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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
{T 1/2} 
 
2C_297/2014  
   
   
 
 
 
Sentenza del 9 febbraio 2016  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Zünd, Presidente, 
Seiler, Aubry Girardin, Haag, 
Ramelli, Giudice supplente, 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
I.S.S.E.A. SA - Università Privata a Distanza 
(ora: Istituto Superiore di Studi di Economia Aziendale), 
patrocinata dall'avv. Andres Alessandro Martini, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Gran Consiglio del Cantone Ticino, rappresentato dal Consiglio di Stato, 6500 Bellinzona, 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
Oggetto 
protezione di denominazioni universitarie, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro la modifica della legge sull'Università della Svizzera italiana, sulla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana e sugli Istituti di ricerca, decisa il 16 dicembre 2013 dal Gran Consiglio del Cantone Ticino, e contro il regolamento ad essa relativo, decretato il 18 febbraio 2014 dal Consiglio di Stato del Cantone Ticino. 
 
 
Fatti:  
 
A.   
Il 16 dicembre 2013 il Gran Consiglio della Repubblica e Cantone Ticino ha adottato alcune modifiche della legge sull'Università della Svizzera italiana, sulla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana e sugli Istituti di ricerca del 3 ottobre 1995 (LUSI; RL/TI 5.3.1.1). La novella è stata pubblicata nel Foglio ufficiale ticinese il 20 dicembre 2013 e, scaduto il termine di referendum, nel Bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi il 21 febbraio 2014. L'entrata in vigore è stata fissata al 1° marzo 2014. 
Sul medesimo Bollettino ufficiale è stato pubblicato anche il regolamento della LUSI decretato il 18 febbraio 2014 dal Consiglio di Stato del Cantone Ticino e entrato immediatamente in vigore (RLUSI; RL/TI 5.3.1.1.1). 
 
B.   
Le due normative ticinesi sono state impugnate con ricorso in materia di diritto pubblico il 24 marzo 2014 dalla I.S.S.E.A. SA - Università privata a distanza, con sede a Agno, la quale ha chiesto, oltre alla concessione dell'effetto sospensivo, l'annullamento degli art. 14 cpv. 2 seconda frase LUSI e 4 RLUSI, concernenti la protezione delle denominazioni universitarie, nonché la disposizione transitoria art. 26b cpv. 1 e 2 LUSI. Il Consiglio di Stato ticinese ha proposto di respingere il ricorso con risposta del 20 maggio 2014. 
Il 22 maggio 2014 il Presidente di questa Corte ha respinto la domanda di effetto sospensivo, dopo di che, con replica del 27 giugno 2014, la ricorrente ha annunciato di avere modificato la ragione sociale in I.S.S.E.A. SA - Istituto Superiore di Studi di Economia Aziendale e ha precisato la propria posizione rinunciando alla domanda di annullamento dell'art. 26b LUSI. Il Consiglio di Stato ha duplicato il 27 agosto 2014. 
 
 
Diritto:  
 
1.   
Il ricorso in materia di diritto pubblico è proponibile direttamente contro gli atti normativi dei Cantoni quando, come nel caso in esame, non sono disponibili rimedi giuridici cantonali che permettano il controllo astratto della norma (art. 82 lett. b e 87 cpv. 1 LTF). Il gravame è tempestivo, poiché è stato presentato entro 30 giorni dalla pubblicazione secondo il diritto cantonale (art. 101 LTF), ovvero dalla pubblicazione nel Bollettino ufficiale che ha concluso la procedura legislativa (DTF 133 I 286 consid. 1 pag. 288). 
In materia di controllo astratto può ricorrere in forza dell'art. 89 cpv. 1 LTF chi è effettivamente toccato nei propri interessi dalla norma in questione oppure potrà esserlo in futuro. Un interesse virtuale è sufficiente, a condizione che vi sia un minimo di probabilità che il ricorrente sia prima o poi toccato direttamente dalla regolamentazione contestata. L'interesse degno di protezione non deve essere necessariamente giuridico; basta un interesse di fatto (DTF 136 I 49 consid. 2.1 pag. 53 seg.; 135 II 243 consid. 1.2 pag. 246). La ricorrente, il cui scopo è - in breve - l'insegnamento a distanza di livello terziario, adempie questi requisiti, poiché è colpita direttamente dalle norme contestate. 
 
