Wichtiger Hinweis:
Diese Website wird in älteren Versionen von Netscape ohne graphische Elemente dargestellt. Die Funktionalität der Website ist aber trotzdem gewährleistet. Wenn Sie diese Website regelmässig benutzen, empfehlen wir Ihnen, auf Ihrem Computer einen aktuellen Browser zu installieren.
Zurück zur Einstiegsseite Drucken
Grössere Schrift
 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
4C.242/2006 /viz 
 
Sentenza del 19 dicembre 2006 
I Corte civile 
 
Composizione 
Giudici federali Corboz, presidente, 
Favre, Kiss, 
cancelliera Gianinazzi. 
 
Parti 
A.________, 
convenuta e ricorrente, 
patrocinata dall'avv. Daniele Moro, 
 
contro 
 
B.________, 
attrice e opponente, 
patrocinata dall'avv. Michela Ferrari-Testa. 
 
Oggetto 
contratto di locazione, disdetta, protrazione; 
 
ricorso per riforma contro la sentenza emanata il 
24 maggio 2006 dalla II Camera civile del Tribunale 
di appello del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
A. 
Dal 1° aprile 1999 A.________ abita in un appartamento ammobiliato appartenente a B.________, a Ponte Tresa. 
 
Fino al 5 novembre 2003 l'appartamento era gravato da un diritto di abitazione a favore della madre della proprietaria, ricoverata per motivi di salute in una casa di cura, che è deceduta, appunto, il 5 novembre 2003 (art. 64 cpv. 2 OG). 
B. 
L'attuale controversia trae origine dalla disdetta del contratto di locazione notificata (una prima volta) il 28 aprile 2003 da B.________. Il 22 luglio 2003 essa ha nuovamente disdetto il contratto, questa volta mediante l'apposito modulo ufficiale, con effetto al 31 ottobre 2003. 
 
La disdetta è stata annullata dal competente ufficio di conciliazione in materia di locazione il 30 ottobre 2003. 
C. 
Il 28 novembre 2003 B.________ si è rivolta alla Pretura del Distretto di Lugano, sezione 4, chiedendo l'accertamento, in via principale, della validità della disdetta del 28 aprile 2003 e, in via subordinata, di quella successiva del 22 luglio 2003, con esclusione di ogni protrazione del contratto visto il bisogno proprio per le necessità del figlio. 
 
A.________ si è opposta alla domanda adducendo la nullità sia della disdetta del 28 aprile 2003, siccome non notificata sul modulo ufficiale previsto per le disdette, sia di quella del 22 luglio 2003, siccome inoltrata per ripicca in seguito al suo rifiuto, espresso il 29 marzo 2003, di assumersi gli oneri di pulizia auspicati dall'attrice il 3 gennaio precedente. In via subordinata A.________ ha poi chiesto la concessione di una protrazione della locazione di quattro anni, fino al 29 marzo 2008. 
 
L'azione di B.________ è stata accolta solo parzialmente. Nella sentenza pronunciata il 15 dicembre 2005 la giudice di primo grado ha infatti riconosciuto come valida unicamente la seconda disdetta, ma con effetto al 29 marzo 2004, e ha accordato a A.________ una protrazione unica e definitiva del contratto fino al 29 marzo 2006. 
D. 
L'impugnativa interposta da A.________ è stata respinta il 24 maggio 2006 dalla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, che ha confermato le considerazioni e le conclusioni pretorili. 
E. 
Prevalendosi della violazione degli art. 271 cpv. 1, 271a cpv. 1 lett. b nonché 272 e 272b cpv. 1 CO, il 3 luglio 2006 A.________ è insorta dinanzi al Tribunale federale con un ricorso per riforma inteso ad ottenere, in via principale, l'annullamento della sentenza impugnata - previa concessione dell'effetto sospensivo al gravame - e, in via subordinata, la concessione di una protrazione unica della locazione di quattro anni fino al 29 marzo 2008. 
 
Nella risposta del 14 settembre 2006 B.________ ha proposto sia la reiezione dell'istanza di effetto sospensivo sia l'integrale reiezione del gravame. 
 
Diritto: 
1. 
Prima ancora di chinarsi sull'ammissibilità del rimedio esperito, che il Tribunale federale esamina d'ufficio e con pieno potere cognitivo (DTF 131 III 667 consid. 1), occorre rammentare che il ricorso per riforma sospende per legge l'esecuzione della sentenza impugnata (art. 54 cpv. 4 OG). In questo caso l'istanza tendente al conferimento dell'effetto sospensivo è pertanto senza oggetto. 
2. 
Interposto in tempo utile (art. 54 OG) dalla parte soccombente contro una sentenza finale emanata dall'ultima istanza cantonale (art. 48 cpv. 1 OG) in una causa civile di natura pecuniaria, com'è quella in rassegna, il ricorso per riforma per violazione del diritto federale (art. 43 cpv. 1 OG) è di per sé proponibile, a condizione che il valore litigioso dinanzi all'ultima giurisdizione fosse superiore a fr. 8'000.-- (art. 46 OG). 
 
Trattandosi di un litigio concernente la cessazione della locazione, ai fini del calcolo del valore di causa risulta determinante il periodo durante il quale il contratto sussisterebbe necessariamente qualora la disdetta non fosse valida. 
Secondo la giurisprudenza tale periodo si estende sino al momento in cui una nuova (ordinaria) disdetta potrà essere significata, oppure è già stata data (DTF 111 II 384 consid. 1). In pratica, occorre prendere in considerazione il periodo di tre anni di cui all'art. 271a cpv. 1 lett. e CO (cfr. David Lachat, Le bail à loyer, n. 3.3 a pag. 105). 
 
Considerato che in concreto la pigione annuale ammonta a fr. 8'400.-- il valore di causa richiesto dall'art. 46 OG risulta ampiamente superato. 
 
Ne discende che il ricorso per riforma è ricevibile, perlomeno sotto questo profilo. 
3. 
L'ammissibilità del gravame suscita infatti delle perplessità con riferimento alle conclusioni ivi formulate e alla sua motivazione. 
3.1 Giusta l'art. 55 cpv. 1 lett. b OG l'atto di ricorso deve contenere l'indicazione esatta dei punti impugnati della decisione e delle modifiche proposte. La parte che ricorre non può dunque, di principio, limitarsi - come fa la convenuta nella sua domanda principale - a postulare l'annullamento della pronunzia criticata bensì deve formulare delle conclusioni ben precise, pena l'inammissibilità del gravame (DTF 130 III 136 consid. 2.1; 129 III 171 consid. 1 non pubblicato; Bernard Corboz, Le recours en réforme au Tribunal fédéral in: SJ 2000 II pag. 45). 
 
Il mancato ossequio di questa norma non comporta tuttavia, in concreto, l'irricevibilità del ricorso. La volontà della convenuta di ottenere l'annullamento della disdetta emerge dalla motivazione e ha poi espresso in maniera sufficientemente chiara la sua conclusione nella domanda subordinata, tendente, in pratica, alla modifica della sentenza impugnata nel senso dell'accoglimento della richiesta - presentata subordinatamente con l'appello - di concederle una proroga unica del contratto di locazione di quattro anni fino al 29 marzo 2008. 
3.2 Con riferimento alla motivazione del ricorso, l'art. 55 cpv. 1 lett. c OG esige che in essa venga esposto in modo conciso quali sono le norme di diritto federale violate dalla decisione impugnata e in che consiste la violazione. La motivazione non deve, però, criticare accertamenti di fatto, né addurre fatti nuovi, né proporre eccezioni, contestazioni e mezzi di prova nuovi. 
Ora, dinanzi al Tribunale federale la convenuta rimprovera in primo luogo ai giudici ticinesi la violazione dell'art. 271 cpv. 1 CO, in virtù del quale la disdetta può essere annullata se contraria alle regole della buona fede. La Corte cantonale avrebbe violato questo disposto omettendo di sanzionare il comportamento dell'attrice, la quale a sostegno della disdetta rapporto di locazione ha addotto un motivo - il bisogno urgente del figlio - che in corso di istruttoria si è rivelato inveritiero. 
 
Nell'allegato di risposta l'attrice rileva come la convenuta non abbia mai precedentemente contestato la disdetta per le ragioni addotte nell'allegato ricorsuale. Si tratta a suo modo di vedere di un argomento nuovo e pertanto inammissibile alla luce di quanto prescritto dall'art. 55 cpv. 1 lett. c OG. 
3.2.1 Va detto, però, che la giurisprudenza ammette la presentazione di un argomento giuridico nuovo dinanzi al Tribunale federale, a patto che poggi sui fatti accertati nel giudizio impugnato (DTF 130 III 28 consid. 4.4 con rinvii; Bernard Corboz, op. cit., pag. 46). 
 
Tale condizione non è realizzata nella fattispecie. La pronunzia cantonale non menziona la necessità del figlio dell'attrice di disporre dell'appartamento né nel quadro dell'esame della validità della disdetta né in quello del riesame del giudizio sulla durata della protrazione della locazione. Questo perché, come rilevato dall'attrice, nell'atto d'appello la convenuta non ha evocato tale questione. In effetti, dinanzi al Tribunale d'appello essa aveva incentrato la sua contestazione sull'art. 271a cpv. 1 lett. b CO, asserendo che l'attrice le aveva notificato la disdetta per ripicca, dopo aver tentato di imporle una modifica unilaterale del contratto a suo sfavore. 
3.2.2 Per completezza si può comunque osservare che in prima istanza l'attrice aveva effettivamente asseverato il bisogno urgente del figlio, anche e soprattutto per spiegare la sua opposizione a una qualsiasi protrazione. La giudice aveva tuttavia negato a questo argomento un'importanza decisiva, avendo l'istruttoria reso verosimile un certo bisogno del figlio, vista l'intenzione di vendere della proprietaria dell'appartamento da lui occupato, ma non l'urgenza. 
3.2.3 Sia come sia, la censura deve in ogni caso venir dichiarata inammissibile anche perché, nonostante il richiamo all'art. 271 cpv. 1 CO, l'argomentazione ricorsuale non verte sui criteri di applicazione di questa norma bensì unicamente sul motivo addotto dall'attrice a sostegno della disdetta, ovvero su di una questione di fatto (DTF 130 III 699 consid. 4.1 pag. 702) priva di riscontro nel giudizio impugnato, che, come già detto, non contiene alcun accertamento in merito al carattere pretestuoso del motivo di disdetta addotto dall'attrice. 
 
Giovi allora rammentare che nella giurisdizione di riforma il Tribunale federale fonda il suo giudizio sui fatti così come sono stati accertati dall'ultima autorità cantonale, a meno che non siano state violate disposizioni federali in materia di prove (quale ad esempio l'art. 8 CC), debbano venire rettificati accertamenti di fatto derivanti da una svista manifesta (art. 63 cpv. 2 OG) o si renda necessario un complemento degli stessi a norma dell'art. 64 OG (DTF 130 III 102 consid. 2.2 pag. 106, 136 consid. 1.4 pag. 140 con rinvii). Tutte queste critiche e gli atti cui si riferiscono devono essere debitamente specificati (art. 55 cpv. 1 lett. b e d OG). Fatte salve queste eccezioni, censure contro l'accertamento dei fatti e l'apprezzamento delle prove eseguiti dall'autorità cantonale sono improponibili, così come non si può far riferimento a circostanze non accertate nel giudizio impugnato, trattandosi di fatti nuovi (art. 55 cpv. 1 lett. c OG; DTF citati; 129 III 618 consid. 3). 
4. 
Da questi principi discende anche la parziale inammissibilità degli argomenti che la convenuta propone nella seconda parte del ricorso per riforma, laddove si duole della violazione dell'art. 271a cpv. 1 lett. b CO, giusta il quale la disdetta può essere annullata se data allo scopo di imporre una modifica unilaterale del contratto sfavorevole al conduttore o un adeguamento della pigione. 
4.1 Come ricordato nell'impugnativa, lo scopo dell'art. 271a cpv. 1 lett. b CO è di evitare che il conduttore abbia a scegliere tra l'accettazione di modifiche sfavorevoli del contratto di locazione e il rischio di ricevere una disdetta, ossia ad impedire che il conduttore debba optare tra restare nei locali a condizioni meno vantaggiose o andarsene (Pierre Tercier, Les contrats spéciaux, 3a ed., Zurigo/Basilea/Ginevra 2003, n. 2463; SVIT-Kommentar, 2a ed., Zurigo 1998, n. 15-17 ad art. 271a CO; David Lachat, op. cit., n. 5.2.1 pag. 476; Peter Higi in: Zürcher Kommentar, n. 71 ad art. 271a CO). Incombe al conduttore che postula l'annullamento della disdetta l'onere di provare che i requisiti per l'applicazione di questa norma sono adempiuti. Egli è tenuto a dimostrare l'esistenza di una (volontà di) modifica unilaterale del contratto (Peter Higi, op. cit., n. 74-81 e 90 ad art. 271a CO), a dimostrare che questa rappresenta un peggioramento della sua situazione economica (Peter Higi, op. cit., n. 82-85 e 90 ad art. 271a CO) e, infine, che tra la disdetta del contratto e la volontà del locatore d'imporre la propria pretesa vi è un nesso diretto (Pierre Tercier, op. cit., n. 2464; SVIT-Kommentar, n. 22 ad art. 271a CO ; David Lachat, op. cit., n. 5.2.3 pag. 477; Peter Higi, op. cit., n. 86-89 ad art. 271a CO). 
4.2 Nella fattispecie in rassegna la Corte cantonale ha stabilito che la convenuta non ha fornito tale prova. Esaminate le risultanze istruttorie in merito alle circostanze in cui è stata formulata la proposta di modifica contrattuale ed evidenziata, in particolare, la modesta entità dei lavori di pulizia richiesti dall'attrice, i giudici ticinesi hanno infatti concluso che "la disdetta del contratto di locazione non era in nesso causale con un tentativo dell'attrice di ottenere una modifica unilaterale del contratto a svantaggio della convenuta". 
 
La convenuta contesta questa decisione, ma non si avvede che, pur richiamando in maniera pertinente i principi che reggono l'applicazione della norma da lei citata, le sue critiche non riguardano tanto il diritto quanto l'apprezzamento delle prove e l'accertamento dei fatti. 
4.2.1 In primo luogo essa adduce che la volontà dell'attrice di imporre una modifica unilaterale del contratto si evincerebbe dal contenuto delle due lettere inviatele dall'attrice il 3 gennaio e 29 marzo 2003. 
 
Quest'affermazione trova però solo parzialmente riscontro nella fattispecie accertata dalla Corte cantonale secondo cui i citati scritti - il cui tono non era "intimidatorio e minaccioso", come asseverato dalla convenuta, ma cordiale - non esprimevano l'intenzione dell'attrice di modificare, di propria iniziativa, il contratto bensì si inserivano in un contesto di trattative fra le parti, avviate dalla conduttrice stessa, in merito a un eventuale aumento della pigione. Nell'ambito di tali trattative l'attrice aveva rifiutato l'aumento del canone di locazione offerto dalla convenuta dicendosi piuttosto interessata a un contributo nella forma di lavori di pulizia, ch'essa non poteva più svolgere personalmente a causa di problemi di salute. 
 
Si può tuttavia osservare che in un contesto di questo genere la possibilità di ammettere una volontà di modifica unilaterale non è completamente esclusa; questa può infatti anche manifestarsi nella forma di una controproposta del locatore all'offerta del conduttore (Peter Higi, op. cit., n. 81 ad art. 271a CO). 
4.2.2 La convenuta sostiene poi che la natura svantaggiosa della modifica auspicata dall'attrice sarebbe evidente poiché implicava ch'essa si assumesse, oltre al pagamento della pigione mensile, anche l'onere di svolgere i lavori di pulizia. 
A questo proposito i giudici ticinesi hanno rilevato la modesta entità dei lavori di pulizia in questione, dato ch'essi avrebbero richiesto poco più di una decina di minuti alla settimana. 
 
Al che la convenuta obietta l'irrilevanza dell'entità dei lavori ai fini dell'applicazione dell'art. 271a cpv. 1 lett. b OG. L'affermazione è di per sé corretta poiché, in effetti, ogni peggioramento della posizione contrattuale del conduttore attuato unilateralmente dal locatore senza offrire in contropartita un miglioramento economico, volto a mantenere il precedente equilibrio fra prestazione e controprestazione, vale quale "modifica unilaterale a svantaggio del conduttore" (SVIT-Kommentar, n. 18 ad art. 271a CO; David Lachat, op. cit, n. 5.2.2 pag. 476; Peter Higi, op. cit., n. 84 ad art. 271a CO). 
 
Questo non significa tuttavia che la decisione dei giudici ticinesi sia da considerare lesiva del diritto federale. 
4.2.3 Sono infatti le circostanze in cui è avvenuta la proposta di modifica e l'entità modesta dei lavori di pulizia richiesti, insieme, che hanno indotto i giudici cantonali a negare l'esistenza di un nesso causale fra la disdetta e il tentativo di modifica contrattuale da parte dell'attrice. Nella loro motivazione, essi non hanno tuttavia detto in termini espliciti se il nesso causale di cui hanno accertato l'assenza fosse quello naturale oppure quello adeguato. La distinzione è importante. 
4.2.3.1 Se, infatti, i giudici ticinesi hanno escluso l'esistenza di un nesso di causalità naturale (relazione di causa-effetto), ovvero negato ogni relazione fra la disdetta e la modifica contrattuale proposta, allora la loro conclusione non è censurabile nel quadro del presente rimedio, trattandosi di una questione di fatto (DTF 128 III 174 consid. 2b pag. 177, 180 consid. 2d pag. 184; 115 II 440 consid. 5b pag. 448 seg). 
4.2.3.2 Se, per contro, i giudici ticinesi hanno inteso negare l'esistenza di un nesso di casualità adeguata, il ricorso dev'essere ammesso, trattandosi di una questione di diritto (DTF 123 III 110 consid. 2). 
4.2.3.2.1 È causa adeguata di un determinato evento qualsiasi avvenimento o fatto che, secondo il normale andamento delle cose e sulla scorta della generale esperienza della vita, sia di per sé atto a provocare un risultato come quello che si è prodotto (DTF 132 III 122 consid. 5.2.2.1 non pubblicato; 123 III 110 consid. 3a pag. 112). 
Il giudizio sul nesso di causalità adeguata richiede l'apprezzamento del giudice, il quale decide secondo il diritto e l'equità, conformemente all'art. 4 CC (DTF 123 III 110 consid. 3a pag. 112). Per giurisprudenza invalsa il Tribunale federale esamina con riserva l'esercizio del potere d'apprezzamento da parte dell'ultima istanza cantonale. Esso interviene, segnatamente, quando la decisione si scosta senza motivo dai principi stabiliti da dottrina e giurisprudenza in materia di libero apprezzamento e si fonda su fatti che nel caso particolare non avevano importanza alcuna, oppure, al contrario, quando non si è tenuto conto di elementi che avrebbero dovuto essere presi in considerazione (DTF 125 III 226 consid. 4b). Il Tribunale federale sanziona inoltre le decisioni rese in virtù di un tale potere d'apprezzamento quando esse sfociano in un risultato manifestamente ingiusto o in un'iniquità scioccante (DTF 130 III 28 consid. 4.1 p. 32 con rinvii). 
4.2.3.2.2 A mente della convenuta, nel quadro della loro valutazione i giudici ticinesi avrebbero in particolare trascurato di considerare la motivazione pretestuosa addotta dall'attrice a sostegno della disdetta e il breve tempo trascorso tra il tentativo di modifica e la disdetta. 
 
Già si è detto che nella misura in cui concerne la motivazione della disdetta il ricorso è inammissibile. L'osservazione circa la mancata considerazione del tempo trascorso è invece pertinente; si tratta effettivamente di un'indizio a favore del carattere abusivo della disdetta (cfr. SVIT-Kommentar, n. 20-21 ad art. 271a CO; David Lachat, op. cit., n. 5.2.3 pag. 477; Peter Higi, op. cit., n. 87 ad art. 271a CO) ma che, in concreto, non influisce in maniera decisiva sull'esito del giudizio. Contrapposto agli indizi - altrettanto importanti - tenuti in considerazione dai giudici ticinesi, ovvero il contesto di negoziazione "pacifico", scevro da atteggiamenti prevaricatori, in cui è avvenuta la proposta di modifica e la scarsa rilevanza pratica dei lavori di cui si domandava l'esecuzione, il fatto che il contratto sia stato disdetto (validamente) quattro mesi dopo il rifiuto opposto dalla convenuta alla richiesta dell'attrice, non basta - da solo - a far apparire la valutazione dei giudici ticinesi manifestamente iniqua. 
 
Tanto più che, stando a quanto accertato dalla giudice di primo grado nel quadro della decisione sulla protrazione - alle cui considerazioni i giudici d'appello hanno rinviato - la convenuta sapeva che la locazione sarebbe stata in ogni caso ridiscussa al momento della morte della madre della proprietaria, in condizioni di salute precarie e poi deceduta il 5 novembre 2003, e che l'istruttoria ha confermato che al figlio dell'attrice era stata preannunciata la vendita dell'immobile in cui abitava, anche se non immediata. Questi elementi impediscono di aderire alla tesi della convenuta per cui la disdetta era chiaramente la diretta conseguenza del rifiuto opposto alla domanda dell'attrice. 
4.2.4 Da tutto quanto esposto discende che la decisione dei giudici ticinesi di non ritenere ossequiati i presupposti per l'applicazione dell'art. 271a cpv. 1 lett. b CO può essere tutelata. 
5. 
Nell'eventualità della conferma della liceità della disdetta da parte del Tribunale federale, la convenuta censura anche la decisione sulla protrazione della locazione e, come già fatto in sede cantonale, ne postula l'estensione sino al 29 marzo 2008. 
5.1 Come ben rammentato nel giudizio impugnato, lo scopo della protrazione della locazione - disciplinata dall'art. 272 segg. CO - è di attenuare le conseguenze dello scioglimento del contratto per il conduttore, il quale dispone così di più tempo per provvedere al necessario riorientamento (DTF 125 III 226 consid. 4b pag. 230). La protrazione va pertanto concessa quando il differimento della fine del contratto pare servire a limitarne gli effetti gravosi; essa non mira per contro a permettere al conduttore la continuazione della locazione il più a lungo possibile, in altre parole essa non può essere giustificata dai disagi inevitabilmente connessi alla fine del contratto (DTF 116 II 446 consid. 3b). 
 
Ai fini della decisione sulla protrazione e la sua durata il giudice pondera gli interessi delle parti tenendo conto, in particolare, dei fattori elencati all'art. 272 cpv. 2 CO. Nella formazione del proprio giudizio egli gode di un ampio margine d'apprezzamento (art. 4 CC), di modo che il Tribunale federale rivede con riserbo la sua decisione (cfr. quanto esposto al consid. 4.2.3.2.1). 
5.2 Dinanzi alla massima istanza cantonale la convenuta ha contestato la protrazione concessale sino al 29 marzo 2006 adducendo soprattutto la difficoltà di trovare in così breve tempo un appartamento confacente alle sue modeste condizioni economiche e il suo precario stato di salute, circostanze, queste, che la giudice di primo grado non aveva tenuto nella debita considerazione. 
Ambedue gli argomenti sono stati disattesi dal Tribunale d'appello. 
 
Con riferimento all'asserita carenza, nel quartiere, di appartamenti adeguati alle esigenze della convenuta, i giudici ticinesi hanno rilevato come quest'ultima non abbia dimostrato di aver effettuato delle ricerche concrete, essendosi limitata - per sua stessa ammissione - a fare solo qualche telefonata. 
 
Per quanto concerne invece i disturbi psichici di cui essa soffre e per i quali è al beneficio di una rendita d'invalidità e delle relative prestazioni, la Corte cantonale ha osservato che dai certificati più recenti si evince un peggioramento dei disturbi depressivi in seguito alle problematiche insorte in merito all'appartamento. Essi ne hanno dedotto che le condizioni psicofisiche della convenuta non sono destinate a migliorare in caso di una proroga del contratto più lunga di quella ammessa in prima istanza, visto che gli eventi stressanti indicati dal medico risiedono proprio nei rapporti contrattuali esistenti; al contrario, la situazione potrebbe evolvere positivamente con la fine del contratto. 
 
Alla luce di quanto esposto, la massima istanza ticinese, rinviando anche alle ulteriori considerazioni esposte dalla giudice precedente - la quale aveva tenuto conto in modo adeguato di tutti i criteri indicati dall'art. 272 CO per la commisurazione dei contrapposti interessi delle parti - ha condiviso la decisione di primo grado sulla durata della protrazione. 
5.3 Dinanzi al Tribunale federale la convenuta contesta questa conclusione e ribadisce in sostanza quanto già asseverato in sede cantonale, senza tuttavia presentare argomenti idonei a far ritenere che la Corte ticinese abbia abusato del proprio potere d'apprezzamento confermando la protrazione di due anni, invece di concedere quella massima di quattro. 
 
In primo luogo va osservato che, contrariamente a quanto essa pare ritenere, il suo stato di salute e la sua età non la dispensano dall'adoperarsi, nella misura del suo possibile, per trovare un nuovo appartamento. 
 
Né la convenuta può insistere nell'affermare che la controparte non avrebbe addotto alcun valido motivo per spiegare la sua volontà di rientrare in possesso dei suoi locali. Innanzitutto la giudice di primo grado ha stabilito come sin dall'inizio la locazione in questione non rappresentasse una soluzione definitiva per la conduttrice: d'un lato perché aveva accettato di occupare l'appartamento ammobiliato della madre dell'attrice, beneficiaria del diritto di abitazione, senza che si potesse - perlomeno al momento della stipulazione dell'accordo - escludere un suo rientro; dall'altro perché, per ammissione della stessa convenuta, le parti si erano accordate per una durata della locazione almeno sino al decesso della beneficiaria del diritto di abitazione. Essa non poteva quindi confidare in una lunga durata della locazione. Quanto all'asserito fabbisogno proprio dell'attrice nella persona del figlio, la giudice - contrariamente a quanto lascia intendere la convenuta nel suo allegato - non lo ha negato, semplicemente non l'ha ritenuto tanto urgente da giustificare la reiezione della domanda di protrazione, così come auspicato dall'attrice. Con riferimento alla situazione economica, la giudice ha inoltre rammentato che la convenuta si era spontanemante dichiarata disposta a versare una pigione più elevata, di circa fr. 850.-- e che in queste circostanze la possibilità di trovare una soluzione alternativa non poteva essere esclusa. La convenuta, giovi ripeterlo, non ha fornito nessun elemento idoneo a dimostrare il contrario, non essendosi essa concretamente attivata nella ricerca di una nuova sistemazione. 
 
Per quanto concerne, infine, le considerazioni formulate dai giudici ticinesi in merito ai disturbi psichici della convenuta e alla loro possibile evoluzione una volta posto termine al rapporto di locazione - che, stando a quanto emerso dagli atti istruttori, rappresenta un importante fattore di aggravamento - la convenuta si limita a tacciarle di "semplicistiche" ma non spende una parola per spiegare per quale ragione esse sarebbero manifestamente sbagliate. 
5.4 Ne discende che la decisione di confermare la pronunzia pretorile in merito alla durata della protrazione - unica e definitiva - sino al 29 marzo 2006 non viola il diritto federale. 
6. 
In conclusione, il ricorso per riforma dev'essere respinto in quanto ammissibile. 
 
Gli oneri processuali e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 e 159 cpv. 1 e 2 OG). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
2. 
La tassa di giustizia di fr. 2'000.-- è posta a carico della convenuta, la quale rifonderà all'attrice fr. 2'500.-- per ripetibili della sede federale. 
3. 
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla II Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino. 
Losanna, 19 dicembre 2006 
In nome della I Corte civile 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: La cancelliera: