Wichtiger Hinweis:
Diese Website wird in älteren Versionen von Netscape ohne graphische Elemente dargestellt. Die Funktionalität der Website ist aber trotzdem gewährleistet. Wenn Sie diese Website regelmässig benutzen, empfehlen wir Ihnen, auf Ihrem Computer einen aktuellen Browser zu installieren.
Zurück zur Einstiegsseite Drucken
Grössere Schrift
 
[AZA 0] 
 
1P.405/2000 
 
I CORTE DI DIRITTO PUBBLICO 
***************************************************** 
 
17 agosto 2000 
 
Composizione della Corte: giudici federali Aemisegger, presidente 
della Corte, Nay e Catenazzi. 
Cancelliere: Gadoni. 
 
___________ 
Visto il ricorso di diritto pubblico del 15 giugno 2000 presentato da A.________, Ponte Capriasca, patrocinato dall'avv. Paola Masoni, Lugano, contro la decisione emessa il 17 maggio 2000 dalla Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, nell'ambito di un' istanza di promozione dell'accusa presentata dal ricorrente contro B.________, Lugano, per il titolo di truffa, subordinatamente estorsione e minaccia; 
Ritenuto in fatto : 
 
A.- Il 22 dicembre 1999 C.________ ha presentato al Ministero pubblico del Cantone Ticino, a nome suo e del figlio A.________, una denuncia penale contro B.________ per il reato di truffa, eventualmente minaccia e estorsione. 
 
Con decreto del 23 dicembre 1999 il Procuratore pubblico del Cantone Ticino, rilevata l'insussistenza di un illecito penale, ha pronunciato il non luogo a procedere. 
 
C.________, sempre agendo anche a nome del figlio, si è quindi rivolto alla Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (CRP), chiedendo di promuovere la menzionata accusa contro la denunciata. Ha nel contempo presentato al Ministero pubblico una nuova denuncia contro B.________, quale complemento della precedente: 
la disponibilità di una nuova prova relativa all'inganno astuto avrebbe infatti giustificato la riapertura del procedimento penale. 
 
Con decreto del 28 dicembre 1999 il Procuratore pubblico, ritenuto che la seconda denuncia verteva sugli stessi fatti invocati nella precedente e che non erano state scoperte nuove prove, ha statuito un secondo non luogo a procedere, confermando nello stesso tempo quello emanato il 23 dicembre 1999. Pure questo decreto è stato impugnato dinanzi alla CRP. 
 
B.- Con sentenza del 17 maggio 2000 la CRP ha respinto, in quanto ricevibili, entrambe le istanze. Ha rilevato che, quanto alla truffa, non vi erano concreti indizi per ritenere che la denunciata avesse agito con astuzia e che, per gli altri reati, le tesi accusatorie erano costruite su delle ipotesi; la tassa di giustizia di fr. 1500.-- e le spese sono state poste a carico dei denuncianti in solido. 
 
C.- A.________ impugna questo giudizio con un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiede l'annullamento della decisione impugnata e il rinvio degli atti alla CRP per una nuova decisione. Fa valere una violazione del diritto di essere sentito e dei principi della celerità e della parità di trattamento. Rimprovera inoltre alla Corte cantonale l'arbitrio nella valutazione delle prove e nell'applicazione delle norme di procedura penale cantonale. 
 
D.- Non sono state chieste osservazioni. 
 
Considerando in diritto : 
 
1.- Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione l'ammissibilità dei ricorsi che gli vengono sottoposti, senza essere vincolato, in tale ambito, dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 125 I 14 consid. 2a, 253 consid. 1a, 124 I 11 consid. 1). 
 
2.- a) Secondo l'art. 88 OG il diritto di presentare un ricorso di diritto pubblico spetta ai privati che si trovano lesi nei loro diritti da decisioni che li riguardano personalmente o che rivestono carattere obbligatorio generale. È irrilevante la circostanza ch'essi avessero qualità di parte nella sede cantonale (DTF 123 I 279 consid. 3b, 121 I 267 consid. 2). Per costante giurisprudenza, il denunciante, la parte lesa o la parte civile, cui manca la qualità di vittima ai sensi della legge federale concernente l'aiuto alle vittime di reati del 4 ottobre 1991 (LAV; RS 312. 5), non sono, di massima, legittimati a impugnare nel merito decisioni concernenti procedimenti penali nei quali erano, in quella veste, interessati; non sono in particolare legittimati a impugnare i giudizi con cui è stato pronunciato l'abbandono di un procedimento penale o è stata respinta la loro istanza di apertura dell'istruzione formale. La pretesa punitiva spetta infatti unicamente allo Stato ed essi non possono quindi prevalersi di un interesse giuridico ai sensi dell'art. 88 OG (DTF 125 I 253 consid. 1b e rinvii; sentenza del 21 dicembre 1999 nella causa B., consid. 3, pubblicata in RDAT I-2000, n. 52, pag. 496 segg. ; sentenza del 6 dicembre 1999 nella causa R., pubblicata in RDAT I-2000, n. 53, pag. 498 segg. ; Gérard Piquerez, Procédure pénale suisse, Traité théorique et pratique, Zurigo 2000, pag. 812, n. 3820 segg.). Le citate persone non possono pertanto rimproverare all'Autorità cantonale di aver violato la costituzione, segnatamente il divieto dell' arbitrio nell'applicare la legge, nell'accertare i fatti, nel valutare le prove o nell'apprezzarne la rilevanza (DTF 125 I 253 consid. 1b; sentenza del 6 dicembre 1999, citata). 
 
 
Questa giurisprudenza è stata mantenuta anche dopo l'entrata in vigore, il 1° gennaio 2000, dell'art. 9 Cost. 
(cfr. DTF 126 I 81 consid. 3-6). 
 
b) Il ricorrente si esprime in termini assolutamente generici sulla sua legittimazione di denunciante, rispettivamente di parte civile, a ricorrere, contravvenendo al suo obbligo di motivazione (cfr. DTF 125 I 173 consid. 1b, 253 consid. 1c, 120 Ia 369 consid. 1a). D'altra parte non risulta, né tanto meno viene sostenuto, ch'egli abbia la qualità di vittima secondo l'art. 2 cpv. 1 LAV, nel senso che sia stato direttamente leso nell'integrità fisica, sessuale o psichica. Del resto, il reato principale prospettato dal denunciante è quello di truffa (art. 146 CP) che, diretto contro il patrimonio, non rientra nel campo di applicazione della LAV (FF 1990 II 725; DTF 120 Ia 157 consid. 2d/aa; sentenza inedita del 4 novembre 1999 nella causa R.v.d.B, consid. 1d/dd); certo, nelle denunce, il ricorrente ha subordinatamente indicato, quali ulteriori ipotesi di reato, anche l'estorsione (art. 156 CP) e la minaccia (art. 180 CP). Tuttavia egli non sostiene di essere stato leso nell'integrità fisica o psichica, né ciò è ravvisabile in concreto. Il ricorrente non può pertanto prevalersi della qualità di vittima ai sensi della LAV, ciò che gli avrebbe conferito, quale "lex specialis" per rapporto all' art. 88 OG, la capacità di agire (art. 8 cpv. 1 LAV; DTF 120 Ia 157 consid. 2a-d; sentenza del 6 dicembre 1999, citata, pag. 499). 
 
 
 
Ne consegue che il ricorso di diritto pubblico, in cui viene essenzialmente fatta valere un'arbitraria valutazione delle prove, è inammissibile per difetto di legittimazione del ricorrente. 
 
3.- a) Indipendentemente dalla carenza di legittimazione nel merito, il leso o il denunciante può tuttavia censurare la violazione delle garanzie procedurali che il diritto cantonale o gli art. 29 seg. Cost. e 6 CEDU gli conferiscono quale parte, sempreché tale inosservanza equivalga a un diniego di giustizia formale. Il leso o il denunciante può pertanto far valere, ad esempio, che il ricorso non sarebbe stato esaminato a torto nel merito, ch' egli non sarebbe stato sentito, che gli sarebbe stata negata la possibilità di offrire mezzi di prova o di consultare gli atti o che non gli sarebbe stata riconosciuta, a torto, la qualità di danneggiato (DTF 122 I 267 consid. 1b, 121 IV 317 consid. 3b, 120 Ia 220 consid. 2a; sentenza del 6 dicembre 1999, citata). Può essere inoltre censurata l'arbitrarietà della decisione sulle spese, rispettivamente della decisione che lo condanna a versare un anticipo (DTF 100 Ia 298 consid. 4; Piquerez, op. cit. , pag. 812, n. 3820). 
 
b) Il ricorrente fa valere una violazione del diritto di essere sentito per non essersi potuto esprimere direttamente sulle sue denunce, le Autorità cantonali avendogli permesso di presentare solo un memoriale scritto. 
 
Le esigenze minime dedotte dall'art. 29 Cost. non implicano il diritto di esprimersi oralmente (DTF 125 I 209 consid. 9b), né il ricorrente sostiene che questo diritto sarebbe sancito dalle disposizioni cantonali: la censura è quindi infondata. 
 
c) Secondo il ricorrente, la Corte cantonale avrebbe violato il principio della celerità, per avere emanato la sentenza cinque mesi dopo l'introduzione delle istanze di promozione dell'accusa. 
 
Il principio della celerità derivante dall'art. 29 cpv. 1 Cost. , e già desumibile dall'art. 4 vCost. , nonché dall'art. 6 n. 1 CEDU, prevede che la procedura giudiziaria sia conclusa entro un termine ragionevole. Per determinare se questo principio è stato violato occorre esaminare, di caso in caso, la complessità della causa, la natura dei delitti o dei crimini sospettati, il comportamento delle parti e delle Autorità, ed effettuare una valutazione in base a un apprezzamento globale del lavoro svolto: perché sussista una violazione non basta d'altra parte che un determinato atto potesse essere compiuto prima (DTF 125 V 373 consid. 2b/aa, 124 I 139 consid. 2c, 119 Ib 311 consid. 5b; Mark E. Villiger, Handbuch der Europäischen Menschenrechtskonvention, 2a ed., Zurigo 1999, n. 452 e segg.). 
L'applicazione dell'art. 6 n. 1 CEDU alla fattispecie è dubbia, perché l'accusa penale non è rivolta contro il ricorrente (DTF 125 I 253 consid. 4, inedito; Villiger, op. cit. , n. 392). La censura è comunque infondata. Certo, l'incarto di cui i Giudici cantonali hanno dovuto occuparsi non risulta particolarmente voluminoso o complesso ed è vero che il ricorrente ha sollecitato più volte, a distanze peraltro ravvicinate, l'evasione della causa. La Corte cantonale ha tuttavia evaso contemporaneamente entrambe le istanze e si è espressa su documenti prodotti dal ricorrente dopo l'introduzione della causa, segnatamente sul suo memoriale dell'11 febbraio 2000. La durata della procedura dinanzi alla CRP, che non ha raggiunto i cinque mesi, non appare quindi eccessiva. 
 
 
d) Il ricorrente contesta infine la decisione sulla tassa di giustizia e sulle spese, poste in solido a carico suo e del padre. Egli le ritiene ingiustificate e, viste le circostanze, particolarmente inique. 
 
A prescindere dal fatto che la censura non adempie le esigenze di motivazione imposte dall'art. 90 cpv. 1 lett. b OG ed è pertanto inammissibile (DTF 125 I 71 consid. 1c, 492 consid. 1b), essa sarebbe comunque infondata. 
Ritenuto che, come visto (cfr. consid. 2), il ricorrente non è legittimato a impugnare il giudizio sul merito, il Tribunale federale deve fondarvisi e deve quindi esaminare unicamente se la decisione sulle spese è arbitraria rispetto a quella sul merito (DTF 100 Ia 298 consid. 4). In concreto non risulta, né il ricorrente lo sostiene, che la CRP sia incorsa nell'arbitrio per avergli accollato, quale parte civile soccombente nella procedura cantonale, le spese processuali. Del resto, la tassa di giustizia applicata (fr. 1500.--) è ampiamente inferiore al limite massimo di fr. 5000.-- previsto, per i procedimenti dinanzi alla CRP, dall'art. 39 lett. f della legge ticinese sulla tariffa giudiziaria del 14 dicembre 1965, nel tenore valido dal 1° gennaio 1993. 
 
 
4.- Ne segue che il ricorso, nella ridotta misura in cui è ammissibile, deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG). 
 
Per questi motivi 
 
il Tribunale federale 
 
pronuncia : 
 
1. Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2. La tassa di giustizia di fr. 2000.-- è posta a carico del ricorrente. 
 
3. Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, alla controparte, al Ministero pubblico e alla Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
Losanna, 17 agosto 2000 VIZ 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del TRIBUNALE FEDERALE SVIZZERO: 
Il Presidente, Il Cancelliere