2.   
Con il ricorso in materia di diritto pubblico può essere fatta valere la violazione del diritto federale e dei diritti costituzionali cantonali (art. 95 lett. a/c LTF); il diritto federale comprende i diritti fondamentali (DTF 133 III 446 consid. 3.1 pag. 447 seg.). Le usuali regole concernenti la motivazione, in particolare l'onere accresciuto imposto dall'art. 106 cpv. 2 LTF quando sono in gioco diritti fondamentali oppure il diritto cantonale e intercantonale, valgono anche nell'ambito del controllo astratto delle norme: il Tribunale federale esamina tali censure solo se sono formulate e motivate in modo preciso. 
Chiamato a pronunciarsi sulla costituzionalità di una norma cantonale, il Tribunale federale procede per esame libero. S'impone nondimeno un certo riserbo, nel senso che verifica, applicando i criteri interpretativi riconosciuti, se sia possibile attribuire alla norma un significato compatibile con il diritto costituzionale invocato e l'annulla solo qualora essa non sia suscettibile di alcuna interpretazione conforme alla Costituzione (DTF 134 I 293 consid. 2 pag. 295 e 130 I 82 consid. 2.1 pag. 86 con ulteriori rinvii). 
 
3.  
 
3.1. Il testo completo attualmente in vigore dell'art. 14 LUSI, intitolato Protezione della denominazione, è questo:  
 
1 Nessun altro ente, pubblico o privato, può assumere nel Cantone le denominazioni «Università della Svizzera italiana» e «Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana». 
2 È necessaria l'autorizzazione del Consiglio di Stato per usare le denominazioni «università», «scuola universitaria professionale», «alta scuola pedagogica» ed altri nomi derivati o affini da parte di altri enti residenti nel Cantone. Le definizioni di denominazioni derivate e affini in lingua italiana e in altre lingue, come pure la procedura d'autorizzazione, sono stabilite dal regolamento d'applicazione. 
3... 
4... 
5 L'autorizzazione alla denominazione universitaria è concessa unicamente a scuole di livello terziario che dispongono di un accreditamento istituzionale da parte del Consiglio svizzero di accreditamento su proposta dell'Agenzia svizzera di accreditamento o di un'altra agenzia svizzera o estera da esso riconosciuta. 
6 Per le scuole che hanno iniziato la procedura di accreditamento può venire concessa un'autorizzazione alla denominazione universitaria provvisoria di una durata massima di due anni a condizione che l'autorità di accreditamento sia entrata in materia. Ulteriori criteri per l'ottenimento, l'utilizzo e i limiti di rinnovo dell'autorizzazione provvisoria sono stabiliti dal regolamento d'applicazione. 
7 La scuola autorizzata in via provvisoria o definitiva è tenuta a informare compiutamente i terzi sull'effettivo valore dell'autorizzazione alla denominazione universitaria. Il Consiglio di Stato adotta i necessari provvedimenti in caso d'inadempienza, fino alla revoca dell'autorizzazione. 
8 Il Cantone pubblica un elenco aggiornato e completo delle scuole residenti sul territorio che erogano titoli accademici, specificandone lo status di accreditamento. 
9 Contro le decisioni del Consiglio di Stato è dato ricorso al Tribunale cantonale amministrativo. 
10 In caso di abuso della denominazione sono applicabili le sanzioni penali previste dalla legge federale. L'azione penale compete al Ministero pubblico. 
 
3.2. Il ricorso è volto, come detto, contro l'art. 14 cpv. 2 seconda frase di questa norma e contro l'art. 4 RLUSI, il quale precisa sotto il titolo Denominazioni tutelate:  
Le denominazioni tutelate che necessitano di autorizzazione, inclusi i casi di declinazioni al plurale o al femminile, di utilizzo dei termini in nomi composti, di uso di termini omologhi o analoghi in altre lingue, sono le seguenti: 
a) università, universitario; 
b) accademia, accademico; 
c) ateneo; 
d) politecnico (sostantivo e aggettivo); 
e) alta scuola (o altre accezioni corrispondenti ai termini «  Hochschule » oppure «  haute école »);  
f) facoltà; 
g) campus, college. 
 
3.3. L'ambito d'applicazione del disposto appena menzionato è precisato dal successivo art. 5 cpv. 1 RLUSI, che recita:  
È vietato usare le denominazioni tutelate senza autorizzazione da parte delle scuole e degli istituti che sul territorio cantonale offrono in proprio, attraverso terzi o per conto di terzi ed in forma completa o parziale, corsi di livello terziario volti all'ottenimento di titoli universitari (bachelor, master, dottorato). 
Da una sua lettura appare infatti chiaro che la regolamentazione a tutela delle denominazioni prevista dall'art. 14 cpv. 2 LUSI in relazione con l'art. 4 RLUSI concerne quelle scuole e istituti che, sul territorio del Cantone Ticino, propongono una formazione a livello terziario sotto forma di corsi, attraverso la quale è possibile acquisire un diploma accademico come appunto un bachelor, un master o un dottorato. 
 
