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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
{T 0/2} 
 
2C_46/2014  
   
   
 
 
 
Sentenza del 15 settembre 2014  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Zünd, Presidente, 
Seiler, Aubry Girardin, 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
1. A.A.________, 
2. B.A.________, 
entrambi patrocinati dall'avv. Mattia Guerra, 
ricorrenti, 
 
contro 
 
Sezione della popolazione, 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, 6500 Bellinzona, 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, Residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
Oggetto 
ricongiungimento familiare, diniego di un permesso di dimora, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 2 dicembre 2013 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
 
Fatti:  
 
A.  
Nel gennaio 1993, il cittadino croato A.A.________ ha sposato nel proprio Paese d'origine la connazionale B.A.________, a quel tempo titolare di un permesso di dimora nel nostro Paese. Nel gennaio 1994, egli è giunto in Svizzera, ottenendo a sua volta un permesso di dimora per vivere con la moglie. Dall'unione tra i coniugi sono nati C.A.________ e D.A.________. Nel gennaio 2004, i membri della famiglia A.________ hanno ottenuto tutti un'autorizzazione di domicilio. 
Durante la permanenza nel nostro Paese, A.A.________ ha interessato le autorità penali nei seguenti termini: con decreto d'accusa del 26 maggio 1997, il Procuratore pubblico lo ha condannato alla pena di 3 giorni di detenzione, sospesa condizionalmente con un periodo di prova di 3 anni, per aver circolato senza la licenza di circolazione e quella di condurre (19 ottobre 1996); con decreto d'accusa del 5 novembre 2001, gli sono stati inflitti 3 giorni di detenzione, sospesi condizionalmente con un periodo di prova di 2 anni, per lesioni semplici (dovute ad un ceffone; 4 luglio 2001); dando seguito ad una richiesta di estradizione giunta dal Ministero della Giustizia della Repubblica di Croazia, il 17 dicembre 2007 egli è stato infine arrestato per essere consegnato alle autorità di quel Paese. 
Con l'estradizione in Croazia di A.A.________, per rispondere del reato di violenza carnale, il suo permesso di domicilio è decaduto. Il 22 febbraio 2011, B.A.________ ed i due figli hanno invece acquisito la nazionalità elvetica. 
 
B.   
Il 2 aprile 2012, A.A.________ ha domandato all'autorità competente l'autorizzazione a entrare e a soggiornare in Svizzera per vivere con la famiglia. Alla sua domanda, egli ha tra l'altro allegato un contratto di lavoro e un certificato emesso il 5 aprile 2012 dal Tribunale municipale di X.________ (HR), che indicava come presso il Tribunale regionale e presso il Tribunale municipale di Y.________ non fosse stata "elevata alcuna accusa in vigore di legge" e non fosse stata pronunciata "alcuna sentenza revocabile di condanna per atti penali". 
Su espressa richiesta della Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, A.A.________ ha poi prodotto anche un certificato del Ministero della Giustizia croato, che attestava che, con sentenza 31 marzo 2008, il Tribunale regionale di Y.________ lo aveva condannato a 5 anni e 6 mesi di reclusione per il reato di violenza carnale (commesso il 13 febbraio 1993). Qualche giorno più tardi, ha fatto infine pervenire un nuovo documento del Tribunale regionale di Y.________, datato 1° giugno 2012, da cui risultava la pronuncia della sua liberazione condizionale, per trasferirsi in Svizzera presso la famiglia. 
 
C.   
Preso atto dei fatti indicati, e segnatamente della sentenza del 31 marzo 2008, con decisione del 25 giugno 2012 la Sezione della popolazione ha negato ad A.A.________ il rilascio di un permesso di soggiorno in Svizzera per motivi di ordine pubblico. Nel contempo, pur senza trarne conseguenze specifiche, ha sottolineato come sua moglie dipendesse dall'aiuto sociale. 
Su ricorso di A.A.________ e B.A.________, detta decisione è stata confermata sia dal Consiglio di Stato che dal Tribunale cantonale amministrativo, pronunciatosi in merito con sentenza del 2 dicembre 2013. 
 
D.   
Il 16 gennaio 2014, A.A.________ e B.A.________ hanno inoltrato dinanzi al Tribunale federale un ricorso in materia di diritto pubblico, con cui postulano l'annullamento della pronuncia del Tribunale cantonale amministrativo e il rilascio ad A.A.________ di un permesso di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare con moglie e figli. 
La Corte cantonale si è riconfermata nelle motivazioni e nelle conclusioni della propria sentenza. Ad essa hanno fatto in sostanza rinvio anche la Sezione della popolazione e l'Ufficio federale della migrazione. Il Consiglio di Stato si è invece rimesso al giudizio di questa Corte. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
Giusta l'art. 83 lett. c n. 2 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto (DTF 133 I 185 consid. 2.2 seg. pag. 189 seg.). 
 
1.1. Gli insorgenti ritengono nella fattispecie che A.A.________ abbia diritto a un permesso di dimora in Svizzera in base all'art. 42 cpv. 1 LStr, secondo cui i coniugi stranieri di cittadini svizzeri hanno diritto al rilascio e alla proroga del permesso di dimora se coabitano con loro, nonché in base all'art. 8 CEDU, che tutela il rispetto della vita privata e familiare. Non risultando questa conclusione d'acchito insostenibile, occorre pertanto ammettere che essi dispongano di un diritto, conformemente a quanto richiesto dall'art. 83 lett. c cifra 2 LTF, a presentare ricorso in materia di diritto pubblico. In che misura le condizioni per il rilascio del permesso siano davvero date è infatti questione di merito (sentenze 2C_304/2009 del 9 dicembre 2009 consid. 1.1, non pubblicato in DTF 136 II 113; 2C_173/2011 del 24 giugno 2011 consid. 1.1).  
Nonostante, a far tempo dal 1° luglio 2013, la Repubblica di Croazia sia membro dell'Unione europea, i ricorrenti non possono per contro richiamarsi all'Accordo del 21 giugno 1999 sulla libera circolazione delle persone (sentenza 2C_224/2013 del 27 novembre 2013 consid. 3.3.3, che dà conto di una situazione a tutt'oggi sostanzialmente immutata). 
 
1.2. Diretto contro una decisione finale di un tribunale cantonale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d, cpv. 2 e art. 90 LTF), il ricorso è stato presentato tempestivamente (art. 46 cpv. 1 lett. c in relazione con l'art. 100 cpv. 1 LTF) dai destinatari della pronuncia contestata. Confermando la stessa il diniego del permesso richiesto, dato è anche l'interesse a ricorrere (art. 89 cpv. 1 LTF).  
Per quanto precede, l'impugnativa è di massima ammissibile quale ricorso ordinario ex art. 82 segg. LTF. 
 
2.  
 
2.1. Con il rimedio del ricorso in materia di diritto pubblico può tra l'altro venir censurata la violazione del diritto federale (art. 95 lett. a LTF), nozione che comprende i diritti costituzionali dei cittadini (DTF 133 III 446 consid. 3.1 pag. 447 seg.). Rispettate le condizioni che prescrive l'art. 42 cpv. 2 LTF, il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF) e può accogliere o respingere un ricorso anche per motivi diversi da quelli invocati o su cui si è fondata l'autorità precedente (DTF 133 II 249 consid. 1.4.1 pag. 254).  
Esigenze più severe valgono tuttavia in relazione alla denuncia della violazione di diritti fondamentali. Il Tribunale federale esamina infatti simili censure solo se l'insorgente le ha sollevate in modo preciso (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 134 II 244 consid. 2.2 pag. 246). 
 
2.2. Per quanto riguarda i fatti, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Esso può scostarsene solo se è stato eseguito in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario, profilo sotto il quale viene esaminato anche l'apprezzamento delle prove addotte (DTF 136 III 552 consid. 4.2 pag. 560; sentenza 2C_959/2010 del 24 maggio 2011 consid. 2.2). A meno che non ne dia motivo la decisione impugnata, il Tribunale federale non tiene inoltre conto di fatti o mezzi di prova nuovi, i quali non possono comunque essere posteriori al giudizio impugnato (art. 99 cpv. 1 LTF; DTF 133 IV 343 consid. 2.1 pag. 343 seg.).  
Già poiché i ricorrenti non dimostrano in che misura la sua produzione si sia resa necessaria solo ora, invocando genericamente la loro buona fede nel pensare che le autorità ne fossero a conoscenza, la lettera che allegano all'impugnativa, che attesta la rinuncia volontaria della ricorrente 2 alle prestazioni assistenziali a far tempo dal 1° giugno 2013, dev'essere quindi estromessa dall'incarto (art. 99 cpv. 1 LTF; sentenza 2C_774/2013 del 31 ottobre 2013 consid. 2.2). 
 
3.  
 
3.1. Secondo l'art. 42 cpv.1 LStr, i coniugi stranieri di cittadini svizzeri hanno diritto al rilascio o alla proroga del permesso di dimora se coabitano con loro. A norma dell'art. 51 cpv. 1 lett. b LStr, i diritti conferiti dall'art. 42 LStr si estinguono tuttavia se sussistono motivi di revoca giusta l'art. 63 LStr.  
Questo è tra l'altro il caso: quando lo straniero o il suo rappresentante hanno fornito, durante la procedura d'autorizzazione, indicazioni false o taciuto fatti essenziali (art. 63 cpv. 1 lett. a in relazione con l'art. 62 lett. a LStr); quando lo straniero è stato condannato a una pena detentiva di lunga durata o a una misura penale ai sensi dell'art. 64 o 61 del codice penale (art. 63 cpv. 1 lett. a in relazione con l'art. 62 lett. b LStr); quando lo straniero ha violato gravemente o espone a pericolo l'ordine e la sicurezza pubblici in Svizzera o all'estero o costituisce una minaccia per la sicurezza interna o esterna della Svizzera (art. 63 cpv. 1 lett. b LStr). 
 
3.2. Anche il rifiuto del rilascio di un'autorizzazione di soggiorno si giustifica però solo se è proporzionato.  
 
3.2.1. Nell'esercizio del loro potere discrezionale, le autorità competenti tengono conto degli interessi pubblici e della situazione personale dello straniero, valutando in particolare la gravità della colpa rimproveratagli, il tempo trascorso dal compimento di eventuali comportamenti penalmente rilevanti, la durata del soggiorno in Svizzera e gli svantaggi incombenti sullo stesso e sulla sua famiglia a dipendenza della misura che è stata presa (art. 96 LStr; sentenze 2C_934/2011 del 25 luglio 2012 consid. 5.1; 2C_972/2011 dell'8 maggio 2012 consid. 2.3 e 2C_622/2009 del 10 marzo 2010 consid. 5.3 seg.).  
Quando non è applicabile l'Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681), come nella fattispecie, le autorità possono tenere nel contempo in considerazione l'interesse generale a prevenire il compimento di reati (sentenze 2C_782/2013 del 3 aprile 2014 consid. 4.1; 2C_74/2013 del 31 maggio 2013 consid. 2.1; 2C_1026/2011 del 23 luglio 2012 consid. 3; 2C_679/2011 del 21 febbraio 2012 consid. 3.1 e 2C_36/2009 del 20 ottobre 2009 consid. 2.1). 
 
3.2.2. Nel caso il provvedimento in discussione abbia ripercussioni sulla vita privata e familiare giusta l'art. 8 cifra 1 CEDU - al quale i ricorrenti si possono effettivamente richiamare, come correttamente riconosciuto dalla Corte cantonale - la necessità di un esame della proporzionalità della misura di diniego risulta pure dall'art. 8 cifra 2 CEDU.  
Anche nell'ottica di questa norma, dev'essere quindi tenuto conto della gravità del reato commesso, del comportamento tenuto nel frattempo, del luogo d'origine dello straniero, nonché della sua situazione familiare. Di rilievo sono inoltre gli svantaggi che deriverebbero al partner o agli eventuali figli dal fatto di dovere seguire altrove lo straniero (DTF 135 II 377 consid. 4.3 pag. 381 seg.; sentenza 2C_36/2009 del 20 ottobre 2009 consid. 2.2 e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ivi citata; ANDREAS ZÜND/THOMAS HUGI YAR, Aufenthaltsbeendender Massnahmen im schweizerischen Ausländerrecht, insbesondere unter dem Aspekt des Privat- und Familienlebens, EuGRZ 2013, pag. 1 segg., n. 17 segg.). 
 
3.3. Confrontato con il compimento di un reato tra quelli che vengono indicati nell'art. 121 cpv. 3 Cost., e per quanto ciò non comporti contraddizioni con il diritto superiore o conflitti con il margine di apprezzamento che la Corte europea dei diritti dell'uomo conferisce agli Stati che hanno sottoscritto la CEDU, il Tribunale federale tiene infine anche conto dei giudizi di valore che sottendono a questa norma (DTF 139 I 16 consid. 5.3 pag. 31; sentenze 2C_1170/2012 del 24 maggio 2013 consid. 2.3 e 2C_817/2012 del 19 febbraio 2013 consid. 2.2.2; ZÜND/HUGI YAR, op. cit., n. 56).  
 
4.  
 
4.1. Preso atto della pena privativa della libertà pronunciata nei confronti di A.A.________ il 31 marzo 2008, i ricorrenti a ragione non mettono in discussione la sussistenza di un motivo di revoca ai sensi dell'art. 63 cpv. 1 lett. a in relazione con l'art. 62 lett. b LStr. Da un lato, una pena detentiva è infatti considerata di lunga durata se è stata pronunciata per più di un anno, a prescindere dal fatto che la pena comminata sia stata sospesa in tutto o in parte oppure che la stessa vada o sia stata espiata (DTF 135 II 377 consid. 4.2 pag. 379 segg.). Dall'altro, salvo in presenza di eccezioni in concreto non date o pretese, tra le pene detentive ai sensi dell'art. 62 lett. b LStr rientrano anche quelle comminate da autorità estere (sentenza 2C_641/2013 del 17 dicembre 2013 consid. 2.3 con ulteriori rinvii).  
Essendo l'enumerazione dei motivi di revoca contenuta nella legge di carattere alternativo (sentenze 2C_200/2013 del 16 luglio 2013 consid. 5.3; 2C_816/2012 del 6 marzo 2013 consid. 3.1 e 2C_265/2011 del 27 settembre 2011 consid. 5.1), non occorre invece soffermarsi sui motivi di revoca previsti dall'art. 63 cpv. 1 lett. a in relazione con l'art. 62 lett. a LStr e dall'art. 63 cpv. 1 lett. b LStr: che il Tribunale cantonale amministrativo ha ritenuto parallelamente adempiuti e che sono invece almeno parzialmente oggetto di contestazione da parte dei ricorrenti, siccome gli stessi ritengono che il ricorrente 1 non abbia sottaciuto alcunché al momento della presentazione della sua domanda di ricongiungimento familiare (sentenza 2C_264/2011 del 15 novembre 2011 consid. 4.2). 
 
4.2. Nel seguito, resta pertanto da esaminare se la misura presa per motivi di ordine pubblico dalla Sezione della popolazione, confermata dalle autorità cantonali adite su ricorso, sia o meno proporzionale.  
Attribuendo in sostanza un peso determinante alla gravità del reato oggetto di giudizio da parte delle autorità croate, anche la Corte cantonale ha in effetti risposto in maniera affermativa a tale quesito, mentre i ricorrenti sostengono che simile conclusione sia lesiva dell'art. 96 LStr e dell'art. 8 cifra 2 CEDU e postulano pertanto che al ricorrente 1 venga rilasciato un permesso di dimora. 
 
5.  
 
5.1. Riferendosi alla condanna pronunciata il 31 marzo 2008 dalle autorità giudiziarie della Croazia - dopo che il ricorrente 1 vi era stato estradato dalla Svizzera, dove viveva dal 1994 - la Corte cantonale ha posto a giusta ragione l'accento sull'estrema gravità dell'azione delittuosa di cui è stato riconosciuto colpevole, che trova di principio riscontro anche nella pena inflittagli (sentenze 2C_323/2012 del 6 settembre 2012 consid. 3.4 e 2C_432/2011 del 13 ottobre 2011 consid. 3.1. Al momento della pronuncia del giudizio contestato, la procedura (straordinaria) di revisione del processo, pendente fin dal 2012, non aveva infatti ancora avuto esito alcuno.  
Il reato di violenza carnale, elencato pure nell'art. 121 cpv. 3 Cost., rientra del resto tra i reati più gravi che una persona possa compiere e può giustificare persino l'allontanamento dalla Svizzera di quegli stranieri che vi sono nati e che in questo Paese da sempre hanno vissuto (DTF 122 II 433 consid. 2c pag. 436 seg.; sentenze 2C_323/2012 del 6 settembre 2012 consid. 3.4; 2C_38/2012 del 1° giugno 2012 consid. 3.3 e 2C_768/2010 del 18 aprile 2011 consid. 3.2). 
 
5.2. Nel querelato giudizio non sono stati poi a torto relativizzati né il richiamo alla sentenza 2C_310/2012 del 12 novembre 2012, né il fatto che il ricorrente 1 sia stato rilasciato condizionalmente dalle autorità croate.  
 
5.2.1. Quando è applicabile l'Accordo sulla libera circolazione, come nella fattispecie oggetto di quel giudizio, l'analisi della situazione che i Tribunali sono chiamati a compiere è infatti sostanzialmente improntata all'esame concreto della sussistenza di una minaccia attuale, effettiva e sufficientemente grave di un interesse fondamentale per la società, mentre negli altri casi, tra cui ricade anche quello in discussione, le autorità possono lasciarsi condurre anche da ragionamenti di prevenzione generale (sentenze 2C_782/2013 del 3 aprile 2014 consid. 4.1; 2C_74/2013 del 31 maggio 2013 consid. 2.1; 2C_1026/2011 del 23 luglio 2012 consid. 3; 2C_679/2011 del 21 febbraio 2012 consid. 3.1 e 2C_36/2009 del 20 ottobre 2009 consid. 2.1).  
 
5.2.2. Per sé solo, anche il rilascio condizionale - avvenuto in prospettiva di un ricongiungimento familiare non ancora autorizzato dalle autorità elvetiche - non assume inoltre un particolare rilievo (sentenze 2C_38/2012 del 1° giugno 2012 consid. 4.3.2; 2C_897/2011 del 13 maggio 2012 consid. 4.3.2 e 2C_4/2011 del 15 dicembre 2011 consid. 3.4.2).  
 
5.2.3. Ciò nonostante, per i motivi che seguono, la conclusione secondo cui il diniego del rilascio di un permesso di dimora in favore del ricorrente 1 rispetta il principio della proporzionalità e quindi gli art. 96 LStr e 8 cifra 2 CEDU non può essere condivisa.  
 
6.  
 
6.1. Nel suo giudizio, intervenuto dopo circa un anno e mezzo dalla liberazione condizionale del ricorrente 1 da parte delle autorità croate, la Corte cantonale ha svolto un esame del rispetto del principio della proporzionalità che non si scosta da quelli eseguiti in presenza di un mancato rinnovo o di una revoca di un permesso di soggiorno, rilevando espressamente che il tempo trascorso dal compimento del reato è solo un "elemento tra i tanti da prendere in considerazione". A ben vedere, almeno in casi come quello qui in discussione, la questione da verificare in via prioritaria nell'ottica del principio della proporzionalità è tuttavia proprio quella a sapere se il reato commesso rispettivamente la condanna subita abbia ancora un peso tale da giustificare il diniego di un nuovo permesso di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare (sentenza 2C_36/2009 del 20 ottobre 2010 consid. 3.1).  
Benché la valutazione da svolgere debba essere tanto più severa quanto più il reato in discussione risulti essere grave, davanti al trascorrere del tempo e ad un comportamento corretto, anche considerazioni attinenti all'interesse generale e quindi alla salvaguardia dell'ordine e della sicurezza pubblici - che è l'obiettivo principale di una misura di polizia degli stranieri quale il diniego di un permesso di dimora (sentenza 2C_264/2011 del 15 novembre 2011 consid. 5.1) -perdono infatti di importanza (sentenze 2C_406/2013 del 23 settembre 2013 consid. 4.4.1; 2C_715/2011 del 2 maggio 2012 consid. 4.3 e 2C_36/2009 del 20 ottobre 2009 consid. 3.2). 
 
6.2. Proprio la presa in considerazione di tale centrale aspetto porta però a dissentire in merito alle conclusioni tratte nel giudizio impugnato e quindi ad ammettere che l'interesse all'ottenimento del permesso di dimora richiesto è prevalente rispetto agli interessi pubblici che sottendono a un suo rifiuto.  
 
6.2.1. Nell'ambito della valutazione del rispetto del principio della proporzionalità prescritto dall'art. 96 LStr e dall'art. 8 cifra 2 CEDU (precedente consid. 3.2.), il Tribunale amministrativo non poteva in effetti omettere di considerare che, benché il ricorrente 1 sia stato ritenuto colpevole del reato di violenza carnale solo il 31 marzo 2008 e il suo rilascio condizionale sia avvenuto unicamente il 1° giugno 2012, il grave reato da lui commesso risale al 13 febbraio 1993, ovvero a oltre vent'anni dalla pronuncia del querelato giudizio, e inoltre che, secondo quanto emerge dagli atti, egli ha vissuto in Svizzera con la famiglia dal gennaio 1994 al dicembre 2007 senza creare problemi di rilievo maggiore dal profilo dell'ordine e della sicurezza pubblici.  
Fatta eccezione per i due episodi più sopra indicati - che non vanno affatto banalizzati, ma che costituiscono comunque degli eventi isolati, sui quali la Corte cantonale non ha posto un reale peso e che non sono stati del resto oggetto di specifica attenzione neanche da parte dell'autorità di prima istanza - la condotta del ricorrente 1 dal profilo penale durante i quasi quattordici anni trascorsi nel nostro Paese con la famiglia non impone infatti altra menzione. 
 
6.2.2. Come del resto rilevato anche nel giudizio impugnato, in maniera vincolante anche per questo Tribunale, proprio i rapporti con la famiglia e segnatamente con la moglie e la figlia, nata e cresciuta in Svizzera (come il fratello) e ancora minorenne al momento determinante della pronuncia da parte della Corte cantonale (art. 105 cpv. 1 LTF; sentenze 2C_673/2013 del 20 dicembre 2013 consid. 5.2.1 e 2C_23/2013 del 24 settembre 2013 consid. 3.1), risultano d'altra parte essere stati mantenuti e vissuti anche dopo l'estradizione del ricorrente 1 e durante l'espiazione della pena.  
Nonostante i ricorrenti 1 e 2 siano entrambi originari della Croazia, dove posseggono una casa, la moglie, in Svizzera dal febbraio 1991, e figli, nati rispettivamente cresciuti nel nostro Paese, hanno inoltre acquisito la cittadinanza elvetica ed hanno quindi un interesse più che evidente a continuare a risiedere in Svizzera. 
 
6.3. Anche gli ulteriori aspetti sollevati dalla Corte cantonale non portano infine a differente conclusione.  
 
6.3.1. Il Tribunale cantonale amministrativo si richiama nel suo giudizio espressamente alla cosiddetta prassi "Reneja" (DTF 130 II 176 consid. 4.1 pag. 185 con riferimento all'originaria 110 Ib 201 [sotto il regime della vecchia LDDS] e 135 II 377 consid. 4.4 pag 382 seg. [sotto il regime della LStr]).  
Detta prassi, che fornisce termini indicativi, trova tuttavia applicazione solo a coniugi stranieri di cittadini svizzeri che chiedono di soggiornare in Svizzera per la prima volta o che hanno soggiornato in Svizzera per poco tempo, ciò che non è manifestamente il caso per il ricorrente 1, dato che ha già vissuto nel nostro Paese tra il gennaio 1994 e il dicembre 2007 (sentenze 2C_858/2013 del 7 febbraio 2014 consid. 3.4.1; 2C_954/2011 dell'11 giugno 2012 consid. 3.3 e 2C_744/2010 del 13 gennaio 2011 consid. 2.2.2). 
 
6.3.2. Benché non menzioni la condanna subita il 31 marzo 2008, citata invece nel certificato del Ministero della Giustizia croato, non vi è inoltre dubbio che il certificato accluso alla domanda di rilascio del permesso di dimora - in cui vengono usati termini quali "accusa in vigore di legge" e "sentenza revocabile di condanna", che risultano invero di difficile comprensione e che non permettono in definitiva di dedurre alcunché di preciso riguardo ai suoi contenuti - sia stato redatto dall'autorità indicata in calce al documento stesso (Tribunale municipale di X.________) e non sia quindi stato in qualche modo manipolato, né da terzi né dal ricorrente 1 medesimo. D'altro canto, così richiesto con lettera del 30 maggio 2012 della Sezione della popolazione, alla quale l'estradizione avvenuta nel dicembre 2007 era palesemente nota, il ricorrente 1 ha subito prodotto un certificato del Ministero di grazia e Giustizia croato e una decisione del Tribunale regionale di Y.________, che danno preciso conto sia del giudizio pronunciato dei suoi confronti sia della pena scontata e della scarcerazione.  
 
6.4. Dato che l'interesse all'ottenimento del permesso di dimora richiesto è prevalente rispetto agli interessi pubblici che sottendono a un suo diniego, la decisione di negarne il rilascio non è quindi giustificata.  
 
6.4.1. Se infatti è vero che l'attestazione dell'assenza di un pericolo di recidiva viene di regola individuata in un congruo periodo trascorso nel Paese d'origine, dove lo straniero è tornato dopo l'espiazione della pena in Svizzera e nel quale ha mostrato di sapere tenere una condotta corretta (sentenze 2C_1170/2012 del 24 maggio 2013 consid. 3.3 seg.; 2C_817/2012 del 19 febbraio 2013 consid. 3.2; 2C_964/2010 del 5 dicembre 2011 consid. 3.3 e 2C_36/2009 del 20 ottobre 2009 consid. 3), occorre rilevare che - secondo gli accertamenti contenuti nel giudizio impugnato, che attestano senza dubbio la particolarità del caso qui in esame (15 anni di distanza tra compimento del reato e condanna; espiazione della pena nel Paese di origine, dove il ricorrente 1 è rientrato dalla Svizzera senza opporsi; condotta complessivamente tenuta durante il lungo soggiorno in Svizzera con la famiglia) - detta condizione dev'essere considerata adempiuta anche nella fattispecie.  
 
6.4.2. Resta evidentemente inteso che la posizione del ricorrente 1 potrà comunque e in ogni tempo essere oggetto di nuovi e successivi esami, e segnatamente in occasione della domanda di proroga del permesso stesso, ad un anno dal suo rilascio (art. 33 LStr e art. 59 dell'ordinanza sull'ammissione, il soggiorno e l'attività lucrativa del 24 ottobre 2007 [OASA; RS 142.201]; ANDREAS ZÜND/LADINA ARQUINT HILL, Beendigung der Anwesenheit, Entfernung und Fernhaltung, in Peter Uebersax e altri [curatori], Ausländerrecht, 2a ed. 2009, n. 8.44 segg.).  
 
6.4.3. In via di principio, quella sarà pure la sede per verificare la situazione lavorativa ed economica del richiedente e dei componenti della sua famiglia, in merito alla quale - pur basandosi sull'incarto, che dà in particolare conto dei posti di lavoro da lui cambiati in passato, della dipendenza dall'aiuto sociale della "famiglia A.________", ma anche del fatto che il ricorrente 1 aveva accluso alla domanda di rilascio di un permesso di dimora un contratto di lavoro a tempo indeterminato, già firmato da entrambe le parti contraenti - i Giudici cantonali esprimono oggi dei semplici timori.  
Come risulta dalla documentazione agli atti, su cui il Tribunale federale è tenuto a basarsi (art. 105 cpv. 1 LTF), occorre per altro osservare che anche la dipendenza dall'aiuto sociale della "famiglia A.________" riguarda in realtà la moglie e i figli di A.A.________ ed è stata in sostanza originata dalla partenza dal Ticino del ricorrente 1, nel dicembre 2007. 
 
7.  
 
7.1. Il ricorso dev'essere quindi accolto, la sentenza impugnata annullata e la causa rinviata alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, affinché rilasci un'autorizzazione di soggiorno al ricorrente 1.  
 
7.2. Da parte sua, il Tribunale amministrativo dovrà nuovamente esprimersi sulle spese e sulle ripetibili della sede cantonale (art. 68 cpv. 5 e art. 107 cpv. 2 LTF; sentenza 2C_173/2011 del 24 giugno 2011 consid. 6.2).  
 
7.3. Soccombente, lo Stato del Cantone Ticino è dispensato dal pagamento delle spese giudiziarie (art. 66 cpv. 4 LTF). Esso dovrà però corrispondere ai ricorrenti, assistiti da un avvocato, un'indennità per ripetibili per la sede federale (art. 68 cpv. 1 e 2 LTF).  
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Il ricorso è accolto e la sentenza del 2 dicembre 2013 del Tribunale amministrativo del Cantone Ticino è annullata. La causa viene rinviata alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, affinché rilasci un'autorizzazione di soggiorno al ricorrente 1. 
 
2.   
Non vengono prelevate spese. 
 
3.   
Lo Stato del Cantone Ticino verserà ai ricorrenti un'indennità di fr. 2'000.-- per ripetibili della sede federale. 
 
4.   
La causa è nel contempo rinviata al Tribunale cantonale amministrativo per nuova decisione sulle spese e sulle ripetibili per la sede cantonale. 
 
5.   
Comunicazione al patrocinatore dei ricorrenti, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché all'Ufficio federale della migrazione. 
 
 
Losanna, 15 settembre 2014 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Zünd 
 
Il Cancelliere: Savoldelli