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Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
2A.527/2003 /bom 
 
Sentenza del 20 luglio 2004 
II Corte di diritto pubblico 
 
Composizione 
Giudici federali Wurzburger, presidente, 
Hungerbühler e Müller, 
cancelliere Bianchi. 
 
Parti 
A.A.________, 
ricorrente, patrocinata dall'avv. Sergio Sciuchetti, 
 
contro 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, 
via Pretorio 16, 6901 Lugano. 
 
Oggetto 
permesso di dimora, 
ricorso di diritto amministrativo contro la sentenza 
del 26 settembre 2003 del Tribunale amministrativo 
del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
A. 
B.A.________ (1957), cittadino iugoslavo (ora di Serbia e Montenegro) del Kossovo, è entrato per la prima volta in Svizzera nel 1980, beneficiando dapprima di diversi permessi di dimora per stagionali. Il 30 luglio 1985 gli è poi stato rilasciato un permesso di dimora annuale, in seguito regolarmente rinnovato fino al 31 luglio 1996. Il 7 giugno 1990 egli è diventato padre di E.________, nata da una relazione extraconiugale con una cittadina svizzera, impegnandosi a versarle una pensione alimentare fino alla maggiore età. Nel 1992 è stato raggiunto dalla moglie, pure iugoslava, e dai cinque figli (divenuti sei l'anno successivo), i quali hanno però dovuto lasciare la Svizzera all'inizio del 1995, perché i mezzi finanziari a disposizione della famiglia erano insufficienti a garantirne il mantenimento. 
 
Dopo averlo ammonito il 21 giugno 1993, il 14 marzo 1996 la Sezione degli stranieri del Dipartimento delle istituzioni ticinese ha deciso di non rinnovare il permesso di dimora a B.A.________ oltre il 31 luglio seguente, se egli non avesse rimborsato le prestazioni assistenziali erogategli e quelle anticipate alla figlia. Il 14 agosto 1996 l'interessato avrebbe lasciato la Svizzera. 
B. 
Sciolto per divorzio il 10 marzo 1997 il precedente legame coniugale, il 5 giugno del medesimo anno B.A.________ si è unito in matrimonio, in patria, con la cittadina svizzera A.A.________ (1967). Quest'ultima, invalida, aveva a sua volta divorziato il 20 maggio 1997 da D._______, di nazionalità iugoslava, con il quale si era sposata a due riprese. 
 
Con decisione del 14 agosto 1997, la Sezione degli stranieri, respingendo l'istanza presentata dalla moglie, ha negato il rilascio di un permesso di dimora a B.A.________. Tale risoluzione è stata confermata, su ricorso, dal Consiglio di Stato ticinese, il 5 novembre 1997, e dal Tribunale cantonale amministrativo, il 3 febbraio 1998. Secondo le suddette autorità, alla concessione del permesso ostavano le prestazioni assistenziali erogate (fr. 32'030.-- all'interessato e fr. 14'718.40 a titolo di anticipo degli alimenti per la figlia), il comportamento generale dello straniero nel nostro paese (debiti, instabilità professionale, lunghi periodi senza attività, false indicazioni alle autorità) e i suoi precedenti penali. Nel 1988 egli era infatti stato condannato a 15 giorni di detenzione, sospesi condizionalmente, per furto, nel 1992 gli era stata inflitta una multa di fr. 1'200.-- per reati della circolazione stradale e nel 1997 era stato condannato a 5 giorni di detenzione e a tre anni di espulsione, pene sospese per un periodo di prova di due anni, per violazione della legge federale concernente la dimora e il domicilio degli stranieri, del 26 marzo 1931 (LDDS; RS 142.20). 
C. 
Il 6 ottobre 1998 B.A.________ è stato condannato a 15 giorni di detenzione, sospesi condizionalmente, per una nuova infrazione alla LDDS; nel contempo è stata revocata la sospensione condizionale dell'espulsione per tre anni pronunciata l'anno prima. Egli è allora andato a risiedere a Luino (Italia, prov. di Varese), dove ha ottenuto un permesso di soggiorno valido fino al 18 settembre 2004. 
D. 
Con decisione del 13 febbraio 2003, la Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Cantone Ticino ha nuovamente rifiutato di porre B.A.________ al beneficio di un permesso di dimora, rigettando l'istanza presentata il 16 novembre precedente. L'autorità dipartimentale si è richiamata alla sentenza del 3 febbraio 1998 del Tribunale amministrativo ed ha rilevato inoltre che la continuazione della convivenza a Luino non presentava per i coniugi A.________ alcuna difficoltà. Impugnata da A.A.________, anche questa decisione è stata confermata dal Consiglio di Stato, il 20 maggio 2003, e dal Tribunale amministrativo, il 26 settembre seguente. 
E. 
Il 27 ottobre 2003 A.A.________ ha introdotto un ricorso di diritto amministrativo davanti al Tribunale federale, con cui chiede che la citata sentenza cantonale sia annullata e che alla Sezione dei permessi e dell'immigrazione sia fatto ordine di rilasciare l'autorizzazione d'entrata a suo marito. 
 