3.4. In un primo tempo la ricorrente aveva impugnato anche la norma transitoria art. 26b cpv. 1 e 2 LUSI, secondo la quale le autorizzazioni di denominazione universitaria rilasciate in base al diritto anteriore a scuole non ancora accreditate dalle autorità competenti nazionali o intercantonali decadono automaticamente dopo tre mesi dall'entrata in vigore della nuova disposizione. Con la replica la ricorrente ha spiegato di essere nel frattempo stata costretta ad adeguare la propria denominazione a causa della mancata concessione dell'effetto sospensivo e di avere di conseguenza perso l'interesse per l'annullamento della disposizione transitoria. Il Tribunale federale prende atto di questa dichiarazione di desistenza, per cui le argomentazioni della ricorrente riguardanti l'incostituzionalità dell'art. 26b LUSI non saranno più considerate.  
 
4.   
Il ricorso è fondato essenzialmente sul principio della preminenza del diritto federale sancito dall'art. 49 cpv. 1 Cost. A mente della ricorrente il Cantone Ticino lo avrebbe violato poiché i nuovi art. 14 cpv. 2 LUSI e 4 RLUSI sono inconciliabili con l'art. 29 cpv. 1 della legge federale sulla promozione e sul coordinamento del settore universitario svizzero del 30 settembre 2011 (LPSU; RS 414.20). Sui dettagli della censura, per la quale la ricorrente si riferisce anche agli art. 2, 62 e 63 LPSU, si tornerà. È necessario risolvere prima l'aspetto temporale. 
 
 
4.1. La LUSI è stata pubblicata sul Bollettino ufficiale il 21 febbraio 2014 ed è in vigore dal 1° marzo 2014, mentre le disposizioni della LPSU invocate dalla ricorrente sono entrate in vigore il 1° gennaio 2015; non vigevano ancora quando è stata promulgata la LUSI e neppure nel momento in cui è stato depositato il ricorso e si è svolto lo scambio degli scritti davanti al Tribunale federale. Lo Stato, con la risposta, ha in effetti obiettato che la censura di violazione dell'art. 49 cpv. 1 Cost. va respinta d'acchito per questo motivo.  
La ricorrente, in replica, ha riprodotto un ampio stralcio del messaggio del Consiglio di Stato n. 6859 del 15 ottobre 2013 concernente la modifica parziale della LUSI, dal quale risulta che il legislatore ticinese ha inteso intervenire d'urgenza proprio in vista dell'imminente entrata in vigore della LPSU; ne deduce, prevalendosi del "cosiddetto effetto anticipato di un atto normativo", di essere "legittimata ad interpretare" le norme cantonali contestate alla luce della legislazione federale. 
 
4.2. È indubbio che vi è una relazione funzionale stretta tra la LUSI e la LPSU. Il messaggio n. 6859 citato dalla ricorrente attesta la volontà esplicita del legislatore ticinese di avere voluto modificare la LUSI in previsione dell'entrata in vigore della LPSU per "rafforzare", in particolare predisponendo delle sanzioni, la protezione delle denominazioni universitarie a livello cantonale e porre così rimedio al proliferare delle "offerte sedicenti universitarie di varia natura" in Ticino. Che questo fosse l'obiettivo della revisione il Consiglio di Stato lo ha confermato nella risposta.  
In circostanze simili la censura di violazione del principio di preminenza del diritto federale riferito alla LPSU è senz'altro proponibile; non in virtù di un effetto anticipato della normativa federale, come asserisce la ricorrente, ma perché è questo il diritto materiale che vige oggi, nel momento in cui il Tribunale federale si pronuncia, e che sarebbe determinante se fosse presentato un ricorso contro un atto di applicazione concreto della LUSI che ne criticasse pregiudizialmente l'incostituzionalità. 
 
4.3. Il Governo ticinese, nella risposta, ha invero giustificato l'adeguamento del diritto cantonale anche sotto il profilo del diritto transitorio. Sul piano federale, l'art. 76 LPSU stabilisce che, per le scuole universitarie e gli istituti accademici non accreditati, "la protezione delle denominazioni e le corrispondenti sanzioni penali e amministrative sono rette dal diritto anteriore fino a otto anni dall'entrata in vigore della presente legge". Il legislatore ticinese - ha osservato il Consiglio di Stato - è intervenuto in anticipo sul diritto cantonale per fare sì che, nel momento in cui la LPSU sarebbe entrata in vigore, il "diritto anteriore" al quale rinvia il diritto transitorio federale (art. 76 LPSU) sarebbe stato quello più severo della LUSI già modificata, che istituisce un periodo di adeguamento di soli tre mesi (art. 26b LUSI).  
L'obiezione tocca il rapporto tra le disposizioni transitorie del diritto cantonale (art. 26b LUSI) e quelle del diritto federale (art. 76 LPSU). La questione è delicata, ma non può essere approfondita, avendo la ricorrente rinunciato alla censura d'incostituzionalità dell'art. 26b LUSI (cfr. consid. 3.4). 
 
5.   
La ricorrente introduce l'argomento della forza derogatoria del diritto federale ricordando che l'art. 63a Cost. istituisce un regime di competenze parallele in materia di scuole universitarie e che di conseguenza, qualora la Confederazione non abbia legiferato in modo esaustivo, i Cantoni possono farlo a condizione di non contraddire il senso e lo spirito del diritto federale e di non pregiudicarne lo scopo. Sulla base di un'analisi articolata dei lavori legislativi preparatori, la ricorrente spiega che la LPSU, che scaturisce dall'articolo costituzionale, procede dall'idea di fondo che Confederazione e Cantoni provvedano insieme al coordinamento di uno spazio universitario svizzero di qualità fissando obiettivi e istituendo organi comuni ai quali delegano determinate competenze, ma contiene anche disposizioni direttamente applicabili alle università quali gli art. 29, 62 e 63 concernenti l'accreditamento e il diritto alla denominazione, due aspetti indissolubilmente legati tra di loro. La ricorrente sostiene che, per non ledere più del necessario la libertà economica e l'autonomia delle università, le suddette disposizioni di diritto federale proteggono solo le denominazioni  universitàscuola universitaria professionalealta scuola pedagogica oppure le derivazioni  istituto universitarioistituto universitario professionale; altre denominazioni correnti come  scuola universitariaaccademiaistituto possono invece continuare a essere usate liberamente.  
In questo ambito, aggiunge la ricorrente, i Cantoni non hanno più spazio per legiferare, se non tramite il Concordato sulle scuole universitarie del 20 giugno 2013 (RL/TI 5.3.3.1), il cui art. 12 rinvia però all'art. 62 LPSU, quindi ancora alle sole denominazioni protette per diritto federale. Lo Stato, che ha dato per scontata l'inapplicabilità della LPSU, non si è espresso in modo puntuale su queste censure. Le sue obiezioni saranno riprese solo in quanto necessario. 
 
6.   
Le argomentazioni della ricorrente impongono in primo luogo di verificare il rispetto dell'art. 49 Cost. 
Secondo questo disposto costituzionale, il diritto federale prevale su quello cantonale contrario. 
Il precetto della preminenza del diritto federale impedisce l'adozione e l'applicazione di norme cantonali che, per lo scopo perseguito o i mezzi predisposti per raggiungerlo, eludono il diritto federale o ne contraddicono il senso o lo spirito oppure che trattano materie che il legislatore federale ha regolamentato in modo esaustivo (DTF 141 V 455 consid. 6.1 pag. 462; 140 V 574 consid. 5.1 pag. 578; 140 I 277 consid. 4.1 pag. 281; 218 consid. 5.1 pag. 221; 139 I 195 consid. 4 pag. 204; 138 I 468 consid. 2.3.1 pag. 470 seg.; 435 consid. 3.1 pag. 446). 
 
7.   
La LPSU si applica alle scuole universitarie - che sono le università cantonali, i politecnici federali, le scuole universitarie professionali e le alte scuole pedagogiche - e agli altri istituti accademici federali e cantonali (art. 2). Questi enti possono ottenere l'accreditamento istituzionale alle condizioni e secondo la procedura stabilite dagli art. 27 segg. L'accreditamento istituzionale dà diritto, tra l'altro, all'uso esclusivo delle denominazioni  universitàscuola universitaria  professionalealta scuola pedagogica oppure delle denominazioni derivate come  istituto universitarioistituto universitario professionale (art. 28 cpv. 2 lett. a, 29 cpv. 1, 62 cpv. 1 LPSU). L'uso di tali denominazioni protette da parte di istituti non accreditati comporta sanzioni penali per i responsabili (art. 63 LPSU). L'accreditamento di università, scuole universitarie professionali, alte scuole pedagogiche private e altri istituti accademici privati è retto anch'esso dalle medesime disposizioni (art. 2 cpv. 4 LPSU, in cui viene indicato che i capitoli 5 e 9 della legge sono applicabili anche alle categorie citate).  
La ricorrente osserva con ragione che secondo il rapporto esplicativo sull'avamprogetto dell'Ufficio federale della formazione professionale e della tecnologia, (pagg. 19 e 26) e il messaggio 29 maggio 2009 del Consiglio federale concernente la legge federale sull'aiuto alle scuole universitarie e sul coordinamento nel settore universitario svizzero (FF 2009 3925 segg., commento all'art. 29) l'uso di altre denominazioni quali  alta scuolaaccademiaistituto doveva rimanere libero (nella versione italiana del messaggio è invero menzionato a questo proposito anche il termine  università; certamente per svista, trattandosi della prima delle denominazioni protette dagli art. 28 cpv. 2 lett. a, 29 cpv. 1, 62 cpv. 1 LPSU). È però altrettanto vero che per il legislatore federale l'elenco non è esaustivo. Lo si evince sia dal testo dell'art. 29 cpv. 1 LPSU, che introduce le due denominazioni derivate  istituto universitarioistituto universitario professionale con la locuzione "in particolare" ("insbesondere - telles que"), sia dall'art. 12 cpv. 3 lett. d LPSU, che prevede la possibilità di attribuire al Consiglio delle scuole universitarie la competenza per "formulare raccomandazioni in materia di denominazioni secondo l'articolo 29"; raccomandazioni che sarebbero inutili se fossero proteggibili solo le denominazioni elencate espressamente dalla LPSU.  
 
8.   
Le considerazioni della ricorrente sono di per sé giuste anche per quanto riguarda le competenze parallele che l'art. 63a Cost. attribuisce a Confederazione e Cantoni in materia di promozione e gestione delle università (cfr. sentenze 2C_1022/2013 del 25 marzo 2014 consid. 5.5 e 2C_421/2013 del 21 marzo 2014 consid. 1.2.1); errate sono le conclusioni ch'essa ne trae. La LPSU è del resto imperniata sulla collaborazione tra Confederazione e Cantoni, da attuarsi attraverso un meccanismo complesso di convenzioni, accordi intercantonali e organi comuni. Non è necessario addentrarsi nei particolari di queste strutture, poiché la controversia è ben circoscritta. 
 
8.1. Posto che l'elencazione dell'art. 29 cpv. 1 LPSU non è esaustiva, occorre chiedersi in primo luogo se la legislazione federale lasci ancora spazio ai Cantoni in questa materia. La risposta, affermativa, la dà il Consiglio federale, il quale, nel commento all'art. 29 LPSU del precitato messaggio del 29 maggio 2009, accenna alle denominazioni correnti nel settore universitario che possono essere utilizzate liberamente riservando espressamente le "regolamentazioni cantonali" (oltre alle norme sulla concorrenza sleale). La ricorrente sostiene che questa competenza residua il Cantone Ticino l'avrebbe in sostanza esaurita con l'adesione al Concordato sulle scuole universitarie del 20 giugno 2013. Anche questa normativa intercantonale è in effetti in vigore dal 1° gennaio 2015. La sola disposizione di rilievo ch'essa contiene è tuttavia l'art. 12 cpv. 1, che non dice nulla di particolare; ricorda semplicemente che la protezione delle denominazioni è assicurata dall'art. 62 LPSU.  
In realtà la competenza di "formulare raccomandazioni in materia di denominazioni secondo l'articolo 29"è riservata al Consiglio delle scuole universitarie in forza degli art. 2 cpv. 2 lett. b n. 1 della convenzione tra la Confederazione e i Cantoni sulla cooperazione nel settore universitario (ConSu; RS 414.205) e 12 cpv. 3 lett. d LPSU. Non risulta però che il Consiglio delle scuole universitarie l'abbia utilizzata. 
 
8.2. La riserva a favore dei Cantoni assume un'importanza particolare sotto il profilo linguistico. Vi sono in effetti delle differenze non trascurabili già nelle denominazioni italiane, francesi e tedesche utilizzate nella stessa LPSU. Per la definizione del campo di applicazione della legge l'art. 2 cpv. 2 usa queste denominazioni:  scuole universitarie - hautes écoles - Hochschulen; politecnici federali - écoles polytechniques fédérales - Eidgenössische Technische Hochschulen; scuole universitarie professionali - hautes écoles spécialisées - Fachhochschulen. Notisi che le denominazioni generiche  hautes écoles universitaires e universitäre Hochschulen dell'art. 2 cpv. 2 lett. a non hanno corrispondenze in italiano.  
Queste differenze terminologiche si ripercuotono per forza di cose anche sulle "denominazioni derivate" nel senso dell'art. 29 cpv. 1 LPSU, che vanno definite considerando anche le particolarità degli usi nelle lingue nazionali. 
 
8.3. Se ne deve concludere che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la legislazione federale non preclude ai Cantoni la facoltà di emanare prescrizioni particolari in materia di denominazioni delle scuole universitarie.  
Preso atto del fatto che gli obiettivi perseguiti in questo ambito a livello federale - cioè evitare la confusione tra scuole private e istituti riconosciuti e contenere il proliferare di sedicenti scuole universitarie che mettono in pericolo la reputazione dell'insegnamento istituzionale svizzero accreditato - vengono fatti propri anche dal legislatore cantonale a giustificazione della modifica dell'art. 14 LUSI (precitato messaggio n. 6859, commento all'art. 14; sentenza 2C_1022/2013 del 25 marzo 2014 consid. 5.5), ciò che resta da verificare è allora se la protezione delle singole denominazioni qui in discussione possa davvero essere giustificata dal perseguimento di queste finalità. 
Come rilevato, l'esame di questo presupposto - l'effettivo rispetto del senso e dello spirito del diritto federale (precedente consid. 6) - deve tenere in debito conto anche le specificità locali e linguistiche delle denominazioni nell'ambito universitario. 
 
9.   
In definitiva, secondo la ricorrente, della protezione della denominazione giusta l'art. 29 LPSU devono beneficiare soltanto le università cantonali, le scuole universitarie professionali e le alte scuole pedagogiche, ossia gli istituti elencati all'art. 2 cpv. 2 lett. a e b LPSU. E affinché possa essere protetta una denominazione derivata nel senso degli art. 29 cpv. 1 e 62 cpv. 1 LPSU occorre una "affinità idiomatica" con tali designazioni. Per la ricorrente l'art. 4 RLUSI contravviene manifestamente al diritto federale "dato che l'elenco delle denominazioni protette è eccessivamente lungo". Concretamente essa censura le denominazioni  accademia/accademico (art. 4 lett. b),  ateneo (art. 4 lett. c),  alta scuola (art. 4 lett. e),  facoltà (art. 4 lett. f),  campuscollege (art. 4 lett. g), per le quali non vi sarebbe nessun rischio di confusione con le scuole elencate all'art. 2 cpv. 2 LPSU. Di passaggio allude anche alla denominazione  politecnico dell'art. 4 lett. d RLUSI, che non sarebbe protetta poiché non è nominata all'art. 29 LPSU; non censura tuttavia l'incostituzionalità del diritto cantonale a tale riguardo, tant'è che, a conclusione del capitolo relativo alla violazione del principio di preminenza del diritto federale, limita esplicitamente la domanda di annullamento all'art. 4 lett. b, c, e, f, g RLUSI.  
Il Consiglio di Stato osserva - in altro contesto - che le denominazioni dell'art. 4 RLUSI, "se non derivate, nel senso che provengono direttamente dalle definizioni principali (ad es. universitario deriva da università) sono sicuramente affini, ossia simili o analoghe per significato, valore o accezione". 
 
9.1. L'Università della Svizzera italiana (USI) e la Scuola professionale universitaria della Svizzera italiana (SUPSI) sono due enti autonomi di diritto pubblico con personalità propria e sede a Lugano (art. 1 LUSI). L'Università della Svizzera italiana è costituita dall'Accademia di architettura e dalle Facoltà di scienze economiche, di scienze della comunicazione, di scienze informatiche e di scienze biomediche; la Scuola professionale universitaria della Svizzera italiana dai Dipartimenti della costruzione e del territorio, dell'informatica, dell'elettronica e delle tecnologie di produzione, dell'arte applicata, dell'economia, del lavoro sociale, del teatro, della musica e delle formazioni sanitarie, nonché dall'Alta scuola pedagogica (art. 13 LUSI).  
L'art. 4 RLUSI, applicabile a quelle scuole e istituti che, sul territorio del Cantone Ticino, propongono una formazione a livello terziario sotto forma di corsi, attraverso la quale è possibile acquisire un diploma accademico (art. 5 RLUSI; precedente consid. 3.3), si iscrive perciò nell'ottica della protezione istituita dagli art. 29 cpv. 1 e 62 cpv. 1 LPSU, poiché ne fa beneficiare anche le denominazioni  accademiafacoltàalta scuola che non sono protette espressamente nel diritto federale, ma sono ancorate nella legge cantonale e hanno una rilevanza marcata nell'ambito universitario ticinese.  
Nell'adottare la LPSU, anche il legislatore federale pare del resto avere percepito il particolare significato italiano di termini quali quello di  accademia. Esso stesso ha infatti ripetutamente tradotto le locuzioni  institutions du domaine des hautes écoles rispettivamente  Institutionen des Hochschulbereichs proprio con quella di  istituti accademici (cfr. ad es. art. 2 cpv. 1, 3 e 4 LPSU; art. 4 cpv. 3 e 4 LPSU; art. 5 cpv. 2 LPSU).  
La legislazione ticinese non attribuisce invece un significato particolare alla denominazione  ateneo. Il termine è nondimeno usato correntemente nella lingua italiana con il significato di  accademiauniversità. Anche la menzione di questa denominazione nel RLUSI concretizza pertanto la protezione predisposta dal diritto federale alla luce delle specificità della lingua italiana.  
 
9.2. Diversa è invece la valenza dei termini  campus e college. Oltre a non trovare riscontri nella LUSI, nei loro significati correnti in lingua italiana essi non designano tanto le scuole di livello universitario come tali, quanto piuttosto gli edifici e le strutture che le ospitano. L'uso di questi termini non è suscettibile di creare confusione né di mettere in pericolo la reputazione degli istituti accreditati che beneficiano della protezione della loro denominazione secondo gli art. 29 cpv. 1 e 62 cpv. 1 LPSU. Con le voci campus e college l'art. 4 RLUSI ha pertanto esteso oltre misura l'ambito di protezione definito dal diritto federale.  
Ne viene che la censura di violazione del principio di preminenza del diritto federale è fondata nella misura in cui è riferita a queste due denominazioni; per il resto è respinta. 
 
10.   
Da ultimo la ricorrente invoca la violazione della libertà economica garantita dall'art. 27 cpv. 1 Cost., in relazione con l'art. 36 cpv. 1 Cost. e con il principio di legalità. Ribadisce che il catalogo delle denominazioni dell'art. 4 RLUSI è "eccessivamente lungo" e prescinde dalle "affinità idiomatiche" con i termini menzionati all'art. 14 cpv. 2 LUSI e definisce grave la restrizione della libertà economica che ne deriva. A tale riguardo spiega che l'impiego della denominazione università, o di un'altra tra quelle in uso presso gli istituti privati, le sarà precluso, sotto pena di revoca dell'autorizzazione, fintanto che non avrà ottenuto l'accreditamento istituzionale. Per la ricorrente il suddetto elenco andava pertanto inserito in una base legale formale, ovvero nella LUSI. 
Il Consiglio di Stato obietta che l'art. 4 RLUSI tocca un numero ristretto di denominazioni e non è di ostacolo all'attività economica della ricorrente, a disposizione della quale rimane una vasta gamma di denominazioni che le permettono di farsi riconoscere come istituto d'insegnamento di livello terziario senza creare confusione con gli enti accreditati. Lo Stato aggiunge che la delega al potere esecutivo, prevista dall'art. 14 cpv. 1 LUSI, rispetta il diritto cantonale e che l'art. 4 RLUSI non la oltrepassa. 
 
10.1. La ricorrente - società anonima avente per scopo statutario l'insegnamento a distanza delle scienze aziendali - può prevalersi della libertà economica (cfr. DTF 128 I 19 consid. 4c/aa pagg. 29 seg.). Questa libertà, come tutti i diritti fondamentali, può essere limitata alle condizioni dell'art. 36 Cost. La ricorrente mette in discussione il requisito della base legale, che a suo dire deve avere il rango di legge in considerazione delle conseguenze gravi che l'applicazione dell'art. 4 RLUSI avrebbe per lei. È tuttavia indubbio che, a prescindere dalla gravità della restrizione, il principio della protezione delle denominazioni è sancito da una legge: l'art. 14 LUSI, che al cpv. 2, riprende le denominazioni protette dagli art. 29 cpv. 1 e 62 cpv. 1 LPSU.  
La questione che si pone riguarda pertanto la legittimità della delega a favore del potere esecutivo che il legislatore ticinese ha predisposto all'art. 14 cpv. 2, seconda frase LUSI, per la definizione delle "denominazioni derivate e affini in lingua italiana e in altre lingue", quindi il rispetto di questa delega da parte del Consiglio di Stato nel decretare l'art. 4 RLUSI. 
 
10.2. In forza del principio di legalità - richiamato denunciando una violazione della garanzia della libertà economica (art. 27 in relazione con l'art. 36 Cost.) - il potere legislativo può essere delegato all'autorità esecutiva a condizione che il diritto cantonale non lo proibisca e che la delega sia limitata a un campo specifico e sancita in una legge formale soggetta al voto popolare, la quale, qualora la regolamentazione in questione tocchi in modo intenso la posizione dei destinatari, ne definisca le caratteristiche principali. A tale riguardo occorre valutare di volta in volta tutte le circostanze.  
In linea di massima le esigenze quanto al contenuto sostanziale della delega sono più severe quando sono limitati i diritti fondamentali o sono creati oneri di diritto pubblico; vanno in particolare valutate la natura e l'intensità dell'aggravio. Possono essere indicativi anche eventuali usi legislativi vigenti in altri Cantoni e consolidatisi nel tempo (sentenza 4C_4/2013 del 20 novembre 2013 consid. 7). 
 
10.3. La Costituzione ticinese del 14 dicembre 1997 non esclude la delega legislativa (ibidem, con rif. agli art. 51, 59 cpv. 1 lett. c e 70 lett. b Cost./Tl [RL/TI 1.1.1]; art. 62 e segg. della legge sul Gran Consiglio e sui rapporti con il Consiglio di Stato del 24 febbraio 2015 [LGC; RL/TI 2.4.1.1]). La LUSI, che è una legge nel senso formale, stabilisce come detto il principio della protezione delle denominazioni nell'ambito dell'insegnamento universitario. Non solo. L'art. 14 cpv. 2 definisce e delimita in modo chiaro la portata materiale della delega: elenca infatti alcune delle denominazioni protette (  universitàscuola universitaria professionalealta scuola pedagogica) e dà al Consiglio di Stato la facoltà di definire altre denominazioni, ma solo a condizione che siano "derivate o affini".  
Circa il rispetto della delega stessa, occorre d'altra parte concordare con il Governo ticinese e rilevare che tra le denominazioni  universitàscuola universitaria professionale (art. 14 cpv. 2 LUSI) e  accademiaateneofacoltà l'affinità per significato è indubbia (art. 4 LUSI) rispettivamente che  alta scuola (art. 4 RLUSI) è affine ad  alta scuola pedagogica (art. 14 cpv. 2 LUSI) e ne è inoltre una derivazione.  
La delega a favore del Consiglio di Stato rispetta di conseguenza il principio di legalità e non è stata da esso oltrepassata. 
 
10.4. La ricorrente non contesta l'adempimento degli altri requisiti che l'art. 36 Cost. impone per la restrizione dei diritti fondamentali. La sua censura di violazione della libertà economica è perciò infondata.  
 
11.  
 
11.1. Riassumendo, l'art. 14 cpv. 2 LUSI resiste alle critiche d'incostituzionalità proposte dalla ricorrente, mentre l'art. 4 RLUSI viola il principio della preminenza del diritto federale (art. 49 cpv. 1 Cost.) solo nella misura in cui tutela le denominazioni  campuscollege.  
 
11.2. Tenuto conto di tale esito positivo parziale del ricorso, a carico della ricorrente va posta una tassa di giustizia ridotta. Lo Stato ne è esentato, ma dovrà pagare alla ricorrente un'indennità per ripetibili, anch'essa ridotta (art. 66 cpv. 1 e 4 nonché 68 cpv. 1 e 3 LTF).  
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Il ricorso è parzialmente accolto, nel senso che è annullato l'art. 4 lett. g del regolamento della legge sull'Università della Svizzera italiana, sulla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana e sugli Istituti di ricerca del 18 febbraio 2014. Per il resto il ricorso è respinto. 
 
2.   
Le spese giudiziarie ridotte di fr. 1'500.-- sono poste a carico della ricorrente. Lo Stato del Cantone Ticino le rifonderà fr. 1'000.-- di ripetibili pure ridotte. 
 
3.   
Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, al Gran Consiglio e al Consiglio di Stato del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 9 febbraio 2016 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Zünd 
 
Il Cancelliere: Savoldelli