante una dichiarazione esplicita. Secondo la giurisprudenza costante del Tribunale federale, un comportamento passivo può essere equiparato a una rinuncia (implicita) quando l'imputato non ha reagito ad un invito rivoltogli espressamente dall'autorità, in virtù dell'art. 429 cpv. 2 CPP, di quantificare e dimostrare le proprie pretese (DTF 146 IV 332 consid. 1.3). La rinuncia comporta che la richiesta d'indennità non può più essere fatta valere in una fase procedurale successiva (DTF 146 IV 332 consid. 1.4). 
 
2.3. La Corte cantonale ha rilevato che il 13 settembre 2017 la PP ha prospettato al ricorrente l'emanazione di un decreto di abbandono per i reati di estorsione aggravata (art. 156 n. 2 CP), di coazione (art. 181 CP) e di inganno aggravato nei confronti delle autorità (art. 118 cpv. 3 LStrI; RS 142.20), assegnandogli contestualmente un termine per formulare eventuali pretese d'indennizzo ai sensi dell'art. 429 CPP. Il ricorrente ha comunicato alla PP che non faceva valere pretese in quella sede, ma si riservava di presentarle dinanzi al tribunale di primo grado, ove avrebbe chiesto il suo proscioglimento dalle rimanenti imputazioni. Il 24 ottobre 2017, la PP ha decretato l'abbandono del procedimento penale per i reati di coazione e di estorsione e non ha assegnato alcuna indennità al ricorrente. Questi non ha impugnato il decreto di abbandono che è quindi passato in giudicato. Alla luce di tali circostanze, la CARP ha rilevato che gli indennizzi riguardanti il procedimento penale definitivamente abbandonato dalla PP con il decreto del 24 ottobre 2017 erano stati negati in modo definitivo e non potevano più essere fatti valere dinanzi al tribunale di primo grado, siccome riguardavano una parte di procedimento concluso. La Corte cantonale ha ricordato che il ricorrente avrebbe dovuto fare valere le sue pretese entro il termine assegnatogli dalla PP e, se del caso, impugnare mediante reclamo la decisione di abbandono, qualora esse fossero state respinte.  
 
2.4. Il ricorrente sostiene che il procedimento penale non sarebbe terminato con l'emanazione del decreto di abbandono da parte della PP e ribadisce di non avere rinunciato a fare valere un'indennità per le spese legali e il danno economico relativo all'istruzione penale, ma di averla riservata per la fine della procedura dinanzi al giudice di merito. L'art. 429 cpv. 1 CPP disciplina tuttavia pure il caso in cui il procedimento penale sia stato soltanto parzialmente abbandonato (sentenza 6B_203/2015 del 16 marzo 2016 consid. 1.2; messaggio concernente l'unificazione del diritto processuale penale, del 21 dicembre 2005, in: FF 2006 1231). Un decreto di abbandono passato in giudicato equivale a una decisione finale assolutoria (art. 320 cpv. 4 CPP). Ciò vale anche nel caso in cui il procedimento penale sia stato parzialmente abbandonato benché non sussistesse spazio in tal senso (DTF 144 IV 362 consid. 1.4). Come visto, secondo l'esposta giurisprudenza, in caso di abbandono l'autorità deve statuire sull'indennizzo nella decisione finale. Se omette di farlo, l'imputato deve interporre ricorso per contestare la mancata pronuncia di un'indennità (DTF 144 IV 207 consid. 1.7), che non può pertanto più essere fatta valere in una fase ulteriore del procedimento (DTF 146 IV 332 consid. 1.4). Nelle esposte circostanze, la Corte cantonale ha quindi rilevato a ragione che il ricorrente avrebbe dovuto fare valere le sue pretese d'indennità relative al procedimento oggetto dell'abbandono parziale (per i reati di coazione, di estorsione e di inganno nei confronti dell'autorità) in tale contesto, entro il termine assegnatogli dalla PP conformemente all'art. 429 cpv. 2 CPP. La riserva del ricorrente di invocarle dinanzi al tribunale di primo grado è inefficace, nella misura concerneva pretese riguardanti la parte del procedimento penale abbandonato in modo definitivo dinanzi alla PP, non più oggetto della successiva procedura dibattimentale.  
 
2.5. Risulta tuttavia che la Corte cantonale ha fatto rientrare nella parte del procedimento penale oggetto del decreto di abbandono del 24 ottobre 2017 anche la fattispecie di usura (aggravata). La CARP ha infatti considerato ai fini dell'indennità per le spese legali e per il danno economico risultante dalla partecipazione necessaria al procedimento penale (art. 429 cpv. 1 lett. a e b CPP) relativa alla procedura preliminare solo la parte del procedimento penale sfociata nell'imputazione di falsità in documenti. Come esposto, per la fattispecie di usura aggravata la PP ha però promosso l'accusa dinanzi al giudice competente e l'abbandono del procedimento penale per i fatti relativi a tale imputazione è stato pronunciato soltanto con la sentenza del 21 ottobre 2019 della Corte delle assise criminali, contestualmente con l'assoluzione dall'accusa di falsità in documenti. Nella misura in cui non ha riconosciuto al ricorrente un'indennità per la procedura preliminare relativa all'imputazione di usura aggravata, la CARP ha pertanto violato l'art. 429 cpv. 1 CPP.  
 
2.6. Il ricorrente accenna a una violazione del principio dell'uguaglianza giuridica (art. 8 Cost.), affermando che altri imputati, che pure hanno beneficiato del decreto di abbandono del 24 ottobre 2017, sarebbero stati indennizzati per le prestazioni eseguite dai loro difensori nella fase preliminare.  
Il principio della parità di trattamento impone di trattare in modo identico ciò che è simile e in modo diverso ciò che non lo è (DTF 144 I 113 consid. 5.1.1; 143 I 361 consid. 5.1). Esso è violato solo quando casi simili siano trattati in modo diverso senza motivi oggettivi da parte della stessa autorità (DTF 138 I 321 consid. 5.3.6; 125 I 173 consid. 6d; 121 I 49 consid. 3c). In concreto, il diniego dell'indennizzo al ricorrente per la parte del procedimento penale oggetto del decreto di abbandono del 24 ottobre 2017 è stato pronunciato dalla CARP con la sentenza impugnata, che ha statuito esclusivamente sul suo appello. Gli indennizzi agli altri imputati, da lui richiamati in questa sede, sono tutt'al più stati riconosciuti dal tribunale di primo grado e non sono stati oggetto di un controllo da parte della CARP. Non risulta in tali circostanze che la Corte cantonale abbia emanato decisioni differenti sulla stessa fattispecie. Nella misura in cui adempie i requisti di motivazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, la censura è quindi infondata. 
 
3.  
 
3.1. Il ricorrente lamenta una violazione degli art. 329 e 429 CPP sostenendo che la Corte cantonale avrebbe ritenuto a torto che, a partire dal 1° gennaio 2019, egli avrebbe dovuto attivarsi e sollevare dinanzi al tribunale di primo grado la questione dell'impedimento a procedere per il reato di usura (aggravata), così da evitare la maggior parte della procedura dibattimentale. Sostiene che l'indennità ai sensi dell'art. 429 CPP avrebbe potuto essere ridotta soltanto in applicazione dell'art. 430 CPP, le cui condizioni non sono però state ritenute realizzate dalla CARP. Secondo il ricorrente, le prestazioni legali e il pregiudizio economico da lui subito dovrebbero essere risarciti interamente, stando in un rapporto di causalità con il procedimento penale. Adduce che il tribunale di primo grado avrebbe dovuto esaminare d'ufficio l'atto di accusa e ravvisare in modo autonomo eventuali impedimenti a procedere. Sostiene inoltre che l'applicazione della DTF 144 IV 362 in materia di principio "ne bis in idem" non sarebbe stata scontata in concreto.  
 
3.2. L'indennità ai sensi dell'art. 429 cpv. 1 lett. a CPP copre in particolare i costi assunti dall'imputato per un avvocato di fiducia se il ricorso al patrocinatore si fonda su un esercizio adeguato dei diritti procedurali (DTF 142 IV 45 consid. 2.1). Lo Stato deve assumere le spese per la difesa soltanto se il patrocinio era necessario a causa della complessità del caso sotto il profilo materiale o giuridico e se il volume di lavoro, e di conseguenza l'onorario dell'avvocato, erano giustificati (sentenza 6B_392/2013 del 4 novembre 2013 consid. 2.1; messaggio citato, in FF 2006 pag. 1231).  
Secondo l'art. 329 cpv. 1 lett. c CPP, chi dirige il procedimento esamina se vi sono impedimenti a procedere. L'art. 329 cpv. 4 prima frase CPP prevede che se risulta definitivamente che non può essere pronunciata una sentenza, il giudice abbandona il procedimento dopo aver accordato alle parti e ai terzi aggravati dall'abbandono il diritto di essere sentiti. Giusta l'art. 329 cpv. 5 CPP, l'abbandono riguardante soltanto singoli capi d'accusa può essere pronunciato insieme con la sentenza. Il principio "ne bis in idem" costituisce un impedimento al procedimento penale che deve essere considerato d'ufficio in ogni stadio della procedura (DTF 144 IV 362 consid. 1.3.2 e riferimenti e 1.4.4). 
 
3.3. La CARP ha ritenuto che, poiché il passaggio in giudicato del decreto di abbandono del 24 ottobre 2017 era noto, il tribunale di primo grado avrebbe dovuto rilevare per tempo, mediante una decisione separata, ch'esso costituiva un impedimento a procedere, abbandonando a sua volta il procedimento penale per i fatti relativi all'imputazione di usura aggravata, ciò che avrebbe consentito di evitare la parte preponderante della procedura predibattimentale e il dibattimento, incentrato appunto su tale imputazione. Ha nondimeno rilevato che, secondo una precedente prassi cantonale, era uso emanare un decreto di abbandono riferito alle qualifiche giuridiche non ritenute qualora per lo stesso complesso di fatti fossero state ipotizzate più qualifiche giuridiche. La Corte cantonale ha ritenuto che soltanto a seguito della sentenza 6B_1346/2017 del 20 settembre 2018 (pubblicata in DTF 144 IV 362) la questione è stata chiarita, per cui appariva comprensibile che il tribunale di primo grado avesse necessitato di tempo per effettuare gli approfondimenti che si imponevano e recepire il cambiamento di giurisprudenza. La Corte cantonale ha quindi riconosciuto che gli sforzi profusi dalla difesa nel merito dell'imputazione di usura (aggravata), risultati per finire inutili a seguito dell'abbandono disposto a sua volta dal tribunale di primo grado con la sentenza del 21 ottobre 2019, avrebbero dovuto di principio essere rifusi. Ha nondimeno ritenuto che, in considerazione del chiarimento intervenuto con la DTF 144 IV 362, l'esercizio di una difesa adeguata avrebbe imposto al difensore del ricorrente di attivarsi perlomeno a partire dal 1° gennaio 2019 e sollevare sin da quel momento la questione dell'impedimento a procedere, in modo da evitare lo svolgimento del dibattimento per l'imputazione principale di usura. Ha quindi negato un'indennità per gli atti che sarebbero stati superflui dopo tale data.  
 
3.4. In concreto, il tribunale di primo grado ha svolto il pubblico dibattimento dal 30 settembre al 2 ottobre 2019. Al termine dello stesso, con la sentenza del 21 ottobre 2019, ha pronunciato l'abbandono del procedimento penale per i fatti relativi all'imputazione di usura aggravata, contestualmente con il proscioglimento dall'accusa di falsità in documenti. La Corte cantonale ha ritenuto comprensibile che la Corte delle assise criminali non abbia statuito prima sulla questione dell'impedimento a procedere in applicazione del principio "ne bis in idem". In tali circostanze, ricordato che detto principio deve essere rilevato d'ufficio in ogni stadio della procedura, lo svolgimento del processo non può essere addebitato ad un comportamento colpevole del ricorrente. A maggior ragione ove si consideri che l'accusa di falsità in documenti rimaneva pendente e comportava comunque lo svolgimento del dibattimento. La portata dell'abbandono parziale del procedimento penale in relazione con l'invocato principio poteva inoltre apparire non del tutto manifesta nella fattispecie. La PP e gli accusatori privati hanno in effetti messo in dubbio che i fatti oggetto del decreto di abbandono del 24 ottobre 2017 fossero i medesimi di quelli per i quali era stata promossa l'accusa di usura. La stessa CARP ha dovuto a sua volta pronunciarsi al riguardo con la decisione del 7 settembre 2020, che tratta in modo articolato la questione. La citata DTF 144 IV 362 è inoltre stata recentemente precisata dal Tribunale federale nel senso che il principio "ne bis in idem" deve essere interpretato in modo restrittivo (DTF 148 IV 124 consid. 2.6.6; sentenza 6B_1220/2021 del 3 maggio 2022 consid. 2.2.2). Contrariamente all'opinione della Corte cantonale, pure nella fase successiva all'emanazione della richiamata DTF 144 IV 362, e in particolare anche dopo il 1° gennaio 2019, gli effetti del decreto di abbandono concernente gli eventi relativi all'ipotesi di coazione e di estorsione sul complesso dei fatti oggetto del procedimento penale potevano non essere del tutto chiari e univoci per le parti in causa. Considerata l'ampiezza e la complessità del caso, l'esercizio adeguato dei diritti della difesa giustificava che il patrocinatore si confrontasse anche con il merito del reato di usura, oggetto dell'atto di accusa e della procedura dibattimentale. Nella misura in cui ha preso in considerazione soltanto una parte delle prestazioni svolte dal patrocinatore del ricorrente, rimproverandogli di non avere sollevato l'impedimento a procedere già il 1° gennaio 2019, la Corte cantonale ha violato l'art. 429 cpv. 1 lett. a CPP. Analoga conclusione vale per quanto concerne il danno economico risultante dalla partecipazione del ricorrente al dibattimento di primo grado (art. 429 cpv. 1 lett. b CPP) che, come visto, non era limitato al solo capo d'imputazione di falsità in documenti.  
 
4.  
 
4.1. Il ricorrente rimprovera alla CARP una motivazione insufficiente del giudizio, per non avere esposto le ragioni per cui ha considerato giustificato soltanto il patrocinio di un unico legale. Adduce che l'importanza e la complessità della causa avrebbero imposto di fare capo ad un collegio difensivo. Ravvisa inoltre una motivazione carente nella mancata spiegazione delle ragioni per cui la tariffa oraria è stata ridotta da fr. 300.-- a fr. 280.-- orari per determinate prestazioni del patrocinatore.  
 
4.2. Il diritto di essere sentito (art. 107 CPP, art. 29 cpv. 2 Cost.) comprende l'obbligo per il giudice di motivare le sue decisioni (DTF 139 IV 179 consid. 2.2; sentenza 6B_62/2021 del 3 maggio 2022 consid. 2.2). Questa garanzia esige che l'autorità si confronti con le censure sollevate e le esamini seriamente, dando atto di questo esame nella motivazione della sua decisione (DTF 144 IV 386 consid. 2.2.3; 142 IV 245 consid. 4.3). La motivazione è sufficiente quando gli interessati possono cogliere la portata della decisione e, se del caso, impugnarla con cognizione di causa, permettendo altresì all'istanza di ricorso di esaminarne la fondatezza. L'autorità deve quindi almeno succintamente esporre le argomentazioni su cui si è fondata; non occorre che esamini espressamente ogni allegazione in fatto e in diritto sollevata, potendosi limitare ai punti rilevanti per il giudizio (DTF 146 IV 297 consid. 2.2.7; 144 IV 386 consid. 2.2.3; 142 IV 245 consid. 4.3; 141 IV 249 consid. 1.3.1 e rinvii).  
Nell'ambito della fissazione dell'indennità per le spese di difesa ai sensi dell'art. 429 cpv. 1 lett. a CPP, qualora sia stata prodotta una specifica delle prestazioni eseguite dal legale, il diritto di essere sentito impone al giudice che intende scostarsi dalla stessa di indicare almeno brevemente le ragioni per cui ritiene ingiustificate determinate operazioni, affinché l'interessato possa impugnare la decisione con cognizione di causa (sentenze 6B_118/2016 del 20 marzo 2017 consid. 4.3.1; 6B_875/2013 del 7 aprile 2014 consid. 5). 
 
4.3. Nella fattispecie, la Corte cantonale ha preso in considerazione esclusivamente il patrocinio da parte di un solo avvocato. Non ne ha tuttavia spiegato le ragioni, esponendo in particolare i motivi per cui il ricorso a due patrocinatori non procedeva da un esercizio adeguato dei diritti procedurali del ricorrente, tenuto conto dell'eventuale complessità ed estensione della causa (cfr. sentenza 6B_875/2013, citata, consid. 4.3). Come già si è detto, la Corte cantonale ha inoltre considerato a torto che, per una difesa adeguata, sarebbe stato sufficiente sollevare dinanzi al giudice di primo grado l'impedimento a procedere. Spetterà alla CARP, tenuta a statuire nuovamente sull'ammontare dell'indennità, pronunciarsi sulla fondatezza o meno di un doppio patrocinio, così come sulle prestazioni e sulla tariffa oraria esposti. Al riguardo, la riduzione da fr. 300.-- a fr. 280.-- orari per le prestazioni successive al 1° gennaio 2019 non è stata specificatamente motivata dalla precedente istanza e potrebbe risultare ingiustificata nella misura in cui parrebbe fondata sull'asserzione, errata, secondo cui sarebbe bastato alla difesa fare valere l'impedimento a procedere, senza addentrarsi nel merito dell'accusa di usura.  
 
5.  
 
5.1. Il ricorrente ritiene insufficiente l'indennità per le spese di difesa e per il danno economico nella misura in cui gli è stata riconosciuta unicamente in relazione con il proscioglimento dall'imputazione di falsità in documenti. Rileva che gli atti procedurali non potrebbero essere distinti secondo i singoli reati prospettati e chiede che gli sia versato l'intero importo chiesto con l'istanza di indennizzo del 27 settembre 2019 al tribunale di primo grado. Critica inoltre il fatto che la CARP gli abbia negato un'indennità per la partecipazione al dibattimento di primo grado in relazione con l'imputazione di usura, rimproverandogli di non avere al proposito sollevato tempestivamente l'impedimento a procedere. Lamenta altresì il mancato rimborso delle prestazioni di analisi della contabilità svolte dalla C.________ Srl, che si riferirebbero sempre all'accusa principale di usura, perdurata fino alla fine del dibattimento di primo grado.  
 
5.2. Alla luce di quanto esposto ai precedenti considerandi, i giudici cantonali dovranno nuovamente statuire sull'ammontare dell'indennità ai sensi dell'art. 429 cpv. 1 lett. a e b CPP. Essi dovranno tenere conto in particolare del fatto che, come visto, l'abbandono del procedimento penale per i fatti relativi all'imputazione di usura aggravata è stato pronunciato soltanto al termine del processo, con la sentenza del 21 ottobre 2019. Le censure sollevate a questo stadio sull'ammontare dell'indennizzo sono di conseguenza premature e non devono essere esaminate in questa sede.  
 
6.  
 
6.1. Il ricorrente contesta l'ammontare dell'indennità per torto morale riconosciutagli dalla Corte cantonale per le misure sostitutive della carcerazione preventiva (obbligo di annunciarsi al posto di polizia e deposito dei documenti d'identità). Sostiene che i precedenti giudici avrebbero omesso di considerare i suoi forti legami con l'estero sia riguardo alle sue attività professionali sia per quanto concerne i suoi rapporti familiari. Adduce che il pregiudizio subito a seguito del procedimento penale sarebbe stato rilevante, siccome egli era attivo quale imprenditore a livello internazionale e una parte della sua famiglia risiedeva in Italia. Secondo il ricorrente, l'impossibilità di lasciare la Svizzera e di intraprendere viaggi all'estero gli avrebbe impedito di conseguire redditi personali causandogli un danno grave. Ribadisce al proposito la richiesta di un'indennità di fr. 200.-- al giorno per l'intera durata delle misure sostitutive, tenuto conto del fatto che il valore di un'ora del suo lavoro ammonterebbe a 167 euro.  
 
6.2. Giusta l'art. 429 cpv. 1 lett. c CPP, l'imputato prosciolto ha diritto a una riparazione del torto morale per lesioni particolarmente gravi dei suoi interessi personali, segnatamente in caso di privazione della libertà. Il versamento di un'indennità a questo titolo presuppone di massima una lesione della personalità analoga a quella richiesta nell'ambito dell'art. 49 CO (DTF 143 IV 339 consid. 3.1). La fissazione della riparazione del torto morale costituisce una decisione secondo equità, fondata di principio sull'apprezzamento e sulla ponderazione delle concrete circostanze del caso. Essa deve essere determinata in funzione della gravità della lesione della personalità, tenendo conto di tutte le circostanze di fatto, segnatamente del pregiudizio all'integrità fisica e psichica, della reputazione di colui che si pretende leso, nonché della sua situazione familiare e professionale (DTF 146 IV 231 consid. 2.3.1; 137 III 303 consid. 2.2.2; 130 III 699 consid. 5.1).  
Un'indennità per torto morale è di principio riconosciuta quando l'imputato è stato sottoposto alla carcerazione preventiva o di sicurezza (DTF 146 IV 231 consid. 2.3.1). Anche un arresto oppure una perquisizione eseguiti in pubblico o che hanno avuto un'ampia risonanza mediatica, così come una durata molto lunga della procedura o un'esposizione rilevante nei media, possono costituire una lesione grave della personalità. Ciò vale pure per le conseguenze familiari, professionali o politiche di un procedimento penale e per le affermazioni lesive della personalità che potrebbero essere diffuse dalle autorità penali nel corso dell'inchiesta. Non possono per contro essere presi in considerazione i disagi generalmente connessi ad ogni perseguimento penale, come l'aggravio a livello psichico che un simile procedimento di norma comporta per la persona interessata (DTF 143 IV 339 consid. 3.1). Spetta al richiedente dimostrare la lesione subita e provare in particolare le circostanze dalle quali si possa dedurre la sua grave sofferenza morale (DTF 135 IV 43 consid. 4.1; 128 IV 53 consid. 7a; 120 II 97 consid. 2b). 
La fissazione della riparazione del torto morale è una questione di apprezzamento, di modo che il Tribunale federale interviene con riserbo. Lo fa in particolare solo se l'istanza precedente ha ecceduto nel proprio potere di apprezzamento, fondandosi su considerazioni estranee alla disposizione applicabile, omettendo di tenere conto di elementi pertinenti o ancora fissando un indennizzo iniquo, siccome manifestamente troppo esiguo o troppo elevato (DTF 146 IV 231 consid. 2.3.1; 143 IV 339 consid. 3.1 e rinvii). 
 
6.3. Nella fattispecie, il ricorrente ha subito 29 giorni di carcerazione preventiva. In seguito, egli è stato sottoposto a misure sostitutive della carcerazione preventiva, segnatamente all'obbligo, durato 153 giorni, di depositare i documenti d'identità e di presentarsi al posto di polizia per la firma tre giorni alla settimana. È successivamente stato assoggettato per 220 giorni soltanto alla misura del deposito dei documenti.  
La CARP gli ha riconosciuto a titolo di riparazione morale fr. 200.-- al giorno per i 29 giorni di carcerazione preventiva (per complessivi fr. 5'800.--), fr. 50.-- al giorno per i 153 giorni in cui è stato obbligato al deposito dei documenti d'identità e alla firma in polizia (per complessivi fr. 7'650.--) e fr. 25.-- al giorno per i rimanenti 220 giorni in cui è stato sottoposto unicamente all'obbligo di depositare i documenti d'identità (per complessivi fr. 5'500.--). 
 
6.4. Il ricorrente non contesta l'indennità di fr. 5'800.-- per la carcerazione preventiva, ma chiede in sostanza lo stesso importo giornaliero di fr. 200.-- per i 373 giorni di durata delle misure sostitutive. Egli non distingue tuttavia la minore incidenza di tali misure sulla libertà personale. Disattende inoltre che la misura sostitutiva iniziale è stata in seguito modificata nel senso che l'obbligo di annunciarsi presso la polizia è venuto meno, rimanendo in vigore soltanto l'obbligo di depositare i documenti d'identità. Invocando genericamente una pretesa di fr. 200.-- al giorno per la durata complessiva dei provvedimenti coercitivi, il ricorrente omette di considerare che tale importo si riferisce di principio al caso di privazione della libertà ai sensi dell'art. 429 cpv. 1 lett. c CPP, vale a dire in presenza di una carcerazione ingiustificata (DTF 146 IV 231 consid. 2.3.1 e 2.3.2). In concreto, le misure sostitutive in questione non hanno comportato una restrizione della libertà personale di simile gravità. D'altra parte, invocando un valore di 167 euro per ora di lavoro, il ricorrente non sembra fare valere una riparazione del torto morale per una lesione della personalità quanto piuttosto una pretesa perdita di guadagno per non avere potuto esercitare la sua attività professionale all'estero.  
Il ricorrente richiama una sentenza del Giudice dei provvedimenti coercitivi (GPC) del 26 settembre 2017, in cui era stato rilevato ch'egli aveva forti legami con l'estero. Tale giudizio riguardava tuttavia una proroga, su istanza della PP, della misura sostitutiva del deposito dei documenti d'identità, essendo stato ravvisato un pericolo di fuga. In questa sede, facendo semplicemente riferimento all'esistenza di rapporti professionali e familiari con l'estero, il ricorrente non sostanzia una lesione particolarmente grave della personalità riconducibile all'adozione delle misure sostitutive. Disattende inoltre che, secondo lo stesso citato giudizio del GPC, egli risiedeva nel Cantone Ticino con la moglie e la figlia, sicché la sua situazione al momento in cui era sottoposto ai provvedimenti sostitutivi non era equiparabile alla privazione della libertà personale in virtù della precedente carcerazione preventiva. In tali circostanze, il ricorrente non rende seriamente ravvisabili motivi che permettono di ritenere che la Corte cantonale ha ecceduto nel proprio potere di apprezzamento stabilendo, in modo differenziato, l'indennità per il torto morale in fr. 7'650.-- per la prima fase delle misure sostitutive, rispettivamente in fr. 5'500.-- per quella successiva, meno incisiva. La censura deve quindi essere respinta. 
 
7.  
Il ricorrente contesta infine l'ammontare dell'indennità riconosciutagli dalla CARP per le spese sostenute nella procedura di appello, stabilita in fr. 657.-- tenendo conto della sua prevalente soccombenza. Visto l'esito del presente ricorso, la Corte cantonale dovrà nuovamente pronunciarsi anche su tale aspetto, sicché la censura non deve essere vagliata in questa sede. 
 
8.  
 
8.1. Ne segue che il ricorso deve essere parzialmente accolto. I dispositivi n. 1.1 e n. 2 della sentenza impugnata sono annullati. La causa è rinviata alla Corte cantonale affinché statuisca nuovamente sull'indennità ai sensi dell'art. 429 cpv. 1 lett. a e b CPP e sulle spese procedurali e l'indennità relative alla procedura di appello.  
 
8.2. Le spese giudiziarie della sede federale sono poste a carico del ricorrente in misura corrispondente alla sua parziale soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si prelevano spese giudiziarie a carico dello Stato del Cantone Ticino (art. 66 cpv. 4 LTF), che è tuttavia tenuto a versare al ricorrente, parzialmente vincente, un'indennità ridotta a titolo di ripetibili (art. 68 cpv. 1 e 2 LTF).  
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso è parzialmente accolto. I dispositivi n. 1.1 e n. 2 della sentenza emanata il 1° dicembre 2021 dalla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino sono annullati. La causa le è rinviata per un nuovo giudizio nel senso dei considerandi. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 1'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.  
Lo Stato del Cantone Ticino rifonderà al ricorrente un'indennità di fr. 2'000.-- a titolo di ripetibili della sede federale. 
 
4.  
Comunicazione ai patrocinatori del ricorrente, al Ministero pubblico e alla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 11 ottobre 2022 
 
In nome della Corte di diritto penale 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: Jacquemoud-Rossari 
 
Il Cancelliere: Gadoni