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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
{T 0/2} 
 
2C_559/2015  
   
   
 
 
 
Sentenza del 31 gennaio 2017  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Seiler, Presidente, 
Zünd, Donzallaz, 
Cancelliera Ieronimo Perroud. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, Sezione della popolazione, 6500 Bellinzona, 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6501 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Revoca del permesso di domicilio UE/AELS, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 19 maggio 2015 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
 
Fatti:  
 
A.   
A.________ (1988), cittadino italiano nato e cresciuto in Svizzera, è al beneficio di un permesso di domicilio UE/AELS. Egli è diplomato quale impiegato in logistica, ma non svolge alcuna attività professionale da anni. Dal novembre 2010 è a carico dell'assistenza pubblica, di cui ha anche beneficiato nei mesi di febbraio e marzo 2007. 
 
B.   
Posto in detenzione preventiva dal 31 maggio al 24 giugno 2011, A.________ è stato condannato il 15 novembre 2013 dalla Corte delle assise correzionali di Bellinzona alla pena di 15 mesi di detenzione, sospesa condizionalmente con un periodo di prova di 3 anni, nonché al versamento di fr. 1'650.-- all'accusatore privato a titolo di risarcimento danni, essendo stato riconosciuto colpevole dei seguenti reati: 
 
- rapina per avere, il 31 maggio 2011, minacciando un impiegato con una pistola soft air, commesso un furto ai danni della Banca X., con una refurtiva complessiva di fr. 162'344.--; 
- per infrazione alla legge federale del 20 giugno 1997 sulle armi (LArm; RS 514.54) poiché, sempre il 31 maggio 2011, portava su di sé senza diritto un coltello a farfalla e una pistola soft air; 
- per contravvenzione alla legge federale del 3 ottobre 1951 sugli stupefacenti e sulle sostanze psicotrope (LStup; RS 812.121) siccome dal mese di novembre 2010 al 31 maggio 2011, senza essere autorizzato, ha consumato un impreciso quantitativo di marijuana. 
È stata inoltre ordinata un'assistenza riabilitativa durante il periodo di prova. 
 
C.   
Preso atto della condanna, e dopo avere dato ad A.________ la possibilità di determinarsi, ciò che questi ha fatto l'11 febbraio 2014, la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, con decisione del 18 febbraio 2014, gli ha revocato il permesso di domicilio nonché fissato un termine per lasciare la Svizzera. 
Questo provvedimento è stato confermato su ricorso dal Consiglio di Stato, il 2 settembre 2014, e dal Tribunale cantonale amministrativo, pronunciatosi al riguardo con sentenza del 19 maggio 2015. 
La Corte cantonale ha innanzitutto rilevato che l'Accordo del 21 giugno 1999 tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione Svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (Accordo sulla libera circolazione o ALC; RS 0.142.112.681) non trovava applicazione, l'insorgente non potendo richiamarvisi né come lavoratore, né per cercare un impiego, né quale persona che non svolgeva nessuna attività economica né, infine, perché avrebbe maturato un diritto alla pensione o perché colpito da inabilità permanente al lavoro. Esaminando poi il caso dal profilo del diritto interno, è giunta alla conclusione che il provvedimento di revoca era giustificato ai sensi dei combinati art. 62 lett. b, 63 cpv. 1 lett. b e 63 cpv. 2 della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri (LStr; RS 142.20) e che non disattendeva il principio della proporzionalità. 
 
D.   
Il 26 giugno 2015 A.________ ha esperito un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale con cui domanda, in sintesi, che venga annullata la revoca del suo permesso di domicilio. 
Chiamato ad esprimersi, il Tribunale cantonale amministrativo si è riconfermato nel proprio giudizio. La Sezione della popolazione ha chiesto il rigetto del gravame, mentre il Consiglio di Stato si è rimesso al giudizio di questa Corte. 
 