Chiamato ad esprimersi, il Tribunale amministrativo, senza formulare osservazioni, ha chiesto la conferma del proprio giudizio. Il Consiglio di Stato e l'Ufficio federale dell'immigrazione, dell'integrazione e dell'emigrazione hanno proposto la reiezione del gravame. 
F. 
Con scritto del 21 novembre 2003 la ricorrente ha domandato di essere esentata dal pagamento dell'anticipo delle spese processuali e di venir posta al beneficio dell'assistenza giudiziaria. Il 25 novembre seguente il Presidente della II Corte di diritto pubblico ha rinunciato alla riscossione dell'anticipo, riservandosi di decidere ulteriormente in merito alla concessione dell'assistenza giudiziaria. 
 
Diritto: 
1. 
Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sull'ammissibilità dei gravami che gli sono sottoposti (DTF 129 I 337 consid. 1; 129 II 453 consid. 2, 225 consid. 1). 
1.1 In materia di diritto degli stranieri, il ricorso di diritto amministrativo non è proponibile contro il rilascio o il rifiuto di un permesso di dimora o di domicilio, salvo laddove un diritto all'ottenimento di una simile autorizzazione si fonda su una disposizione del diritto federale o di un trattato internazionale (art. 100 cpv. 1 lett. b n. 3 OG e art. 4 LDDS; DTF 128 II 145 consid. 1.1.1; 127 II 161 consid. 1a, con rinvii). 
1.1.1 Giusta l'art. 7 cpv. 1, 1° periodo LDDS, il coniuge straniero di un cittadino svizzero ha diritto al rilascio e alla proroga del permesso di dimora. Per la ricevibilità del gravame, determinante è unicamente l'esistenza formale del vincolo coniugale. Sapere se il permesso vada negato in virtù delle eccezioni o delle restrizioni che discendono dall'art. 7 cpv. 1 terza frase e cpv. 2 LDDS, nonché dall'abuso di diritto, è per contro un problema di merito, non di ammissibilità (DTF 128 II 145 consid. 1.1.5; 126 II 265 consid. 1b e riferimenti). Nella specie, B.A.________ e A.A.________ sono coniugati dal 5 giugno 1997. Il ricorso di diritto amministrativo esperito dalla moglie, indubbiamente legittimata a contestare il rifiuto del permesso di dimora al coniuge (art. 103 lett. a OG; DTF 116 Ib 353 consid. 1b), e presentato in tempo utile (art. 106 cpv. 1 OG), è pertanto, in linea di principio, ammissibile. 
1.1.2 Il coniuge straniero di un cittadino svizzero può parimenti prevalersi del diritto al rispetto della vita privata e familiare previsto dall'art. 8 della Convenzione europea del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU; RS 0.101), a condizione che la relazione sia intatta ed effettivamente vissuta (DTF 129 II 193 consid. 5.3.1; 127 II 60 consid. 1d/aa). In concreto, le dichiarazioni versate agli atti attestano certo che i coniugi A.________ intrattengono dei rapporti, ma appalesano altresì delle incertezze sull'intensità della loro relazione. A questo stadio non occorre comunque esaminare oltre tali aspetti: dal momento che il gravame è in ogni caso ammissibile in virtù delle considerazioni esposte in precedenza (consid. 1.1.1), la sua ricevibilità anche dal profilo dell'art. 8 CEDU può infatti rimanere indecisa. 
1.2 In virtù dell'art. 100 cpv. 1 lett. b n. 1 OG, il ricorso di diritto amministrativo non è ammissibile contro il rifiuto, la limitazione o il divieto d'entrata. Nella misura in cui chiede il rilascio di un'autorizzazione d'entrata in Svizzera - ammesso che l'ingresso di B.A.________ nel nostro paese imponga effettivamente un'autorizzazione formale delle autorità - il gravame è pertanto inammissibile. 
1.3 Parimenti irricevibile è infine lo scritto che i genitori della ricorrente, privi della qualità di parte e non invitati a prendere posizione, hanno inviato direttamente e di loro iniziativa al Tribunale federale il 2 giugno 2004 a sostegno della figlia. 
2. 
Con il ricorso di diritto amministrativo può essere fatta valere la violazione del diritto federale, che comprende i diritti costituzionali dei cittadini (DTF 126 III 431 consid. 3; 123 II 385 consid. 3) nonché l'eccesso e l'abuso del potere di apprezzamento (art. 104 lett. a OG). Quale organo della giustizia amministrativa, il Tribunale federale esamina d'ufficio l'applicazione del diritto federale (art. 114 cpv. 1 OG), senza essere vincolato dai considerandi della decisione impugnata o dai motivi invocati dalle parti. Mediante tale rimedio può inoltre venir censurato l'accertamento inesatto o incompleto dei fatti (art. 104 lett. b OG). Considerato comunque che, nel caso di specie, la decisione impugnata emana da un'autorità giudiziaria, l'accertamento dei fatti da essa operato vincola il Tribunale federale, salvo che questi risultino manifestamente inesatti o incompleti oppure siano stati accertati violando norme essenziali di procedura (art. 105 cpv. 2 OG). 
3. 
3.1 Il diritto del coniuge straniero di un cittadino svizzero al rilascio del permesso di dimora si estingue qualora sorga un motivo d'espulsione (art. 7 cpv. 1, 3° periodo LDDS). Secondo l'art. 10 cpv. 1 LDDS, uno straniero può essere espulso, tra l'altro, quando egli sia stato punito dall'autorità giudiziaria per un crimine o un delitto (lett. a), quando la sua condotta in generale e i suoi atti permettano di concludere che non vuole o non è capace di adattarsi all'ordinamento vigente nel Paese che lo ospita (lett. b) oppure quando egli stesso, o una persona a cui deve provvedere, cade in modo continuo e rilevante a carico dell'assistenza pubblica (lett. d). L'art. 11 cpv. 3, 1° periodo LDDS precisa che una simile misura può essere pronunciata soltanto se dall'insieme delle circostanze essa sembra adeguata, ossia se rispetta il principio di proporzionalità. Per valutare se tale presupposto sia adempiuto occorre tener conto, segnatamente, della gravità della colpa a carico dell'interessato, della durata del suo soggiorno in Svizzera e del pregiudizio che egli e la sua famiglia subirebbero in caso di espulsione (art. 16 cpv. 3 dell'ordinanza di esecuzione della LDDS, del 10 marzo 1949; ODDS; RS 142.201). L'espulsione fondata sul motivo previsto dall'art. 10 cpv. 1 lett. d LDDS può essere pronunciata soltanto se il ritorno dell'espulso nel proprio paese d'origine è possibile e può essere ragionevolmente richiesto (art. 10 cpv. 2 LDDS). Allorquando sono dati più motivi di espulsione senza che nessuno di essi, per ragioni di proporzionalità, giustifichi di per sé l'adozione di questo provvedimento, la situazione dello straniero va valutata nel suo insieme, per cui, a seconda delle circostanze, il suo allontanamento può comunque apparire giustificato (Alain Wurzburger, La jurisprudence récente du Tribunal fédéral en matière de police des étrangers, in: RDAF 1997 I pag. 267 e segg., in part. pag. 308). Un'analoga, attenta ponderazione degli interessi si impone pure in relazione al rilascio di un permesso di dimora al coniuge straniero di un cittadino svizzero, per il quale sono ravvisabili motivi d'espulsione (DTF 120 Ib 6 consid. 4a). 
3.2 Anche il diritto al rispetto della vita privata e familiare di cui all'art. 8 CEDU non è assoluto. Un'ingerenza nell'esercizio di tale diritto è ammissibile, secondo l'art. 8 n. 2 CEDU, in quanto sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui. Pure nell'ottica di tale disposto, il quesito di sapere se le autorità di polizia degli stranieri debbano rilasciare un'autorizzazione di soggiorno, va dunque risolto ponderando, in ogni singolo caso, tutti gli interessi privati e pubblici in gioco (DTF 125 II 633 consid. 2e; 120 Ib 129 consid. 4b; Alain Wurzburger, op. cit., pag. 310). 
4. 
4.1 Nella fattispecie in esame, le infrazioni penali commesse dal coniuge della ricorrente, senza volerle minimizzare, non appaiono comunque di particolare gravità dal profilo della sicurezza pubblica e risultano inoltre ormai datate. È vero che egli, oltre alle condanne subite fino al 1997 (elencate in narrativa), è pure stato colto a varcare illegalmente il confine svizzero anche dopo la precedente decisione di diniego del permesso di dimora; ciò è comunque avvenuto in un'unica occasione, risalente al 25 settembre 1998. Da allora, in particolare dopo la crescita in giudicato dell'espulsione per tre anni pronunciata in sede penale e malgrado egli abiti in prossimità della frontiera, la sua presenza in Svizzera non è più stata segnalata. Ad ogni modo, nel loro insieme, le pene detentive inflittegli raggiungono complessivamente i trentacinque giorni e si situano pertanto ampiamente al di sotto del limite indicativo di due anni a partire dal quale, salvo circostanze eccezionali, deve essere in ogni caso negato il permesso di dimora al coniuge straniero di un cittadino svizzero, da poco tempo nel nostro paese (DTF 130 II 176 consid. 4.1; 120 Ib 6 consid. 4b). 
4.2 
4.2.1 Sotto l'aspetto economico, il marito dell'insorgente ha trascurato i propri obblighi di mantenimento verso la figlia sin dal 1993, costringendo quest'ultima a ricorrere all'assistenza pubblica per ottenere l'anticipo degli alimenti. Il debito così accumulato, pari a fr. 14'718.40 al momento del primo diniego del permesso a titolo di ricongiungimento familiare (estate 1997), è cresciuto a fr. 50'614.75 al 31 maggio 2003. Professionalmente, nel corso degli ultimi anni egli ha lavorato per circa 7/8 mesi all'anno come operaio agricolo avventizio alle dipendenze della Comunità montana Valli del Luinese, rimanendo senza lavoro durante i mesi invernali e percependo un salario netto che, nel corso del 2002, è ammontato a EUR 7'178.26 per 1017 ore lavorative. La ricorrente è invece al beneficio di una rendita d'invalidità e di prestazioni complementari, che le assicurano un'entrata mensile complessiva di fr. 2'509.-- (stato 2003). 
 
Sulla base di questi dati, la Corte cantonale ha ritenuto che, autorizzando il soggiorno in Svizzera dell'interessato, non possa essere escluso il pericolo per i coniugi A.________ di doversi confrontare con una situazione di indigenza. Al riguardo, essa ha parimenti ricordato i periodi di disoccupazione durante il precedente soggiorno in Svizzera del coniuge straniero e ha sollevato dubbi circa le sue possibilità di trovare lavoro nel nostro paese in tempi brevi. Gli ha inoltre rimproverato di non aver sfruttato appieno le proprie potenzialità lavorative per far fronte al mantenimento della figlia. 
4.2.2 Secondo costante giurisprudenza, il motivo d'espulsione di cui all'art. 10 cpv. 1 lett. d LDDS è adempiuto soltanto se - fondandosi sulla situazione finanziaria attuale e sulla sua probabile evoluzione - esiste un rischio concreto che l'interessato, rispettivamente le persone che ne dipendono, cadano in maniera continua e rilevante a carico dell'assistenza pubblica. Semplici dubbi al riguardo non bastano (DTF 125 II 633 consid. 3c; 122 II 1 consid. 3c; 119 Ib 81 consid. 2d, 1 consid. 3b; sentenza 2A.269/2001 del 30 agosto 2001, in: RDAT I-2002 n. 42, consid. 3d/aa). 
 
Nel caso di specie - come osservato - il Tribunale amministrativo non ha espressamente ritenuto assai probabile un ricorso massiccio e duraturo a prestazioni assistenziali, limitandosi a non escludere uno stato di indigenza. Una simile deduzione non è tuttavia di per sé sufficiente per negare il permesso di dimora in base all'art. 10 cpv. 1 lett. d LDDS. 
 
È innegabile che la situazione dei coniugi A.________ risulti finanziariamente precaria e caratterizzata da entrate veramente ridotte ai minimi termini. D'altra parte, sembrerebbe comunque che il modesto reddito del coniuge straniero, unitamente alle prestazioni delle assicurazioni sociali versate alla ricorrente, siano stati sufficienti, nel corso degli ultimi anni, per garantire il sostentamento della coppia. In caso di ricongiungimento, i coniugi non dovrebbero peraltro più sobbarcarsi l'onere di due residenze separate e potrebbero sistemarsi nell'appartamento di 3,5 locali di cui la ricorrente già paga la pigione. Il marito pare inoltre aver raggiunto una certa stabilità professionale e, considerate le distanze da percorrere, potrebbe forse continuare a lavorare nella regione di Luino fino al momento in cui dovesse trovare un'occupazione in Svizzera. A quel punto, con ogni verosimiglianza, la retribuzione non potrebbe che essere superiore a quella percepita in Italia. Rispetto al suo precedente soggiorno in Svizzera, anche gli oneri familiari dell'interessato dovrebbero essere radicalmente mutati, dal momento che cinque dei sei figli avuti dalla precedente moglie sono ormai maggiorenni. 
 
Per quanto concerne la costante inadempienza verso la figlia E.________, decisivo non è il fatto che B.A.________, il quale non intrattiene con lei alcun rapporto, possa essere o meno in grado di rimborsare quanto finora versatole dallo Stato. L'obiettivo perseguito dalla normativa legale è in effetti essenzialmente quello di impedire che il debito nei confronti dell'ente pubblico aumenti (DTF 119 Ib 1 consid. 3b; sentenza 2A.261/ 2001 del 30 agosto 2001, in: RDAT I-2002 n. 42, consid. 3d/aa; sentenza 2A.70/2001 del 7 maggio 2001, in: RDAT II-2001 n. 60, consid. 4a). Per rapporto a tale finalità, la presenza del debitore in Svizzera è invero di per sé ininfluente nel caso concreto, dal momento che l'anticipo degli alimenti viene garantito non in funzione del suo luogo di residenza, bensì del domicilio nel nostro paese della figlia, di cittadinanza svizzera; la presenza del padre non potrebbe semmai che agevolare l'incasso dei contributi. Ciò non toglie evidentemente che il mancato pagamento degli alimenti denoti una certa incapacità dell'interessato ad adattarsi alle regole vigenti nel nostro paese, ai sensi dell'art. 10 cpv. 1 lett. b LDDS, e che una prognosi negativa per il futuro è suscettibile di fondare un'espulsione in base all'art. 10 cpv. 1 lett. d LDDS. Il salario percepito dal padre in Italia è comunque effettivamente appena sufficiente a garantire il proprio sostentamento ed è parimenti plausibile che l'attività esercitata non possa venir svolta su tutto l'arco dell'anno. Anche sotto questo aspetto, in caso di occupazione in Svizzera i presupposti potrebbero essere ben differenti. 
4.2.3 Tenuto conto delle contrastanti indicazioni testé menzionate, la questione della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 10 cpv. 1 lett. d, rispettivamente lett. b, LDDS non può essere risolta in via definitiva sulla base degli elementi agli atti. Le risultanze processuali sono in effetti lacunose su aspetti essenziali già a questo stadio, quali, in particolare, le concrete condizioni di vita dei coniugi A.________, le prospettive professionali del marito o i suoi residui obblighi di mantenimento. Una valutazione ponderata ed attendibile del rischio di nuovo, costante ed ingente ricorso all'assistenza pubblica non può prescindere da un approfondimento di tali questioni. In ogni caso, quand'anche si volesse ammettere l'esistenza di motivi d'espulsione, facendo astrazione dalle suddette necessità istruttorie, il diniego del permesso richiederebbe comunque, nella specie, un rigoroso esame della sua proporzionalità. 
4.3 
4.3.1 Considerato che i coniugi A.________ vivono più o meno regolarmente assieme in Italia, la Corte cantonale ha ritenuto che il loro interesse privato a trasferirsi entrambi in Svizzera non sia preminente rispetto all'interesse della collettività ad impedire l'ingresso di uno straniero che ha posto in passato delle difficoltà e che non paga gli alimenti alla figlia. Il Tribunale amministrativo si è chiesto se la domanda di permesso sia dettata da una reale volontà di convivenza matrimoniale, ma ha lasciato l'interrogativo aperto, poiché, a suo giudizio, nemmeno in tale evenienza la controversa autorizzazione potrebbe venir rilasciata. 
4.3.2 Nell'ambito della ponderazione degli interessi in gioco, occorre certamente tener conto della condotta tenuta dal marito dell'insorgente nel nostro paese, dove egli ha vissuto pressoché ininterrottamente per sedici anni (dal 1980 al 1996), durata comunque non trascurabile (DTF 119 Ib 1 consid. 4c). Tale comportamento deve però essere valutato, tra l'altro, anche in funzione del tempo trascorso e dell'evoluzione della situazione dell'interessato in questi anni. I motivi posti a fondamento della precedente decisione negativa, pronunciata in ultima istanza dal Tribunale amministrativo il 3 febbraio 1998, non possono, da soli, giustificare un diniego a tempo indeterminato del ricongiungimento in Svizzera dei coniugi A.________. 
Se un trasferimento definitivo a Luino della ricorrente non presenta evidentemente grosse difficoltà, ed anzi sembra che ella vi trascorra già parte del proprio tempo, quale cittadina svizzera la stessa ha comunque di principio il diritto di poter vivere nel nostro paese e di farsi raggiungere dal coniuge. Nulla è peraltro dato di sapere sulle possibilità per quest'ultimo di vedersi rinnovare il permesso di soggiorno italiano, che scade il 18 settembre 2004. L'esame della proporzionalità del controverso provvedimento impone tuttavia anche di verificare in che misura sia esigibile per il coniuge svizzero di vivere la propria vita familiare all'estero (DTF 122 II 1 consid. 2; 116 Ib 353 consid. 3b; 115 Ib 1 consid. 3b). Da questo profilo, vi è indubbiamente una differenza se le prospettive sono in Italia, piuttosto che in Kossovo. 
 
L'intensità del legame coniugale costituisce un criterio molto importante nella ponderazione degli interessi (sentenza 2A.366/2001 del 29 gennaio 2002, in: RDAT I-2002 n. 43, consid. 4b; Andreas Zünd, Beendigung der Anwesenheit, Entfernung und Fernhaltung, in: Uebersax/ Münch/Geiser/Arnold [a cura di], Ausländerrecht, Basilea/Ginevra/Monaco 2002, n. 6.56). Nel caso specifico, visto che - come osservato in precedenza e riservati gli accertamenti che s'impongono (consid. 4.1 e 4.2) - i motivi d'espulsione non sembrerebbero della massima gravità, questo criterio assume importanza fondamentale e la sua valutazione non può restare semplicemente indecisa. Alcuni elementi possono invero dar adito a sospetti sulla reale natura del connubio, in particolare il precedente doppio matrimonio della ricorrente con un cittadino iugoslavo, da cui ha divorziato poco prima dei cinque anni di nozze (11 novembre 1989 - 6 ottobre 1994) e che ha risposato di lì a qualche mese (il 25 agosto 1995), dopo che il Tribunale federale aveva negato allo stesso il rinnovo del permesso di dimora (sentenza 2A.30/1995 del 31 marzo 1995). D'altra parte, B.A.________ e A.A.________ sono però coniugati da circa sette anni. Inoltre, quando al marito è stato negato la prima volta il permesso di dimora, egli è andato a risiedere in prossimità della frontiera, dove vive tuttora, in modo da poter agevolmente mantenere il rapporto con la moglie. Davanti alle istanze cantonali, la ricorrente ha infine prodotto svariate dichiarazioni scritte, di suoi parenti, di conoscenti a Luino e del medico curante del marito, che attestano l'esistenza di una relazione serena ed affiatata. Le modalità e l'intensità secondo cui i coniugi si frequentano non sono tuttavia del tutto chiare: nel proprio gravame, la ricorrente stessa non asserisce di vivere con il marito, ma di rendergli visita settimanalmente. In definitiva, anche su questo punto gli atti di causa non permettono di trarre conclusioni certe. 
4.3.3 In assenza, tra l'altro, di indicazioni univoche sull'intensità del legame coniugale e di ragguagli fondamentali sulla possibilità per il marito di prolungare il soggiorno in Italia, ne consegue che, allo stadio attuale, nemmeno la proporzionalità della decisione impugnata può essere compiutamente valutata. 
4.4 Per le ragioni esposte, gli accertamenti fattuali, così come risultano dalla sentenza impugnata e dall'inserto di causa, si rivelano dunque manifestamente incompleti (art. 105 cpv. 2 OG). La causa va pertanto rinviata all'istanza precedente affinché emani un nuovo giudizio previo completamento dell'istruttoria, ai sensi dei considerandi (art. 114 cpv. 2 OG). In una situazione come quella in esame, che impone di conoscere in dettaglio molteplici aspetti relativi alle persone coinvolte, appare in particolare assai utile ed efficace, e peraltro agevole, procedere in primo luogo all'audizione delle medesime. 
5. 
5.1 Sulla scorta di quanto precede, il ricorso è accolto e la sentenza impugnata annullata. 
5.2 Lo Stato del Canton Ticino, i cui interessi pecuniari non sono in gioco, è dispensato dal pagamento di spese processuali (art. 156 cpv. 2 OG). Esso verserà invece alla ricorrente, assistita da un avvocato, un'indennità per ripetibili della sede federale (art. 159 cpv. 1 e 2 OG). In queste condizioni, la domanda di assistenza giudiziaria risulta pertanto priva d'oggetto. 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è accolto e la sentenza impugnata è annullata. Gli atti di causa vengono rinviati al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino per nuovo giudizio nel senso dei considerandi. 
2. 
Non si preleva tassa di giustizia. 
3. 
Lo Stato del Cantone Ticino rifonderà alla ricorrente un'indennità di fr. 2'000.-- a titolo di ripetibili della sede federale. 
4. 
La domanda di assistenza giudiziaria è priva d'oggetto. 
5. 
Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché all'Ufficio federale dell'immigrazione, dell'integrazione e dell'emigrazione. 
Losanna, 20 luglio 2004 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: Il cancelliere: