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[AZA 1/2] 
 
4C.270/2000 
 
I CORTE CIVILE 
*************************** 
 
26 gennaio 2001 
 
Composizione della Corte: giudici federali Walter, presidente, 
Klett e Rottenberg Liatowitsch. 
Cancelliera: Gianinazzi. 
 
________ 
Visto il ricorso per riforma del 14 settembre 2000 presentato dalla BNP (Suisse) Holding S.A., Ginevra, attrice, patrocinata dall'avv. Stefano Ghiringhelli, Bellinzona, contro la sentenza emanata il 17 luglio 2000 dalla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino nella causa che la oppone alla American Security Life Insurance Company (Switzerland) LTD, Breganzona, convenuta, patrocinata dall'avv. Mauro Molo, Lugano, in materia di contratto di mutuo (conclusione del contratto, facoltà di rappresentanza dell'agente); 
Ritenuto in fatto : 
 
A.- Agli inizi del 1990 la Immob. Gaska AG (di seguito: 
Gaska) ha comperato due palazzine di appartamenti a Tavannes. L'acquisto è stato possibile grazie alla concessione di un finanziamento ipotecario di fr. 1'650'000.-- da parte della compagnia di assicurazioni Ticino Vita (ora American Security Life Insurance Company (Switzerland) LTD). Nell'estate 1990 la Gaska si è nuovamente rivolta alla compagnia di assicurazione per conoscere la sua disponibilità a finanziare anche i lavori di ristrutturazione dei suddetti immobili. Il 13 agosto 1990, per il tramite della sua agente generale Capital Plus AG, la Ticino Vita si è dichiarata pronta ad esaminare la richiesta, precisando tuttavia che l'eventuale pagamento sarebbe potuto avvenire solo dopo il 1° gennaio 1992. Il 27 novembre successivo essa si è poi detta disposta a garantire alla Gaska un finanziamento ipotecario fino all'80% del valore venale degli stabili, accertato peritalmente al termine dei lavori. 
 
Ancora lo stesso giorno Capital Plus AG ha trasmesso copia di questo documento alla Banque Nationale de Paris (Suisse) SA (ora BNP (Suisse) Holding SA), auspicando contestualmente la concessione di un mutuo alla Gaska. Il 20 dicembre 1990 la banca ha quindi erogato un credito di costruzione di fr. 1'250'000.--, fino al 1° febbraio 1992. 
 
Una volta terminati i lavori di ristrutturazione, con scritto del 20 gennaio 1992 l'istituto bancario - richiamandosi al documento del 27 novembre 1990 - si è rivolto alla Ticino Vita chiedendole di riprendere il debito della Gaska. 
 
L'8 febbraio 1993 è stato pronunciato il fallimento della Gaska. 
B.- Data l'impossibilità di giungere ad un accordo, il 7 dicembre 1993 la Banque Nationale de Paris (Suisse) SA ha convenuto la Ticino Vita dinanzi al Tribunale d' appello del Cantone Ticino onde ottenere il pagamento dell'importo a suo tempo mutuato oltre fr. 180'702. 63 di interessi fluttuanti sino al 30 settembre 1992 e interessi moratori del 9% a partire da quella data, in adempimento del contratto di rifinanziamento perfezionatosi con il menzionato scambio di corrispondenza. In via subordinata, nell' eventualità in cui venisse negata la conclusione del contratto, la banca ha chiesto la condanna della convenuta al pagamento di fr. 1'430'702. 23 più interessi, a titolo di responsabilità per culpa in contrahendo. In sede di replica l'attrice ha poi modificato le sue precedenti richieste nel senso di condannare la convenuta a rifonderle fr. 
1'663'856. 20 oltre interessi al 9% dal 4 giugno 1994 a titolo di risarcimento danni. 
 
La convenuta si è opposta alla petizione contestando che tra le parti possa essersi perfezionato un contratto di rifinanziamento: il documento menzionato dall'attrice configura una semplice lettera d'intenti, peraltro indirizzata alla Gaska e, in ogni caso, non è possibile imputarle il comportamento della sua agente generale. Esclude inoltre ogni sua responsabilità per culpa in contrahendo, non avendo essa indotto in alcun modo la controparte a concedere il noto credito. 
 
In accoglimento delle tesi appena addotte, il 17 luglio 2000 la II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino ha integralmente respinto la petizione. 
 
C.- Contro questa decisione l'attrice è insorta dinanzi al Tribunale federale con ricorso per riforma del 14 settembre 2000. Prevalendosi della violazione dell'art. 3 cpv. 2 CC, nonché degli art. i 33 cpv. 3 e 38 CO, essa postula, in applicazione dell'art. 64 OG, l'annullamento della sentenza impugnata e il rinvio della causa per nuovo giudizio, in particolare sull'ammontare del risarcimento. 
In via subordinata essa propone la modifica della pronunzia cantonale nel senso di accogliere la petizione e condannare la convenuta al pagamento di fr. 1'663'856. 20 oltre interessi. 
 
 
Con risposta del 15 novembre 1999 (recte: 2000) la convenuta chiede l'integrale reiezione del gravame. 
 
Considerando in diritto : 
 
1.- Prima di esaminare nel merito le singole argomentazioni ricorsuali, occorre rilevare come, nel suo allegato, l'attrice propone una versione dei fatti ben più estesa di quella accertata nella pronunzia impugnata. 
 
a) Chiamato a statuire quale istanza di riforma il Tribunale federale fonda il suo giudizio sui fatti così come sono stati accertati dall'ultima istanza cantonale, a meno che siano state violate disposizioni federali in materia di prove, che debbano essere rettificati accertamenti di fatto derivanti da una svista manifesta (art. 63 cpv. 2 OG) o che si renda necessario un complemento degli stessi ai sensi dell'art. 64 OG. Tutte queste critiche relative ai fatti devono comunque essere debitamente specificate e indicare gli atti cui si riferiscono (art. 55 cpv. 1 lett. b e d OG); in caso contrario, gli argomenti sono considerati nuovi e quindi inammissibili (art. 55 cpv. 1 lett. c OG). 
Fatte salve queste eccezioni, censure contro gli accertamenti di fatto (art. 43 cpv. 3 e 55 cpv. 1 lett. c OG; DTF 120 II 280 consid. 6c) o contro la valutazione delle prove eseguiti dall'autorità cantonale (DTF 122 III 26 consid. 4a/aa pag. 32) sono inammissibili. Pure inammissibile è il riferimento a circostanze non accertate dall'autorità cantonale, trattandosi di fatti nuovi (art. 55 cpv. 1 lett. c OG; DTF 122 III 73 consid. 6b/bb pag. 80). 
 
 
b) La completazione della fattispecie giusta l' art. 64 OG presuppone l'allegazione di fatti già addotti da una parte in sede cantonale in modo conforme alle norme sulla procedura, ma ritenuti a torto dall'autorità cantonale come irrilevanti o da essa negletti (DTF 119 II 353 consid. 5c/aa pag. 357). Tale norma trova infatti applicazione solamente quando l'autorità cantonale ha accertato la fattispecie in modo insufficiente, sia perché le è sfuggita la disposizione del diritto federale applicabile sia perché l'ha, a torto, ritenuta irrilevante. In altre parole occorre che gli accertamenti contenuti nella sentenza impugnata siano così carenti da far apparire la causa non giudicabile (Guldener, Schweizerisches Zivilprozessrecht, 3a ed., pag. 552; Poudret, Commentaire de la loi fédérale d'organisation judiciaire, vol. II, n. 1.3 e 2.1 ad art. 64 OG). Una completazione è per contro esclusa qualora venga in sostanza rimproverato alla Corte cantonale di aver accertato la fattispecie in modo sbagliato o incompleto. Tali questioni attengono infatti all'assunzione delle prove e all'apprezzamento probatorio e non possono quindi essere vagliate dalla giurisdizione per riforma. 
 
 
 
c) In concreto l'attrice non allega né dimostra di aver già fatto valere le circostanze di fatto proposte nell'impugnativa dinanzi all'istanza inferiore, la quale le avrebbe a torto trascurate, giungendo per questo motivo ad un risultato inaccettabile. Essa non sostiene nemmeno che gli accertamento di fatto operati in sede cantonale sarebbero insufficienti ai fini del giudizio sulla questione - centrale - dell'obbligo di pagamento della convenuta. Al contrario, in ingresso all'allegato ricorsuale l'attrice riconosce la correttezza dell'esposizione di fatto operata in sede cantonale, ma afferma di volerla completare "per una sua migliore intelligenza". Ravvede una carenza solamente in relazione all'assenza, nella querelata pronunzia, di elementi di fatto suscettibili di permettere la quantificazione del pregiudizio da lei subito. In questo senso va letto anche il richiamo all'art. 64 OG nelle ultime pagine dell'allegato ricorsuale, esplicitamente volto ad ottenere il rinvio della causa all'autorità cantonale per un giudizio sull'entità del risarcimento spettante all'attrice. 
 
Ai fini del presente giudizio non è dunque possibile tenere conto delle circostanze di fatto addotte nel gravame che risultano prive di riscontro nella pronunzia impugnata, trattandosi di fatti nuovi (art. 55 cpv. 1 lett. c OG; cfr. DTF 124 III 382 consid. 2b). Le censure di violazione del diritto federale sollevate dall'attrice verranno pertanto esaminate sulla base della fattispecie accertata nella sentenza cantonale. 
 
2.- Nel ricorso per riforma viene innanzitutto ribadita l'avvenuta stipulazione di un contratto di rifinanziamento con la convenuta per il tramite dell'agente, per il cui comportamento essa è tenuta a rispondere, contrariamente a quanto stabilito dai giudici ticinesi. Tollerando tacitamente il comportamento della Capital Plus AG, la convenuta avrebbe infatti, secondo l'attrice, comunicato per atti concludenti il potere di rappresentanza concesso all'agente. Sia come sia, l'agire della società le va in ogni caso imputato giacché, se avesse fatto prova dell'attenzione richiesta dalle circostanze, essa avrebbe potuto prevedere e prevenire il comportamento del suo agente generale, evitando così l'apparenza di una procura. 
 
a) Giusta l'art. 33 cpv. 3 CO se il rappresentato comunica la facoltà di rappresentanza ad un terzo, la sua estensione in confronto di quest'ultimo è giudicata a norma dell'avvenuta comunicazione. Secondo dottrina e giurisprudenza tale comunicazione può manifestarsi anche per atti concludenti. In quest'ottica è però indispensabile che dal comportamento concreto del rappresentato un terzo possa desumere, in buona fede, la sua volontà di comunicare simile facoltà; ciò può avvenire anche mediante un comportamento passivo, nella misura in cui egli tollera l'agire del rappresentante rispettivamente omette di intervenire per precisare i limiti del suo potere di rappresentanza (Duldungsvollmacht; DTF 120 II 197 consid. 2b/bb pag. 201). 
 
Una simile evenienza presuppone tuttavia che il rappresentato sia informato dell'agire del rappresentante. 
Contrariamente a quanto lasciato intendere nel gravame, in concreto non è stato accertato che la convenuta sapesse che l'agente intendeva servirsi delle dichiarazioni rilasciate alla società immobiliare per appoggiare la domanda di credito rivolta alla banca, siccome interessato a titolo personale alla riuscita dell'operazione. Di conseguenza essa non era nella condizione di intervenire per indicare che questi agiva senza la necessaria autorizzazione, come pretende invece l'attrice, la quale a questo proposito invoca, impropriamente, l'art. 27 CO. Né si vede per quale ragione la convenuta avrebbe potuto e dovuto prevedere che l'agente avrebbe oltrepassato i limiti delle proprie competenze, limitate per legge all'intermediazione (art. 418e CO). Ciò vale, a maggior ragione, se si considera che, stando a quanto stabilito in sede cantonale, l'accordo in esame non si inserisce nel contesto di una relazione d'affari più ampia fra le parti, gestita abitualmente dall'agente, bensì costituisce un episodio a sé stante. In queste circostanze non può venir rimproverato alla convenuta di non aver fatto prova della debita attenzione nei confronti dell'agente, di modo che non le può essere opposta - in contrasto con quanto auspicato dall'attrice - nemmeno l'esistenza di una procura apparente (Anscheinsvollmacht; DTF 120 II 197 consid. 2b/bb pag. 201). 
 
 
b) Nulla muta il richiamo alla buona fede (art. 3 cpv. 2 CC). Dall'istruttoria sono emersi numerosi elementi che, vista anche l'entità dell'affare, avrebbero dovuto indurre la banca attrice ad effettuare una verifica circa la facoltà di rappresentanza dell'agente nell'evenienza concreta, ritenuto che per legge la sua funzione è limitata a quella di un semplice intermediario (art. 418e CO). Appare infatti già quanto mai inusuale che un impegno di rifinanziamento per un importo di fr. 1'250'000.-- non faccia l' oggetto di una dichiarazione esplicita fra le parti, indirizzata direttamente all'istituto bancario e sottoscritta dalla direzione della compagnia d'assicurazione, rispettivamente dal comitato d'investimenti. Così come avrebbe dovuto suscitare delle perplessità nell'attrice il fatto che, intenzionata a garantire il rifinanziamento dell'operazione di ristrutturazione nei suoi confronti, la convenuta abbia dichiarato la sua disponibilità solamente alla società immobiliare, senza nemmeno accennare alla concessione di un credito da parte dell'attrice. Ma non solo. L'attrice avrebbe dovuto anche rilevare che il menzionato documento - emanante dalla convenuta - a lei è stato invece trasmesso dall'agente, con una lettera d'accompagnamento firmata da una segretaria. A sfavore della buona fede dell'attrice depone infine anche il fatto che nel contratto di finanziamento con la società immobiliare l'asserito impegno di rifinanziamento non è stato nemmeno citato e che tale documento non è stato trasmesso, per approvazione o almeno per conoscenza, alla convenuta. Il comportamento dell'attrice risulta inoltre in contrasto con la prassi bancaria descritta da lei stessa nel proprio allegato, laddove precisa che la banca che accorda un credito di costruzione esige la presentazione di un impegno di consolidamento da parte dell'istituto bancario o della società di assicurazione che riprenderà il debito. In queste circostanze non è possibile ammettere la buona fede dell'attrice, la quale, invece di chiedere conferma del rifinanziamento alla convenuta, si è accontentata della lettera da questa indirizzata alla società immobiliare - priva di ogni riferimento al credito di costruzione - trasmessagli dall'agente, che, per legge, si presume non aver facoltà di rappresentanza. 
 
c) Discende da tutto quanto esposto la reiezione del gravame in punto all'asserita violazione dell'art. 33 cpv. 3 CO e art. 3 cpv. 2 CC. Merita pertanto di essere confermata la decisione della Corte cantonale di non tenere responsabile la convenuta per il comportamento dell'agente. 
 
3.- A prescindere dalla questione dell'imputabilità del comportamento dell'agente alla convenuta, i giudici cantonali hanno osservato che i documenti menzionati dall' attrice, interpretati secondo il principio dell'affidamento, escludono ampiamente che la convenuta si sia vincolata in maniera definitiva al rifinanziamento dei lavori di ristrutturazione. 
Ma quand'anche si volesse vedere nella lettera del 27 novembre 1990 un impegno vincolante al consolidamento, è evidente, secondo i giudici ticinesi, ch'esso era implicitamente condizionato alla mancanza di elementi che giustificassero la disdetta del finanziamento stesso. 
 
L'attrice nega che il documento in questione possa essere considerato quale semplice lettera d'intenti, come ritenuto nella sentenza impugnata, visto il tenore perentorio e incondizionato della sua ultima frase "Die Erhöhung der bestehenden Hypothek wird unsererseits bis zu 80% des darin ermittelten Verkehrwertes gewährt". 
 
a) In assenza di accertamenti di fatto al proposito, il giudice accerta la volontà delle parti interpretando le loro dichiarazioni secondo il principio dell'affidamento (interpretazione oggettiva), ovvero secondo il senso che ogni contraente poteva e doveva ragionevolmente attribuire alle dichiarazioni di volontà dell'altro nella situazione concreta (DTF 125 III 305 consid. 2b). A questo scopo non vanno considerati solamente il testo e il contesto delle dichiarazioni, bensì anche le circostanze che hanno preceduto o accompagnato la stipulazione del contratto (DTF 119 II 449 consid. 3a con rinvii). Si tratta di una questione concernente l'applicazione del diritto, che può essere esaminata liberamente nella giurisdizione per riforma (DTF 123 III 35 consid. 2b). 
 
b) È vero che l'ultima frase del doc. B ha un tono perentorio. Ciò non comporta, tuttavia, la possibilità di aderire senz'oltre alla tesi dell'attrice, la quale estrapola tale frase dal suo contesto. Dall'esame degli scritti inviati alla società immobiliare il 13 agosto e il 27 novembre 1990 emerge infatti la disponibilità della convenuta a garantire un aumento del prestito ipotecario fino all'80% del valore venale degli immobili, accertato peritalmente una volta finiti i lavori. Non si tratta quindi, come vorrebbe far credere l'attrice, di un impegno incondizionato e valido nei confronti di chiunque; al contrario esso è stato formulato solamente all'indirizzo della società e, in ogni caso, subordinato all'esecuzione di una perizia che non risulta sia mai stata eseguita. La Corte cantonale ha inoltre ragione - e l'attrice non spende una parola a questo riguardo - quando osserva che un eventuale rifinanziamento nei confronti della società immobiliare presupponeva in ogni caso, implicitamente, anche l'assenza di motivi suscettibili di giustificare la disdetta del finanziamento medesimo, motivi che in concreto si sono invece verificati, quali l'iscrizione di ipoteche legali degli artigiani e ritardi nel pagamento dei premi d'assicurazione, rispettivamente degli interessi ipotecari. 
 
4.- Anche ammettendo che fra le parti non sia intervenuto un contratto di rifinanziamento, l'attrice ripropone, dinanzi al Tribunale federale, la tesi della successiva ratifica, per atti concludenti, dell'operato dell' agente ai sensi dell'art. 38 CO, non avendo la convenuta reagito alla richiesta di pagamento sottopostale nel 1992. 
Sennonché tale asserzione è in netto contrasto con l'accertamento di fatto contenuto nella sentenza impugnata - e vincolante per il Tribunale federale chiamato a statuire quale istanza di riforma (cfr. supra, consid. 1a) - secondo il quale la convenuta avrebbe reagito allo scritto mediante una telefonata, in occasione della quale ha dichiarato di non essersi mai impegnata a riprendere il credito di costruzione. 
 
Su questo punto il ricorso va dunque dichiarato inammissibile. 
 
5.- Ne discende la conferma della decisione impugnata in merito alla mancata conclusione di un contratto di rifinanziamento fra le parti. 
 
Prendendo in considerazione questa eventualità, l' attrice ha formulato, già dinanzi all'istanza cantonale, una domanda subordinata volta ad ottenere il pagamento di determinati importi a titolo di risarcimento per culpa in contrahendo. Essa sostiene infatti di essere stata indotta a concedere il mutuo dall'agente generale della convenuta, alla quale rimprovera inoltre di aver scientemente sottaciuto le difficoltà finanziarie in cui versava la società immobiliare. 
 
Ora, già si è detto dell'impossibilità di imputare alla convenuta l'agire dell'agente generale (cfr. supra consid. 2). Per il resto, non si vede come essa potrebbe essere tenuta responsabile per aver taciuto la situazione economica della società immobiliare, dal momento che, stando a quanto accertato dai giudici ticinesi, nemmeno sapeva del coinvolgimento dell'attrice nell'affare. 
 
Anche su questo punto il gravame risulta dunque privo di fondamento. 
 
6.- Per i motivi che precedono il ricorso per riforma dev'essere respinto in quanto ammissibile e la sentenza impugnata confermata. Gli oneri processuali e le spese ripetibili seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 e 159 cpv. 1 e 2 OG). 
 
Per questi motivi 
 
il Tribunale federale 
 
pronuncia : 
 
1. Nella misura in cui ammissibile, il ricorso per riforma è respinto e la sentenza impugnata viene confermata. 
 
2. La tassa di giustizia di fr. 13'000.-- è posta a carico dell'attrice, la quale rifonderà alla convenuta fr. 15'000.-- per ripetibili della sede federale. 
 
3. Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
Losanna, 26 gennaio 2001 MDE 
 
In nome della I Corte civile 
del TRIBUNALE FEDERALE SVIZZERO: 
Il Presidente, 
 
La Cancelliera,