E.   
Con decreto presidenziale del 2 luglio 2015 è stato conferito l'effetto sospensivo al ricorso. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione la sua competenza (art. 29 cpv. 1 LTF), rispettivamente l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 140 IV 57 consid. 2 pag. 59; 139 V 42 consid. 1 pag. 44; 138 I 367 consid. 1 pag. 369; 138 III 471 consid. 1 pag. 475).  
 
1.2. Presentata in tempo utile (art. 100 cpv. 1 LTF) dal destinatario della decisione querelata (art. 89 cpv. 1 LTF), l'impugnativa è di principio ammissibile quale ricorso in materia di diritto pubblico giusta gli art. 82 segg. LTF. Concerne infatti la revoca di un'autorizzazione che continuerebbe altrimenti a produrre effetti giuridici (art. 83 lett. c n. 2 LTF; DTF 135 II 1 consid. 1.2.1 pag. 4).  
Nel contempo, il ricorrente, cittadino italiano, può, in linea di principio, appellarsi all'Accordo sulla libera circolazione per far valere un diritto a soggiornare in Svizzera, per svolgervi o no un'attività lucrativa (cfr. art. 4 ALC e 6 Allegato I ALC, rispettivamente art. 6 ALC e 24 Allegato I ALC), senza che l'art. 83 lett. c n. 2 LTF gli sia opponibile (sentenza 2C_38/2012 del 1° giugno 2012 consid. 1.2 e rinvio; vedasi anche DTF 131 II 339 consid. 1.2 pag. 343; 130 II 493 consid. 1.1 pag. 496, 388 consid. 1.2 pag. 390). 
 
2.  
 
2.1. Con il ricorso in materia di diritto pubblico può tra l'altro venir censurata la violazione del diritto federale (art. 95 lett. a LTF), nozione che comprende i diritti costituzionali dei cittadini (sentenza 2C_297/2014 del 9 febbraio 2016 consid. 2 non pubblicato in DTF 142 I 16; 133 III 446 consid. 3.1 pag. 447 seg.). Rispettate le condizioni di cui all'art. 42 cpv. 2 LTF (sentenza 2C_750/2014 del 27 ottobre 2015 consid. 2 non pubblicato in DTF 141 II 401; 134 II 244 consid. 2.1 e 2.3 pag. 245 seg.), il Tribunale federale applica comunque il diritto d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF) e può accogliere o respingere un ricorso anche per motivi diversi da quelli invocati o su cui si è fondata l'autorità precedente (DTF 141 V 234 consid. 1 pag. 236; 141 V 605 consid. 1 pag. 607; 141 V 657 consid. 2.2 pag. 660). La violazione di diritti fondamentali è per contro esaminata unicamente se il ricorrente ha sollevato e motivato tale censura (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 140 IV 57 consid. 2.2 pag. 60; 136 I 49 consid. 1.4.1 pag. 53; 134 II 244 consid. 2.2 pag. 246 con rispettivi rinvii).  
 
2.2. Per quanto riguarda i fatti, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Esso può scostarsene solo se è stato eseguito in modo manifestamente inesatto o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF, fattispecie data anche quando i fatti sono stati constatati in maniera incompleta (art. 105 cpv. 2 LTF; sentenza 2C_273/2010 del 6 ottobre 2010 consid. 1.3). In questo ultimo caso, l'incarto dev'essere ritornato all'autorità precedente o all'autorità che ha statuito in prima istanza, così come prescritto dall'art. 107 cpv. 2 LTF (sentenza 2C_98/2009 del 10 giugno 2009 consid. 2.1).  
 
2.3. Nuovi fatti e nuovi mezzi di prova possono essere addotti soltanto se ne dà motivo la decisione dell'autorità inferiore (art. 99 cpv. 1 LTF; DTF 133 IV 343 consid. 2.1 pag. 343 seg.). La memoria ricorsuale deve esporre le ragioni per cui questa condizione risulterebbe adempiuta (DTF 133 III 393 consid. 3). È comunque esclusa l'allegazione di fatti accaduti dopo la pronuncia del giudizio impugnato così come di prove non ancora esistenti a tale momento (cosiddetti veri nova; DTF 133 IV 342 consid. 2.1; 130 II 493 consid. 2; 128 II 145 consid. 1.2.1).  
In questo contesto questa Corte non potrà quindi tenere conto della copia dell'atto di assunzione, datato 24 febbraio 2015, acclusa al ricorso, da cui risulta che il ricorrente ha iniziato una nuova attività il 1° marzo 2015. Infatti, benché questo documento preceda la sentenza impugnata, lo stesso non è tuttavia accompagnato da una motivazione (tale non potendo essere definito il contenuto della copia della e-mail spedita dal ricorrente al suo rappresentante, relativa alla trasmissione a quest'ultimo del citato contratto d'impiego) che spieghi perché, indipendentemente dal sussistere o meno di una negligenza, una sua produzione si giustifica soltanto dinanzi a questa Corte e, quindi, perché non è stato esibito già in sede cantonale: esso è pertanto inammissibile (DTF 136 III 123 consid. 4.4.3 pag. 129; BERNARD CORBOZ, Commentaire de la LTF, 2aed. 2014, ad art. 99 n. 14 e 17). 
 
3.  
 
3.1. Il ricorrente considera, contrariamente all'opinione dei giudici cantonali, che egli può richiamarsi all'Accordo sulla libera circolazione. In primo luogo perché detto Accordo si applicherebbe al momento in cui i diritti ivi disciplinati vengono esercitati, nella fattispecie il 1° marzo 2015, quando ha iniziato a lavorare e, quindi, prima dell'emanazione della sentenza contestata. In secondo luogo perché, a suo avviso, è sufficiente invocare la sua cittadinanza europea. In questo contesto, e tenuto conto dell'art. 5 Allegato I ALC e della giurisprudenza della CGCE, la revoca contestata disattenderebbe pertanto il diritto convenzionale.  
 
3.2. Tale argomentazione non può essere condivisa. Innanzitutto occorre rilevare che, come appena illustrato (consid. 2.3), l'attività lavorativa iniziata dal ricorrente il 1° marzo 2015 non può essere presa in considerazione. Ne discende che, in mancanza di altri dati risultanti dalla sentenza impugnata o dagli atti di causa che corroborano il fatto che egli lavora, su questo punto va confermato il giudizio cantonale secondo il quale il ricorrente non può essere ritenuto un lavoratore ai sensi dell'ALC (sentenza contestata pag. 4 seg. consid. 2.2). Dato poi che il ricorrente non rimette in discussione il fatto che non può appellarsi al citato Accordo per gli altri motivi elencati dall'autorità precedente (cioè quale persona alla ricerca di un impiego, come persona che non svolge nessuna attività economica o, infine, perché avrebbe maturato un diritto alla pensione o perché colpito da inabilità permanente al lavoro), ne discende che dev'essere confermata l'argomentazione della Corte cantonale secondo cui l'ALC non trova applicazione nel caso di specie (vedasi sentenza impugnata pag. 4 seg. consid. 2.1-2.2). Per quanto concerne poi il richiamo alla cittadinanza europea, occorre ricordare che questa nozione è assente dall'Accordo sulla libera circolazione, motivo per cui non può applicarsi alla Svizzera né, di riflesso, essere considerata in concreto (DTF 130 II 113 consid. 6.2 pag. 121). È quindi a ragione che la Corte cantonale è giunta alla conclusione che il ricorrente non poteva pretendere che l'ALC si applicasse nei suoi confronti. Su questo punto il gravame si rivela infondato e, come tale, va respinto.  
Premesse queste considerazioni, questa Corte esaminerà di conseguenza la fattispecie unicamente nell'ottica della legge federale sugli stranieri: ogni e qualsiasi sottolineatura dell'assenza del requisito della minaccia attuale, effettiva e sufficientemente grave, richiesto dalla giurisprudenza relativa all'art. 5 Allegato I ALC, risulta di conseguenza come non rilevante. 
 
4.   
La procedura riguarda la revoca del permesso di domicilio del ricorrente, che risiede in Svizzera dalla sua nascita, nel 1988. 
 
4.1. L'art. 63 cpv. 2 LStr prevede che il permesso di domicilio di uno straniero che soggiorna regolarmente e ininterrottamente da oltre 15 anni in Svizzera può essere revocato solo per i motivi di cui al capoverso 1 lett. b della medesima norma, ovvero se ha violato gravemente o espone a pericolo l'ordine e la sicurezza pubblici in Svizzera o all'estero o costituisce una minaccia per la sicurezza interna o esterna della Svizzera, rispettivamente, in base all'art. 62 lett. b LStr, se egli è stato condannato a una pena detentiva di lunga durata.  
Una violazione qualificata dell'ordine e della sicurezza pubblici è segnatamente data quando gli atti compiuti ledono o compromettono dei beni giuridici particolarmente importanti come l'integrità fisica, psichica o sessuale; gravemente lesive dell'ordine e della sicurezza pubblici ai sensi dell'art. 63 cpv. 1 lett. b LStr possono però essere anche più violazioni di minore entità, prese nel loro insieme (DTF 137 II 297 consid. 3 pag. 302 segg.). Una pena privativa della libertà è invece considerata di lunga durata se è stata pronunciata per più di un anno, a prescindere dal fatto che la pena comminata sia stata sospesa in tutto o in parte oppure che la stessa vada o sia stata espiata (DTF 135 II 377 consid. 4.2 pag. 379 segg.). 
 
4.2. Pur sussistendo motivi di revoca, una tale misura si giustifica tuttavia solo quando è proporzionata. Nell'esercizio del loro potere discrezionale, le autorità competenti tengono conto degli interessi pubblici e della situazione personale dello straniero, considerando la gravità di quanto gli viene rimproverato, il comportamento tenuto nel seguito, la durata del suo soggiorno in Svizzera, il suo grado d'integrazione e il pregiudizio che l'interessato e la sua famiglia subirebbero se la misura venisse confermata (art. 96 LStr). Nel caso il provvedimento preso abbia ripercussioni sulla vita privata e familiare ai sensi dell'art. 8 CEDU, analogo esame della proporzionalità va svolto inoltre anche nell'ottica di questa norma (DTF 135 II 377 consid. 4.3 pag. 381 seg.; sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in re  Trabelsi contro Germania del 13 ottobre 2011, n. 41548/06, § 53 segg.).  
Sempre in base alla giurisprudenza, per ammettere la revoca di un permesso di domicilio devono essere poste esigenze tanto più elevate quanto più lungo è il tempo vissuto in Svizzera. Anche nei confronti di stranieri nati nel nostro Paese e che vi hanno sempre vissuto, come nella concreta fattispecie, una simile misura non è tuttavia esclusa (DTF 130 II 176 consid. 4.4.2 pag. 190; 125 II 521 consid. 2b pag. 523 seg.; 122 II 433 consid. 2 e 3 pag. 435 segg.)e può essere adottata sia quando una persona si sia macchiata di delitti particolarmente gravi - di carattere violento, a sfondo sessuale, o in relazione con il commercio di stupefacenti - sia quando si sia resa punibile a più riprese ( sentenze 2C_28/2012 del 18 luglio 2012 consid. 3; 2C_38/2012 del 1° giugno 2012 consid. 3.3 e 2C_722/2010 del 3 maggio 2011 consid. 3.2 così come il giudizio della Corte europea dei diritti dell'uomo in re  Dalia contro Francia del 19 febbraio 1998, Recueil CourEDH 1998-I pag. 76 § 50 segg.).  
 
5.  
 
5.1. Tenuto conto della pena privativa della libertà di 15 mesi pronunciata nei suoi confronti il 15 novembre 2013, il ricorrente a ragione non contesta la sussistenza di un motivo di revoca del suo permesso di domicilio (art. 63 cpv. 2 in relazione con l'art. 62 lett. b LStr; precedente consid. 4.1). E poiché l'enumerazione dei motivi di revoca contenuta nella legge è di carattere alternativo (sentenze 2C_455/2016 del 31 ottobre 2016 consid. 4.2 e 2C_380/2015 del 19 febbraio 2016 consid. 4.1 e rinvii), non occorre soffermarsi sul motivo di revoca previsto dall'art. 63 cpv. 1 lett. b LStr, che il Tribunale cantonale amministrativo ha ritenuto pure realizzato.  
 
5.2. Resta pertanto da esaminare se la misura pronunciata dalla Sezione della popolazione e confermata dalle successive autorità cantonali ricorsuali sia o meno proporzionale.  
 
5.2.1. Richiamandosi alla condanna del 15 novembre 2013, la Corte cantonale ha, a ragione, sottolineato la gravità della rapina commessa, come rilevato nella sentenza cantonale (vedasi pag. 8 della stessa) e come risulta dalla condanna penale non motivata figurante agli atti (art. 105 cpv. 2 LTF), per futili motivi. Durante la stessa il ricorrente, oltre a dimostrarsi ben organizzato (avendo portato con sé tutto l'occorrente, ossia borsa, guanti, passamontagna, coltello a farfalla e pistola soft air) e determinato (agendo in piena mattina), ha minacciato l'impiegato della banca con una pistola soft air e ha poi tentato di scappare con la refurtiva; egli infatti, come risulta dall'inserto di causa (art. 105 cpv. 2 LTF), è stato arrestato subito fuori dalla banca dalla polizia cantonale. Come già giudicato da questa Corte, il reato di rapina, oltre ad essere un crimine contro il patrimonio, costituisce anche un'azione atta a mettere in pericolo l'integrità fisica di altre persone, ovvero un bene alla cui tutela è riconosciuto un interesse pubblico particolare e la cui concreta minaccia, come accaduto nel caso di specie, dimostra la gravità dell'atto (sentenza 2C_758/2016 del 23 dicembre 2016 consid. 6.4.1). Non va poi dimenticato che il ricorrente è pure stato condannato per infrazione alla LArm (detenzione non autorizzata di un coltello a farfalla e della citata pistola soft air) nonché per contravvenzione alla LStup (consumo di marijuana). Per l'insieme di questi reati egli si è visto infliggere una pena che sorpassa il limite di un anno a partire dal quale una pena privativa della libertà è considerata come di lunga durata (DTF 135 II 377 consid. 4.2 pag. 381). Premesse queste considerazioni non può che essere confermata la gravità di quanto addebitatogli. Reati come la rapina - che rientra, come accennato in precedenza, tra quelli contro il patrimonio, ma che implica l'uso della violenza contro una persona - comportano infatti di principio un interesse rilevante all'allontanamento di chi li commette, anche quando si tratti, come nella presente fattispecie, di uno straniero che è nato in Svizzera (cfr. consid. 4.2; sentenze 2C_200/2013 del 16 luglio 2013 consid. 5.4, 2C_714/2011 del 4 aprile 2012 consid. 3.1 e 2C_839/2011 del 28 febbraio 2012 consid. 2.3).  
La sentenza impugnata va inoltre condivisa anche per quel che riguarda la mancata presa in considerazione della parziale sospensione della pena inflitta al ricorrente con il già citato giudizio del 15 novembre 2013: per prassi costante infatti, la sospensione condizionale della pena non assume, di per sé, rilievo specifico (sentenza 2C_380/2015 del 19 febbraio 2016 consid. 5.2.2 e riferimenti). 
Per quanto riguarda poi la relazione con la sua compagna, a cui il ricorrente accenna nella propria impugnativa, egli non ne ha mai sostanziato la durata o altrimenti la natura, ragione per cui - in assenza di prove in merito - non può essere a priori considerata (sentenza 2C_38/2012 del 1° giugno 2012 consid. 5.3). 
 
5.2.2. Ciò nonostante, e per i motivi che seguono, la conclusione secondo cui la revoca del permesso di domicilio del ricorrente rispetta il principio della proporzionalità non può essere condivisa.  
Come già rilevato in precedenza il ricorrente è nato e cresciuto in Svizzera, paese dove vive anche sua madre di nazionalità svizzera. Egli vi ha anche acquisito una formazione, essendosi diplomato quale impiegato in logistica. Dal profilo penale va osservato che la condanna inflittagli con il giudizio del 15 novembre 2013 è l'unica emessa nei suoi confronti: egli era incensurato prima della stessa e, dopo gli eventi del 31 maggio 2011, non ha più infranto la legge. Oltre al fatto che da allora sono passati diversi anni, non va omesso che all'epoca degli avvenimenti per i quali è stato condannato, l'interessato aveva solo 22 anni, quindi era alquanto giovane. Tutti questi aspetti non mancano di pertinenza al fine di valutare la proporzionalità del provvedimento di revoca rispetto all'interesse pubblico in gioco. 
Pronunciandosi sull'integrazione dell'interessato la Corte cantonale gli ha rimproverato di essere inattivo professionalmente da anni senza che fosse dato da sapere perché e di essere a carico dell'assistenza pubblica, ciò che comproverebbe che non è integrato nella nostra società. È vero che dalla sentenza impugnata risulta che il ricorrente dipende dall'aiuto sociale dal novembre 2010 e che ha nei confronti dello Stato un debito di pari fr. 86'000.--. Sennonché, sempre dalla stessa decisione così come dal giudizio penale, non motivato, risulta che assieme alla condanna penale è stata ordinata un'assistenza riabilitativa, da effettuare durante il periodo di prova. Ora, come affermato a più riprese dal ricorrente nel corso della procedura (vedasi presa di posizione dell'11 febbraio 2014 nonché ricorso al Consiglio di Stato e quello successivo al Tribunale cantonale amministrativo), senza essere contraddetto, detta assistenza riabilitativa si è concretizzata in un progetto di reinserimento educativo e socio-terapeutico elaborato dall'Ufficio di patronato, che avrebbe avuto ottimi risultati. Il fatto di avere dovuto partecipare a questo progetto durante il periodo di prova di tre anni comminato con la condanna penale potrebbe spiegare perché in questi ultimi anni il ricorrente non ha lavorato. Ipotesi che sembra trovare conferma anche nella sentenza cantonale querelata, quando la Corte cantonale prende atto del fatto che il ricorrente partecipa ancora, al momento in cui emana il proprio giudizio, al citato progetto di reinserimento educativo e socio terapeutico (sentenza contestata pag. 8 in fine). E vero che il ricorrente non ha fornito dettagli precisi in proposito. E però anche vero che le autorità cantonali, benché a conoscenza della misura, non hanno mai chiesto informazioni più dettagliate. Ora, il criterio di un'integrazione riuscita costituisce un elemento importante ai fini del giudizio sulla proporzionalità della revoca contestata, motivo per cui occorreva chiedere ragguagli più precisi (durata del progetto, svolgimento dello stesso, effetti, ecc.), una mancata collaborazione non essendo peraltro mai stata rimproverata all'interessato in proposito. In effetti, ai fini dell'esame del caso dal profilo della proporzionalità, era importante potere determinare se la misura aveva avuto un effetto positivo sul comportamento del ricorrente e se ne traspariva una sua volontà d'integrarsi nella società, più particolarmente nel mondo del lavoro, di modo a potere anche iniziare a rimborsare i propri debiti nei confronti dello Stato. Questi elementi, decisivi per decidere dell'integrazione, riuscita o meno, del ricorrente mancano nella sentenza contestata e negli atti di causa, allorché sono rilevanti, tanto più se si considera che il provvedimento di revoca ora impugnato colpisce duramente l'interessato, che è uno straniero di seconda generazione, nato e cresciuto in Svizzera e che vi sono, nonostante il comportamento penalmente reprensibile addebitatogli, vari altri elementi a lui favorevoli (unica condanna, fatto di essere incensurato prima della stessa e di non avere più infranto la legge dopo, giovane età al momento della rapina), i quali fanno apparire la presente fattispecie come un caso limite. Ora, la revoca del permesso di domicilio si giustifica soltanto se la valutazione globale degli interessi fa apparire la misura come proporzionale (cfr. art. 96 LStr e 8 n. 2 CEDU; DTF 135 II 377 consid. 4.2 pag. 380; sentenza 2C_200/2013 del 16 luglio 2013 consid. 3.3). Sennonché nel caso concreto, in mancanza di informazioni precise sugli effetti del progetto a cui ha preso parte il ricorrente sul suo reinserimento nella società, segnatamente se ne ha tratto i dovuti insegnamenti, non è possibile procedere alla necessaria valutazione globale menzionata in precedenza. In queste condizioni la causa dev'essere rinviata all'autorità precedente affinché, raccolte le necessarie informazioni, si pronunci di nuovo con conoscenza di causa. 
 
5.2.3. Il ricorrente deve comunque essere reso attento che se l'autorità, dopo avere nuovamente valutato la sua situazione, dovesse arrivare alla conclusione che una revoca del permesso di domicilio è sproporzionata e che lo ammonisce formalmente (art. 96 cpv. 2 LStr), ciò implica che egli non commetta nuovi reati. In effetti se dovesse tornare a delinquere, si esporrebbe allora a misure di allontanamento (sentenza 2C_317/2016 del 14 settembre 2016 consid. 5.3 e rinvii).  
 
6.  
 
6.1. Secondo giurisprudenza, il rinvio dell'incarto all'istanza precedente per procedere a complementi istruttori, con esito aperto, comporta che chi ricorre venga considerato come vincente (sentenza 2C_513/2015 del 13 dicembre 2015 consid. 7.1 e richiami).  
 
6.2. Soccombente, lo Stato del Cantone Ticino è dispensato dal pagamento delle spese giudiziarie (art. 66 cpv. 4 LTF). Il ricorrente, che non è patrocinato da un avvocato, non ha diritto a un'indennità per ripetibili (art. 68 cpv. 1 LTF). Inoltre non sussistono quelle particolari condizioni, per altro nemmeno invocate, che giustificherebbero nondimeno l'assegnazione di un'indennità (DTF 125 II 518 consid. 5b pag. 519).  
 
6.3. Visto quanto precede, la domanda di assistenza giudiziaria presentata davanti al Tribunale federale - volta all'esonero dal pagamento di spese giudiziarie - dev'essere ritenuta priva di oggetto (sentenza 2C_182/2012 del 18 luglio 2012 consid. 6.3).  
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Il ricorso è accolto, la sentenza del 19 maggio 2015 è annullata e la causa rinviata al Tribunale cantonale amministrativo per nuovo giudizio, nel senso dei considerandi. 
 
2.   
L'istanza di assistenza giudiziaria è priva di oggetto. 
 
3.   
Non si prelevano spese e non si accordano ripetibili per la sede federale. 
 
4.   
Comunicazione al rappresentante del ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché alla Segreteria di Stato della migrazione SEM. 
 
 
Losanna, 31 gennaio 2017 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Seiler 
 
La Cancelliera: Ieronimo Perroud